domenica 22 gennaio 2012

Mons. Francesco Moraglia sarebbe stato scelto come nuovo Patriarca di Venezia. L'ingresso previsto per il 25 marzo, Natale della Serenissima

Mons. Francesco Moraglia (foto), attuale vescovo di La Spezia, si avvicina a grandi passi a Venezia. E’ questo il nome che sarebbe stato già comunicato in via ufficiosa alla diocesi lagunare dal nunzio apostolico in Italia, mons. Adriano Bernardini, in attesa della comunicazione ufficiale, attesa nei prossimi giorni. Francesco Moraglia sembra quindi essere il prescelto all’interno della pattuglia dei vescovi indicati per succedere in laguna al card. Angelo Scola dopo la sua nomina ad arcivescovo di Milano. Tra questi vi sono il vescovo di Terni, Vincenzo Paglia, quello di Trieste, Giampaolo Crepaldi, quello di Udine, Andrea Bruno Mazzoccato, mentre nei giorni scorsi tra i cattolici veneziani era corso il nome di mons. Beniamino Pizziol, appena nominato a Vicenza. Per l’ingresso del nuovo Patriarca è stato scelto un giorno particolare per la sua doppia valenza religiosa e civile: il 25 marzo. In esso la Chiesa Cattolica celebra l’Annunciazione a Maria mentre la tradizione della Serenissima vi identifica il mitico giorno della fondazione di Venezia nel 421. In realtà l’iter per l’arrivo di mons. Moraglia sarà lungo e complesso. Nei giorni scorsi è già avvenuta la comunicazione ufficiale da parte del nunzio apostolico allo stesso prescelto, cui è seguita l’accettazione da parte di mons. Moraglia. Poi vi sarà la comunicazione ufficiale e contemporanea in Vaticano, nella diocesi di provenienza (La Spezia) e in quella di destinazione (Venezia). Seguirà la “presa di possesso”, atto canonico e civile, quindi l’ingresso. Mons. Moraglia è nato a Genova il 25 maggio 1953, ordinato nel ’77 e nominato vescovo della Spezia nel 2007. Ha collaborato con il Segretario di Stato della Santa Sede, Tarcisio Bertone, quando questi era arcivescovo di Genova, ma anche con il presidente della CEI Angelo Bagnasco. E’ apprezzato da Papa Benedetto XVI che ha caldeggiato la sua nomina a presidente della fondazione “Comunicazione e cultura” della CEI, da cui dipende anche Tv2000, la televisione di proprietà della stessa Conferenza Episcopale italiana, richiesta di nomina ben accolta dallo stesso Bagnasco. Sembra così destinata a concludersi la lunga attesa dei cattolici veneziani per avere un nuovo pastore. Un periodo di “vacatio” che è stato prolungato dalla contemporanea mancanza del nunzio in Italia, cioè della persone cui viene delegato l’iter di nomina dopo la scelta da parte di Papa Benedetto nella terna di nomi presentati dai vescovi.

Ugo Dinello, La Nuova di Venezia

Julián Carrón: Benedetto XVI, un gigante che mostra come la fede può dare un contributo decisivo per affrontare le sfide che abbiamo davanti

"Abbiamo la fortuna di avere tra noi un gigante". Don Julián Carrón, il sacerdote spagnolo successore di don Luigi Giussani alla guida di Comunione e Liberazione, parla in questi termini di Papa Joseph Ratzinger. "La figura più esemplare che abbiamo davanti - spiega in un’intervista ad Avvenire - è quella di Benedetto XVI. E’ difficile trovare un’altra personalità che abbia una lucidità di giudizio sulla situazione attuale e che allo stesso tempo, senza ritirarsi in uno spiritualismo estraneo al reale, continua a sfidare tutti mostrando come la fede può dare un contributo decisivo per affrontare le sfide che abbiamo davanti". Il Papa, "come tutti i giganti - afferma però don Carrón - ha bisogno di figli. La questione è se noi ci lasciamo interpellare e illuminare dalla sua testimonianza, e così possiamo partecipare della genialità del gigante. Nella misura in cui il popolo cristiano si muove nel solco della sua testimonianza, il mondo vedrà fiorire persone capaci di partecipare alla costruzione del bene comune a partire dalla certezza che Cristo salva l’uomo". Rispondendo a una domanda del giornale della CEI, don Carròn si sofferma poi sulla crisi della politica e sottolinea che "alla politica non possiamo chiedere quello che non può dare. Da essa non ci aspettiamo la salvezza, ma che crei le condizioni per stimolare e favorire le iniziative di chi costruisce per il bene comune, di chi crea lavoro, risorse, ricchezza e ambiti in cui la società possa crescere".

Agi

Una Speranza più forte della crisi

Meraviglioso dono di Dio. Il 22 gennaio 1922 moriva Benedetto XV, il Papa della pace. Benedetto XVI: coraggioso e autentico profeta

“La pace, meraviglioso dono di Dio”. Sono le parole iniziali dell’Enciclica “Pacem, Dei munus pulcherrimum” con cui Benedetto XV (foto) il 23 maggio 1920, Domenica di Pentecoste, pur compiacendosi per la cessazione delle ostilità, esprimeva preoccupazioni per il futuro che vedeva ancora gravido di tensioni. Nella sua prima Enciclica “Ad beatissimi” del 1914 aveva bollato la guerra come “manifestazione, sopra ogni altra odiosa, del predominante disordine morale” e da qui era partita la sua campagna di pressanti appelli alle grandi potenze per evitare quella che poi, una volta scoppiata, avrebbe definito “inutile strage”, “orrenda carneficina che disonora l’Europa”, “fosca tragedia dell’odio umano e dell’umana demenza”. Fu il Papa della prima guerra mondiale. Inascoltato, incompreso, anche oltraggiato dai portavoce e dalla stampa delle parti belligeranti, compresa l’Italia, in un mondo che sembrava allora dominato dal fanatismo interventista e dal culto della guerra ad ogni costo. Rimase inascoltata, senza risposta, anche la lettera inviata il 1° agosto 1917 ai Capi dei popoli coinvolti dal conflitto, nella quale Benedetto XV dichiarava, da parte sua, “una perfetta imparzialità verso tutti i belligeranti, quale si conviene a chi è Padre comune e tutti ama con pari affetto i suoi figli”, e auspicava, come punto fondamentale, che “alla forza materiale delle armi sottentri la forza morale del diritto”. Una linea, quella della imparzialità, che sarà ripresa da Pio XII nel definire la condotta della Santa Sede durante la seconda guerra mondiale. Inascoltato ma non scoraggiato, Benedetto XV si prodigò in mille modi per alleviare le sofferenze delle popolazioni colpite dalla guerra. Le iniziative in tal senso, su scala mondiale, furono una costante del suo Pontificato, a incominciare dai contatti con le famiglie e al rimpatrio dei prigionieri e dei feriti (700.000 le pratiche evase dagli appositi uffici istituiti in Vaticano e preso le nunziature) fino all’assistenza dei profughi e dei rifugiati e all’invio di denaro, alimentari, medicine e altri generi di necessità in diverse nazioni europee, in Armenia, Siria, Libano, Turchia, finanche in Russia e Cina devastate dalla carestia. I turchi, caso insolito, per questa sua opera gli innalzarono un monumento a Istanbul: “Al grande Pontefice nell’ora della tragedia mondiale, Benedetto XV benefattore dei popoli senza distinzione di nazionalità e di religione, in segno di riconoscenza l’Oriente”. Promulgò, nel 1917, il Codice di diritto canonico, portando a termine l’opera iniziata da Pio X ed affidata alla cura del card. Pietro Gasparri. Denominato “Pio-Benedettino” il testo sarà poi sostituito nel 1983 dal nuovo Codice promulgato da Giovanni Paolo II. Nell’Enciclica “Maximum illud” (1919) Benedetto XV metteva in evidenza la necessità improcrastinabile di curare nei territori di missione le vocazioni e la formazione di un clero indigeno. In precedenza, 1917, aveva reso autonoma la Congregazione per le Chiese orientali, rendendola indipendente da Propaganda Fide, e aveva fondato il Pontifico Istituto di studi orientali. Abrogò di fatto il “non expedit” emanato dalla Sacra Penitenzieria sotto Pio IX, che impediva la partecipazione dei cattolici alla vita politica, e accettò la nascita del Partito popolare italiano di don Luigi Sturzo. Sotto il suo pontificato e con il suo sostegno padre Agostino Gemelli poté fondare l’Università cattolica del Sacro Cuore. Era nato a Genova, Giacomo Della Chiesa. Era stato segretario del nunzio pontificio a Madrid, sostituto della segreteria di Stato, docente di diplomazia e, per sette anni, arcivescovo di Bologna. Creato cardinale il 25 maggio 1914, dopo poco più di tre mesi veniva eletto Papa, il 3 settembre. L’Europa era già in fiamme. Volle che l’incoronazione si svolgesse con cerimonia modesta nella cappella Sistina anziché nella Basilica di San Pietro. Colpito da polmonite, morì il 22 gennaio 1922. Aveva offerto la sua vita e le sue preghiere per la pacificazione del mondo. Fu lui ad apportare canonicamente una piccola ma significativa aggiunta alle tradizionali litanie della Vergine, invitando tutti i fedeli ad invocare Maria col nuovo titolo di Regina pacis. Joseph Ratzinger, nella catechesi della sua prima Udienza generale, il 27 aprile 2005, disse: "Ho voluto chiamarmi Benedetto XVI per riallacciarmi idealmente al venerato Pontefice Benedetto XV, che ha guidato la Chiesa in un periodo travagliato a causa del primo conflitto mondiale. Fu coraggioso e autentico profeta di pace e si adoperò con strenuo coraggio dapprima per evitare il dramma della guerra e poi per limitarne le conseguenze nefaste. Sulle sue orme desidero porre il mio ministero a servizio della riconciliazione e dell’armonia tra gli uomini e i popoli, profondamente convinto che il grande bene della pace è innanzitutto dono di Dio, dono purtroppo fragile e prezioso da invocare, tutelare e costruire giorno dopo giorno con l’apporto di tutti".

SIR

Benedetto XVI: i giovani, con il loro entusiasmo e la loro spinta ideale, possono offrire una nuova speranza al mondo. Auguri per il capodanno lunare

Dopo la recita dell'Angelus, il Papa ha rivolto un pensiero particolare ai "vari Paesi dell’Estremo Oriente celebrano con gioia il capodanno lunare": “Nella presente situazione mondiale di crisi economico-sociale auguro a tutti quei popoli che il nuovo anno sia concretamente segnato dalla giustizia e dalla pace, porti sollievo a chi soffre, e che specialmente i giovani, con il loro entusiasmo e la loro spinta ideale, possano offrire una nuova speranza al mondo”. Nei saluti in varie lingue, Benedetto XVI, in francese, ha salutato in particolare “tutti i responsabili della Comunità di Sant’Egidio, i cui membri lavorano con coraggio per annunciare il Vangelo, soprattutto in Africa e in America Latina. Ogni battezzato è chiamato a proclamare la Buona Novella rispondendo alla missione che il Signore ha affidato ai suoi apostoli”. Di qui l’invito a “lavorare per l’unità di tutti i cristiani”. In tedesco l’auspicio che il Signore “ci apra ad una genuina comunione della fede”. Per questo “è necessaria anche la nostra disponibilità come quella dei primi discepoli”, che lasciarono tutto per seguire Gesù. In questo s’inscrive “anche la nostra vocazione di lasciare continuamente ciò a cui siamo abituati nell’insicurezza ma anche nella speranza di essere accompagnati dall’amore misericordioso di Dio”. In polacco, implorando “l’unità per i cristiani”, il Papa ha esortato: “Fiduciosi nell’aiuto di Dio, rivolgiamo questa preghiera nell’umiltà dello spirito, aperti al dialogo, alla collaborazione e all’unità. I nostri cuori siano trasformati dalla grazia di Cristo risorto che prega per noi, la sua Chiesa, affinché siamo una cosa sola”.

Radio Vaticana, SIR

Il Papa: l'unità visibile dei cristiani sempre opera che viene da Dio, che chiede l'umiltà di riconoscere la nostra debolezza e di accogliere il dono

A mezzogiorno il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro. “L’odierna domenica – ha ricordato il Papa - cade nel mezzo della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si celebra dal 18 al 25 gennaio”. Di qui l’invito a tutti “ad unirsi alla preghiera che Gesù ha rivolto al Padre alla vigilia della sua passione: ‘Che siano una sola cosa, perché il mondo creda’. Quest’anno, in particolare, la nostra meditazione nella Settimana di preghiera per l’unità fa riferimento ad un brano della Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi, dal quale si è formulato il motto: ‘Tutti saremo trasformati dalla vittoria di Gesù Cristo nostro Signore’. Siamo chiamati a contemplare la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte, cioè la sua risurrezione, come un evento che trasforma radicalmente quanti credono in Lui e apre loro l’accesso ad una vita incorruttibile e immortale”. In realtà, “riconoscere e accogliere la forza trasformante della fede in Gesù Cristo sostiene i cristiani anche nella ricerca della piena unità tra di loro”. Inoltre, ha aggiunto, "quest'anno i sussidi per la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani sono stati preparati da un gruppo polacco. Nel corso dei secoli, i cristiani polacchi hanno spontaneamente intuito una dimensione spirituale nel loro desiderio di libertà ed hanno compreso che la vera vittoria può giungere solo se accompagnata da una profonda trasformazione interiore. Essi ci ricordano che la nostra ricerca di unità può essere condotta in maniera realistica se il cambiamento avviene innanzitutto in noi stessi se lasciamo agire Dio, se ci lasciamo trasformare ad immagine di Cristo, se entriamo nella vita nuova in Cristo, che è la vera vittoria". Benedetto XVI ha spiegato che "l'unità visibile di tutti i cristiani è sempre opera che viene dall'alto, da Dio, opera che chiede l'umiltà di riconoscere la nostra debolezza e di accogliere il dono. Però, per usare un'espressione che ripeteva spesso il Beato Papa Giovanni Paolo II, ogni dono diventa anche impegno. L'unità che viene da Dio esige dunque il nostro quotidiano impegno di aprirci gli uni agli altri nella carità". “Da molti decenni – ha sottolineato il Papa -, la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani costituisce un elemento centrale nell’attività ecumenica della Chiesa. Il tempo che dedicheremo alla preghiera per la piena comunione dei discepoli di Cristo ci permetterà di comprendere più profondamente come saremo trasformati dalla sua vittoria, dalla potenza della sua risurrezione”. Mercoledì prossimo, ha ricordato il Pontefice, “concluderemo la Settimana di preghiera con la solenne celebrazione dei Vespri della Festa della Conversione di San Paolo, nella Basilica di San Paolo fuori le mura, alla quale saranno presenti anche i rappresentanti delle altre Chiese e Comunità cristiane”. “Vi attendo numerosi a tale incontro liturgico – ha concluso - per rinnovare insieme la nostra preghiera al Signore, fonte dell’unità. Affidiamola fin da ora, con filiale fiducia, all’intercessione della Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa”.

SIR, TMNews

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS

Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani (4). Il Papa: Dio promette una nuova unità segno e strumento di riconciliazione e pace per le nazioni

"Dio promette al suo popolo una nuova unità, che deve essere segno e strumento di riconciliazione e di pace anche sul piano storico, per tutte le nazioni. L’unità che Dio dona alla sua Chiesa, e per la quale noi preghiamo, è naturalmente la comunione in senso spirituale, nella fede e nella carità; ma noi sappiamo che questa unità in Cristo è fermento di fraternità anche sul piano sociale, nei rapporti tra le nazioni e per l’intera famiglia umana. E’ il lievito del Regno di Dio che fa crescere tutta la pasta (cfr Mt 13,33) (...) Là dove le parole umane diventano impotenti, perché prevale il tragico rumore della violenza e delle armi, la forza profetica della Parola di Dio non viene meno e ci ripete che la pace è possibile, e che dobbiamo essere noi strumenti di riconciliazione e di pace. Perciò la nostra preghiera per l’unità e per la pace chiede sempre di essere comprovata da gesti coraggiosi di riconciliazione tra noi cristiani".

Benedetto XVI, 25 gennaio 2009