venerdì 23 dicembre 2011

Lombardi: il Papa individua un modo nuovo, ringiovanito, di essere cristiani in cinque passi per annunciare a un mondo stanco di essere cristano

“Cinque passi per rilanciare l'annuncio del Vangelo in Europa”: è la proposta delineata dal Santo Padre Benedetto XVI durante il discorso rivolto, ieri, alla Curia romana per il tradizionale scambio degli auguri di Natale, che ha riscosso una vasta risonanza in tutto il mondo. Per risolvere il problema della crisi della Chiesa nel vecchio continente, il cui nocciolo “è la crisi della fede”, Benedetto XVI ha individuato “un modo nuovo, ringiovanito, di essere cristiani” tracciando cinque percorsi da seguire , cinque indicazioni “per capire che cosa annunciare – e come - a un mondo che sembra 'stanco' e 'tediato' di essere cristiano”, come dichiarato da padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per "Octava Dies", settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano. Il Papa, anche quest'anno in prossimità del Natale “è riuscito a dirci qualcosa di bello, di grande e di incoraggiante” ha affermato il direttore della Sala Stampa della Santa Sede “e lo ha fatto proprio sullo sfondo di questo tempo di crisi che egli ritiene, ben a ragione, non solo economica, ma più profondamente morale, culturale, spirituale”. La riflessione del Pontefice, prosegue padre Lombardi, si è soffermata inoltre su una delle esperienze “che più lo ha colpito fra quelle dell’anno passato: la Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid”, che ha posto in luce come il primo passo da compiere sia, anzitutto, “una nuova esperienza della cattolicità, dell’universalità della Chiesa”. Comprendere di essere tutti fratelli e sorelle, che “non è solo un’idea, ma un’esperienza”, ci deve condurre alla bellezza del vivere per gli altri: “il tempo e la vita trovano il loro senso quando vengono donati, non quando vengono tenuti per sé” ha affermato, in proposito, Padre Lombardi . Da questa consapevolezza, bisogna quindi proseguire verso il percorso indicato da Papa Benedetto in cui, passo dopo passo, riscopriamo l’adorazione: “atto di fede davanti a Cristo risorto presente fra noi, per noi e con noi nell’Eucarestia” e, ancora, il perdono di Dio attraverso il sacramento della Penitenza “per contrastare continuamente il nostro egoismo, alleggerire il nostro peso e riaprirci all’amore”. In ultimo: “la certezza di essere voluti, accettati, accolti, amati da Dio; insieme, donarsi, credere, chiedere perdono, affidarsi all’amore”. “Percorrendo questi cinque passi la vita si apre alla gioia” ha concluso il direttore di Radio Vaticana “altrimenti, il dubbio se sia bene esistere non trova risposta e diventa insuperabile e la vita è preda della tristezza”. “Dal dubbio su Dio segue inevitabilmente il dubbio circa lo stesso essere uomini; ma Dio si è fatto uomo proprio per aiutarci a superare questi dubbi” ha asserito padre Lombardi, citando le parole del Papa. L'augurio più grande, quindi, di essere certi che è “bene esistere come persone umane, anche in tempi difficili”.

Zenit

Cinque passi verso la gioia: l’editoriale di padre Lombardi sul discorso del Papa alla Curia romana

All'Autostyle-Design Competition a San Benedetto Po nell'ottobre 2012 i progetti per una Papamobile basata su meccaniche a bassa emissione

Come ogni anno all’Autostyle-Design Competition di San Benedetto Po, alle porte di Mantova, le accademie, le case auto e i tecnici motori provenienti da ogni parte del mondo, porteranno il loro contributo di idee e conoscenze. Per l’edizione che si svolgerà nell’ottobre del 2012, ai designer sarà proposto un tema un po’ particolare: contribuire alla progettazione di una Papamobile basata su meccaniche a bassa emissione, con tutte le caratteristiche di rispetto ambientale e di sicurezza consentite dalle attuali tecnologie. La Libreria Editrice Vaticana pubblicherà i migliori progetti in un apposito volume. Procede intanto il lavoro di preparazione e selezione sulle proposte, che saranno inserite in concorso entro il prossimo febbraio.

L'Osservatore Romano

Il Vaticano prende tempo sul nuovo arcivescovo di Cagliari. Sanguinetti ancora favorito, ma la Chiesa isolana è agitata da gossip e fughe di notizie

Troppe voci e fughe di notizie sulla nomina, quasi certa, di mons. Sebastiano Sanguinetti alla guida della diocesi di Cagliari. Troppo rumore. Il Vaticano ha reagito fermandone l'annuncio ufficiale, rinviato di qualche settimana, quando si saranno calmate le acque agitate da un gossip clericale che, se continua, potrebbe convincere la Santa Sede a rimettere tutto in discussione e cercare in qualche altra direzione, fuori della Sardegna, il successore di mons. Giuseppe Mani (nella foto con Benedetto XVI). Una svolta di questo tipo sarebbe un insuccesso, che nessuno vuole, per tutta la Chiesa sarda, una dimostrazione di autolesionismo. Il D-day di Sanguinetti era previsto per il 15 dicembre. Come dispone una prassi collaudata, a mezzogiorno annuncio contemporaneo nella Sala Stampa vaticana, nella Cattedrale di Tempio e nella curia cagliaritana. Tre giorni prima, invece, arriva da Roma il contrordine: "Fermi tutti". Le motivazioni? Troppo rumore per una nomina rilevante sì, ma non politicamente decisiva per l'immagine universale della Chiesa. Cagliari non è Milano. La diocesi è una sede interessante, ma obiettivamente dai confini esclusivamente regionali. Troppo soprattutto il gossip sulle modalità della nomina. Gole profonde, sicuramente non amiche di Sanguinetti, hanno messo in giro la voce che principale sponsor dell'attuale vescovo di Tempio sarebbe il pattadese mons. Angelo Becciu, Sostituto della Segreteria di stato. Sembra un vero e proprio siluro a doppia testata: una per bruciare Sanguinetti e l'altra per mettere in cattiva luce l'ex nunzio apostolico a Cuba arrivato nel maggio scorso, un po' a sorpresa, a ricoprire uno dei posti più prestigiosi e ambìti della nomenclatura vaticana. Gioco al massacro soprattutto nei confronti del prelato tempiese, 66 anni, originario di Lula, diocesi di Nuoro, che rischia di veder sfumare la nomina oppure di arrivare a Cagliari con l'etichetta immeritata di "raccomandato". Il Vaticano non ha certo problemi di scelta per il successore di Mani. È pronta una lista di cinque nomi candidati al Patriarcato di Venezia. Basta dirottare in Sardegna il primo dei non eletti. Una sola la verità: la Santa Sede ha deciso di dare via libera a un vescovo sardo per ridurre i tempi di ambientamento necessari a un continentale prima di conoscere la realtà isolana, ma soprattutto per avviare una pastorale il più possibile coordinata tra le dieci diocesi sarde. Il criterio della scelta? Non basta la raccomandazione. Nella Chiesa tutti quelli che occupano alti incarichi, compresi i più vicini al Papa, hanno uno sponsor: il Papa stesso, un cardinale, un ordine religioso e, da qualche tempo, anche un'associazione laica (Opus Dei, Comunione e Liberazione, Azione Cattolica, Focolarini, Neocatecumenali, Rinnovamento nello Spirito...). Un "accozzo" che, per funzionare, richiede meriti e collaudate qualità pregresse. Il cambio della guardia al vertice della diocesi di Cagliari avviene nel rispetto normale dei tempi vaticani. A nessun vescovo viene dato l'arrivederci e grazie allo scoccare dei 75 anni d'età. Quest'anno in Italia è accaduto solamente una volta. In tutti gli altri casi la Santa Sede si prende almeno sei mesi per avviare le consultazioni scritte, qualche volta due giri, tra sacerdoti e laici di provata maturità e fedeltà a Santa Romana Chiesa, e per sondare i possibili candidati. Non mancano recenti conferme. Mons. Pietro Meloni (Nuoro) ha compiuto 75 anni nell'agosto del 2010, il successore Mosè Marcia è stato nominato nell'aprile di quest'anno. Mons. Ottorino Alberti ha presentato le dimissioni per limiti d'età nel dicembre 2002, sei mesi dopo è stato eletto il suo successore a Cagliari, l'ex ordinario militare. Mons. Giacomo Lanzetti ha lasciato la diocesi di Alghero-Bosa nel giugno 2010, l'attuale vescovo Mauro Morfino è stato nominato il 31 gennaio 2011. Sanguinetti è sereno e nei giorni scorsi ha varato una serie di nomine. Nella diocesi di Cagliari preti e laici sono ormai completamente proiettati al dopo Mani. Soprattutto i secondi tifano per Sanguinetti e Ignazio Sanna, arcivescovo di Oristano, per formazione culturale e pastorale vescovi aperti al coinvolgimento e alla responsabilizzazione del laicato. A Tempio gira il nome del successore di Sanguinetti. E radio clero già indica i due possibili sardi candidati all'episcopato: uno per la Gallura, l'altro per la diocesi di Ogliastra, il cui vescovo, Antioco Piseddu, tre mesi fa ha varcato la soglia dei 75 anni.

Mario Girau, La Nuova Sardegna

Telegramma del Papa per la morte di Vaclav Havel: ha difeso coraggiosamente i diritti umani in un tempo in cui erano sistematicamente negati ai cechi

“Avendo tristemente appreso della scomparsa dell’ex presidente Václav Havel, invio le mie più sentite condoglianze in questo momento di cordoglio nazionale. Mi unisco a tutti coloro che si sono riuniti nella Cattedrale di San Vito per il solenne rito funebre nell’affidare l’anima del defunto alla misericordia infinita del nostro Padre celeste”. È un passaggio del telegramma di cordoglio inviato questa mattina da Benedetto XVI al presidente della Repubblica Ceca, Václav Klaus. “Ricordando con quanto coraggio Havel difese i diritti umani in un momento in cui essi erano sistematicamente negati al popolo del vostro Paese e rendendo omaggio alla sua leadership visionaria nel dar forma ad un nuovo governo democratico dopo la caduta di quello precedente – sottolinea il Papa -, rendo grazie a Dio per la libertà di cui ora gode il popolo della Repubblica Ceca”.

SIR

Cantalamessa: i laici possono svolgere un ruolo decisivo nel diffondere la luce benefica del Vangelo. Aiutare l'uomo a stabilire un rapporto con Gesù

Padre Raniero Cantalamessa ha tenuto questa mattina nella Cappella Redemptoris Mater in Vaticano la sua quarta e ultima predica d’Avvento alla presenza del Papa e della Famiglia pontificia. Al centro delle sue riflessioni il protagonismo dei laici nell’evangelizzazione del mondo occidentale secolarizzato e per certi versi post-cristiano caratterizzato da tre dimensioni: scientismo, secolarismo, razionalismo. “Tre tendenze che hanno una radice comune nella crisi di fede. Chissà che la fede cristiana – si è chiesto - non debba tornare di nuovo in Europa dai paesi da essa un tempo evangelizzati; questa volta però non dal Nord, come dopo le invasioni barbariche, ma dal Sud. Nel suo discorso di ieri alla Curia, il Santo Padre ci parlava della fede incontrata in Africa, tanto più vibrante e gioiosa di quella che si riscontra ormai in Occidente”. Il predicatore della Casa Pontificia ha rilevato che “se si vuole rievangelizzare il mondo scristianizzato, si impone una scelta. Da dove partire?...La ricchezza immensa di dottrina e di istituzioni può diventare un handicap se cerchiamo di presentarci con essa all’uomo che ha smarrito ogni contatto con la Chiesa e non sa più chi è Gesù. Sarebbe come mettere uno di quegli enormi e pesanti piviali di broccato di una volta addosso a un bambino. Bisogna aiutare questo uomo a stabilire un rapporto con Gesù; fare con lui quello che Pietro fece il giorno della Pentecoste con le tremila persone presenti: parlargli di Gesù che noi abbiamo crocifisso e che Dio ha risuscitato, portarlo al punto in cui anche lui, toccato nel cuore, chieda: ‘Che dobbiamo fare, fratelli?’ e noi risponderemo, come rispose Pietro: ‘Pentitevi, fatevi battezzare, se non lo siete ancora, o confessatevi se siete già battezzati. I modi e i tempi in cui fare questo dipendono dalla nostra capacità creativa e possono variare, come variano già nel Nuovo Testamento: dal discorso di Pietro alle folle il giorno di Pentecoste, a quello, da persona a persona, di Filippo all’eunuco della regina Candace”. “Quelli che risponderanno all’annuncio – ha proseguito - si uniranno, come allora, alla comunità dei credenti, ascolteranno l’insegnamento degli apostoli e prenderanno parte alla frazione del pane; a seconda della chiamata e della rispondenza di ognuno, potranno fare proprio, a poco a poco, tutto quell’immenso patrimonio nato dal kerygma. Non si accetta Gesù sulla parola della Chiesa, ma si accetta la Chiesa sulla parola di Gesù. Abbiamo un alleato in questo sforzo: il fallimento di tutti i tentativi fatti dal mondo secolarizzato per sostituire il kerygma cristiano con altri 'gridi' e altri ‘manifesti’. Io porto spesso l’esempio del celebre dipinto del pittore norvegese Edvard Munch, intitolato ‘L’urlo’. Un uomo su un ponte, su uno sfondo rossastro, con le mani intorno alla bocca spalancata, emette un grido che, si capisce immediatamente, è un grido di angoscia, un grido vuoto, senza parole, solo suono. Mi sembra la descrizione più efficace della situazione dell’uomo moderno che, avendo dimenticato il grido pieno di contenuto che è il kerygma, si ritrova a dovere urlare a vuoto la propria angoscia esistenziale”. Un autore del IV secolo scrive: “Per ogni uomo, il principio della vita è quello, a partire dal quale Cristo è stato immolato per lui. Ma Cristo è immolato per lui nel momento in cui egli riconosce la grazia e diventa cosciente della vita procuratagli da quell’immolazione. Mi rendo conto che non è facile e forse neppure possibile dire queste cose alla gente, meno che meno, al mondo secolarizzato di oggi; ma è quello che dobbiamo avere ben chiaro noi evangelizzatori per attingere da esso il coraggio e credere alla parola dell’evangelista Giovanni che dice: ‘Colui che è in voi è più forte di colui che è nel mondo’”. I laici, ha affermato padre Cantalamessa, sono oggi i protagonisti dell’evangelizzazione: “Ho conosciuto un laico degli Stati Uniti, padre di famiglia, che, accanto alla sua professione, svolge anche un intensa evangelizzazione. È un tipo pieno di humour ed evangelizza a suono di fragorose risate, quali solo gli americani sanno fare. Quando va in un nuovo posto, comincia dicendo molto serio: ‘Duemila e cinquecento vescovi, riuniti in Vaticano, mi hanno chiesto di venire ad annunciarvi il vangelo’. La gente naturalmente è incuriosita. Lui allora spiega che i duemila cinquecento vescovi sono quelli che presero parte al Concilio Vaticano II e scrissero il decreto sull’apostolato dei laici ('Apostolicam actuositatem'), in cui si esorta ogni laico cristiano a partecipare alla missione evangelizzatrice della Chiesa. Aveva perfettamente ragione di dire ‘mi hanno chiesto’. Quelle parole non sono dette al vento, a tutti e a nessuno; sono indirizzate personalmente a ogni laico cattolico”. Padre Cantalamessa ha continuato: “Oggi conosciamo l’energia nucleare che si sprigiona dalla 'fissione' dell’atomo. Un atomo di uranio viene bombardato e 'spezzato' in due dall’urto di una particella chiamata neutrone, liberando, in questo processo, dell’energia. Inizia da ciò una reazione a catena. I due nuovi elementi 'fissano', cioè rompono, a loro volta, altri due atomi, questi altri quattro e così via per miliardi di atomi, sicché l’energia 'liberata', alla fine, risulta immensa. E non necessariamente energia distruttiva, perché l’energia nucleare può essere usata anche per scopi pacifici, a favore dell’uomo. In questo senso possiamo dire che i laici sono una specie di energia nucleare della Chiesa sul piano spirituale. Un laico raggiunto dal Vangelo, vivendo accanto ad altri, può 'contagiare' altri due, questi altri quattro, e siccome i laici cristiani non sono solo alcune decine di migliaia come il clero, ma centinaia di milioni, essi possono davvero svolgere un ruolo decisivo nel diffondere nel mondo la luce benefica del vangelo. Quello che rende più meritoria l’evangelizzazione dei laici è che è fatta gratuitamente, spesso rimettendoci di tasca propria”. I laici, ha ricordato il religioso cappuccino sulla scorta del Concilio Vaticano II, concorrono all’apostolato della gerarchia non come semplici collaboratori: infatti sono portatori di carismi, con i quali, dice la Lumen gentium, “sono resi adatti e pronti ad assumersi opere e uffici, utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa”. “Gesù – ha spiegato - volle che i suoi apostoli fossero pastori di pecore e pescatori di uomini. Per noi del clero, risulta più facile essere pastori che non pescatori; cioè, nutrire con la parola e i sacramenti quelli che vengono in chiesa, che non andare alla ricerca dei lontani, negli ambienti più disparati della vita. La parabola della pecorella smarrita si presenta oggi rovesciata: novantanove pecore si sono allontanate e una è rimasta all’ovile. Il pericolo è di passare tutto il tempo a nutrire quell’unica rimasta e non avere tempo, anche per la scarsità del clero, di andare alla ricerca delle smarrite. In questo l’apporto dei laici si rivela provvidenziale. La realizzazione più avanzata in questo senso sono i movimenti ecclesiali. Il loro contributo specifico all’evangelizzazione è di offrire agli adulti un’occasione per riscoprire il loro battesimo e diventare membri attivi e impegnati della Chiesa. Molte conversioni di non credenti e ritorni alla pratica religiosa di cristiani nominali avvengono oggi nell’ambito di questi movimenti. Uno degli scopi del convegno sull’evangelizzazione tenuto nell’Ottobre scorso era proprio, mi pare, quello di raccogliere le diverse, e a volte originali, forme di evangelizzazione da essi sperimentate”. Padre Cantalamessa ha poi sottolineato l’importanza della famiglia in vista dell’evangelizzazione. “Commentando il passo sui 72 discepoli, San Gregorio Magno scrive che Gesù li manda 'a due a due', 'perché meno che tra due non ci può essere amore', e l’amore è ciò da cui gli uomini potranno riconoscere che siamo suoi discepoli. Questo vale per tutti, ma in modo tutto speciale per due genitori. Se essi non possono fare più nulla per aiutare nella fede i loro figli, farebbero già molto se, guardandoli, essi potessero dire tra loro: 'Guardate come si amano papà e mamma'. 'L’amore è da Dio', dice la Scrittura e questo spiega perché dovunque c’è un po’ di amore vero, lì è sempre annunciato Dio. La prima evangelizzazione comincia tra le mura di casa”.

Radio Vaticana

Ripartire dal principio - il testo integrale

25 anni dell’istruzione di Dottrina della Fede 'Libertatis conscientiae' sulla teologia della liberazione: esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono

di Gerhard Ludwig Müller
Vescovo di Regensburg

Il volume "Escatologia" delle "Gesammelte Schriften" di Joseph Ratzinger, che uscirà nel febbraio 2012, conterrà anche i testi sulla teologia della liberazione. L’istruzione "Libertatis conscientiae", pubblicata venticinque anni fa dalla Congregazione per la Dottrina della Fede su libertà cristiana e liberazione, fu firmata dall’allora prefetto e oggi Papa Benedetto XVI. Essa contiene la valutazione dottrinale della "teologia della liberazione" sviluppatasi in America Latina. Questo documento merita una rilettura e porta alla luce una sorprendente lungimiranza. Le riflessioni personali di Joseph Ratzinger sulla "teologia della liberazione" sviscerano la tendenza in essa evidente a politicizzare la teologia e a ridurre la Chiesa ad attività terrene. In questo, però, Joseph Ratzinger vede messe in dubbio l’essenza della Chiesa e la teologia stessa. Non si tratta di un "sì" o di un "no" non ponderati alla teologia della liberazione, ma di un’esposizione fondamentale dei suoi principi positivi, dei suoi limiti e dei suoi pericoli. La teologia della liberazione racchiude nelle sue elaborazioni una molteplicità di concetti e di autori in parte discordanti. Essenzialmente si tratta di come poter rendere efficace il messaggio dell’amore di Dio, la forza trasformatrice del Vangelo, nella vita del singolo e della comunità di fronte a rapporti di vita indegni dell’uomo. Ogni concezione di una teologia della liberazione resta sempre, dunque, cattolica solo se la sua ermeneutica complessiva è la rivelazione di sé da parte di Dio nella realtà e nella storia della salvezza nel suo figlio Gesù Cristo, che è stata trasmessa alla Chiesa con il senso della fede di tutti i fedeli e con il magistero episcopale e papale per una esposizione autentica. Entrambi i documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede, "Libertatis nuntius", del 1984 e quello del 1986 si propongono di impedire alle "teologie della liberazione" di divenire ideologie politiche e quindi di perdere il loro carattere teologico. La seconda istruzione del 1986 intende esporre distinzioni più profonde a questo proposito: condanna le tendenze che hanno perso di vista il soprannaturale e sembrano seguire visioni illuminate, ma in definitiva mitologiche, di processi di liberazione e di rivoluzioni. Alla fine tali "teologie" sono state solo la sovrastruttura di un progetto marxista. D’altro canto, l’istruzione evidenzia l’autentica concezione cristiana di uomo e di mondo. Così prepara la strada a una vera teologia della liberazione che è strettamente legata alla dottrina sociale della Chiesa e che, proprio nel mondo di oggi, deve levare la propria voce. Una visione che, partendo dalla fede, realizza la realtà intera, storica dell’uomo, come singolo e come società, offre orientamenti comportamentali non solo ai singoli cristiani, ma anche sul piano delle decisioni politiche ed economiche. Le affermazioni sulla cristologia e sulla soteriologia, sulla dottrina della grazia e sull’antropologia non posso o essere interpretate in modo esistenzialista e politico-rivoluzionario, né degenerare in cifre di un programma sociale di autoliberazione. La fede non può essere ridotta all’affermazione che essa non è nient’altro che "fedeltà alla storia", "speranza di orientamento futuro" e altro. In realtà, la fede, la speranza e la carità sono virtù divine, doni della grazia, che però devono necessariamente sfociare nella responsabilità per il mondo e per la storia, nell’opzione per i poveri. L’amore verso Dio e l’amore per il prossimo sono indivisibili. Tuttavia, l’amore verso Dio esiste soprattutto come una realtà propria e non si rivolge a una persona fittizia nell’aldilà come appello a un’azione sociale responsabile. Nell’insegnamento patristico-scolastico sui diversi sensi della Scrittura, il senso morale presuppone quello storico e lo pretende, ma non vi si perde dentro. Il punto di partenza dell’istruzione è la "coscienza della libertà e della dignità dell’uomo", che muove tutti gli uomini in tutto il mondo e "suscita una potente aspirazione alla liberazione". Poiché il Vangelo "è di per sé un messaggio di libertà e di liberazione", la Chiesa può far propria questa aspirazione. Il suo parametro originario è infatti il Vangelo, la dottrina rivelata della creazione e della liberazione, e l’immagine a esso legata dell’uomo nella sua personalità così come nel suo essere associato al mondo e alla società. Da questa impostazione completamente orientata a Dio dell’immagine cristiana dell’uomo è esclusa qualsiasi ideologia di autoredenzione dell’uomo. Questo riguarda le ideologie progressiste di carattere capitalistico e marxista. Esse sono essenzialmente ateistiche, perché negano l’essere ordinato dell’uomo a Dio come origine e scopo e screditano questo come alienazione e dipendenza. Questi sistemi ostili all’uomo sostituiscono il dominio di Dio con il dominio dell’uomo sull’uomo. Gli ateismi politici sfociano necessariamente nel totalitarismo, quindi nella soppressione della libertà e nella distruzione della dignità dell’uomo. Ciò è comprovato dallo sviluppo storico reale nel comunismo, ma anche da sistemi economici neoliberali, dove il denaro diviene un fine in se stesso. "Lì Dio viene sostituito dal denaro", fu il rimprovero del difensore degli indios, il vescovo Bartolomé de Las Casas. La libertà dell’uomo si fonda sull’azione creatrice e redentrice del Dio trascendente e ha una dimensione trascendente. Pertanto, il mondo creato e il futuro immanente del mondo non possono essere il fine ultimo dell’uomo, né possono costituire la sua vocazione alla salvezza eterna e alla gioia. L’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il card. Joseph Ratzinger, in occasione del conferimento della laurea honoris causa da parte dell’università di Lima nel 1986, da un lato si è confrontato in modo critico con la teologia della liberazione. Soprattutto ha smascherato il "mito di uno sviluppo necessario e al contempo gestibile di tutta la storia verso la libertà" e la contrapposizione errata, ovvero la comprensione ridotta della storia e della libertà da parte di alcuni teologi della liberazione. Dall’altra parte, ha però posto la domanda successiva: "Ora, il realismo del concetto cristiano di libertà significa che l’uomo si ritira rassegnato nella sua finitezza e desidera essere solo uomo? Assolutamente no. Alla luce dell’esperienza cristiana di Dio è possibile vedere che l’arbitrarietà assoluta del poter fare tutto non ha come modello Dio, ma un feticcio. Il Dio vero significa vincolare se stessi nel triplice amore, e quindi libertà pura. Essere questa immagine di Dio, 'diventare simile a Lui', è la vocazione dell’uomo". Proprio il rifiuto di un concetto di libertà "il cui parametro di base è l’anarchia e il cui cammino è l’eliminazione sistematica del legame", distinguendo il fine soprannaturale dalla responsabilità politica, dà alla libertà cristiana, quale grazia, un dinamismo senza fine per creare le condizioni di vita terrene secondo il parametro della dignità dell’uomo, della libertà e della giustizia nella convivenza delle persone in famiglia, negli stati e nella comunità mondiale. Uno sguardo alle sacre Scritture ci mostra che la storia dell’Alleanza è una storia di liberazione, con un’opzione sempre più evidente di Dio per i poveri, i sofferenti e gli sfruttati, di modo che dalla soteriologia deve risultare anche sempre un’etica. "La missione liberatrice della Chiesa", così il capitolo IV dell’istruzione, prende spunto dal messaggio liberatore di Gesù e dalla sua prassi per il Regno di Dio. La Chiesa indica in modo positivo "i fondamenti della giustizia nell’ordine temporale" ed "è fedele alla sua missione (critica-profetica), quando denuncia le deviazioni, le schiavitù e le oppressioni, di cui gli uomini sono vittime". La Chiesa, però, conformemente alla sua missione, condanna anche i metodi che vogliono rispondere alla violenza con la violenza, al terrore con il terrore, alla privazione dei diritti con la privazione dei diritti. Con tutti i mali spirituali e materiali che affliggono grandi porzioni dell’umanità nei sistemi ingiusti, la Chiesa opera l’"opzione preferenziale per i poveri" non per alimentare conflitti, ma per superare le barriere tra le classi e per fare della solidarietà, della dignità dell’uomo e della sussidiarietà i principi generalmente validi dell’ordine sociale. Va detto che nel rapporto tra il peccato personale e le strutture esistono "strutture di peccato" come risultato di sviluppi collettivi errati e come espressione di mentalità sbagliate. Possono essere definite peccato, perché nascono dal peccato e conducono al peccato. Ma questo non esclude la responsabilità individuale del singolo. Nessuno può scusarsi affermando che è stato il sistema a costringerlo a sfruttare e ad annientare altre persone per guadagnarsi da vivere. In nessun luogo i cosiddetti processi storicamente necessari influenzano l’uomo in maniera fatalistica, esonerandolo allo stesso tempo dall’usare liberamente la propria responsabilità dinanzi a Dio. Non sono il "destino" o la "legittimità storica", ma è la Providentia Dei a determinare il corso della storia riguardo alla libertà umana e alla sua realizzazione nell’amore, sia nella vita terrena sia per quanto riguarda la vocazione trascendente dell’uomo. Resta dunque la priorità della persona rispetto alla struttura. Per questo la prassi liberatrice dei cristiani, che risulta anche dalla liberazione dal peccato e dall’annuncio della grazia, comporta sia il cambiamento sia il costante miglioramento delle condizioni di vita materiali e sociali, e allo stesso modo considera anche il rapporto personale tra le persone nell’amore di Cristo come parte centrale dell’essere cristiano: "Una sfida senza precedenti è lanciata oggi ai cristiani che operano per realizzare questa 'civiltà dell’amore', la quale compendia tutta l’eredità etico-culturale del Vangelo. Questo compito richiede una nuova riflessione su ciò che costituisce il rapporto del comandamento supremo dell’amore con l’ordine sociale considerato in tutta la sua complessità". Si tratta di "uno sforzo assai grande nel campo dell’educazione: educazione alla civiltà del lavoro, educazione alla solidarietà, accesso di tutti alla cultura". Questo sforzo è necessario per la Chiesa ed è un aiuto per i poveri e i sofferenti del mondo. L’istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede ha elaborato il contenuto positivo dei nuovi spunti teologici e ha dimostrato che, e in che modo, una "teologia della liberazione autentica" (Giovanni Paolo II) e la dottrina sociale della Chiesa sono indispensabili per il servizio della Chiesa al mondo. È compito di tutti rendere efficace in modo concreto la dottrina cristiana della libertà e della dignità dell’uomo.

L'Osservatore Romano