lunedì 13 agosto 2012

Lombardi: il Papa segue il lavoro della magistratura e può interventire quando vuole. Sciarpelletti non è un complice, l'istruttoria va avanti

Paolo Gabriele ha inviato una lettera di richiesta di perdono al Papa tramite la Commissione cardinalizia. Lo ha annunciato padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, che in un briefing con i giornalisti ha commentato la sentenza di rinvio a giudizio del maggiordomo di Benedetto XVI Paolo Gabriele (foto) e del tecnico informatico della Segreteria di Stato Claudio Sciarpelletti. E' sempre stata "chiara l'intenzione del Papa di rispettare questo lavoro della magistratura e le sue risultanze" ha detto il portavoce vaticano e "ciò spiega la non pubblicazione di risultanze della commissione cardinalizia, per non condizionare il lavoro". Il Papa "ha ricevuto questi documenti, ne ha preso conoscenza, rimane nel poter del Papa di intervenire qualora voglia o ritenga opportuno, ma finora - ha ricordato padre Lombardi - non lo ha fatto e possiamo pensare fondatamente che la linea che segue è questa, è quindi una ipotesi del tutto plausibile il dibattimento" in autunno. L'ex maggiordomo di Benedetto XVI "rischia da uno a sei anni, vista l'accusa" ha specificato padre Lombardi, aggiungendo che Gabriele rimane ai domiciliari. "Prima del 20 settembre non accadrà nulla" mentre "Claudio Sciarpelletti è stato rinviato a giudizio non perché considerato un complice". "Non è un corresponsabile della vicenda - ha detto ancora il direttore della Sala Stampa vaticana - la decisione del giudice è stata dettata dal fatto che la sua testimonianza non è stata coerente". I magistrati vaticani nella requisitoria e sentenza pubblicate oggi "non affermano, ma neppure escludono - ha spiegato padre Federico Lombardi - la possibilità di continuare le indagini su eventuali complici di Paolo Gabriele" e su "eventuali rogatorie internazionali". "Facciamo un passo per volta" ha detto Lombardi, l'"istruttoria vaticana va avanti, anche con tempi consistenti per la sua meticolosità, difficile fare passi avanti se non hai ancora compiuto quelli iniziati". Il Vaticano ha oggi pubblicato integralmente la requisitoria del promotore di giustizia e la sentenza del giudice istruttore che chiude la fase istruttoria contro Paolo Gabriele. Nei testi mancano solo i nomi dei testimoni, a parte mons. Georg Gaenswein, che era "talmente ovvio - ha detto Lombardi - e lui stesso ne ha convenuto". I nomi non sono fatti "per un principio di correttezza e riservatezza non c'é nessuna decisione particolare".

Ansa

Paolo Gabriele rinviato a giudizio per furto aggravato. A processo anche un dipendente della Segreteria di Stato.Requisitoria e sentenza di rinvio

Sono state pubblicate oggi la requisitoria e la sentenza relative alla fuga di documenti riservati vaticani. Il giudice istruttore Piero Antonio Bonnet, accogliendo le richieste del promotore di giustizia Nicola Picardi, ha rinviato a giudizio due persone: Paolo Gabriele (foto), aiutante di camera di Benedetto XVI, accusato di furto aggravato, e Claudio Sciarpelletti, dipendente della Segreteria di Stato, accusato di favoreggiamento aggravato. Sciarpelletti, 48 anni, è dipendente della Segreteria di Stato, arrestato il 25 maggio e poi posto in libertà provvisoria il giorno dopo previa cauzione e con l’obbligo di osservare alcune prescrizioni. Sciarpelletti ha avuto numerosi contatti con Gabriele e nella sua scrivania è stata rinvenuta una busta con materiale pubblicato dal giornalista Gianluigi Nuzzi. Il suo ruolo appare tuttavia marginale e sarà processato per favoreggiamento. Paolo Gabriele, dopo aver negato tutto durante un incontro della Famiglia pontificia, rispondendo in particolare ad una domanda specifica del segretario del Papa, mons. Georg Gaenwein, ha confessato, durante i successivi interrogatori, di aver fornito il materiale a Nuzzi, ma senza ricevere denaro o altri benefici. Ha motivato la sua azione, che sapeva bene essere illecita, col fatto di ritenere il Pontefice non correttamente informato di fronte al male e alla corruzione che lui vedeva nella Chiesa: era sicuro, ha affermato, che “uno shock, anche mediatico, avrebbe potuto essere salutare per riportare la Chiesa nel giusto binario”. In particolare si sentiva un “infiltrato” dello Spirito Santo. Durante le perquisizioni nella sua abitazione sono stati rinvenuti non solo documenti riservati in grande numero ma anche in assegno bancario di centomila euro intestato al Papa e proveniente dall’Università Cattolica San Antonio di Guadalupe, una pepita presunta d’oro, sempre indirizzata al Papa, e una traduzione dell’Eneide a cura di Annibal Caro stampata a Venezia nel 1581, anche questa un dono per il Papa. Da parte sua, si legge nella requisitoria del promotore di giustizia Nicola Picardi, Paolo Gabriele ha giustificato questa circostanza con il caos nel quale erano le sue cose. "Nella degenerazione del mio disordine è potuto capitare anche questo", ha detto. Il giudice istruttore gli ha, quindi, domandato se a lui venissero affidati anche i doni presentati al Santo Padre da portare poi in Ufficio. L'imputato ha risposto: "Sì. Ero l'incaricato di portare alcuni doni presso il magazzino e altri in Ufficio. Taluni di questi doni servivano per le pesche di beneficenza del Corpo della Gendarmeria, della Guardia Svizzera Pontificia e per altre beneficenze. Mi spiego ora perché una persona che si era fatta tramite di questo, mi chiese perché non era stato riscosso un assegno donato da alcune suore e ciò fu da me portato a conoscenza di mons. Alfred Xuereb. Mons. Gaenswein talvolta mi faceva omaggio di taluni doni fatti al Santo Padre". Riguardo al ritrovamento della copia antica dell'Eneide, Gabriele ha dichiarato in istruttoria: "Per quanto riguarda l'edizione dell'Eneide ricordo che avendo mio figlio cominciato lo studio di quel poema chiesi a mons. Gaenswein se potevo far vedere il libro al professore di mio figlio. Lui mi disse di sì e il libro rimase a casa mia in attesa di essere restituito". Gabriele è stato sottoposto a due perizie psichiatriche che hanno dato opposti risultati in merito alla sua libertà di intendere e volere. La prima guidata dal prof. Roberto Tatarelli dell’Università La Sapienza di Roma, che ritiene che i disturbi psichici emersi dalle perizie non aboliscano la coscienza e la libertà dei propri atti da parte dell’indagato, e la seconda dal prof. Tonino Cantelmi della Pontificia Università Gregoriana che ritiene il contrario. Sia Picardi che Bonnet hanno ritenuto plausibile la prima perizia. In particolare il prof. Tatarelli afferma che il Gabriele è “affetto da un’ideazione paranoide con sfondo di persecutorietà”: la sua personalità, sottolinea, è fragile e insicura e “si caratterizza anche per un profondo bisogno di ricevere attenzione e affetto da parte degli altri” e dunque può essere soggetta a manipolazioni. Tuttavia, secondo il prof. Tatarelli, queste condizioni non configurano “un disturbo di mente tale da abolire la coscienza e la libertà dei propri atti”. Per il prof. Cantelmi la personalità di Gabriele è “affetta da un’identità incompleta ed instabile, da suggestionabilità, da sentimenti di grandiosità, da alterata rigidità morale con un personale ideale di giustizia, nonché da un pervasivo bisogno di essere apprezzato e stimato”. Secondo il prof. Cantelmi “la deformazione dei processi ideativi del Gabriele” porta ad una incapacità d’intendere e di volere. Ma questa perizia non è stata condivisa dai giudici Bonnet e Picardi: di qui il rinvio a giudizio di Paolo Gabriele. Piero Bonnet, da parte sua, ha sottolineato che "le indagini, che non hanno ancora portato piena luce su tutte le articolate e intricate vicende che costituiscono l'oggetto complesso di questa istruzione, si sono dispiegate in varie direzioni" e ha disposto quindi "la parziale chiusura dell'istruttoria".

Radio Vaticana, LaPresse News

PROCEDIMENTO PENALE PRESSO IL TRIBUNALE DELLO STATO DELLA CITTÀ DEL VATICANO NEI CONFRONTI DEL SIGNOR PAOLO GABRIELE: REQUISITORIA DEL PROMOTORE DI GIUSTIZIA E SENTENZA DI RINVIO A GIUDIZIO PRONUNCIATA DAL GIUDICE ISTRUTTORE

I 90 anni del dispensario pediatrico di Santa Marta in Vaticano, diretta dalle Figlie della Carità di San Vincenzo de' Paoli. Assiste 360 famiglie

Trecentosessanta famiglie, da ogni parte del mondo e di ogni religione, sono state accolte quest'anno nel dispensario pediatrico di Santa Marta in Vaticano. Lo riferisce L'Osservatore Romano, in un articolo sui 90 anni della struttura diretta dalle Figlie della Carità di San Vincenzo de' Paoli, e che si avvale della collaborazione di volontari. Le famiglie più numerose assistite sono quelle dell'America Latina e del Nord Africa. E se, sottolinea il quotidiano della Santa Sede, nel primo caso si tratta di Paesi di consolidata tradizione cattolica (75 nuclei sono arrivati dal Perù e 56 dall'Ecuador) nel secondo sono nazioni a maggioranza musulmana (27 famiglie sono venute dall'Egitto, anche a causa dei noti avvenimenti della ''primavera araba'', e una ventina dal Marocco). Seguono una quindicina di nuclei romeni, una decina della Libia, altrettanti della Moldavia, della Nigeria, della Turchia e dell'India. Dal punto di vista del credo religioso, il gruppo principale dei cattolici (212 famiglie) precede quello molto consistente dei seguaci dell'islam (85). Ortodossi (32), evangelisti (13) e avventisti (una decina) completano il quadro delle famiglie cristiane, seguite dai buddisti (otto). Santa Marta fornisce assistenza medica e sostegno psicologico, assicura generi di prima necessità con la distribuzione di latte, pannolini, carrozzine, alimenti, abbigliamento, giocattoli. I bambini sono sottoposti a controlli periodici, e consultazioni specialistiche sono previste anche per le loro mamme. In tale contesto è essenziale il lavoro volontario dei medici: pediatri, ginecologi, ecografisti, dermatologi, dentisti, allergologi, otorini, ortopedici, generici e psicologi. Alcuni di loro fanno parte dell’associazione Santi Pietro e Paolo, che versa anche un contributo mensile. Il dispensario fornisce inoltre prodotti medicinali, grazie alla Farmacia Vaticana. Ampia collaborazione è assicurata poi dal Banco alimentare di Roma, dalla direzione dei servizi economici del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, dalla Domus Sanctae Marthae, dal capitolo della Basilica di San Pietro. Un altro servizio è il sostegno scolastico ai fratelli e ai genitori dei bambini ospiti. E non mancano le attività ludiche nel giardino attrezzato della sede e le vacanze estive al mare grazie alla casa messa a disposizione dall’associazione Pro Infanzia di Roma, che sostiene anche l’annuale gita degli ospiti abituali del dispensario. Fondato con la benedizione di Pio XI, all’indomani della fine della prima guerra mondiale, l’8 maggio 1922, il dispensario pediatrico è stato fortemente voluto da una donna newyorkese, Dula Dracek, azionista di un’azienda produttrice di latte. L’anno precedente aveva chiesto a Benedetto XV di poter creare una rete di distribuzione dell’alimento per i bambini poveri di Roma. Fu poi Pio XII a intervenire più volte, anche di tasca propria, a sostegno dell’opera. E i suoi successori ne seguirono l’esempio, assicurando locali sempre più ampi, in base all’aumento delle richieste. Negli anni Settanta del secolo scorso, il comitato delle donne americane smise di inviare latte, continuando però a sostenere l’opera attraverso un contributo annuale in dollari statunitensi. Anche Benedetto XVI, agli inizi del pontificato, ha visitato la struttura, incontrando ospiti e volontari il 30 dicembre 2005.

Radio Vaticana

Le suore statunitensi 'ribelli' concludono l'assemblea annuale scegliendo la strada del dialogo con Roma: occorrono dignità e rispetto reciproci

Dignità, o meglio, pari dignità. Questa, in sintesi, la settimana di St. Louis che ha visto riunite oltre 900 religiose alla guida di ordini e congregazioni americane che fanno capo alla LCWR, commissariata il 18 aprile dal Vaticano. Una dignità derivata dall’unico battesimo, ma che, quando si va nel concreto, nonostante tutti i documenti “Mulieris dignitatem” in testa e le dichiarazioni di principio, si scontra contro una concezione “maschile” della Chiesa, dura da accettare nel Terzo Millennio. E non solo dalle religiose. Nel loro comunicato stampa finale le suore chiedono l’avvio di un “dialogo aperto e sincero sulle questioni etiche che sfidano oggi la comunità globale” (“è tempo di sfide storiche per la Chiesa e le religiose”) con i vescovi della Commissione nominata dal Vaticano, anche se non mancano di esprimere “profondo disappunto nei confronti del Rapporto della CDF”. Ma tra le righe c’è anche il rapporto religiosi/vescovi, già regolato dal "Mutuae relationes" del 1978 a firma degli allora prefetti Baggio e Pironio, per i vescovi e religiosi, e ribadito dai superiori religiosi maschili nel loro sostegno alle suore, e qui la pari dignità è dato di fatto: i pastori non sono “come padroni dei fedeli loro affidati”; “padri, ma anche fratelli; maestri della fede, ma condiscepoli davanti a Cristo”. Vescovi “e” superiori religiosi (“grave errore sarebbe rendere indipendenti , e assai più grave opporre tra loro, la vita religiosa e la struttura ecclesiale” n.34). Le suore dichiarano di aver lavorato dando spazio all’ascolto, come nei mesi precedenti all’interno delle loro comunità, dove si chiedeva che la questione dei rapporti con Roma non assorbisse eccessivo tempo ai lavori in calendario, dedicati a come rispondere alle nuove sfide. “La teologia, l’ecclesiologia e la spiritualità del Vaticano II è a fondamento della vita religiosa, ma questa non deve essere scontata”. In linea con il MR, dove si afferma che “i profondi rivolgimenti di oggi chiedono un rinnovamento di molte attività pastorali e nuove forme apostoliche di servizio” (49), sono 6 le piste suggerite dalla presidente uscente Farrel: preghiera, profezia, scelta degli ultimi, comunione, non violenza, vivere e comunicare la speranza. Hanno quindi approvato una serie di mozioni, tra cui una da inviare al Congresso per regolare il tema dell’immigrazione (già evidenziato dai vescovi), penalizzata da norme restrittive in alcun i stati del sud. Tra le riflessioni anche la tratta degli esseri umani “persone cui hanno rubato la speranza”. Nel rinnovo delle cariche per il prossimo biennio la presidente eletta è Florence Deacon, francescana del Wisconsin, segretaria Barbara Blesse, domenicana di Springfield. Leadership Award alla teologa Sandra Schneiders, docente emerito alla Scuola teologica dei gesuiti a Berkeley, California. Palla ora al centro e via agli incontri – si comincia domenica - tra gli organi direttivi LCWR e i vescovi incaricati, senza pregiudizi. Alcuni già smontati nei giorni scorsi, come quello che darebbe l’associazione parallela delle suore, la CMSWR - sorta nel 1992 in rappresentanza del 20% e più tradizionalista – più florida in quanto a vocazioni: il dato non trova conferma nei numeri, hanno rilevato le sociologhe Johnson e Wittberg in un articolo pubblicato nell’ultimo numero della rivista dei gesuiti. “Il punto di partenza per noi sono le questioni dottrinali, bensì la vita religiosa nel quotidiano”, ha dichiarato sr Farrel ai giornalisti.

Maria Teresa Pontara Pederiva, Vatican Insider