
lunedì 16 marzo 2009
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'L'Osservatore Romano': il Papa è un vero riformista e per cogliere ciò servono pensieri nuovi superando la contrapposizione conservatori-progressisti

''Benedetto XVI è un vero riformista e per cogliere questa sua dimensione costitutiva servono pensieri nuovi, sgomberando il campo dai detriti tipici di una comunicazione fondata sul logorato clichè di conservatori e progressisti contrapposti''. Lo scrive oggi L'Osservatore Romano in un editoriale del vicedirettore Carlo Di Cicco, che analizza la lettera scritta da Papa Benedetto XVI ai vescovi per spiegare la decisione di revocare la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani. ''Ratzinger - si legge nell'editoriale - si muove dall'ottica della missione con la quale legge i fatti del mondo. Ne ha dato prova nelle sue encicliche, scrivendo alla Chiesa cattolica nella Cina, nei messaggi sulla pace e la comunicazione, nei viaggi e, da ultimo, alla vigilia della sua visita in Africa''. ''La Chiesa - argomenta il quotidiano della Santa Sede - non va avanti e cessa di essere segno del Vangelo se ciascuno vede il suo particolare e lotta per affermarlo. Benedetto XVI va ripetendo all'infinito che l'iniziativa parte da Dio. E' un'ottica diversa rispetto alle dinamiche attuali della comunicazione che punta a esaltare il divo, il leader risolutore, il marchio di fabbrica, il vincente''. L'articolo osserva anche che ''nella lettera del Papa ai vescovi non c'è scritto, ma la sua lettura coscienziosa chiede a quanti nella Chiesa abbiano qualche responsabilità di fare un passo indietro. Non per fermarsi nell'immobilismo, ma per ripartire con il piede giusto prima che i guasti siano irreparabili''. Per il quotidiano della Santa Sede, ''stare nella Chiesa non è una gara secondo le categorie mondane e politiche. In una parola Papa Ratzinger chiede di rovesciare il criterio dell'apparenza per divenire quello che ogni credente è chiamato a essere: un discepolo di Gesù''. "Anche l'ipocrisia è dannosa nella Chiesa. Dipingere un Papa Benedetto perduto dietro le note di Mozart, arroccato nelle sue stanze, isolato dal mondo rasenta il comico. Nello stesso momento in cui gli si alzano intorno tali cortine fumose, gli si riconosce una statura intellettuale. Ma un vero intellettuale non sta fuori dal mondo; pensa e propone un mondo migliore del presente. E il Papa finora l'ha fatto magistralmente". "C'è stato un periodo - sottolinea il quotidiano vaticano - in cui si è parlato liberamente di vera e falsa riforma della Chiesa. Papa Benedetto è un vero riformatore ed è stato uno di coloro che hanno sempre desiderato e richiesto una Curia romana adeguata alla riforma del concilio. Ora chiede una cosa semplice e difficile: tutti, conservatori e progressisti, centristi ed estremisti dentro la Chiesa cattolica, cristiani di altre Chiese e confessioni - prosegue il giornale della Santa Sede - sono chiamati a trovare punti di convergenza anziché di rottura, perché la missione di annunciare credibilmente il Vangelo è più urgente di ogni altra questione. Il Papa ha avviato una nuova partenza per la Chiesa del concilio, ma sa che il 'balzo in avanti' - come talvolta ha definito il concilio - potrebbe arenarsi. Perciò scrivendo la lettera ai suoi fratelli vescovi si è esposto ancora una volta, noncurante di ogni altra umana considerazione". La lettera del Papa ai vescovi "propone una lettura molto realista del dibattito nella Chiesa. Essa - afferma il giornale della Santa Sede - è anzitutto una presa di responsabilità di Benedetto XVI come successore di Pietro. Un compito che egli non vive in solitudine perché conosce la Chiesa e sente vivo il carattere collegiale della successione apostolica. E credere alla collegialità significa anche ricorrere a un governo nel quale le persone e il consenso motivato vengono al primo posto. Auspicare una Chiesa più fraterna e poi attendersi risultati quasi esclusivamente in termini di efficienza formale, è una contraddizione. La capacità di rimboccarsi le maniche nella Chiesa è più moderna e aperta della semplice abitudine a criticare comunque. Allo stesso modo - conclude - non si è più fedeli al Vangelo solo perché ci si attesta con caparbietà su forme rituali o espressive del passato. La lettera del Papa dà un segnale. Ci sono segni più eloquenti delle parole e già più volte egli ha lasciato capire di volere persone leali e responsabili. Ciò significa competenza e abitudine a parlare con franchezza e carità. Anche l'ipocrisia è dannosa nella Chiesa. La proposta di un anno per il rinnovamento della vita sacerdotale porta alla radice della crisi vocazionale e affronta la santità quale origine della fiducia accordata ai preti".
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Il Papa indice l'Anno Sacerdotale nel 150° della morte di San Giovanni Maria Vianney: il sacerdote sia un testimone riconoscibile di Cristo

Nel discorso, il Papa ha sottolineato che i sacerdoti devono ''essere identificabili e riconoscibili'' non solo per il ''giudizio di fede'' e per le ''virtù personali'' ma anche ''per l'abito''. Per il Pontefice, appare ''urgente il recupero di quella consapevolezza che spinge i sacerdoti ad essere presenti, identificabili e riconoscibili sia per il giudizio di fede, sia per le virtù personali sia anche per l'abito, negli ambiti della cultura e della carità, da sempre al cuore della missione della Chiesa''. Papa Ratzinger ha inoltre ricordato che i preti devono seguire una ''formazione permanente'', soprattutto per quello che riguarda ''il profilo dottrinale'', ribadendo la ''ininterrotta Tradizione ecclesiale, senza cesure nè tentazioni di discontinuità''.''E' importante - ha detto - favorire nei sacerdoti, soprattutto nelle giovani generazioni, una corretta ricezione dei testi del Concilio Ecumenico Vaticano II, interpretati alla luce di tutto il bagaglio dottrinale della Chiesa''. La promozione del ruolo dei laici nella Chiesa non deve essere ''erronea'' e non deve pensare di poter ''fare a meno'' dei preti; anzi, di fronte a queste deviazioni è necessario ''vigilare''. ''La centralità di Cristo - ha detto il Pontefice - porta con sè la giusta valorizzazione del sacerdozio ministeriale, senza il quale non ci sarebbe nè l'Eucaristia, nè, tanto meno, la missione e la stessa Chiesa''. Per Papa Ratzinger bisogna quindi ''vigilare'' perchè le ''nuove strutture od organizzazioni pastorali non siano pensate per un tempo nel quale si dovrebbe 'fare a meno' del ministero ordinato, partendo da un'erronea interpretazione della giusta promozione dei laici''. ''In tal caso - è infatti l'avvertimento lanciato dal Pontefice - si porrebbero i presupposti per l'ulteriore diluizione del sacerdozio ministeriale e le eventuali presunte 'soluzioni' verrebbero drammaticamente a coincidere con le reali cause delle problematiche contemporanee legate al ministero''. Il sacerdote, che ha ricevuto dalla Chiesa l'ordinazione al suo ministero ''si distingue ontologicamente, e non solo per grado'', dal semplice fedele battezzato. Il Pontefice ha affermato questa distinzione ''ontologica'' parlando della vocazione ''missionaria'' dell'intera Chiesa, ovvero di tutti i cristiani. ''Se l'intera Chiesa è missionaria e se ogni cristiano, in forza del Battesimo e della Confermazione, quasi 'ex officio' riceve il mandato di professare pubblicamente la fede, il sacerdozio ministeriale, anche da questo punto di vista, si distingue ontologicamente, e non solo per grado, dal sacerdozio battesimale, detto anche sacerdozio comune''. Come noto, il Concilio Vaticano II aveva affermato il sacerdozio universale di tutti i battezzati, spiegando che ''il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l'uno all'altro, poichè l'uno e l'altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell'unico sacerdozio di Cristo''.
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