giovedì 22 aprile 2010

Cabra: perchè non rendere omaggio al Papa che porta avanti il rinnovamento evangelico dei cuori prima e a preferenza di quello delle strutture?

''Sarà solo un'azione di ingegneria ecclesiastica che risolve il problema della testimonianza cristiana?''. Se lo chiede Pier Giordano Cabra, primo editore in Italia degli scritti del teologo Hans Küng, in una risposta alla Lettera ai vescovi cattolici inviata da quest'ultimo qualche giorno fa e pubblicata sui principali quotidiani europei. Nella sua missiva, Küng criticava l'azione di Papa Benedetto XVI e lanciava sei proposte concrete di riforma della Chiesa ''condivise - ne sono convinto - da milioni di cattolici che non hanno voce''. ''Leggendo la tua lettera ai vescovi - è l'esordio della risposta di Cabra pubblicata oggi in prima pagina da L'Osservatore Romano - mi sono sentito d'accordo quando scrivi: 'Se oggi in questa o in quella diocesi o comunità i parrocchiani disertano la Messa, se l'opera pastorale risulta inefficace, se manca l'apertura verso i problemi e i mali del mondo, se la cooperazione ecumenica si riduce a un minimo, non si possono scaricare tutte le colpe su Roma. Tutti, dal vescovo al prete e al laico, devono impegnarsi per il rinnovamento della Chiesa nel proprio ambiente di vita, piccolo o grande che sia'''. Ma, aggiunge, il ''rinnovamento'' della Chiesa è stato ''inteso in questi anni in molti modi, secondo le preferenze personali e culturali, partendo da quella del cambio delle strutture a quella della conversione personale e comunitaria'' e nella lettera del teologo svizzero sembra che ''l'attenzione sia posta prevalentemente se non esclusivamente sulle riforme 'strutturali'''. ''Perchè - si chiede allora Cabra -, proprio in nome della complessità, non rendere omaggio a Chi porta avanti il rinnovamento evangelico dei cuori prima e a preferenza di quello delle strutture?''. ''C'è inoltre - prosegue Cabra - una questione di stile, che tradisce la sostanza, cioè il misconoscimento del primato della carità, o della carità nella veracità: 'Se non ho la carità, sono un bronzo che rimbomba', dirà proprio Paolo nella prima lettera ai Corinzi''. Per questo, ''se la tua lettera avesse respirato un poco di più l'inno alla carità, sarebbe risultata un augurio più elegantemente evangelico all'antico Collega, in occasione dei suoi anniversari, e un contributo più fruttuoso per la Chiesa che sta soffrendo per le debolezze dei suoi figli''. ''Spero - conclude Cabra - di non aver mancato di carità nel dirti questo, perchè senza la carità non sarei nulla''.

Asca

Il Papa all'ambasciatore di Macedonia: forte dell'identità cristiana costruisca il suo futuro e porti all'Europa il contributo della sua esperienza

“Mantenere vivi e saldi” i principi cristiani conosciuti sin dall’antichità, per costruire una pace giusta nel presente e nel futuro e una società non condizionata dal relativismo morale. Sono i principali auspici che Benedetto XVI ha espresso nel suo discorso al nuovo ambasciatore della Macedonia presso la Santa Sede Gioko Gjorgjevski (foto), ricevuto questa mattina in udienza per la presentazione delle Lettere credenziali. La Macedonia ambisce legittimamente a far parte della comunità europea e al suo interno, ha riconosciuto Benedetto XVI, si colgono i segni di un “armonico progresso”. Ma per costruire il futuro che si vuole bisogna tener conto della storia di un popolo, della sua cultura e della anima, per essere certi che il nuovo regga ai condizionamenti che possono nascere da ferite sociali mai rimarginate, da interessi economici globali che ignorano i bisogni locali, dalle voci dei relativismi che soffocano quelle delle coscienze. Al nuovo ambasciatore, il Papa ha ricordato che la Macedonia conserva segni “ben visibili” dei “valori umani e cristiani” ai quali far riferimento. “Attingendo a tale patrimonio, i cittadini del Suo Paese continueranno a costruire anche in futuro la propria storia e, forti della loro identità spirituale, potranno apportare al consorzio dei popoli europei il contributo della loro esperienza. Per questo, auspico vivamente che vadano a buon fine le aspirazioni e i crescenti sforzi di questo Paese per far parte dell’Europa unita, in una condizione di accettazione dei relativi diritti e doveri e nel reciproco rispetto di istanze collettive e di valori tradizionali dei singoli popoli”. Si respira, nella Repubblica ex-jugoslava, un clima “in cui le persone – ha detto il Pontefice – si riconoscono fratelli, figli dello stesso Dio e cittadini dell’unico Paese”. Tuttavia, ha osservato, dialogo e pace non possono dipendere solo da strategie politiche o “pianificazioni umane”, perché la pace è “dono di Dio agli uomini di buona volontà”. “Di questa pace, poi, la giustizia e il perdono rappresentano pilastri basilari. La giustizia assicura un pieno rispetto dei diritti e dei doveri, e il perdono guarisce e ricostruisce dalle fondamenta i rapporti tra le persone, che ancora risentono delle conseguenze degli scontri tra le ideologie del recente passato”. E passando dal peso della storia alle situazioni di un presente più globale e globalizzante, Benedetto XVI ha ribadito: “Uno stabile sviluppo sociale ed economico non può non tener conto delle esigenze culturali, sociali e spirituali della gente, come pure deve valorizzare le tradizioni e le risorse popolari più nobili. E ciò nella consapevolezza che il crescente fenomeno della globalizzazione, comportante, da una parte, un certo livellamento delle diversità sociali ed economiche, potrebbe, dall’altra, aggravare lo squilibrio tra quanti traggono vantaggio dalle sempre maggiori possibilità di produrre ricchezza e quanti invece sono lasciati ai margini del progresso”. All’inizio del suo discorso, il Papa aveva messo in risalto la “cordiale cooperazione” tra il Paese balcanico e la Santa Sede, testimoniata in particolare, aveva rilevato, “dalla costruzione di edifici di culto cattolici in diversi luoghi del Paese”, pur essendo la Chiesa locale in minoranza. Facendo leva su questo patrimonio spirituale e culturale, Benedetto XVI ha concluso auspicando che la Macedonia non si lasci irretire dal “relativismo morale” e dallo “scarso interesse per l’esperienza religiosa” che oggi imperano, ma che viceversa i suoi abitanti “sappiano operare un saggio discernimento nell’aprirsi ai nuovi orizzonti di autentica civiltà e di vero umanesimo”. “Per fare questo, occorre mantenere vivi e saldi, a livello personale e comunitario, quei principi che stanno alla base anche della civiltà di questo popolo: l’attaccamento alla famiglia, la difesa della vita umana, la promozione delle esigenze religiose specialmente dei giovani”.

Mons. Mixa, accusato di maltrattamenti fisici su minori, presenta al Papa le dimissioni: impedire altri danni alla Chiesa e consentire un nuovo inizio

Il vescovo di Augusta, mons. Walter Mixa, ha presentato le dimissioni. Lo ha confermato oggi l’ufficio stampa della diocesi in un comunicato. “Mercoledì, mons. Mixa ha chiesto con una lettera di essere rimosso dall’incarico. La discussione pubblica sulla sua persona verificatasi nelle ultime settimane ha gravato pesantemente sui sacerdoti e sui fedeli della diocesi". In tal modo, pertanto, Mixa ha inteso “impedire ulteriori danni alla Chiesa e consentire un nuovo inizio”, si legge nel comunicato. Già ieri, mons. Robert Zollitsch, Presidente della Conferenza Episcopale tedesca, aveva fatto sapere di aver suggerito, insieme con l’arcivescovo di Monaco, mons. Reinhard Marx, che il vescovo Augusta si concedesse una pausa di riposo. Nei colloqui intrattenuti, i prelati avevano “riflettuto con lui come contribuire a rasserenare la difficile situazione nella diocesi" e "se un periodo di riflessione spirituale e di distanza fisica potessero contribuire a ottenere un'atmosfera di maggiore obiettività per i chiarimenti necessari", auspicati anche da Mixa. Da oltre due settimane, il vescovo di Augusta è oggetto di critiche per aver maltrattato fisicamente bambini e per aver utilizzato indebitamente fondi di un orfanotrofio. In un primo momento, Mixa aveva anche negato i maltrattamenti.

SIR

Il Papa accetta le dimissioni del vescovo irlandese Moriarty: rinnovamento comincia accettando la responsabilità del passato, non sufficienti la scuse

Papa Benedetto XVI ha accettato le dimissioni di mons. James Moriarty, vescovo di Kildare e Leighlin. L'annuncio è stato dato questa mattina dalla Conferenza Episcopale irlandese e dalla Sala Stampa vaticana. Il presule era tra i sei chiamati in causa dal rapporto Murphy sugli abusi sessuali nell'arcidiocesi di Dublino. Moriarty era stato vescovo ausiliare della capitale irlandese dal 1991 al 2002. Anche se il rapporto non aveva mosso accuse dirette nei suoi confronti, il presule non aveva ''sfidato la cultura prevalente'', fatta di silenzio, coperture e di un'attenzione primaria per il buon nome della Chiesa e non per le vittime. Dopo un'iniziale esitazione, mons. Moriarty aveva annunciato il 23 dicembre di aver presentato a Papa Ratzinger le sue dimissioni: ''Negli ultimi tempi, sono arrivato alla conclusione che abbiamo bisogno di un nuovo inizio e che potrei fare la mia parte nello aprendo la strada''. “La decisione di offrire le mie dimissioni è stata la decisione più difficile del mio ministero”: inizia così un lungo comunicato di mons. Moriarty. “Non ho presentato le dimissioni quando ho letto per la prima volta il rapporto Murphy – spiega il vescovo -, perché non ero direttamente implicato. Tuttavia, il rapporto Murphy va molto oltre rispetto a quello che i singoli vescovi hanno o non hanno fatto. Il rinnovamento deve cominciare accettando la responsabilità del passato. Ho servito come vescovo ausiliare la diocesi di Dublino dal 1991 fino alla mia nomina a questa diocesi nel 2002. Ho fatto parte del governo dell'arcidiocesi prima che fossero attuate corrette politiche di protezione dell'infanzia e le sue procedure. Ancora una volta ammetto che da quando sono diventato un vescovo ausiliare, sono stato sottoposto ad una cultura prevalente. Ancora una volta chiedo scusa a tutti i sopravvissuti e alle loro famiglie”. “So – aggiunge il vescovo – che le parole di scuse non sono sufficienti”. Ma “è importante sapere che imparando dal passato, la Chiesa irlandese si è dotata di eccellenti procedure di protezione dell’infanzia”. La ''lunga battaglia delle vittime per farsi ascoltare e rispettare dalle autorita' ecclesiastiche ha rivelato una cultura, dentro la Chiesa, che molti descriverebbero semplicemente come non cristiana''. Il vescovo tiene ad assicurare che anche la diocesi di Kildare e Leighlin ha sottoscritto il testo “Standards and Guidance”, documento pubblicato dalla Commissione nazionale per la salvaguardia dell’infanzia nella Chiesa Xattolica. “Siamo fortemente convinti – aggiunge nella nota mons. Moriarty – della necessità di una costante vigilanza per assicurare che la Chiesa sia il luogo più sicuro per i bambini. Nel lasciare il mio ufficio oggi – conclude il vescovo – porterò per sempre con me il ricordo del mio temo passato come vescovo di Kildare e Leighlin, la testimonianza di fede, speranza e amore che abbiamo potuto condividere in tanti modi insieme al popolo di Dio, laici, religiosi e clero, in questa diocesi. Offro il mio grazie di cuore a tutti. E’ stato un privilegio servirvi in questi ultimi otto anni e di essere parte di tutto questo”. Dei sei vescovi accusati dal rapporto Murphy di coinvolgimento nell'insabbiamento dei casi di abusi sessuali sui minori, si è già dimesso, oltre a mons. Moriarty, il vescovo di Limerick Donal Murray, e mons. John Magee, vescovo di Cloyne, già segretario personale dei Papi Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II. Il Papa non ancora accettato le dimissioni, presentate a Natale, di Raymond Field e Eamonn Walsh, vescovi ausiliari di Dublino. Mons. Martin Drennan, vescovo di Galway e Kilmacduagh, fa resistenza all'ipotesi dimissioni, mentre mons. Dermot O'Mahony è già in pensione per raggiunti limiti di età.

Asca, SIR

Il Papa a Malta. Padre Suban: abbiamo visto il suo vero volto, dolce e gentile. Lascia l'impulso a vivere con concretezza la fede trasmessa da Paolo

Il viaggio del Papa a Mal­ta si è appena conclu­so, ma per la piccola-­grande Chiesa di Rabat sembra solo l’inizio. È dal mes­saggio che Benedetto XVI ha lasciato ai piedi della Grot­ta di San Paolo, dall’abbrac­cio ai fedeli di quel piccolo paese a una decina di chilo­metri da Valletta che l’entu­siasmo e la vitalità della Chiesa dell’isola ripartiran­no con ancora più sprint. "La giornata col Papa è sta­ta bellissima", dice padre Louis Suban, arciprete del­la Collegiata di San Paolo a Rabat, dove il Pontefice si è recato sabato pomeriggio per rendere omaggio alla Grotta dell’Apostolo delle Genti, che fa memoria del luogo dove fu imprigiona­to. "È stato un incontro molto forte – prosegue l’arciprete –. La Chiesa era strapiena, c’erano quasi 350 fedeli tra sacerdoti, missionari e reli­giosi. Benedetto XVI ci ha lasciato un messaggio dav­vero eccezionale e il san­tuario così importante per la storia di San Paolo è sta­to benedetto dal Pontefice". Padre Suban è ancora emo­zionato nel ricordare quel­le ore. "Gli ho voluto assicurare la nostra vicinanza e il nostro affetto in questo momento così difficile per la Chiesa, in seguito agli e­pisodi di abusi sessuali da parte di religiosi. Il Papa ha ringraziato, poi si è ferma­to in preghiera davanti al­l’altare della Chiesa, per poi scendere alla Grotta. Benedetto XVI ha potuto vene­rare anche la reliquia del braccio di San Paolo. L’ha baciata e ha detto di essere rimasto molto colpito nel vederla". Qual è lo stato d’animo del­la gente di Rabat all’indo­mani della visita del Papa? "Sono stati molto contenti per l’incontro. Credo che il Papa abbia incoraggiato la nostra fede e ci abbia dato segnali importanti. Soprat­tutto abbiamo conosciuto un Papa diverso da come spesso viene descritto, ov­vero come una persona riservata. Noi abbiamo visto un Papa gentile, alla mano, disponibile e attento a tutti coloro che incontrava. Una persona veramente dolce e gentile". Aver incontrato alcune vit­time di abusi sessuali com­messi da sacerdoti "è stato un segno importante di vi­cinanza e di rispetto verso queste persone – afferma padre Suban –. Una delle vittime di questi episodi ha raccontato che prima c’era un vuoto nel suo cuore per le esperienze negative subi­te, e ora invece questo vuo­to è stato riempito dal conforto del Papa. C’è stata una riconciliazione con la Chiesa". Di sicuro la visita del Papa lascerà un segno profondo: "Lascia l’impul­so – è la riflessione del sa­cerdote – per un nuovo e rinnovato impegno della Chiesa di Malta a vivere con sempre maggiore concre­tezza la fede che San Paolo ha lasciato a questo popolo in eredità".

Serena Sartini, Avvenire