mercoledì 26 gennaio 2011

XXV Congresso Eucaristico Nazionale. Menichelli: grande occasione di grazia. Caprioli: mettere la Chiesa di fronte al Mistero che la genera

L’arcivescovo di Ancona-Osimo, mons. Edoardo Menichelli, ha aperto questo pomeriggio nel capoluogo marchigiano il secondo convegno nazionale dei delegati diocesani in preparazione al XXV Congresso Eucaristico Nazionale sul tema “Signore da chi andremo?”, che si svolgerà ad Ancona dal 3 all'11 settembre 2011, e si concluderà con la Santa Messa presieduta da Papa Benedetto XVI. Davanti ai 220 delegati il presule ha dato il “benvenuto a chi partecipa per la prima volta e a chi ha fatto già la prima esperienza nel giugno scorso”. “Idealmente – ha detto - il Congresso Eucaristico Nazionale viene consegnato oggi ad ognuno di noi e di questo dobbiamo esserne consapevoli e responsabili”. Il suo risultato “dipenderà da noi, da come sapremo coinvolgerci e da come sapremo aiutarci”. Perché il Congresso e perché Ancona? “Tutto ciò che Dio ci dà – ha proseguito l’arcivescovo - dobbiamo viverlo come grande occasione di grazia. Certo la Chiesa non ha bisogno di visibilità perché è conosciuta nel suo agire”. In chiusura mons. Menichelli ha indicato l’importanza di riscoprire l’Eucaristia “come sorgente di grazia, di santità e di pastorale”. “L’Eucaristia è fabbricata dentro le pieghe misteriose del quotidiano e ci anticipa la ferialità, cioè l’impegno della settimana”. L’auspicio, infine, che il Congresso Eucaristico “ridia a noi più forte e responsabilizzato il senso della comunione come obbligo di testimonianza ad una società oggi sempre più frantumata e che ci impone di essere una cane sola”. “I viaggi non si cominciano nemmeno se non ci sono già in partenza degli amici a cui raccontare il viaggio di ritorno”, ha detto da parte sua mons. Adriano Caprioli, presidente del Comitato per i Congressi Eucaristici Nazionali. “Credo che sia il nostro caso – ha proseguito mons. Caprioli –. Un viaggio, o meglio un pellegrinaggio verso il Congresso Eucaristico è già in partenza” e occorre “avere mente e cuore proiettati al ritorno”. Poi il presidente del Comitato ha tracciato alcune tappe del cammino di preparazione. “Il Congresso – ha aggiunto - è come una sosta per mettere la Chiesa di fronte al Mistero che la genera e in tal modo riprendere slancio per la sua missione”. “L’obiettivo non sarà tanto l’avvio di una nuova pastorale, ma la crescita e la condivisione di una nuova spiritualità presso le figure dei cristiani di oggi nella loro vita quotidiana. Questa è la sfida che abbiamo di fronte: lo stile di vita nuovo di noi credenti deve trasparire in tutta la sua bellezza e piena umanità”.

SIR

I 'successori' di don Camillo e Peppone incontrano Benedetto XVI. In regalo il cofanetto con i dvd dei cinque film apprezzati dal Papa

I "successori" di don Camillo e Peppone (foto) hanno incontrato il Papa questa mattina. Nell'Aula Paolo VI, infatti, hanno assistito all'Udienza generale don Giovanni Davoli e Giuseppe Vezzani, rispettivamente parroco e sindaco di Brescello, il paese in provincia di Reggio Emilia nel quale sono stati girati tutti i cinque film tratti dai romanzi di Giovannino Guareschi. "Naturalmente - sottolinea L'Osservatore Romano che dà la notizia - all'Udienza sindaco e parroco sono arrivati con due pullman diversi: anche se non litigano più, preferiscono comunque mantenere fede alle antiche tradizioni". Sindaco e sacerdote hanno regalato al Papa un cofanetto con i dvd dei cinque film, in italiano e in tedesco. Benedetto XVI ha raccontato, nel recente libro-intervista "Luce del mondo", di apprezzare le storie di don Camillo e Peppone.

TMNews

I gendarmi vaticani fermano due uomini che cercano di consegnare al Papa una busta con messaggi devozionali. Nel comportamento nessuna aggressività

I gendarmi vaticani hanno fermato due uomini che, nel corso dell’Udienza generale di questa mattina in Vaticano, hanno tentato di consegnare al Papa una busta. I due uomini, a quanto riferito dai presenti, si sono sbracciati ed hanno richiamato con urla l’attenzione di Benedetto XVI. Nonostante non abbiano tentato di scavalcare le transenne che separano il pubblico dalla zona di passaggio del Papa, nell’Aula Paolo VI, i gendarmi vaticani si sono avvicinati ai due uomini e li hanno accompagnati all’uscita. A quanto riferito dalla Sala stampa vaticana in seguito, i due uomini sono di nazionalità maltese e nella busta c’era una lettera di contenuti “devozionistici”. La busta è stata presa in consegna dalla Gendarmeria vaticana e verrà consegnata al Pontefice. Per le autorità vaticane, nel comportamento dei due uomini non c'era alcuna forma di aggressività.

TMNews, Asca

Il Papa: piena fiducia nel compiere la volontà di Dio, vivere la carità senza favoritismi e limiti, attingendo nell'Amore di Gesù quello per la Chiesa

Si è svolta questa mattina nell’Aula Paolo VI l’Udienza generale, dove Benedetto XVI ha incontrato gruppi di fedeli e pellegrini provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nella catechesi il Papa ha incentrato la sua meditazione sulla figura di Santa Giovanna d’Arco (1412-1431).
Soffermandosi sulla vita della giovane Santa francese della fine del Medioevo, e “citata più volte nel Catechismo della Chiesa cattolica”, il Papa l’ha definita “particolarmente vicina a santa Caterina da Siena, patrona d’Italia e d’Europa”, al centro di un’altra recente catechesi papale. Giovanna e Caterina, per il Santo Padre, sono infatti “due giovani donne del popolo, laiche e consacrate nella verginità; due mistiche impegnate, non nel chiostro, ma in mezzo alle realtà più drammatiche della Chiesa e del mondo del loro tempo. Sono forse le figure più caratteristiche di quelle ‘donne forti’ che, alla fine del Medioevo, portarono senza paura la grande luce del Vangelo nelle complesse vicende della storia”. Il Papa le ha anche accostate “alle sante donne che rimasero sul Calvario, vicino a Gesù crocifisso e a Maria sua Madre, mentre gli apostoli erano fuggiti e lo stesso Pietro lo aveva rinnegato tre volte”. La Chiesa, in quel periodo, “viveva la profonda crisi del grande scisma d'Occidente, durato quasi 40 anni”, ha ricordato il Papa: “Quando Caterina da Siena muore, nel 1380, ci sono un Papa e un Antipapa; quando Giovanna nasce, nel 1412, ci sono un Papa e due Antipapa”. Oltre a questa “lacerazione all'interno della Chiesa”, c’erano “continue guerre fratricide tra i popoli cristiani d'Europa”, la più drammatica delle quali fu l'interminabile “Guerra dei cent’anni” tra Francia e Inghilterra. La giovane “riceve una buona educazione cristiana”, ma non sapeva né leggere né scrivere, sue fonti sono le testimonianze ai due processi, il primo, di condanna, contiene lunghe trascrizioni degli interrogatori durante glu ultimi due mesi di vita, il secondo, voluto da Papa Callisto III, che dichiarò nulla la condanna, contiene le deposizioni di circa 120 testimoni oculari di tutti i periodi della sua vita. Giovanna, “fin dall'infanzia, dimostra una grande carità e compassione verso i più poveri, gli ammalati e tutti i sofferenti”, e a partire dai 13 anni Giovanna “si sente chiamata dal Signore ad intensificare la sua vita cristiana e anche ad impegnarsi in prima persona per la liberazione del suo popolo”. “La compassione e l’impegno della giovane contadina francese di fronte alla sofferenza del suo popolo sono resi più intensi dal suo rapporto mistico con Dio”, ha affermato il Papa, secondo il quale “uno degli aspetti più originali della santità di questa giovane è proprio questo legame tra esperienza mistica e missione politica”. Dopo “gli anni di vita nascosta e di maturazione interiore segue il biennio breve, ma intenso, della sua vita pubblica: un anno di azione e un anno di passione”, ha sottolineato il Papa. "La passione” inizia il 23 maggio 1430. Fatta prigioniera, il 23 dicembre viene condotta a Rouen, dove si svolge “il lungo e drammatico processo di condanna, che inizia nel febbraio 1431 e finisce il 30 maggio con il rogo. E' un grande e solenne processo, presieduto da due giudici ecclesiastici”, ma in realtà “interamente guidato da un folto gruppo di teologi della celebre università di Parigi, che partecipano al processo come assessori. Sono ecclesiastici francesi, che avendo fatto la scelta politica opposta a quella di Giovanna, hanno a priori un giudizio negativo sulla sua persona e sulla sua missione. Questo processo è una pagina sconvolgente della storia della santità e anche una pagina illuminante sul mistero della Chiesa, che, secondo le parole del Concilio Vaticano II, è allo stesso tempo santa e sempre bisognosa di purificazione. E’ l'incontro drammatico tra questa Santa e i suoi giudici, che sono ecclesiastici. Da costoro Giovanna viene accusata e giudicata, fino ad essere condannata come eretica e mandata alla morte terribile del rogo”. “Teologi ai quali mancano la carità e l’umiltà di vedere in questa giovane l’azione di Dio”. “I giudici di Giovanna – ha sottolineato Benedetto XVI – sono radicalmente incapaci di comprenderla, di vedere la bellezza della sua anima: non sapevano di condannare una Santa”. L'appello di Giovanna al giudizio del Papa, il 24 maggio, è respinto dal tribunale. La mattina del 30 maggio, riceve per l'ultima volta la Comunione, e viene condotta al supplizio. “Chiede a uno dei sacerdoti di tenere davanti al rogo una croce. Così muore guardando Gesù crocifisso e pronunciando più volte e ad alta voce il nome di Gesù”. Per la Santa, “la verginità dell’anima è lo stato di grazia, valore supremo, per lei più prezioso della vita: è un dono di Dio che va ricevuto e custodito e con umiltà e fiducia”. “Nostro Signore che tiene il mondo”: questa, ha ricordato il Papa, l’immagine che Giovanna fece dipingere sul suo stendardo, e che è una sorta di “icona della sua missione politica”. “Gesù è contemplato da Giovanna come il re del cielo e della terra”, le parole del Pontefice, che ha spiegato che “la liberazione del suo popolo è un’opera di giustizia umana che Giovanna compie nella carità, per amore di Gesù. Il suo è un bell’esempio di santità per i laici impegnati nella vita politica, soprattutto nelle situazioni più difficili”. “La fede è la luce che guida ogni scelta – ha proseguito Benedetto XVI – come testimonierà, un secolo più tardi, un altro grande Santo, l’inglese Thomas More”. “Giovanna contempla anche tutta la realtà della Chiesa – ha proseguito Benedetto XVI – la Chiesa trionfante del cielo, come la Chiesa militante della terra”. “E’ un tutt’uno nostro Signore e la Chiesa”: quest’affermazione, contenuta nel Catechismo della Chiesa Cattolica, per il Papa “ha un carattere veramente eroico nel contesto del processo di condanna, di fronte ai suoi giudici, uomini di Chiesa, che la perseguitarono e la condannarono. Nell’Amore di Gesù, Giovanna trova la forza di amare la Chiesa fino alla fine”. Tra gli influssi esercitati da Giovanna d’Arco nella storia della santità, Benedetto XVI ha citato quello su Teresa di Lisieux, “giovane Santa dell’epoca moderna”, con lei copatrona della Francia. “In una vita completamente diversa, trascorsa nella clausura – ha fatto notare il Papa – si sentiva molto vicina a Giovanna, vivendo nel cuore della Chiesa e partecipando alle sofferenze di Cristo per la salvezza del mondo”. Giovanna d’Arco, ha concluso il Papa attualizzandone la figura, “ci invita a una misura alta della vita cristiana: fare della preghiera il filo conduttore delle nostre giornate; avere piena fiducia nel compiere la volontà di Dio, qualunque essa sia; vivere la carità senza favoritismi, senza limiti e attingendo, come lei, da Gesù un profondo amore alla sua Chiesa”.

SIR, AsiaNews

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa

Francesco Ventorino: la verità ragionevole del matrimonio cristiano. La sfida notevole che Benedetto XVI ha lanciato nel discorso alla Rota romana

"È una sfida notevole quella che il Papa ha lanciato nel discorso ai prelati uditori del tribunale della Rota romana, tenuto lo scorso 22 gennaio. Partendo dalla premessa che 'il matrimonio celebrato dagli sposi, quello di cui si occupa la pastorale e quello messo a fuoco dalla dottrina canonica, sono una sola realtà naturale e salvificà, Benedetto XVI ha tratto la logica conseguenza che l'obiettivo immediato della preparazione al matrimonio, ritenuta sempre più essenziale alla validità stessa del gesto sacramentale, non è rivolgere alla coppia 'un messaggio ideologico', nè tanto meno imporre un 'modello culturale', quanto piuttosto 'promuovere la libera celebrazione di un vero matrimonio, la costituzione cioè di un vincolo di giustizia ed amore tra i coniugi, con le caratteristiche dell'unità ed indissolubilità, ordinato al bene dei coniugi e alla procreazione ed educazione della prole'". È quanto scrive Francesco Ventorino in un intervento pubblicato su L'Osservatore Romano. "È questo vincolo, infatti, che 'tra battezzati costituisce uno dei sacramenti della Nuova Alleanza'. Perchè questo si realizzi è necessario che i fidanzati vengano posti in grado di scoprire 'la verità di un'inclinazione naturale e di una capacità di impegnarsi che essi portano inscritte nel loro essere relazionale uomo-donna', dalla quale scaturisce la capacità e il diritto di quella donazione consensuale che si attualizza nel sacramento del matrimonio. La sfida - continua - è tutta qui: saper mostrare, all'interno di un itinerario pastorale, quanto nella concezione sacramentale e giuridica del matrimonio cristiano vengano comprese e portate a piena realizzazione le esigenze naturali dell'uomo e della donna, nonchè della relazione stessa che intendono stabilire tra di loro nella specificità dell'unione coniugale". "Con questo suggerimento metodologico - conclude Ventorino - Benedetto XVI si inserisce nella più nobile tradizione del pensiero cristiano. È noto, infatti, che Tommaso d'Aquino, per confermare la visione biblica dell'unione coniugale, adduce delle ragioni eminentemente 'laichè: 'Era giusto che nella prima costituzione delle cose la donna fosse formata dall'uomo, a differenza di quanto fu fatto per gli altri animali (...) affinchè l'uomo, sapendo che la donna è uscita da lui, l'amasse di più e le fosse unito indissolubilmente".

L'Unico

Padre Newton: i primi passi dell'Ordinariato. Cattolici e anglicani non sono imprese in concorrenza, ecumenico cercare di lavorare insieme

Ad appena 10 giorni di vita, l'Ordinariato personale di Nostra Signora di Walsingham per ex anglicani in Inghilterra sta compiendo i primi passi nel contesto di una grande attenzione internazionale. Padre Keith Newton, ex vescovo anglicano e ora sacerdote cattolico, nonché primo ordinario, ha parlato con la BBC domenica di alcune delle questioni che i membri dell'Ordinariato stanno affrontando. La domanda che si pongono molti è: quante persone abbandoneranno la Chiesa d'Inghilterra e passeranno all'Ordinariato? Per padre Newton, non si possono fare pronostici. “Ogni persona deve compiere una professione di fede individuale”, ha detto alla televisione britannica. Per questo, è impossibile proporre dei numeri. Il sacerdote ha suggerito che circa due dozzine di gruppi effettuerebbero il cambiamento, e le dimensioni di ogni gruppo potrebbero spaziare dai 10 ai 70 membri. “Ma non avremo numeri certi finché la gente non prenderà davvero questo impegno”, ha dichiarato. L'impegno non implica un passo significativo, e alcuni membri della Chiesa d'Inghilterra sperano ancora che gli anglicani delusi dai cambiamenti nella Comunione trovino una via per rimanere nel gregge piuttosto che diventare cattolici all'interno dell'Ordinariato. Una dozzina di vescovi della Chiesa d'Inghilterra ha diffuso questo lunedì una lettera pastorale spiegando le proprie speranze al riguardo e sostenendo di essere “alla ricerca di un modo che ci permetta con integrità di restare membri della Chiesa d'Inghilterra”. Pur ammettendo di “non voler dare false speranze” e che tentativi precedenti di “persuadere la Chiesa d'Inghilterra a prendere quei provvedimenti che ci permetterebbero in buona coscienza di rimanere al suo interno sono stati contrastati”, i vescovi hanno detto di avere “il dovere” di continuare a cercare “una via d'uscita dall'impasse”. “Riconosciamo il grande cambiamento di cuore che dovrebbe avvenire per riuscire in questo”, hanno scritto. Nel frattempo, The Telegraph ha riferito questo lunedì che altri sette sacerdoti anglicani e 300 parrocchiani hanno annunciato la propria intenzione di unirsi all'Ordinariato. Il gruppo fa riferimento a tre parrocchie dell'Essex e tre nella zona orientale di Londra. Per queste persone e altre come loro, in Quaresima inizierà un periodo di catechesi. Subito prima di Pasqua verranno accolte nella Chiesa Cattolica, potendo partecipare alle liturgie del Triduo da cattoliche. Le catechesi continueranno poi nel periodo pasquale. Quanto al clero, l'ordinazione al sacerdozio cattolico, per quanti verranno accettati, è attesa per la Pentecoste, seguita da altri due anni di formazione. Una volta inseriti nell'Ordinariato, clero e fedeli affrontano le questioni che ci si potrebbero aspettare da una comunità alle prime armi, tra cui il luogo in cui praticare il culto e come si pagheranno i conti. Circa la possibilità di una collaborazione continuata con la Chiesa d'Inghilterra, padre Newton ha chiarito alla BBC: “Non stiamo chiedendo un tetto sulla testa. Penso che la gente descriva la questione come se fossimo imprese in concorrenza; in realtà siamo tutti nella missione della Chiesa, in una varietà di modi, e penso che sarebbe una cosa piuttosto ecumenica per noi cercare di lavorare insieme”. Ciò non vuol dire che non si tratti di un grande cambiamento, che richiede denaro. Padre Newton ha affermato che la Chiesa Cattolica di Inghilterra e Galles ha fatto una donazione di 250.000 sterline e altre hanno promesso contributi. “Nel lungo periodo l'Ordinariato dovrà autofinanziarsi, ma ci vorrà un po' di tempo per arrivare a questo”, ha dichiarato. I suoi sacerdoti affrontano poi una realtà per cui “i presbiteri cattolici sono pagati in modo molto diverso da quelli anglicani, quindi c'è tutto un nuovo sistema in cui dobbiamo entrare”. Padre Newton ha anche espresso la speranza che “possiamo trovare qualche forma di lavoro part-time, soprattutto cappellanie nelle scuole, negli ospedali o nelle prigioni – qualcosa che sia legato alla vita sacerdotale e che i sacerdoti possano fare”. “Dobbiamo capire come ogni singolo sacerdote possa avere risorse sufficienti per vivere in modo dignitoso”, ha dichiarato l'ordinario, “e ciò vale soprattutto se è un uomo sposato con una famiglia”.

Zenit