venerdì 22 aprile 2011

Il Papa: Dio si è abbassato fino all’angolo più buio della nostra vita per tenderci la mano e tirarci a sé. La Croce parla dell’amore supremo di Dio

Benedetto XVI ha presieduto questa sera al Colosseo il pio esercizio della Via Crucis. I testi delle meditazione per le 14 Stazioni sono stati composti, per incarico del Papa, dalla Madre agostiniana Maria Rita Piccione, e letti dalla grande attrice Piera Degli Esposti con l'aiuto del primo speaker della Radio Vaticana Orazio Coclite. Benedetto XVI è stato accolto dalle autorità civili e religiose, a partire dal sindaco di Roma Gianni Alemanno; il Papa ha assistito alla cerimonia in parte inginocchiato, in parte seduto e alla fine in piedi. La Via Crucis di quest'anno ha avuto una novità: due bambini, due fratelli, Diletta di 10 anni e Michele di 12, hanno letto i sottotitoli delle 14 Stazioni. A portare la Croce, sono stati il cardinale vicario Agostino Vallini, una famiglia romana, una dell’Etiopia, due monache agostiniane, un francescano e una ragazza egiziani, un malato in carrozzella accompagnato da un barelliere e una sorella assistente dell'Unitalsi, due frati francescani della Custodia di Terra Santa. Nella preghiera iniziale il Papa, rivolgendosi al Signore, riconosce che nell’ora delle tenebre, "quando le varie maschere della menzogna deridono la verità e le lusinghe del successo soffocano l'intimo richiamo dell'onestà; quando il vuoto di senso e di valori annulla l'opera educativa e il disordine del cuore sfregia l'ingenutà dei piccoli e dei deboli", in quest'ora delle tenebre, dice, “s’insinua la tentazione della fuga, il sentimento dello sgomento e dell’angoscia, mentre il tarlo del dubbio rode la mente e il sipario del buio cala sull'anima”. Allora risuonano le parole di Gesù ai Dodici: "Volete andarvene anche voi?". Ma noi, afferma il Papa, “non possiamo e non vogliamo andare via, perché ‘tu solo hai parole di vita eterna’” e "la tua Croce è la sola 'chiave che ci apre ai segreti della verità e della vita'. 'Noi ti seguiremo ovunque tu andrai!'".
"Questa notte - ha detto il Papa, prendendo la parola al termine del rito - abbiamo accompagnato nella fede Gesù che percorre l’ultimo tratto del suo cammino terreno, il tratto più doloroso, quello del Calvario. Abbiamo ascoltato il clamore della folla, le parole della condanna, la derisione dei soldati, il pianto della Vergine Maria e delle donne. Ora siamo immersi nel silenzio di questa notte, nel silenzio della croce, nel silenzio della morte", "che porta in sé il peso del dolore dell’uomo rifiutato, oppresso, schiacciato, il peso del peccato che ne sfigura il volto, il peso del male. Questa notte - ha continuato Benedetto XVI - abbiamo rivissuto, nel profondo del nostro cuore, il dramma di Gesù, carico del dolore, del male, del peccato dell’uomo". “Che cosa rimane ora davanti ai nostri occhi? Rimane un Crocifisso; una Croce innalzata sul Golgota, una Croce che sembra segnare la sconfitta definitiva di Colui che aveva portato la luce a chi era immerso nel buio”.
“Ma guardiamo bene quell’uomo crocifisso tra la terra e il Cielo – ha aggiunto –, contempliamolo con uno sguardo più profondo, e scopriremo che la Croce non è il segno della vittoria della morte, del peccato, del male ma è il segno luminoso dell’amore, anzi della vastità dell’amore di Dio, di ciò che non avremmo mai potuto chiedere, immaginare o sperare”. “Dio si è piegato su di noi, si è abbassato fino a giungere nell’angolo più buio della nostra vita per tenderci la mano e tirarci a sé, portarci fino a Lui”, ha continuato il Pontefice. “La Croce ci parla dell’amore supremo di Dio – ha continuato il Santo Padre – e ci invita a rinnovare, oggi, la nostra fede nella potenza di questo amore, a credere che in ogni situazione della nostra vita, della storia, del mondo, Dio è capace di vincere la morte, il peccato, il male, e di donarci una vita nuova, risorta”. “In questa notte carica di silenzio, carica di speranza, risuona l’invito che Dio ci rivolge attraverso le parole di sant’Agostino: 'Abbiate fede! Voi verrete da me e gusterete i beni della mia mensa, com'è vero che io non ho ricusato d'assaporare i mali della mensa vostra'”. “Fissiamo il nostro sguardo su Gesù Crocifisso – ha concluso il Papa – e chiediamo nella preghiera: Illumina, Signore, il nostro cuore, perché possiamo seguirti sul cammino della Croce, fa’ morire in noi l’'uomo vecchio', legato all’egoismo, al male, al peccato, rendici 'uomini nuovi', uomini e donne santi, trasformati e animati dal tuo amore”.
Tra i temi toccati nelle meditazioni, la persecuzione dei cristiani: "Gesù ha portato il peso della persecuzione contro la Chiesa di ieri e di oggi, quella che uccide i cristiani in nome di un dio estraneo all'amore e quella che ne intacca la dignità con 'labbra bugiarde e parole arroganti'". E il crocifisso, "'immagine che nessuna sentenza umana potrà mai rimuovere dalle pareti del nostro cuore". Molte le considerazioni di carattere più generale. Parlando dei peccati umani, la religiosa agostiniana scrive: "Nello scorrere quotidiano della vita il nostro cuore guarda in basso, al suo piccolo mondo, e, tutto preso dalla contabilità del proprio benessere, resta cieco alla mano del povero e dell'indifeso che mendica ascolto e chiede aiuto. Tutt'al più si commuove, ma non si muove". Quanto alla sofferenza, "quando le nostre aspettative e le nostre iniziative, spogliate di futuro o segnate dal fallimento, ci portano a fuggire nella disperazione, tu ci richiami alla forza dell'attesa. Abbiamo davvero dimenticato la potenza dello stare come espressione del pregare!".

Radio Vaticana, Zenit, TMNews

VIA CRUCIS AL COLOSSEO - il testo integrale delle parole del Papa

Celebrazione della Passione del Signore. Il Papa in adorazione della Croce. Cantalamessa: se non si riconosce che è Dio il dolore umano senza risposta

Questo pomeriggio, Venerdì Santo, Benedetto XVI ha presieduto, nella Basilica Vaticana, la Celebrazione della Passione del Signore. All’inizio del rito il Santo Padre si è inginocchiato alcuni minuti davanti all'atare della Confessione. Durante la Liturgia della Parola, è stato riascoltato il racconto della Passione secondo Giovanni; quindi il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, ha tenuto l’omelia. Dopo la Preghiera universale il Papa in ginocchio, in silenzio, ai piedi della Croce; poi senza scarpe, in segno di penitenza, ha baciato il crocifisso offrendolo alla contemplazione dei fedeli. La Liturgia della Passione si è conclusa con la Santa Comunione.
“Qui, inchiodato al legno c’è Dio in persona”, senza questa verità di fede da proclamare forte il Venerdì Santo, ha detto nell'omelia padre Cantalamessa, "il dolore umano resta senza risposta”. Dio invece scegliendo di bere dal calice amaro del dolore ha dimostrato che in fondo a questo calice ci deve essere una perla: la risurrezione. La meditazione del predicatore della Casa Pontificia si è mossa da una serie di interrogativi suscitati dai terribili fatti dell’attualità. “Come avere il coraggio di parlare dell’amore di Dio – ha detto Cantalamessa -, mentre abbiamo davanti agli occhi tante sventure umane, come la catastrofe abbattutasi sul Giappone, o le tragedie consumatesi in mare nelle ultime settimane. Non parlarne affatto? Ma rimanere del tutto in silenzio sarebbe tradire la fede e ignorare il senso del mistero che stiamo celebrando”.
“Se la corsa per la vita finisse quaggiù, ci sarebbe davvero da disperarsi”. Il pensiero di padre Cantalemssa si è rivolto anche ai “milioni e forse miliardi di esseri umani che partono svantaggiati, inchiodati dalla povertà e dal sottosviluppo al punto di partenza, e questo mentre alcuni pochi si concedono ogni lusso e non sanno come spendere le somme spropositate che guadagnano”. Di fronte a questa umanità sofferente, la risposta della Croce non può essere “solo per noi cristiani” ma “per tutti”. "Lo Spirito Santo offre a ogni uomo la possibilità di essere associato al mistero pasquale” proprio attraverso la sofferenza. Oggi, ha riscontrato, “il mondo cristiano è tornato ad essere visitato dalla prova del martirio che si credeva finita con la caduta dei regimi totalitari”: “Proprio oggi, Venerdì Santo del 2011, in un grande paese dell’Asia, i cristiani hanno pregato e marciato in silenzio per le vie di alcune città per scongiurare la minaccia che incombe su di loro...E come non rimanere ammirati dalle parole scritte nel suo testamento dall’uomo politico cattolico, Shahbaz Bhatti, ucciso per la sua fede, il mese scorso? Il suo testamento è lasciato anche a noi, suoi fratelli di fede, e sarebbe ingratitudine lasciarlo cadere presto nell’oblio”. “Anche il mondo – ha aggiunto padre Cantalamessa – si inchina davanti ai testimoni moderni della fede”. Si spiega così l’inatteso successo in Francia del film “Uomini di Dio” sull’uccisione dei sette monaci cistercensi a Tibhirine nel Marzo 1996. “Ma i martiri cristiani non sono i soli a soffrire e a morire intorno a noi”, ha constatato il padre francescano ricordando e tragedie consumatesi in mare nelle ultime settimane e la catastrofe abbattutasi sul Giappone. “Cosa possiamo offrire a chi non crede, oltre la nostra certezza di fede che c’è un riscatto per il dolore?”, si è chiesto il predicatore.
“Possiamo soffrire con chi soffre, piangere con chi piange. Prima di annunciare la risurrezione e la vita, davanti al lutto delle sorelle di Lazzaro, Gesù ‘scoppio in pianto’. In questo momento, soffrire e piangere, in particolare, con il popolo giapponese, reduce da una delle più immani catastrofi naturali della storia. Possiamo anche dire a questi fratelli in umanità che siamo ammirati della loro dignità e dell’esempio di compostezza e mutuo soccorso che hanno dato al mondo”. “La globalizzazione ha almeno questo effetto positivo: il dolore di un popolo diventa il dolore di tutti, suscita la solidarietà di tutti. Ci dà occasione di scoprire che siamo una sola famiglia umana, legata nel bene e nel male. Ci aiuta a superare le barriere di razza, colore e religione”. "Terremoti, uragani e altre sciagure che colpiscono insieme colpevoli e innocenti non sono mai un castigo di Dio. Dire il contrario, significa offendere Dio e gli uomini". Le sciagure naturali, chiarisce inoltre padre Cantalamessa, "sono però un ammonimento: in questo caso, l'ammonimento a non illuderci che basteranno la scienza e la tecnica a salvarci. Se non sapremo imporci dei limiti, possono diventare proprio esse, lo stiamo vedendo, la minaccia più grave di tutte". “Ci fu un terremoto anche al momento della morte di Cristo – ha ricordato il sacerdote cappuccino – ma ce ne fu un altro ancora più grande al momento della sua risurrezione. Così sarà sempre. A ogni terremoto di morte succederà un terremoto di risurrezione e di vita”.

SIR, Corriere della Sera.it, Radio Vaticana

Omelia di padre Raniero Cantalamessa

'Domande su Gesù' (2). Il Papa: la Redenzione vale anche per il passato. Pure la materia è destinata all'eternità. In Maria a tutti è data una madre

La quinta domanda. La "discesa dell'anima di Gesù non si deve immaginare come un viaggio geografico, locale, da un continente all'altro. E' un viaggio dell’anima”, infatti la sua anima “è sempre in contatto con il Padre, ma nello stesso tempo quest’anima umana si estende fino agli ultimi confini dell’essere umano. In questo senso va in profondità, va ai perduti, va a tutti quanti non sono arrivati alla meta della loro vita, e trascende così i continenti del passato”. Il Papa lo ha detto rispondendo alla domanda se come Gesù, dopo la morte, anche a noi discenderemo agli Inferi, prima di salire al Cielo. Questa parola della discesa del Signore agli Inferi “vuol soprattutto dire che anche il passato è raggiunto da Gesù, che l’efficacia della Redenzione non comincia nell’anno zero o trenta, ma va anche al passato, abbraccia il passato, tutti gli uomini di tutti i tempi. I Padri dicono, con un’immagine molto bella, che Gesù prende per mano Adamo ed Eva, cioè l’umanità, e la guida avanti, la guida in alto”, e "crea così l’accesso a Dio, perché l’uomo, di per sé, non può arrivare fino all’altezza di Dio". La “discesa agli Inferi, cioè nelle profondità dell’essere umano, nelle profondità del passato dell’umanità, è una parte essenziale della missione di Gesù, della sua missione di Redentore e non si applica a noi. La nostra vita è diversa, noi siamo già redenti dal Signore e noi arriviamo davanti al volto del Giudice, dopo la nostra morte, sotto lo sguardo di Gesù, e questo sguardo da una parte sarà purificante: penso che tutti noi, in maggiore o minore misura, avremo bisogno di purificazione”. "Lo sguardo di Gesù - ha concluso - ci purifica e poi ci rende capaci di vivere con Dio, di vivere con i Santi, di vivere soprattutto in comunione con i nostri cari che ci hanno preceduto".
La sesta domanda. “Non possiamo definire il corpo glorioso perché sta oltre le nostre esperienze”, ma Gesù ci ha dato dei segni per capire “in quale direzione dobbiamo cercare questa realtà”. Benedetto XVI lo ha detto rispondendo ad una domanda su cosa significa che dopo la Risurrezione il corpo di Cristo è glorioso. Il primo segno è che “la tomba è vuota. Cioè, Gesù non ha lasciato il suo corpo alla corruzione, ci ha mostrato che anche la materia è destinata all’eternità, che realmente è risorto, che non rimane una cosa perduta”. Il secondo punto è che “Gesù non muore più, cioè sta sopra le leggi della biologia, della fisica”. Quindi “c’è una condizione nuova, diversa, che noi non conosciamo, ma che si mostra” in Gesù ed “è la grande promessa per noi tutti che c’è un mondo nuovo, una vita nuova, verso la quale noi siamo in cammino”. "Essendo in queste condizioni, Gesù ha la possibilità di farsi palpare, di dare la mano ai suoi, di mangiare con i suoi, ma tuttavia sta sopra le condizioni della vita biologica, come noi la viviamo". Gesù “è un vero uomo, non un fantasma, che vive una vera vita, ma una vita nuova che non è più sottomessa alla morte e che è la nostra grande promessa”. “Nell’Eucaristia – ha aggiunto -, il Signore ci dona il suo corpo glorioso, non ci dona carne da mangiare nel senso della biologia, ci dà se stesso, questa novità che Lui è, entra nel nostro essere uomini, nel nostro, nel mio essere persona, come persona, e ci tocca interiormente con il suo essere, così che possiamo lasciarci penetrare dalla sua presenza, trasformare nella sua presenza. È un punto importante, perché così siamo già in contatto” con “questo nuovo tipo di vita, essendo Lui entrato in me, e io sono uscito da me e mi estendo verso una nuova dimensione di vita. Io penso che questo aspetto della promessa, della realtà che Lui si dà a me e mi tira fuori da me, in alto, è il punto più importante: non si tratta di registrare cose che non possiamo capire, ma di essere in cammino verso la novità che comincia, sempre, di nuovo, nell’Eucaristia".
La settima domanda. L’ultima risposta del Papa nella trasmissione “A Sua immagine” è stata su Maria, sotto la croce, affidata da Gesù a Giovanni. “Queste parole di Gesù – ha affermato Benedetto XVI - sono soprattutto un atto molto umano” di “amore per la madre” che affida “al giovane Giovanni perché sia sicura. Una donna sola, in Oriente, in quel tempo, era in una situazione impossibile”. In Giovanni, comunque, “Gesù affida tutti noi, tutta la Chiesa, tutti i discepoli futuri, alla madre e la madre a noi. E questo si è realizzato nel corso della storia: sempre più l’umanità e i cristiani hanno capito che la madre di Gesù è la loro madre. E sempre più si sono affidati alla Madre: pensiamo ai grandi santuari, pensiamo a questa devozione per Maria dove sempre più la gente sente 'Questa è la Madre'". "Alcuni che quasi hanno difficoltà di accesso a Gesù nella sua grandezza di Figlio di Dio, si affidano senza difficoltà alla Madre". “A noi tutti è data una madre – ha aggiunto -. E possiamo con grande fiducia andare da questa Madre, che anche per ognuno dei cristiani è sua Madre”. E d’altra parte vale anche che “la Madre esprime pure la Chiesa. Non possiamo essere cristiani da soli, con un cristianesimo costruito secondo la mia idea. La Madre è immagine della Chiesa, della Madre Chiesa, e affidandoci a Maria dobbiamo anche affidarci alla Chiesa, vivere la Chiesa, essere la Chiesa con Maria”. Al Pontefice è stato chiesto anche se ha intenzione di rinnovare una consacrazione alla Vergine all’inizio di questo nuovo millennio. “I Papi – sia Pio XII, sia Paolo VI, sia Giovanni Paolo II – hanno fatto un grande atto di affidamento alla Madonna e mi sembra, come gesto davanti all’umanità, davanti a Maria stessa, era un gesto molto importante – ha dichiarato Benedetto XVI -. Io penso che adesso sia importante di interiorizzare questo atto, di lasciarci penetrare, di realizzarlo in noi stessi”. In questo senso, ha confessato, “sono andato in alcuni grandi santuari mariani nel mondo: Lourdes, Fatima, Czestochowa, Altötting..., sempre con questo senso di concretizzare, di interiorizzare questo atto di affidamento, perché diventi realmente il nostro atto. Penso che l’atto grande, pubblico, sia stato fatto. Forse un giorno sarà necessario ripeterlo, ma al momento mi sembra più importante viverlo, realizzarlo, entrare in questo affidamento, perché sia realmente nostro”. “L’affidamento comune a Maria, il lasciarsi tutti penetrare da questa presenza e formare, entrare in comunione con Maria – ha spiegato il Papa -, ci rende Chiesa, ci rende, insieme con Maria, realmente questa sposa di Cristo. Quindi, al momento non avrei l’intenzione di un nuovo pubblico affidamento, ma tanto più vorrei invitare ad entrare in questo affidamento già fatto, perché sia realtà vissuta da noi ogni giorno e cresca così una Chiesa realmente mariana, che è Madre e Sposa e Figlia di Gesù”.

SIR

'Domande su Gesù' (1). Il Papa: dietro la sofferenza un progetto d'amore. Come una chitarra con le corde spezzate. Pace in Iraq e Costa d'Avorio

Seduto alla scrivania nella sala della biblioteca vaticana, con indosso la talare bianca, alle spalle la grande pala d’altare di epoca rinascimentale: così Benedetto XVI è apparso questo pomeriggio in tv, nella trasmissione di Rai Uno "A Sua immagine", per rispondere alle "domande su Gesù" poste dal pubblico. Un dialogo televisivo senza precedenti, trasmesso in occasione del Venerdì Santo: mai prima d’ora, infatti, un Pontefice si era concesso in tv alle domande degli ascoltatori, tra l’altro non solo fedeli cattolici. Sette i quesiti raccolti e selezionati dalla redazione del programma e sottoposti al Pontefice.
La prima domanda. “Anche a me vengono le stesse domande: perché è così? Perché voi dovete soffrire tanto, mentre altri vivono in comodità? E non abbiamo le risposte, ma sappiamo che Gesù ha sofferto come voi, innocente, che il Dio vero, che si mostra in Gesù, sta dalla vostra parte”, ha detto Benedetto XVI, rispondendo alla domanda di Elena, una bambina giapponese di sette anni, sul terremoto che ha colpito il Giappone. “Questo – ha sottolineato il Papa - mi sembra molto importante, anche se non abbiamo risposte, se rimane la tristezza: Dio sta dalla vostra parte, e siate sicuri che questo vi aiuterà. E un giorno potremo anche capire perché era così”. "'Dio mi ama' - ha proseguito -, anche se sembra che non mi conosca. No, mi ama, sta dalla mia parte, e dovete essere sicuri che nel mondo, nell’universo, tanti sono con voi, pensano a voi, fanno per quanto possono qualcosa per voi, per aiutarvi. Ed essere consapevoli che, un giorno, io capirò che questa sofferenza non era vuota, non era invano, ma che dietro di essa c’è un progetto buono, un progetto di amore. Non è un caso. Stai sicura, noi siamo con te, con tutti i bambini giapponesi che soffrono, vogliamo aiutarvi con la preghiera, con i nostri atti e siate sicuri che Dio vi aiuta. E in questo senso preghiamo insieme perché per voi venga luce quanto prima”.
La seconda domanda. “Certamente l’anima è ancora presente nel corpo. La situazione, forse, è come quella di una chitarra le cui corde sono spezzate, così non si possono suonare. Così anche lo strumento del corpo è fragile, è vulnerabile, e l’anima non può suonare, per così dire, ma rimane presente”: ha risposto così il Papa alla domanda di una donna italiana, madre di un figlio in stato vegetativo dalla Pasqua del 2009, che ha chiesto se l’anima abbia abbandonato il corpo del figlio. “Sono anche sicuro – ha chiarito il Papa - che quest’anima nascosta sente in profondità il vostro amore, anche se non capisce i dettagli, le parole”, ma “la presenza di un amore la sente. E perciò questa vostra presenza, cari genitori, cara mamma, accanto a lui, ore ed ore ogni giorno, è un atto vero di amore di grande valore, perché questa presenza entra nella profondità di quest’anima nascosta e il vostro atto è, quindi, anche una testimonianza di fede in Dio, di fede nell’uomo, di fede, diciamo di impegno per la vita, di rispetto per la vita umana, anche nelle situazioni più tristi”. Di qui l’incoraggiamento “a continuare, a sapere che fate un grande servizio all’umanità con questo segno di fiducia, con questo segno di rispetto della vita, con questo amore per un corpo lacerato, un’anima sofferente”.
La terza domanda. “Vorrei innanzitutto salutare di cuore tutti i cristiani dell'Iraq, nostri fratelli, e devo dire che prego ogni giorno per i cristiani in Iraq”, ha detto Benedetto XVI, rispondendo alla domanda rivolta da giovani di Baghdad, che hanno chiesto come convincere i cristiani perseguitati a non emigrare. "Sono i nostri fratelli sofferenti, come anche in altre terre del mondo, e quindi sono particolarmente vicini al nostro cuore e noi dobbiamo fare, per quanto possiamo, il possibile perché possano rimanere, perché possano resistere alla tentazione di migrare”, anche manifestando che “noi siamo vicini a voi, cari fratelli in Iraq, che noi vogliamo aiutarvi”. E “le istituzioni, tutti coloro che hanno realmente una possibilità di fare qualcosa in Iraq per voi, devono farlo”. La Santa Sede “è in permanente contatto con le diverse comunità, non solo con le comunità cattoliche, con le altre comunità cristiane, ma anche con i fratelli musulmani, sia sciiti, sia sunniti. E vogliamo fare un lavoro di riconciliazione, di comprensione, anche con il governo, aiutarlo in questo cammino difficile di ricomporre una società lacerata. Perché questo è il problema, che la società è profondamente divisa”. Si deve ricostruire la “consapevolezza” che "'noi siamo nelle diversità un popolo con una storia comune, dove ognuno ha il suo posto'". “E noi vogliamo, in dialogo, proprio con i diversi gruppi, aiutare il processo di ricostruzione e incoraggiare voi, cari fratelli cristiani in Iraq, di avere fiducia, di avere pazienza, di avere fiducia in Dio, di collaborare in questo processo difficile. Siate sicuri della nostra preghiera”, ha concluso.
La quarta domanda. “Ho ricevuto lettere laceranti dalla Costa d'Avorio, dove vedo tutta la tristezza, la profondità della sofferenza, e rimango triste che possiamo fare così poco. Possiamo fare una cosa, sempre: essere in preghiera con voi, e in quanto sono possibili, faremo opere di carità e soprattutto vogliamo aiutare, secondo le nostre possibilità, i contatti politici, umani”: il Papa lo ha detto rispondendo a Bintù, una donna musulmana della Costa d’Avorio, che chiede un consiglio per il suo Paese. "Ho incaricato il card. Turkson, che è presidente del nostro Consiglio Giustizia e Pace di andare in Costa d'Avorio e di cercare di mediare, di parlare con i diversi gruppi, con le diverse persone per incoraggiare un nuovo inizio". “Vogliamo far sentire la voce di Gesù, che anche lei - ha sottolineato Benedetto XVI - crede come profeta. Lui era sempre l'uomo della pace. Ci si poteva aspettare che, quando Dio viene in terra, sarà un uomo di grande forza, distruggerebbe le potenze avverse, che sarebbe un uomo di una violenza forte come strumento di pace. Niente di questo: è venuto debole, è venuto solo con la forza dell'amore, totalmente senza violenza fino ad andare alla croce". E questo “ci mostra il vero volto di Dio, che la violenza non viene mai da Dio, mai aiuta a dare le cose buone, ma è un mezzo distruttivo e non è il cammino per uscire dalle difficoltà. Quindi è una forte voce contro ogni tipo di violenza”. Di qui l’invito a tutte le parti “a rinunciare alla violenza, a cercare le vie della pace. Non potete servire la ricomposizione del vostro popolo con mezzi di violenza, anche se pensate di avere ragione. L’unica via è rinunciare alla violenza, ricominciare con il dialogo, con tentativi di trovare insieme la pace, con la nuova attenzione l’uno per l’altro, con la nuova disponibilità ad aprirsi l’uno all’altro”. "Questo, cara signora, è il vero messaggio di Gesù", ha concluso Papa Ratzinger: "Cercate la pace con i mezzi della pace e lasciate la violenza. Noi preghiamo per voi, che tutti i componenti della vostra società sentano questa voce di Gesù e che così ritorni la pace e la comunione".

La Stampa.it, SIR, TMNews

Il testo integrale dell'intervista trasmessa nel programma "Domande su Gesù - Speciale A sua immagine"

Venerdì Santo. Il Papa: nella Passione di Gesù lo sporco del mondo viene assorbito, annullato, trasformato mediante il dolore dell’amore infinito

Al Mistero della morte di Gesù, Papa Benedetto XVI ha dedicato un intenso capitolo della seconda parte del libro su Gesù di Nazaret, pubblicato il 10 marzo scorso. “La prima parola di Gesù sulla croce”, scrive Benedetto XVI, “è la richiesta del perdono” per i suoi carnefici: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. “Ciò che il Signore ha predicato nel discorso della montagna – sottolinea il Papa – lo compie qui personalmente. Egli non conosce alcun odio. Non grida vendetta. Implora il perdono per quanti lo mettono in croce”. Joseph Ratzinger si sofferma sul motivo di questa richiesta al Padre: “Non sanno quello che fanno”. Dunque, “l’ignoranza riduce la colpa – lascia aperta la via verso la conversione”. “Ma – avverte il Papa – non è semplicemente una scusante, perché rivela al tempo stesso un’ottusità del cuore, un’ottusità che resiste all’appello della verità”.
“A maggior ragione rimane una consolazione per tutti i tempi e per tutti gli uomini il fatto che il Signore, a riguardo sia di coloro che veramente non sapevano – i carnefici – sia di coloro che sapevano e lo avevano condannato, pone l’ignoranza quale motivo della richiesta di perdono – la vede come porta che può aprirci alla conversione”.
Benedetto XVI si sofferma dunque sul grido di abbandono di Gesù sulla Croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Secondo gli evangelisti, si legge nel libro, le persone circostanti “non hanno compreso l’esclamazione di Gesù, ma l’hanno interpretata come un grido verso Elia”. “Solo la comunità credente – spiega il Papa – ha compreso l’esclamazione di Gesù, non capita e fraintesa dai circostanti, come l’inizio del Salmo 22 e, in base a ciò, ha potuto intenderlo come grido veramente messianico”.
“Non è un qualsiasi grido di abbandono. Gesù recita il grande Salmo dell’Israele sofferente e assume così in sé tutto il tormento non solo di Israele, ma di tutti gli uomini che soffrono in questo mondo per il nascondimento di Dio. Egli porta davanti al cuore di Dio stesso il grido d’angoscia del mondo tormentato dall’assenza di Dio. Si identifica con l’Israele sofferente, con l’umanità che soffre a causa del ‘buio di Dio’, assume in sé il suo grido, il suo tormento, tutto il suo bisogno di aiuto e con ciò, al contempo, li trasforma”.
Ecco dunque la trasformazione che porta la morte di Gesù: “Riconciliazione, espiazione e salvezza”. “La Chiesa nascente, sotto la guida dello Spirito Santo”, afferma il Papa, è “lentamente penetrata nella verità più profonda della croce, mossa dal desiderio di capire almeno da lontano il motivo e lo scopo di essa”. I primi cristiani, soggiunge, comprendono che “con la croce di Cristo, gli antichi sacrifici del tempio erano definitivamente superati. Era accaduto qualcosa di nuovo”.
“Nella passione di Gesù, tutto lo sporco del mondo viene a contatto con l’immensamente Puro, con l’anima di Gesù Cristo e così con lo stesso Figlio di Dio. Se di solito la cosa impura mediante il contatto contagia ed inquina la cosa pura, qui abbiamo il contrario: dove il mondo, con tutta la sua ingiustizia e con le sue crudeltà che lo inquinano viene a contatto con l’immensamente Puro – là, Egli, il Puro, si rivela al contempo il più forte. In questo contatto, lo sporco del mondo viene realmente assorbito, annullato, trasformato mediante il dolore dell’amore infinito”.

Radio Vaticana