sabato 23 ottobre 2010

Pranzo con i Padri sinodali. Il Papa: la vera cattolicità una polifonia dell'unica fede, della vera comunione dei cuori che solo il Signore può dare

E’ stato un festoso incontro conviviale, nell’atrio dell’Aula Paolo VI in Vaticano, con i vescovi del Medio Oriente durante l'ormai tradizionale pranzo al termine dei lavori sinodali. Il Papa ha detto che il dono più bello del Sinodo è la comunione nella diversità delle Chiese d’Oriente, una comunione che diventa testimonianza: “Abbiamo visto la ricchezza, la diversità di questa comunione. Siete Chiese di riti antichi e diversi, che tuttavia formano, insieme con tutti gli altri riti, l’unica Chiesa Cattolica. E’ bello vedere questa vera cattolicità, che è così ricca di diversità, così ricca di possibilità, di culture diverse; e tuttavia proprio così cresce la polifonia di un’unica fede, della vera comunione dei cuori che solo il Signore può dare”. “La comunione cattolica – ha proseguito - è una comunione aperta, dialogale”, tesa costantemente all’incontro con i fratelli ortodossi e con le altre confessioni cristiane, nella consapevolezza che “in Cristo siamo uniti, anche se ci sono divisioni esteriori”. Questo perché la Verità non pone confini ma è sempre aperta: “Perciò eravamo anche in dialogo franco e aperto con i fratelli musulmani, con i fratelli ebrei, tutti insieme responsabili per il dono della pace, per la pace proprio in questa parte della terra benedetta dal Signore, culla del cristianesimo e anche delle due altre religioni. Vogliamo continuare in questo cammino con forza, tenerezza e umiltà, e con il coraggio della verità che è amore e che nell’amore si apre”. In precedenza Benedetto XVI ha ricordato come la tradizione del pranzo a conclusione dei lavori sinodali fosse stata inaugurata da Giovanni Paolo II e ha ringraziato la presidenza e la segreteria di questo Sinodo per il Medio Oriente, rievocando le fatiche sperimentate in prima persona quando, da cardinale, fu relatore al Sinodo sulla famiglia del 1980. All'inizio dell'incontro conviviale il segretario generale del Sinodo, mons. Nikola Eterovic, ha presentato al Papa i dati principali dei lavori, ai quali hanno partecipato 173 Padri sui 184 invitati, poiché undici non sono potuti venire a Roma per vari motivi. Si sono tenute 14 Congregazioni generali, con la prima che detiene il record di presenze, 170, e sei riunioni di circoli minori; sono state offerte dieci tra meditazioni e omelie; ci sono stati 125 interventi più cinque consegnati per iscritto. Nonostante i tempi ristretti, sono inoltre intervenuti dodici delegati fraterni e sono state svolte dodici relazioni. Soprattutto mons. Eterovic ha messo in evidenza i 111 interventi liberi tenuti alla presenza del Papa che li ha voluti: una dimensione, ha commentato, che si va sviluppando. Quindi ha reso noto che i Padri hanno voluto donare a Benedetto XVI un ritratto, esposto all'entrata dell'atrio, realizzato da un'artista greco-cattolico ucraino, che studia a San Pietroburgo: una scuola realista, ha spiegato, attenta ai dettagli, ma anche alla dimensione spirituale. Successivamente, dopo una parentesi canora, con il classico napoletano "O sole mio" intonato da un giovane assistente del segretario speciale e un canto di ringraziamento al Papa eseguito in francese e in arabo sull'aria musicale dell'Ave Maria di Lourdes, ha parlato il Patriarca dei Siri Ignace Youssif III Younan, presidente delegato. Ha ringraziato il Pontefice per l'opportunità offerta alle Chiese del Medio Oriente di far sentire la loro voce, assicurando che i pastori presenti torneranno nelle loro terre, nelle loro comunità, senza timore di proclamare il Vangelo nella carità e nella verità e di viverlo ogni giorno. Infine il patriarca greco-melkita, Gregorios III Laham, ha donato al Papa uno splendido indumento liturgico orientale.

Le 44 Proposizioni del Sinodo per il Medio Oriente su presenza cristiana, comunione ecclesiale e testimonianza. Il Papa ne autorizza la pubblicazione

Pace, speranza, comunione: il Sinodo per il Medio Oriente basa su questi tre princìpi le sue 44 Proposizioni finali, presentate e votate stamani alla presenza del Papa, durante l’ultima Congregazione generale. Normalmente, si tratta di un documento riservato esclusivamente al Pontefice, ma Benedetto XVI ne ha autorizzato la pubblicazione di una bozza. Parla con un’unica voce il Medio Oriente. Un documento tecnico e programmatico, ma scritto con un tono vivo che richiama più volte la pace, la speranza, la comunione. Divise in tre gruppi, presenza cristiana in Medio Oriente, comunione ecclesiale e testimonianza cristiana, le Proposizioni ripercorrono i temi discussi in Aula, dall’importanza della Parola di Dio, la cui lettura e meditazione va incoraggiata, con il suggerimento di indire un Anno Biblico, alla denuncia delle persecuzioni e delle violenze contro i cristiani in Medio Oriente, che talvolta giungono al martirio. Centrali l’impegno per la pace, con i governi chiamati in causa perché applichino le risoluzioni Onu, la promozione di una pastorale per le vocazioni e di una per le migrazioni, perché emigrati ed immigranti siano tutelati nei loro diritti a prescindere da nazionalità e religione, ricevano aiuto giuridico ed umanitario e non perdano i legami con i Paesi d’origine. Quanto alla comunione, sia esterna che interna alla Chiesa, il Sinodo ribadisce il principio che la varietà non nuoce all’unità, richiede una maggiore collaborazione tra le gerarchie ecclesiali, sostiene i nuovi movimenti, dono dello Spirito alla Chiesa intera, ad operare in unione con i vescovi. E ancora: il Sinodo ascolta i giovani, li incoraggia a non rinunciare ai loro sogni, a guardare a Cristo come modello per costruire ponti di dialogo. L’attenzione dell’Aula si volge anche alle donne, ai bambini, alla famiglia: tutti da sostenere, tutelare e difendere nella dignità e nei diritti. Si chiamano poi i laici all’evangelizzazione, si ricorda ai mass media e alle istituzioni educative cattoliche di promuovere il messaggio di Cristo, ponendo attenzione anche ai più poveri e ai disabili. Spazio, poi, al dialogo, sia ecumenico che interreligioso che deve essere lontano da confessionalismo, estremismo, antisemitismo, puntando al mutuo rispetto per promuovere giustizia, pace, e i diritti fondamentali come quello alla libertà religiosa, di culto e di coscienza. Religione e politica siano distinte, auspica il Sinodo, ci sia uguaglianza tra diritti e doveri e il pluralismo religioso venga rispettato. L’Aula del Sinodo sottolinea anche l’importanza che i religiosi diano il buon esempio con coerenza tra vita e parole, la necessità di diffondere la Dottrina Sociale della Chiesa, di salvaguardare il Creato, di approfondire la preparazione dei catechisti perché il Vangelo sia proposto senza timidezza né provocazione, e di rinnovare la liturgia, dove necessario, guardando al contesto attuale. Proposizioni specifiche, inoltre, suggeriscono di lavorare per l’unificazione del Natale e della Pasqua, di istituire una festa dei martiri dell’Oriente, di promuovere l’uso della lingua araba nelle istituzioni della Santa Sede, di adottando anche una traduzione araba comune del Padre Nostro. Pensato poi uno studio su due possibilità: estendere la giurisdizione dei Patriarchi anche al di fuori dei loro territori e permettere ai preti sposati di operare oltre i confini dei Patriarcati.

Il Messaggio al popolo di Dio a conclusione dell'Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi

Nella quattordicesima Congregazione Generale di ieri pomeriggio, i Padri sinodali hanno approvato il Nuntius, il Messaggio al Popolo di Dio a conclusione dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi, pubblicato questa mattina. Nel testo, si afferma che i cittadini dei Paesi del Medio Oriente "interpellano la comunità internazionale, in particolare l'Onu, perché essa lavori sinceramente ad una soluzione di pace giusta e definitiva nella regione, e questo attraverso l'applicazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, e attraverso l'adozione delle misure giuridiche necessarie per mettere fine all'Occupazione dei differenti territori arabi". "Il popolo palestinese potrà così avere una patria indipendente e sovrana e vivervi nella dignità e nella stabilità. Lo Stato d'Israele potrà godere della pace e della sicurezza all'interno delle frontiere internazionalmente riconosciute. La Città Santa di Gerusalemme potrà trovare lo statuto giusto che rispetterà il suo carattere particolare, la sua santità, il suo patrimonio religioso per ciascuna delle tre religioni ebraica, cristiana e musulmana. Noi speriamo che la soluzione dei due Stati diventi realtà e non resti un semplice sogno". I vescovi "hanno espresso la loro solidarietà con il popolo e che Chiese in Iraq e hanno espresso il voto che gli emigrati, forzati a lasciare i loro paesi, possano trovare i soccorsi necessari là dove arrivano, affinché possano tornare nei loro paesi e vivervi in sicurezza". "Abbiamo fatto memoria dei cristiani assassinati in Iraq, delle sofferenze permanenti della Chiesa in Iraq, dei suoi figli espulsi e dispersi per il mondo, portando noi insieme con loro le preoccupazioni della loro terra e della loro patria", scrivono i Padri sinodali. Auspicando l'applicazione delle risoluzioni Onu, il Sinodo si dice fiducioso che "l'Iraq potrà mettere fine alle conseguenze della guerra assassina e ristabilire la sicurezza che proteggerà tutti i suoi cittadini con tutte le loro componenti sociali, religiose e nazionali". Inoltre, "il Libano potrà godere della sua sovranità su tutto il territorio, fortificare l'unità nazionale e continuare la vocazione a essere il modello della convivenza tra cristiani e musulmani, attraverso il dialogo delle culture e delle religioni e la promozione delle libertà pubbliche". "Noi condanniamo la violenza e il terrorismo, di qualunque origine, e qualsiasi estremismo religioso. Condanniamo ogni forma di razzismo, l'antisemitismo, l'anticristianesimo e l'islamofobia e chiamiamo le religioni ad assumere le loro responsabilità nella promozione del dialogo delle culture e delle civiltà nella nostra regione e nel mondo intero". Appello poi "ai governi e ai responsabili pubblici" della regione, affinché si impegnino a fermare la "emorragia" di cristiani che emigrano dall'area geografica in cui nacque Cristo. "Vi chiediamo di raddoppiare gli sforzi che dispiegate per stabilire una pace giusta e duratura in tutta la regione e per arrestare la corsa agli armamenti", scrivono i Padri sinodali. "E' questo che condurrà alla sicurezza e alla prosperità economica, arresterà l'emorragia dell'emigrazione che svuota i nostri paesi delle loro forze vive. La pace è un dono prezioso che Dio ha affidato agli uomini e sono gli 'operatori di pace che saranno chiamati figli di Dio'". "L'emigrazione - scrivono peraltro i vescovi del Sinodo - è divenuta un fenomeno generale. Il cristiano, il musulmano e l'ebreo emigrano e per le stesse cause derivate dall'instabilità politica ed economica. Il cristiano, inoltre, comincia a sentire nell'insicurezza, benché a diversi gradi, nei paesi del Medio Oriente. I cristiani abbiano fiducia nell'avvenire e continuino a vivere nei loro cari paesi". "Il Concilio Vaticano II ha pubblicato il documento "Nostra aetate", riguardante il dialogo con le religioni, con l'ebraismo, l'islam e le altre religioni. Altri documenti hanno precisato e sviluppato in seguito le relazioni con l'ebraismo. C'è inoltre un dialogo continuo tra la Chiesa e i rappresentanti dell'ebraismo. Noi speriamo che questo dialogo possa condurci ad agire presso i responsabili per mettere fine al conflitto politico che non cessa di separarci e di perturbare la vita dei nostri paesi", scrivono i Padri sinodali. "Non è permesso di ricorrere a posizioni teologiche bibliche per farne uno strumento a giustificazione delle ingiustizie. Al contrario, il ricorso alla religione deve portare ogni persona a vedere il volto di Dio nell'altro e a trattarlo secondo gli attributi di Dio e i suoi comandamenti, vale a dire secondo la bontà di Dio, la sua giustizia, la sua misericordia e il suo amore per noi". I vescovi rivolgono poi un invito ai propri "concittadini musulmani": "Siamo fratelli e Dio ci vuole insieme, uniti nella fede in Dio e nel duplice comandamento dell'amore di Dio e del prossimo. Insieme noi costruiremo le nostre società civili sulla cittadinanza, sulla libertà religiosa e sulla libertà di coscienza. Insieme noi lavoreremo per promuovere la giustizia, la pace, i diritti dell'uomo, i valori della vita e della famiglia. La nostra responsabilità è comune nella costruzione delle nostre patrie". "Noi vogliamo offrire all'Oriente e all'Occidente un modello di convivenza tra le differenti religioni e di collaborazione positiva tra diverse civiltà, per il bene delle nostre patrie e quello di tutta l'umanità", affermano i Padri sinodali. "E' capitato nel passato, come capita ancor'oggi, qualche squilibrio nei nostri rapporti. Attraverso il dialogo noi dobbiamo eliminare ogni squilibrio o malinteso. Il Papa Benedetto XVI ci dice che il nostro dialogo non può essere una realtà passeggera. È piuttosto una necessità vitale da cui dipende il nostro avvenire. È nostro dovere, dunque, educare i credenti al dialogo inter-religioso, all'accettazione del pluralismo, al rispetto e alla stima reciproca". "Esprimiamo la nostra stima per quanto voi siete nei diversi stati di vita", scrivono i vescovi mediorientali rivolgendosi direttamente alle donne: "Come ragazze, educatrici, madri, consacrate e operatrici nella vita pubblica. Vi elogiamo perché proteggete la vita umana fin dall'inizio, offrendole cura e affetto. Dio vi ha donato una sensibilità particolare per tutto ciò che riguarda l'educazione, il lavoro umanitario e la vita apostolica. Rendiamo grazie a Dio per le vostre attività e auspichiamo che voi esercitiate una più grande responsabilità nella vita pubblica".

Le parole coraggiose e veritiere di mons. Beylouni: il Corano dà al musulmano il diritto di giudicare i cristiani e di ucciderli con la guerra santa

“Ricorrere alla figura della Vergine Maria”, rispettata dall’Islam, “nel dialogo e in ogni incontro con i musulmani”: è la proposta di mons. Raboula Antoine Beylouni, vescovo di Curia di Antiochia dei Siri in Libano, fatta al Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente nell'intervento scritto, alla luce delle difficoltà che rendono inefficaci gli incontri con i musulmani. Tra queste difficoltà l’arcivescovo ha citato il fatto che “il Corano inculca al musulmano l’orgoglio di possedere la sola religione vera e completa. Il musulmano fa parte della nazione privilegiata e parla la lingua di Dio, l’arabo. Per questo affronta il dialogo con questa superiorità e con la certezza della vittoria. Nel Corano, poi, non c’è uguaglianza tra uomo e donna, né nel matrimonio stesso in cui l’uomo può avere più donne e divorziare a suo piacimento, né nell’eredità in cui l’uomo ha diritto a una doppia parte, né nella testimonianza davanti ai giudici in cui la voce dell’uomo equivale a quella di due donne”. “Il Corano – ha aggiunto mons. Beylouni - permette al musulmano di nascondere la verità al cristiano e di parlare e agire in contrasto con ciò che pensa e crede. Il Corano dà al musulmano il diritto di giudicare i cristiani e di ucciderli con la jihad (guerra santa). Ordina di imporre la religione con la forza, con la spada. Per questo i musulmani non riconoscono la libertà religiosa, né per loro né per gli altri. Non stupisce vedere tutti i paesi arabi e musulmani rifiutarsi di applicare integralmente i diritti umani sanciti dalle Nazioni Unite”. Nonostante queste difficoltà, ha affermato mons. Beylouni, “non dobbiamo eliminare il dialogo ma scegliere i temi da affrontare e gli interlocutori cristiani capaci e ben formati, coraggiosi e pii, saggi e prudenti che dicano la verità con chiarezza e convinzione. Dato che il Corano ha parlato bene della Vergine Maria dobbiamo ricorrere a lei in ogni dialogo e in ogni incontro con i musulmani. Voglia Dio che la festa dell’Annunciazione, dichiarata in Libano festa nazionale per i cristiani e i musulmani, divenga festa nazionale anche negli altri paesi arabi”.

SIR

Il Tribunale del Riesame conferma il sequestro del deposito Ior. Lombardi: l'Istituto conferma la linea della trasparenza e la volontà di chiarire

I responsabili dello Ior "prendono atto" delle motivazioni addotte dal Tribunale del Riesame per la conferma del sequestro preventivo del deposito Ior e "le approfondiscono con i loro legali". In ogni caso, sottolinea in una nota il direttore della Sala Stampa del Vaticano padre Federico Lombardi, "i responsabili dello Ior confermano la volontà di proseguire sulla linea di trasparenza di tutte le operazioni finanziarie già indicata nel Comunicato della Segreteria di Stato del 21 settembre scorso" e "confidano di poter offrire al più presto tutti i chiarimenti richiesti nelle sedi e agli organismi competenti". La banca del Vaticano non ha rispettato la normativa antiriciclaggio, effettuando operazioni prive di trasparenza e tracciabilità. Sono le motivazioni con cui il tribunale del Riesame di Roma ha confermato il sequestro di 23 milioni di euro depositati in un conto del Credito Artigiano. La somma sequestrata allo Ior doveva essere trasferita alla Jp Morgan di Francoforte e a un'agenzia della Banca del Fucino di Roma. "Lo Ior - si legge nel documento del collegio - non ha comunicato per chi intendesse eseguire le operazioni, né natura e scopo delle stesse". Il tribunale ha ricordato che lo Ior "deve considerarsi, a tutti gli effetti, una banca estera extracomunitaria esclusa dall'elenco dei paesi che hanno regime antiriciclaggio equivalente agli standard vigenti nei Paesi dell'Unione Europea". Per tale ragione, si legge nel documento "lo Ior deve uniformarsi ai criteri di trasparenza e tracciabilità delle operazioni compiute con Banche italiane", imposti dalla normativa antiriciclaggio la cui violazione è sanzionata penalmente. Nell'inchiesta sono indagati il presidente dell'istituto opere di religione, Ettore Gotti Tedeschi (nella foto con Benedetto XVI) e il direttore generale Paolo Cipriani.