venerdì 7 gennaio 2011

Ratisbona e ritorno. Perché sull’islam e sui rapporti con esso la Chiesa, Benedetto XVI a parte, ha idee contraddittorie

Mentre vengono macellati i cristiani nel mondo arabo il Vaticano s’interroga sul da farsi ma non è facile. Al suo interno ci sono più linee quanto ai rapporti con l’islam, posizioni assai divergenti che faticano a esprimere una visione globale. Così sembrava non dovesse essere, all’inizio del pontificato di Joseph Ratzinger. Quando nel febbraio del 2006 il Papa tolse a Michael Fitzgerald la presidenza del “ministero” per il dialogo interreligioso designandolo nunzio apostolico in Egitto, alcuni osservatori parlarono della volontà di abbandonare la linea del dialogo morbido con l’islam proprio dell’era wojtyliana in favore di una strategia più identitaria e competitiva. L’interpretazione parve suffragata poco dopo da due fatti importanti: il declassamento del “ministero” che era di Fitzgerald, il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, la cui competenza venne data al settore culturale del Vaticano, e l’uscita del Papa a Ratisbona, con l’abbandono dell’irenismo che non aveva mai avuto il coraggio di denunciare chi è ancora incapace di coniugare ragione, fede e nome di Dio: appunto l’islam. E poi? Il vaticanista Sandro Magister invita a leggere il discorso del Papa alla Curia romana pronunciato di lì a poco. Era il dicembre del 2006. Papa Ratzinger confermò quanto detto a Ratisbona entrando in maniera ancor più potente nel cuore del problema. Si chiese: qual è il compito dell’islam oggi? Elaborare quella giusta sintesi tra la fede e “le vere conquiste dell’illuminismo” che i cristiani hanno raggiunto in secoli di “ricerca faticosa” e “mai definitiva”. Insomma, una linea chiara: un dialogo più fattivo dei consueti abbracci cerimoniali. E la constatazione di come la strada andasse percorsa anzitutto dall’islam. E oggi? Joseph Ratzinger non ha cambiato idea. Ma, dice Magister, “la sua linea si scontra col fatto che nell’islam questa rivoluzione illuminista non c’è. La situazione è di stallo. Il Papa ha chiaro il tragitto ma manca chi lo faccia proprio”. Non a caso il dialogo con 138 musulmani che scrissero al Papa dopo Ratisbona, seppure incanalatosi su binari positivi, procede a rilento. La linea identitaria è portata avanti da diversi “ratzingeriani” che lavorano nella Segreteria di stato. Il corso Dominique Mamberti, responsabile dei rapporti con gli stati, non è certo un crociato dell’ultima ora ma la sua conoscenza del mondo islamico gli dà competenza e realismo: nato a Marrakech, è stato rappresentante pontificio, oltre che in Cile e alle Nazioni Unite, anche in paesi dove l’islam ha una forte connotazione, Algeria, Libano, Kuwait, Arabia Saudita, Sudan, Eritrea e Somalia. Se da un punto di vista teorico la linea del Papa non è mai mutata quanto all’islam, da un punto di vista pratico è evidente che qualche concessione alle altre linee di dialogo ha dovuto farle. Il Consiglio per il dialogo interreligioso precedentemente declassato, infatti, ha ritrovato dopo la crisi diplomatica di Ratisbona un suo spazio autonomo e Papa Ratzinger l’ha affidato al card. Jean-Louis Tauran. Questi è uomo di scuola wojtyliana: già segretario per i rapporti con gli stati nel 1990-1991 e alla fine del pontificato di Wojtyla, fu tra i primi a definire l’intervento militare in Iraq guidato dagli Stati Uniti “un crimine contro la pace”. Diplomatico di razza, molto preparato circa i risvolti sociali, politici e culturali del Medio Oriente, cerca il dialogo con tutti seppure non sia facile trovare interlcutori credibili nell’islam. Un caso emblematico è quello dell’imam di al Azhar, Ahmed al Tayyeb. Massima autorità islamica egiziana, frequenta gli incontri di preghiera promossi da Sant’Egidio ma critica il Papa. Certo il dialogo serve: non a caso Comunione e Liberazione al Cairo ha organizzato quest’anno un meeting tra le diverse religioni. Ma in molti nella Chiesa chiedono uno sguardo più guardingo sull’islam. Tra questi Piero Gheddo: missionario del Pime, mesi fa il fondatore di Asianews paventava sul Daily Telegraph il rischio della conquista dell’Europa da parte dell’islam. Dice lo storico Alberto Melloni: “Che in Vaticano ci siano posizioni diverse è evidente. Come è evidente che servirebbe una visione globale, investendo però anche il dialogo ecumenico. Mi ha colpito che il Vaticano parli coi copti solo ora che sono stati uccisi. E’ una visione tiepida delle cose. Il dialogo interreligioso non può dimenticare quello ecumenico, ovvero le tante minoranze protestanti presenti nei paesi arabi. Anche loro, che sovente la Chiesa Cattolica definisce sette, hanno i propri martiri. Serve una visione globale”.

Paolo Rodari, Il Foglio

Per la Santa Sede non si può sospendere il Cammino Neocatecumenale in Giappone. Il dialogo con i vescovi sarà ripreso tramite un delegato

Il Cammino Neocatecumenale non sarà sospeso in Giappone nell'arco di cinque anni come aveva annunciato la Conferenza Episcopale del Paese, ma cercherà una soluzione dialogata ai possibili attriti. E' la conclusione principale della riunione svoltasi il 13 dicembre 2010 tra Papa Benedetto XVI, una rappresentanza di vari vescovi giapponesi, tra cui il presidente della Conferenza Episcopale mons. Leo Ikenag, e alcuni responsabili di dicasteri della Curia romana, tra cui il Segretario di Stato, il card. Tarcisio Bertone. La decisione è stata comunicata di recente per iscritto dalla Segreteria di Stato agli iniziatori del Cammino Neocatecumenale, Kiko Argüello, Carmen Hernández e Mario Pezzi, secondo quanto ha riferito all'agenzia Zenit Álvaro de Juana, delegato per le comunicazioni di questa realtà ecclesiale in Spagna. La riunione tra il Papa e i rappresentanti dell'episcopato giapponese si è celebrata per trattare alcuni aspetti relativi al Cammino Neocatecumenale nel Paese asiatico. La ragione è stata la decisione, manifestata pubblicamente all'inizio dell'Avvento dai presuli giapponesi, che questa realtà ecclesiale sospendesse le proprie attività nel Paese nell'arco di cinque anni. Come ha spiegato De Juana, “la Santa Sede ha preso una serie di decisioni. La prima indica che la sospensione del Cammino Neocatecumenale in Giappone per cinque anni – come voleva la Conferenza Episcopale del Paese – non è ammissibile”. Dall'altro lato, ha sottolineato, “il dialogo tra i vescovi del Giappone e il Cammino Neocatecumenale dovrà essere ripreso il prima possibile con l'aiuto di un delegato competente che ami il Cammino e rispetti i problemi dei vescovi”. “Questi, infine, devono dare – se necessario – indicazioni concrete al Cammino per ciascuna delle proprie diocesi, evitando pronunciamenti della Conferenza Episcopale”, ha spiegato De Juana. “La Santa Sede segnala anche che la Segreteria di Stato sarà incaricata di dare le istruzioni necessarie e cercherà, in contatto con la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, le questioni riferite alla presenza del Cammino in questo Paese”, ha concluso. Questa decisione presuppone un punto di riferimento importante di fronte alla questione posta dal rifiuto dell'episcopato giapponese nei confronti del Cammino Neocatecumenale, una realtà postconciliare nata in Spagna ad opera del pittore Kiko Argüello e che oggi è presente in più di 5.000 parrocchie dei cinque continenti.

Zenit

La visita ai bambini del Policlinico Gemelli. Quella carezza a Benedetta: tu lo sarai per sempre. Evelina: dirò alle amichette che ho baciato il Papa

"Tu sarai benedetta per sempre". Parole mormorate dal Papa mentre, con tenerezza, sfiora il volto sfigurato di Benedetta, un anno di vita interamente vissuto nel suo lettino d'ospedale. I prelati che lo accompagnano nella visita al Gemelli, si chinano su quella culla; sguardi attoniti, pieni di compassione. E una personalità del seguito mormora commosso: "Ecco il volto del Cristo sofferente". Il segretario particolare del Pontefice indugia davanti a quella culla; continua ad accarezzare le manine inerti mentre ripete: "Sei bella Benedetta, sei bella" e non riesce quasi a venir via. Stanza 22, reparto pediatria, quinto piano del Policlinico universitario Gemelli di Roma. Qui si è scritta la pagina forse tra le più belle e toccanti di queste giornate natalizie. È la vigilia dell'Epifania del Signore e Benedetto XVI decide di fare un po' di compagnia ai piccoli ricoverati nel nosocomio romano. L'occasione è la benedizione del nuovissimo centro per la cura e l'assistenza dei bambini con spina bifida. Porta con sé un dono per ognuno dei piccoli ricoverati. Entra stanza dopo stanza. Inizia da Suami, una bambina peruviana. Le regala un orsacchiotto in peluche: è più grande di lei ma Suami lo stringe a sè. È felice. Per Andrea, un bimbo filippino, e per Paolo ci sono un trenino e un telefono parlante. Edoardo piange a dirotto. Il Papa lo guarda un po' interdetto, non sa cosa fare: avvicinarsi? accarezzarlo per cercare di calmarlo? Poi gli mette tra le mani il pupazzo colorato di topo Gigio. Edoardo smette di piangere e il Papa lo bacia. Nella stanza di Samuele è la mamma Chiara che lo accoglie: Samuele è attaccato a una macchina ed è immobile sul lettino. "Grazie infinite Padre" lo saluta Chiara. Non ha dimestichezza con le gerarchie ma sa riconoscere un gesto d'affetto solo per lei e per il suo piccolo. Accoglie la carezza del Papa come quella di un padre. Evelina è impegnata a gestire l'enorme coniglio di peluche che il Pontefice ha appena lasciato nelle sue mani; è visibilmente emozionata. "Pensa, mamma - dice guardandola fissa negli occhi - potrò dire alle mie amichette di scuola che ho baciato il Papa". E poi Benedetto XVI entra in quella stanza numero 22. C'è Benedetta. È nata un anno fa con una gravissima malformazione cerebrale. I genitori, vedendola nascere così sfigurata hanno pensato di abbandonarla. E sono fuggiti dall'ospedale. Le infermiere del reparto hanno accolto Benedetta, le hanno dato questo nome. La curano come fosse la figlia di ciascuna di loro. La circondano d'amore. "È un miracolo che sia ancora viva" dice Claudia, ma potrebbe essere Santina, o Maria o qualsiasi altra delle tante mamme di Benedetta. Il Papa si è commosso nell'ascoltare la storia di Benedetta. L'ha accarezzata a lungo, teneramente. Ha segnato con la croce la fronte e poi le ha sussurrato: "Tu sarai sempre benedetta". La visita prosegue. Gli occhi del Papa restano velati di tristezza. Si riaccendono quando si trova circondato da altri bambini, giù nella hall del policlinico dove è previsto il discorso. Scambia ancora doni con loro: dolci e peluche in cambio di tre statuine dei Magi e tanti disegni che il Papa mostra di gradire in modo particolare.

Mario Ponzi, L'Osservatore Romano

Il nunzio in Egitto: il Papa si appella a singoli e governi per il rispetto delle fedi e pratiche religiose e promuovere così società pacifiche

Con le sue recenti dichiarazioni riguardanti il tragico attentato alla Chiesa dei Santi di Alessandria d’Egitto, Benedetto XVI “chiaramente” non incoraggia “ingerenza nei fatti interni di un qualsivoglia Stato ma si appella a tutti, singoli individui e governi, per il rispetto delle fedi e pratiche religiose delle diverse comunità e promuovere così società armoniose e pacifiche”. E’ quanto ribadisce il nunzio apostolico in Egitto, mons. Michael L. Fitzgerald, in una nota diffusa ieri. Nel testo il rappresentante della Santa Sede ripercorre i passaggi principali dei discorsi del Pontefice alla Messa del 1 gennaio, dell’Angelus del 2 gennaio e del Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, che avevano suscitato le reazioni del grande imam della moschea di Al Azhar, Ahmed El Tayyeb, che aveva parlato di “un'ingerenza inaccettabile negli affari dell'Egitto”. Dalle parole del Papa, secondo mons. Fitzgerald, emergono, invece, “due cose degne di nota: la prima è il riconoscimento che l’attacco contro i cristiani ha ripercussioni su tutta la popolazione e la seconda è l’appello a rispondere in modo non violento all’attacco”. Nello stesso tempo, si legge nella nota, Benedetto XVI “ha esortato le persone a non cedere allo sconforto e alla rassegnazione davanti alle forze negative dell’egoismo e della violenza sottolineando come le parole non bastano ma c’è bisogno di un’azione concreta e costante da parte dei responsabili delle nazioni, aggiungendo anche che ogni persona deve essere piena dello spirito di pace”. Nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, spiega il Nunzio, il Santo Padre oltre a richiamare l’attenzione sul fatto che i cristiani sono il gruppo religioso più perseguitato a causa della propria fede, difende “la religione e tutti i credenti” con parole “che non riguardano solo i cristiani ma tutte le religioni”. La nota della nunziatura in Egitto è stata accolta con favore dal portavoce di Al-Azhar, Mohamed al-Refaa Tahtawy, le cui dichiarazioni sono riportate da siti egiziani: “se il Papa dice di non interferire negli affari dell'Egitto e sostiene la posizione del Governo egiziano, accogliamo con favore la dichiarazione”.

SIR