venerdì 9 ottobre 2009

La toccante testimonianza di suor Uwamariya: all'uccisore dei miei genitori durante il genocidio in Rwanda dissi 'tu sei e resti mio fratello'

Ha suscitato molta commozione il racconto - questa mattina durante l'ottava Congregazione generale del Sinodo dei vescovi per l'Africa - dell'incontro avuto da suor Uwamariya con l'uomo che, durante il genocidio dei Tutsi in Rwanda nel 1994, uccise suo padre e sua madre. "Gran parte della mia famiglia - ha raccontato ai Padri Sinodali la religiosa - venne uccisa nella nostra chiesa parrocchiale". Quando qualche anno dopo ebbe modo di incontrare, insieme a un gruppo dell'associazione cattolica "Dame della misericordia divina", un gruppo di prigionieri a Kibuye, sua città natale, uno dei prigionieri gli si inginocchiò davanti e supplicò ad alta voce: "Misericordia". La religiosa riconobbe l'amico di famiglia che era cresciuto con loro. "Un sentimento di pietà e compassione si impadronì di me - ha detto - lo sollevai, lo abbracciai e gli dissi tra le lacrime: 'tu sei e resti mio fratello'". Suor Uwamariya ha poi detto che a quel punto "ho sentito un grande peso cadere dentro di me, ho ritrovato la pace interiore e ho detto grazie a colui che tenevo ancora tra le mia braccia". L'uomo a quel punto disse: "La giustizia può fare il suo corso, io posso essere condannato a morte, ora sono libero ...".

Il card. Bertone: l’azione dei Nunzi apostolici uno snodo insostituibile e particolarmente importante nella realtà del continente africano

“La comunione affettiva ed effettiva delle Chiese particolari con la Chiesa universale trova nell’azione dei Nunzi apostolici uno snodo insostituibile e particolarmente importante nella realtà del continente africano”: lo ha detto stamane in Vaticano, nel corso dell’ottava Congregazione generale del Sinodo dei vescovi per l’Africa, il card. Tarcisio Bertone (nella foto con Benedetto XVI), segretario di stato. “Si tratta – ha proseguito – di una fitta rete di presenze che non è finalizzata soltanto a promuovere e sostenere i rapporti fra la Santa Sede e le autorità statali, bensì intende prima di tutto ‘rendere sempre più saldi ed efficaci i vincoli di comunione fra la Sede apostolica e le singole Chiese particolari’”. Su 53 paesi africani, 50 hanno relazioni diplomatiche con la Santa Sede, oltre all’Unione Africana con sede ad Adis Abeba e all’Organizzazione degli Stati Arabi, con sede al Cairo. Bertone ha sottolineato che i Nunzi “danno voce al Santo Padre nella difesa della dignità della persona e dei suoi diritti fondamentali, così come, in collaborazione con gli Espiscopati, si adoperano in difesa della libertà religiosa e della promozione di un dialogo autentico, sia con le altre Chiese o comunità ecclesiali, che con gli appartenenti ad altre religioni”.

L’educazione, la pace nella Regione dei Grandi Laghi, l’Anno Sacerdotale e la donna in Africa i temi dell'ottava Congregazione generale

Mattinata densa di riflessioni oggi al II Sinodo dei vescovi per l’Africa, in corso in Vaticano. In presenza di Benedetto XVI durante l'ottava Congregazione generale i Padri Sinodali hanno concentrato la loro attenzione sull’importanza dell’educazione, sul bisogno di pace nella Regione dei Grandi Laghi e sull’Anno Sacerdotale. In chiusura di Congregazione, poi, spazio anche ad alcuni uditori. Sono state tante le riflessioni che si sono rincorse durante i lavori di oggi e tanti anche i suggerimenti arrivati dai Padri Sinodali. Innanzitutto, il grande tema dell’educazione: i vescovi auspicano un sistema di gestione scolastica che garantisca la libertà della Chiesa per una formazione di qualità dei giovani, sollecitando quindi un partenariato diretto tra l’Unesco e le istituzioni ecclesiastiche. E ancora, il Sinodo pensa alla creazione, in Africa, di un Istituto superiore cattolico, specializzato nell’insegnamento sociale, a partire dalla Dottrina Sociale della Chiesa. Nella riflessione dei Padri Sinodali, spazio anche alla comunicazione e all’informazione, con l’esigenza, emersa in Aula, di dare vita ad un’agenzia di stampa continentale per la Chiesa in Africa, continente in cui, tra l’altro, sono operative almeno 163 radio in 32 Paesi, gestite da diocesi ed organizzazioni cattoliche. Poi, i presuli si sono soffermati sul significato dell’Anno Sacerdotale, indetto da Benedetto XVI per commemorare i 150 anni dalla morte del Santo Curato d'Ars, colui che può ispirare quella fedeltà a Cristo che aiuta ad illuminare le possibili zone d’ombra delle comunità ecclesiali. E ancora, i vescovi hanno riflettuto sui problemi relativi all’aborto che, nel linguaggio definito “sconcertante” delle organizzazioni internazionali, viene erroneamente associato alla salute riproduttiva. Centrale anche il tema del dialogo interreligioso con la proposta, avanzata in Aula, di inserire alcuni esperti del settore nelle Commissioni Giustizia e Pace. Altro suggerimento applaudito, quello di convocare prossimamente una Conferenza Internazionale sulla pace e la riconciliazione nella Regione dei Grandi Laghi. Poi, spazio alle donne: “Cosa sarebbe la Chiesa senza di loro?”, si è detto in Aula. Loro che donano la vita e non abbandonano mai i propri figli auspicano un maggior coinvolgimento nell’evangelizzazione. Quindi, la parola è andata ad uno dei delegati fraterni, Bernhard Ntahoturi, arcivescovo della provincia della Chiesa anglicana del Burundi, che ha sottolineato l’importanza dell’ecumenismo per rivelare al mondo il Dio dell’amore e della vita. L’Africa è il continente delle opportunità, ha continuato il delegato fraterno, e la Chiesa deve essere segnata dalla fraternità, per liberare il Paese dai suoi mali.
Ieri pomeriggio, invece, il Sinodo ha volto il suo sguardo verso le donne africane costrette alla poligamia e quindi lontane dai sacramenti. Per loro, è stata chiesta una riflessione approfondita, così che possano godere della misericordia di Dio. E ancora, in Aula si è detto che la Chiesa non dimentica i malati di Aids, anzi: li aiuta e li sostiene, attraverso alcune agenzie, come la Catholic Agency For Overseas Development, da più di vent’anni presente in Africa. Molti i risultati positivi ottenuti finora, anche grazie all’aiuto dei farmaci retrovirali che, però, hanno sottolineato i vescovi, restano ancora inaccessibili ai più poveri. In programma per questo pomeriggio invece l’intervento di Rudolf Adada, già Capo dell’Unione Africana delle missioni di pace per il Darfour.

Radio Vaticana


A Barack Obama il Nobel per la pace 2009 per gli sforzi straordinari nella diplomazia e per la cooperazione tra i popoli, riconosciuti anche dal Papa

"Non sono sicuro di meritare il premio Nobel per la pace che ho appena ricevuto, sono sorpreso da questo conferimento e lo accetto con profonda umiltà". Lo ha detto il presidente degli Stati Uniti Barack Obama (nella foto con Benedetto XVI)commentando l'assegnazione del prestigioso riconoscimento. "Accetto questo premio soprattutto come invito ad agire", ha continuato, sottolineando la sua incredulità nel momento in cui ha appreso la notizia. Il comitato del Nobel ha attribuito il premio al presidente degli Stati Uniti "per i suoi sforzi straordinari volti a rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli". Il presidente del comitato norvegese, Thorbjoern Jagland, ha citato anche "la visione e gli sforzi di Obama per un mondo senza armi nucleari". La commissione ha riconosciuto gli sforzi del presidente statunitense per ridurre gli arsenali nucleari e lavorare per la pace nel mondo. "Obama ha fatto molte cose - ha detto Jagland durante la conferenza stampa a Oslo - ma è stato riconosciuto soprattutto il valore delle sue dichiarazioni e degli impegni che ha assunto nei confronti della riduzione degli armamenti, della ripresa del negoziati in Medio Oriente e la volontà degli Stati Uniti di lavorare con gli organismi internazionali". "Molto di rado una persona è stata capace di dare speranza in un mondo migliore e di catturare l'attenzione del mondo quanto è riuscito a Obama", si legge in una nota della commissione.
''Nel colloquio che ho avuto venerdì scorso con il Santo Padre Benedetto XVI, anche il Pontefice ha ringraziato li Presidente per i suoi sforzi in favore della pace. Questo premio è per noi una grandissima opportunità di continuare il lavoro per la costruzione di un mondo e di un'umanità migliori''. E' quanto ha detto l'ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede in un'intervista alla Radio Vaticana commentando il riconoscimento del premio Nobel al Presidente degli Stati Uniti. ''Credo che per la Santa Sede - spiega -, come ha detto anche il Papa nella conversazione che ho avuto con lui venerdì scorso in occasione della presentazione delle mie credenziali, l'abolizione delle armi nucleari sia una sfida per la quale dobbiamo lavorare insieme''. ''Siamo lieti - racconta l'ambasciatore - per questo importantissimo onore. Al presidente sono stati riconosciuti gli sforzi di costruire la comprensione tra i popoli, come aveva gia' manifestato nel discorso al mondo musulmano al Cairo, nel corso dei suoi viaggi e in altri discorsi e iniziative. Credo che il Comitato abbia riconosciuto il suo impegno per l'eliminazione delle armi nucleari''. ''Questo premio - aggiunge - è per noi una grandissima opportunita' di continuare il lavoro per la costruzione di un mondo e di un'umanità migliori'' e riconosce ''l'impegno del presidente a costruire questo mondo: ad eliminare le armi nucleari in tutte le parti del mondo''.
"L'attribuzione del Nobel per la pace al Presidente Obama è salutata con apprezzamento in Vaticano alla luce dell'impegno dimostrato dal Presidente per la promozione della pace nel campo internazionale, e in particolare anche recentemente in favore del disarmo nucleare": lo ha detto oggi il direttore della Sala stampa vaticana padre Federico Lombardi, che ha poi aggiunto: "Ci si augura che questo importantissimo riconoscimento incoraggi ulteriormente tale impegno difficile ma fondamentale per l'avvenire dell'umanità, affinchè possa portare i risultati sperati".

La Repubblica.it, Asca, SIR

Dall'Accademia Pianistica internazionale di Imola un concerto per Benedetto XVI che ripercorre la storia del pianoforte

Un concerto pianistico tutto per Benedetto XVI. E' quello in programma sabato 17 ottobre alle ore 18 presso l'Aula Paolo VI in Vaticano a cura dell'Accademia Pianistica Internazionale di Imola. "Le tastiere raccontano: l'ascolto delle più belle pagine della letteratura pianistica su strumenti originali", questo il titolo dell'evento. La pianista cinese Jin Ju, talento dell'Accademia, presenterà al Papa un affascinante percorso alla scoperta di suoni diversi, di strumenti che coprono quasi interamente la storia dello sviluppo del pianoforte: dal fortepiano a tavolo di fine '700 al grancoda moderno del '900. Gli strumenti, appartenenti alla Collezione di Palazzo Monsignani di Imola, hanno legato il loro marchio in maniera indissolubile ai più grandi compositori di musica classica. Il concerto è pubblico, gratuito, ad inviti. L'Accademia Pianistica Internazionale "Incontri col Maestro" di Imola, fondata e diretta da Franco Scala, è una scuola di alto perfezionamento musicale collocata nella splendida cornice della Rocca Sforzesca di Imola. Nata nel 1989, l'Accademia venne inaugurata ufficialmente il 6 marzo dello stesso anno con un concerto offerto da Vladimir Ashkenazy, che in quell'occasione veniva insignito della presidenza onoraria. Presidente è attualmente Fabio Roversi-Monaco, vice presidente Alberto Domenicali, direttore Franco Scala. L'evento in onore del Papa ricorre nel ventesimo anno di fondazione dell'Accademia ed è frutto dell'alta formazione musicale che ha portato l'istituzione imolese ad aggiudicarsi oltre 50 primi premi internazionali nei maggiori concorsi pianistici in tutto il mondo. La protagonista del concerto, Jin Ju, è nata a Shangai da una famiglia di musicisti. Intraprende lo studio del pianoforte all'eta' di quattro anni. Dopo aver conseguito il Master al Conservatorio Centrale di Pechino ottiene il Diploma d'Onore presso l'Accademia Chigiana di Siena e il Diploma Master presso l'Accademia Pianistica "Incontri col maestro" di Imola dove attualmente e' assistente di Pianoforte.

Agi

Il Papa: rircordare i tristi eventi del II conflitto mondiale sia monito, soprattutto per i giovani, a non cedere mai più alla tentazione della guerra

“Questa sera torna alla nostra memoria la tragedia della seconda guerra mondiale, dolorosa pagina di storia intrisa di violenza e di disumanità, che ha causato la morte di milioni di persone, lasciando i vincitori divisi e l’Europa da ricostruire”. Lo ha detto Papa Benedetto XVI al termine del concerto ''Giovani contro la guerra'' a cui ha assistito insieme al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione del 70° anniversario dell'inizio della II Guerra Mondiale. La guerra, ha continuato il Pontefice, è stata una ''dolorosa pagina di storia intrisa di violenza e di disumanità, che ha causato la morte di milioni di persone, lasciando i vincitori divisi e l'Europa da ricostruire''. ''La guerra - ha aggiunto -, voluta dal nazionalsocialismo, ha colpito tante popolazioni innocenti dell'Europa e di altri Continenti, mentre, con il dramma della Shoah, ha ferito soprattutto il popolo ebreo, oggetto di uno sterminio programmato''. Al momento dello scoppio della II Guerra Mondiale ''non mancarono gli inviti alla ragionevolezza e alla pace elevatisi da molte parti''. ''Qui a Roma - ha detto Benedetto XVI - risuonò accorata la voce del mio venerato Predecessore Pio XII. Nel radiomessaggio del 24 agosto del 1939 - proprio nella imminenza dello scoppio della guerra - proclamò con decisione: 'Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra'''. ''Nessuno - ha aggiunto - purtroppo riuscì a fermare quell'immane catastrofe: prevalse inesorabile la logica dell'egoismo e della violenza. Ricordare quei tristi eventi sia monito, soprattutto per le nuove generazioni, a non cedere mai più alla tentazione della guerra''. “Quest’anno - ha aggiunto Benedetto XVI - commemoriamo un altro significativo anniversario: i venti anni dalla caduta del muro di Berlino, simbolo eloquente della fine dei regimi totalitari comunisti dell’Est europeo”. Citando Giovanni Paolo II, il Papa ha sottolineato che “la caduta del muro, come il crollo di pericolosi simulacri e di una ideologia oppressiva, hanno dimostrato che le libertà fondamentali, che danno significato alla vita umana, non possono essere represse e soffocate a lungo”. Da queste esperienze Benedetto XVI ha ricavato un messaggio per l’oggi affermando che “l’Europa, il mondo intero hanno sete di libertà e di pace! Occorre costruire insieme la vera civiltà, che non sia basata sulla forza, ma sia ‘frutto della vittoria su noi stessi, sulle potenze dell’ingiustizia, dell’egoismo e dell’odio, che possono giungere sino a sfigurare l’uomo’”. Questa civiltà, ha concluso il Papa, può avere nel “movimento ecumenico, che ha trovato nella seconda guerra mondiale un catalizzatore” una forza che “può contribuire a costruirla, operando insieme agli ebrei e a tutti i credenti”.

SIR, Asca