sabato 15 dicembre 2012

Il Messaggio di Benedetto XVI: per essere realmente 'operatori di pace', non basta 'dire la pace', occorre operare a 360° per renderla possibile, non solo sul versante dei conflitti bellici, ma anche su quello della verità dell'uomo e della verità del bene

"Potremmo leggere questo Messaggio del Papa come un approfondimento della sua più recente Enciclica, la 'Caritas in veritate'. Si tratta infatti di un appello a inverare la pace, a darle concretezza. Per essere realmente 'operatori di pace', non basta 'dire la pace', occorre operare a 360° per renderla possibile, non solo sul versante dei conflitti bellici, ma anche su quello della verità dell'uomo e della verità del bene". Lo ricorda, ai microfoni della Radio Vaticana, don Mauro Cozzoli, teologo morale della Pontificia Università Lateranese, commentando alcuni passaggi del Messaggio di Benedetto XVI per la 46ma Giornata Mondiale della Pace. "Se vogliamo la pace - aggiunge Cozzoli - dobbiamo perciò guardare all'uomo, alla sua verità e rispettarla. Solo così la promozione della pace non diventa retorica o irenismo, un'attività solo illusoria. Da qui nasce il nesso che il testo stabilisce tra rispetto della dignità dell'uomo, e quindi della vita umana anche più debole e fragile, e promozione della pace. Perciò - come ci ricorda il Papa - se vogliamo la pace dobbiamo dire il nostro 'no' ad aborto e eutanasia". "La questione della tutela della struttura naturale del matrimonio - ricorda ancora il teologo - viene invece considerata dal Papa come esempio della necessità di 'smantellare la dittatura del relativismo' per realizzare una pace autentica. Equiparare forme 'radicalmente diverse di unione' al matrimonio è infatti un tentativo che nasce dal relativismo etico, dall'emotivismo etico, che mette al primo posto i desideri e realizza una visione autoreferenziale del rapporto sessuale. E' una concezione che toglie al matrimonio la sua realtà oggettiva, data dalla natura. Un soggettivismo etico che smentisce l'intelligenza, la ragione, prima della fede. E' l'unione tra un uomo e una donna, infatti, che promuove la società e il bene comune. Su questi temi la Chiesa è maestra di verità e non può tacere. Interviene su un altro aspetto del Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2013 Antonio Onorati, presidente della ONG Centro Internazionale Crocevia, responsabile del coordinamento del Comitato Internazionale per la Sovranità Alimentare. "L'affermazione del Papa che, in vista della tutela del bene comune, la crisi alimentare vada considerata ben più grave di quella finanziaria - spiega Onorati - è sicuramente un elemento di fondamentale rilievo politico spesso dimenticato dai governi. Siamo convinti, fin da quando nel 2007 la crisi economica è diventata crisi di sicurezza alimentare, che questo è l'elemento centrale". "Ma Benedetto XVI coglie nel segno anche quando ricorda che il dominio della finanza è un elemento costitutivo di questa crisi. Fa bene a chiedere più controllo da parte dei Governi e della comunità internazionale per evitare 'oscillazioni repentine dei prezzi delle materie prime agricole', ma va anche detto che queste speculazioni finanziarie non nascono per cattiveria di alcuni, ma da decisioni politiche molto chiare. Ci sono normative approvate dal sistema borsistico internazionale che hanno permesso di poter scommettere su grandi variazioni di prezzo delle derrate alimentari. Questi strumenti dell'industria finanziaria vanno aboliti e speriamo che la Chiesa continui ad impegnarsi in questo senso". "Particolarmente importante è anche l'appello del Papa per la tutela dei piccoli agricoltori" continua Onorati. "L'agricoltura di piccola scala è infatti quella che alimenta il mondo. Circa l'80% di quello che viene consumato, anche nei paesi sviluppati, è prodotto dai piccoli agricoltori. Ma sono questi a soffrire di più della crisi economica, sociale ed ambientale, connessa ai cambiamenti climatici. Ma per loro non esistono politiche specifiche, nemmeno in Italia". "Comunque - conclude il responsabile del coordinamento del Comitato Internazionale per la Sovranità Alimentare - il nesso tra crisi alimentare e conflitti segnalato dal Papa è fortissimo. I conflitti armati che riguardano i beni per produrre il cibo - acqua, terra e sementi - sono oggi tra i più violenti. Quindi politiche appropriate a difesa di chi oggi produce il cibo, cioè dei piccoli agricoltori, e del loro accesso alle risorse fondamentali per produrre, sono uno strumento molto concreto e irrinunciabile per difendere la pace".

Radio Vaticana

Natale 2012. Acceso in Piazza San Pietro l'albero donato dalla comunità molisana di Pescopennataro. Mons. Sciacca: un richiamo a proiettarsi in alto verso la luce, verso il Cielo

Sono stati due bambini di Pescopennataro, i piccoli Antonio Ciampaglia e Mario Sciulli, ad accendere i 2.500 led bianchi e gialli che ornano l’albero di Natale allestito quest’anno in Piazza San Pietro. La suggestiva cerimonia si è svolta nel pomeriggio di ieri, alla presenza di numerosi fedeli giunti dal comune in provincia di Isernia che ha donato al Papa l’abete bianco, alto 25 metri, innalzato accanto al presepe. L’alternarsi di melodie e canti natalizi, eseguiti dal coro di Pescopennataro, composto da 25 elementi, e dalla banda del Corpo della Gendarmeria vaticana, diretta dal maestro Cimini, ha accompagnato l’intero svolgimento della cerimonia, aperta dalla lettura di una poesia declamata in dialetto pescolano da Angelomaria Di Tullio. Nel salutare i presenti, il sindaco Pompilio Sciulli ha sottolineato in particolare l’impegno del paese per la tutela e la valorizzazione dell’ambiente, mentre il presidente della giunta regionale, Angelo Michele Iorio, ha ricordato le testimonianze del rapporto di fedeltà che lega la terra molisana ai romani Pontefici. Prendendo poi la parola, il vescovo Giuseppe Sciacca, segretario generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, ha ringraziato i pescolani, anche a nome del cardinale presidente Giuseppe Bertello, e ha parlato del significato dell’albero di Natale, che invita "a raccogliersi, meditare e pregare davanti al mistero dell’Incarnazione". È il segno, ha detto, che "la natura tutta è presente, è coinvolta ed è destinataria della redenzione". Occorre perciò impegnarsi per mantenere un rapporto sereno, rispettoso e amichevole con l’ambiente naturale. L’abete natalizio, del resto, è un richiamo per ogni uomo a riscoprire le proprie radici e a "proiettarsi in alto verso la luce, verso il Cielo". In Piazza San Pietro erano presenti numerose autorità civili e religiose, tra le quali il presidente della provincia di Isernia, Luigi Mazzuto, il prefetto di Isernia, Filippo Piritore, e il vescovo di Trivento, mons. Domenico Angelo Scotti. Tra la folta delegazione pescolana, il vice sindaco, Carlo De Simone, e il parroco, don Antonio Iacovetta. Hanno partecipato alla cerimonia, fra gli altri, Pier Carlo Cuscianna, direttore dei Servizi tecnici del Governatorato, che hanno curato l’allestimento e le decorazioni dell’albero, e Domenico Giani, comandante del Corpo della Gendarmeria vaticana.

L'Osservatore Romano

Vian: per l'ampiezza dello sguardo si è tentati di definire una piccola Enciclica il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace. L'azione della Chiesa nel promuovere i principi iscritti nella natura umana è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa

"Aiuta la costruzione della pace anche il riconoscimento del principio dell'obiezione di coscienza di fronte a leggi che introducono attentati alla dignità umana come l'aborto e l'eutanasia". Lo sottolinea L'Osservatore Romano nell'editoriale, a firma del direttore Giovanni Maria Vian, dedicato al Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace 2013. Un documento che, afferma Vian, "per l'ampiezza dello sguardo si è tentati di definire una piccola Enciclica". E nel testo, rileva il direttore, il Papa ricorda i 50 anni della "Pacem in terris" di Giovanni XXIII che ci apprestiamo a celebrare. Come allora, rileva Vian, "il contesto mondiale è segnato da conflitti e venti di guerra causati e rinforzati da fenomeni più volte denunciati, non solo dalla Santa Sede, e di nuovo enumerati: dal capitalismo finanziario sregolato al terrorismo sino ai fondamentalismi e ai fanatismi che sfigurano il volto autentico della religione". "Non bisogna tuttavia rassegnarsi - si legge ancora nell'editoriale - alla durezza ispirata dai criteri di potere o di profitto". In proposito Vian rileva che "il Papa rilancia e rinnova uno dei più efficaci slogan di Paolo VI, perfetto per un tweet: 'La pace non è un sogno, non è un'utopia: è possibile'". Ma, ribadisce l'editoriale, "precondizione della pace è il riconoscimento della legge morale naturale, ferita da tendenze che vogliono codificare arbitrii come il preteso diritto all'aborto e all'eutanasia che invece sono minacce al diritto fondamentale alla vita. Allo stesso modo, i tentativi di rendere giuridicamente equivalenti alla struttura naturale del matrimonio forme di unione diverse lo destabilizzano di fatto e ne danneggiano l'insostituibile ruolo sociale". E se "il testo papale dichiara che questi principi non sono verità di fede nè derivano dal diritto primordiale alla libertà religiosa, ma sono iscritti nella natura umana, riconoscibili con la ragione e comuni a tutta l'umanita'", "l'azione della Chiesa nel promuoverli non è confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa". Una sottolineatura fatta anche dal Papa nel Messaggio che, conclude l'articolo, "non è certo nuova, ma appare molto significativa oggi e suona come una conferma evidente della linea di quei cattolici che in diversi Paesi sono stati e sono capaci di favorire, in questa battaglia culturale a sostegno di principi comuni a tutti, la convergenza di credenti e non credenti di diverse appartenenze religiose e ideali". "Così - rileva l'articolo - sta avvenendo in Francia, dove attorno alle posizioni della Chiesa Cattolica contraria al matrimonio omosessuale si stanno ritrovando ortodossi e protestanti, ebrei, musulmani, intellettuali laici". L'articolo si sofferma anche sul tema della libertà religiosa, affrontato nel testo con grande energia da Papa Ratzinger, in particolare riguardo alla situazione dei paesi di piu' antica evangelizzazione, quindi a partire dall'Europa. Un tema, scrive Vian, "specialmente caro anche alle Chiese sorelle dell'ortodossia, come ha sottolineato nella festa di Sant'Andrea il patriarca Bartolomeo". Essa, ricorda il giornale della Santa Sede commentando il Messaggio papale, "va promossa non soltanto come libertà da costrizioni di qualsiasi tipo ma, da un punto di vista positivo, come libertà di espressione pubblica della religione". "Accanto ai temi biopolitici e a quelli che riguardano l'ineliminabile dimensione sociale della fede Benedetto XVI - rileva ancora il direttore del quotidiano vaticano - colloca la critica al liberismo radicale e alla tecnocrazia e la difesa del diritto al lavoro. Per auspicare che temi come la strutturazione etica dei mercati e la crisi alimentare restino al centro dell'agenda politica internazionale. Ma nella convinzione - conclude l'editoriale - che il ruolo della famiglia e quello dell'educazione restano fondamentali. Su un tema, la pace, che davvero riguarda tutti".

Agi

Quasi una piccola Enciclica

Il card. Tarcisio Bertone tra gli operai di Portovesme, in Sardegna, per portare la solidarietà e la benedizione di Benedetto XVI: il lavoro per tutti l'impegno prioritario per l'Italia

Il lavoro è e resta l’impegno prioritario per l’Italia. Non ha dubbi in questo senso il card- Tarcisio Bertone, segretario di Stato. Lo ha detto con chiarezza agli operai del Sulcis, ai quali ha portato la benedizione e l’incoraggiamento del Papa questa mattina, giorno in cui, nello stabilimento della Portovesme srl, riapre la linea di produzione del piombo, chiusa due anni fa, e si inaugura una nuova linea di produzione dello zinco. Ed è significativo che la gente del Sulcis abbia voluto che fosse il più stretto collaboratore del Pontefice a presiedere una giornata particolarmente incoraggiante per una terra che ha visto in pochi mesi chiudere altri impianti industriali e centinaia di famiglie perdere il lavoro. Un significato che il cardinale non ha mancato di sottolineare sin dalle prime parole pronunciate durante la breve cerimonia di benvenuto al suo arrivo presso gli impianti situati in località Portoscuso. Era accompagnato, fra gli altri, dall’arcivescovo di Cagliari, mons. Arrigo Miglio. "Quello che diamo oggi qui a Portovesme - ha esordito - è un segno di speranza. Benedire e inaugurare nuovi impianti produttivi costituisce infatti un passo incoraggiante per la proprietà, per la dirigenza e per tutte le maestranze. Un segno che vuole essere di buon auspicio per tante realtà lavorative, perché si sappiano trasformare e rinnovare, e possano offrire lavoro a tutti. Lo meritano questo territorio e questa popolazione, che sa essere dignitosa e civile anche nelle crisi più acute". Il porporato ha poi posto l’accento sulla dottrina sociale della Chiesa, che sebbene non offra "ricette", sicuramente "offre validi criteri etici e un metodo per affrontare i problemi". Intanto indica la via della giustizia nella solidarietà e tiene nella massima considerazione il lavoro umano. Un principio che "ribadisce con forza il Santo Padre Benedetto XVI nel messaggio, appena pubblicato, per la prossima Giornata Mondiale della Pace" ha detto il card. Bertone. Il pensiero è andato poi alle migliaia di giovani che in Sardegna non vedono altra possibilità se non l’emigrazione. Un fenomeno che secondo il cardinale finisce per impoverire ancor di più una regione "che negli ultimi anni ha fatto registrare il più basso tasso di natalità". Investire sulla formazione professionale dei giovani significa dunque investire per il futuro. Ma la formazione, pur importante, non sarà sufficiente se non verranno create "le condizioni che favoriscano investimenti produttivi e nuove progettazioni. Questo territorio, ricco di cultura industriale e di tradizione mineraria - ha notato in proposito il porporato - oggi attende di poter usufruire di nuove possibilità, che valorizzino il passato attraverso le opportune riconversioni e potenzino le ricchezze naturali e ambientali per unire salvaguardia del creato e opportunità economiche". Infine il cardinale ha rivolto parole di vivo apprezzamento a mons. Giovanni Paolo Zedda, vescovo di Iglesias, per l’attenzione con la quale la comunità diocesana segue questi problemi, e di plauso all’intera Chiesa in Sardegna, la quale, si è detto sicuro, "continuerà ad alimentare la speranza per il futuro". Di futuro e speranza il cardinale ha parlato più ampiamente poco dopo, durante la Messa per i lavoratori celebrata all’interno dello stesso stabilimento. Un fatto insolito, ha detto all’inizio dell’omelia, che mostra una chiesa la quale, seppur non fatta di pietre, è certamente bella perché "fatta di persone, di lavoratori con le loro famiglie, cioè è una chiesa vivente di cuori credenti". Poi, prendendo spunto dalle letture della liturgia, il porporato ha articolato la sua riflessioni su tre cardini: la gioia, la speranza e la carità. Il cristiano, ha detto innanzitutto, è l’uomo della gioia. Una gioia che però viene spesso meno, soprattutto in tempi di crisi, quando ci si lascia sopraffare dalla sfiducia. "La radice di tale sfiducia - ha ammonito - è nella mancanza di orizzonti etici e di ideali condivisi che in realtà solo la fede è in grado di donare agli uomini". Ma ancor più della gioia, è importante la speranza: una virtù che vien meno proprio nei periodi di crisi, di passaggio, in cui si riformulano gli orizzonti di valore. "Occorre che ogni nuova sintesi che la società può offrire - ha suggerito ancora il cardinale - sia non soltanto nuova, ma più autorevole nella salvaguardia della dignità di ogni persona umana. Non mancano segni di ripresa e di coraggio. L’inaugurazione di nuove possibilità di lavoro quest’oggi ne è la prova più evideziate. La Chiesa è sempre attenta ai segni dei tempi. Ce lo ha insegnato il Signore Gesù. La Chiesa è chiamata a discernere e a proporre un cammino di speranza". Per questo essa intende suscitare una maggiore consapevolezza "della responsabilità che compete alla comunità ecclesiale riguardo ai problemi politici, sociali ed economici di ogni territorio per intravedere possibili percorsi, promuovendo una cultura economica e imprenditoriale che renda sempre onore alla dignità dei lavoratori e riallacciando rapporti attraverso il metodo della collaborazione e del dialogo". Una società aperta alla speranza è una società che non è chiusa in se stessa, nella difesa degli interessi di pochi, ma si apre alla prospettiva del bene comune. Di qui l’invito del tutti i credenti a riscoprire il senso della loro responsabilità "soprattutto quando sono impegnati nella sfera sociale e politica". Non basta ricordare i principi, affermare le intenzioni, sottolineare le stridenti ingiustizie e proferire denunce profetiche; queste parole, come scriveva Paolo VI nell’"Octogesima adveniens", non avranno un peso reale se non saranno accompagnate in ciascuno da una presa di coscienza più viva della propria responsabilità e da un’azione effettiva. Dal brano del Vangelo nel quale è riproposto il dialogo di Giovanni il Battista con la gente il cardinale ha preso spunto per raffigurare i comportamenti etici di tre categorie di persone: la gente normale, i benestanti e quanti fanno rispettare con la forza l’ordine stabilito dai potenti. Dinnanzi alla domanda "come fare per agire bene?", l’invito per la gente normale, quella "che chiede spassionatamente" è quello alla condivisione anche del poco che si ha. Per i benestanti, quelli che corrono il pericolo "di fare del denaro il criterio ultimo della vita", l’invito è a non approfittare del loro ruolo "a discapito di chi non ha" e a dividere con gli altri la sovrabbondanza dei beni. Infine l’ammonimento per quelli che usano la forza per imporre: "Non maltrattate e non estorcete nulla a nessuno". Per finire, la centralità della carità cristiana. "Come si coniuga la carità con il lavoro e con le esigenze della giustizia?" si è chiesto il segretario di Stato. I contenuti espressi dalla dottrina sociale della Chiesa, ha detto, indicano una risposta, permettono il riconoscimento dei valori, motivano l’azione, distinguono i mezzi dai fini, prospettano una visione integrale dello sviluppo, promuovono scelte di giustizia che favoriscono il vero bene dell’uomo. "Nel contesto pluralistico odierno - ha spiegato poi - fare riferimento a un patrimonio di valori crea le condizioni per evitare errori dalle conseguenze nefaste sui lavoratori, sullo sviluppo economico e sulla stessa vita della società. 'La dottrina sociale della Chiesa - afferma Sua Santità Benedetto XVI nella 'Caritas in veritate' — ha un suo specifico apporto da dare, che si fonda sulla concezione dell’uomo ad immagine di Dio, un dato da cui discende l’inviolabile dignità della persona umana, come anche il trascendente valore delle norme morali naturali. Un’etica economica che prescindesse da questi due pilastri rischierebbe inevitabilmente di perdere la propria connotazione e di prestarsi a strumentalizzazioni'". È questa la logica della carità che interpella i cristiani in ogni ambito della vita, "anche in quello del lavoro, che non è mai solo finalizzato a produrre utile, ma anche a garantire la pace sociale". Un discorso assai ben recepito dai numerosi partecipanti, che hanno accolto con attenzione l’ultima esortazione del segretario di Stato: "Il futuro della solidarietà nella Sardegna sta nelle vostre mani"; dunque sta ai sardi "collaborare insieme alla volontà del Signore" per assicurare a tutti "pace e prosperità". Al termine della celebrazione, dopo un breve saluto del direttore dello stabilimento, il cardinale ha benedetto il nuovo impianto e ha assistito all’avvio della complessa struttura per la nuova produzione.

L'Osservatore Romano

Il Papa: in ogni momento, soprattutto in quelli più difficili, è sempre la fedeltà del Signore, autentica forza motrice della storia della salvezza, a far vibrare i cuori degli uomini e delle donne e a confermarli nella speranza di giungere un giorno alla 'Terra promessa'

Il 21 aprile 2013, IV Domenica di Pasqua, si celebra la 50° Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni sul tema "Le vocazioni segno della speranza fondata sulla fede". Questa mattina è stato pubblicato il Messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI invia per l’occasione ai vescovi, ai sacerdoti, ai consacrati ed ai fedeli di tutto il mondo. Il Papa scrive che “in ogni momento, soprattutto in quelli più difficili, è sempre la fedeltà del Signore, autentica forza motrice della storia della salvezza, a far vibrare i cuori degli uomini e delle donne e a confermarli nella speranza di giungere un giorno alla ‘Terra promessa’”. “Il fondamento sicuro di ogni speranza”, spiega il Papa, sta nel fatto che “Dio non ci lascia mai soli ed è fedele alla parola data. Avere speranza equivale a “confidare nel Dio fedele, che mantiene le promesse dell’alleanza. Fede e speranza sono pertanto strettamente unite”. La fedeltà di Dio alla quale affidarci con ferma speranza consiste “nel suo amore”, dice il Pontefice. E proprio “questo amore, manifestatosi pienamente in Gesù Cristo, interpella la nostra esistenza, chiede una risposta su ciò che ciascuno vuole fare della propria vita, su quanto è disposto a mettere in gioco per realizzarla pienamente”. L’amore di Dio “segue a volte percorsi impensabili, ma raggiunge sempre coloro che si lasciano trovare”. Così “questo amore esigente, profondo, che va oltre la superficialità, ci dà coraggio, ci fa sperare nel cammino della vita e nel futuro, ci fa avere fiducia in noi stessi, nella storia e negli altri”. “Come avvenne nel corso della sua esistenza terrena – ha sottolineato il Santo Padre -, anche oggi Gesù, il Risorto, passa lungo le strade della nostra vita, e ci vede immersi nelle nostre attività, con i nostri desideri e i nostri bisogni. Proprio nel quotidiano continua a rivolgerci la sua parola; ci chiama a realizzare la nostra vita con Lui, il solo capace di appagare la nostra sete di speranza”. Anche oggi “chiama a seguirlo. E questo appello può giungere in qualsiasi momento”. Per accogliere questo invito, “occorre non scegliere più da sé il proprio cammino. Seguirlo significa immergere la propria volontà nella volontà di Gesù, dargli davvero la precedenza, metterlo al primo posto rispetto a tutto ciò che fa parte della nostra vita: alla famiglia, al lavoro, agli interessi personali, a se stessi. Significa consegnare la propria vita a Lui, vivere con Lui in profonda intimità, entrare attraverso di Lui in comunione col Padre nello Spirito Santo e, di conseguenza, con i fratelli e le sorelle”. E “questa comunione di vita con Gesù il ‘luogo’ privilegiato dove sperimentare la speranza e dove la vita sarà libera e piena!”. Le vocazioni sacerdotali e religiose, ha spiegato Benedetto XVI, “nascono dall’esperienza dell’incontro personale con Cristo, dal dialogo sincero e confidente con Lui, per entrare nella sua volontà”. È necessario, quindi, “crescere nell’esperienza di fede, intesa come relazione profonda con Gesù, come ascolto interiore della sua voce, che risuona dentro di noi”. Questo itinerario, che “rende capaci di accogliere la chiamata di Dio”, può avvenire “all’interno di comunità cristiane che vivono un intenso clima di fede, una generosa testimonianza di adesione al Vangelo, una passione missionaria che induca al dono totale di sé per il Regno di Dio, alimentato dall’accostamento ai sacramenti, in particolare all’Eucaristia, e da una fervida vita di preghiera”. Infatti, “la preghiera costante e profonda fa crescere la fede della comunità cristiana, nella certezza sempre rinnovata che Dio mai abbandona il suo popolo e che lo sostiene suscitando vocazioni speciali, al sacerdozio e alla vita consacrata, perché siano segni di speranza per il mondo”. I presbiteri e i religiosi “sono chiamati a donarsi in modo incondizionato al Popolo di Dio, in un servizio di amore al Vangelo e alla Chiesa, un servizio a quella salda speranza che solo l’apertura all’orizzonte di Dio può donare”. Pertanto essi, “con la testimonianza della loro fede e con il loro fervore apostolico”, possono trasmettere alle nuove generazioni “il vivo desiderio di rispondere generosamente e prontamente a Cristo che chiama a seguirlo più da vicino”. “Non manchino perciò – è la speranza del Papa - sacerdoti zelanti, che sappiano accompagnare i giovani quali ‘compagni di viaggio’” per “aiutarli a riconoscere, nel cammino a volte tortuoso e oscuro della vita, il Cristo” e “proporre loro, con coraggio evangelico, la bellezza del servizio a Dio, alla comunità cristiana, ai fratelli”. Il Pontefice auspica anche che i giovani, “in mezzo a tante proposte superficiali ed effimere”, “sappiano coltivare l’attrazione verso i valori, le mete alte, le scelte radicali, per un servizio agli altri sulle orme di Gesù”. Di qui l’invito: “Non abbiate paura di seguirlo e di percorrere le vie esigenti e coraggiose della carità e dell’impegno generoso! Così sarete felici di servire, sarete testimoni di quella gioia che il mondo non può dare, sarete fiamme vive di un amore infinito ed eterno, imparerete a 'rendere ragione della speranza che è in voi'”.

SIR

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA 50° GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

Padre Lombardi: il Messaggio del Papa presentato in modo del tutto parziale e travisato. Invitiamo tutti a una lettura completa e obiettiva del documento, che afferma cose urgenti e fondamentali per l'umanità di oggi

"Anche questa volta è successo che un documento importante e molto ricco sia stato presentato da molte voci e testate italiane in modo del tutto parziale e travisato". Così il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, nell'editoriale per "Octava Dies", il settimanale del Centro Televisivo Vaticano, in merito al Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del Papa pubblicato ieri. "E' successo - prosegue - perché in un breve passaggio ritorna sulla visione del matrimonio fra un uomo e una donna, come profondamente diverso da forme radicalmente diverse di unione e afferma che ciò è riconoscibile dalla ragione umana e, insieme agli altri principi essenziali di una corretta visione della persona e della società, anzitutto la tutela della vita, va difeso se si vuol costruire la pace su solide basi e cercare con lungimiranza il bene della società umana. Com'è noto, è la visione che la Chiesa non si stanca di ribadire in un tempo in cui questo punto appare continuamente sotto attacco in molti Paesi. Non c'è da stupirsene. La reazione appare quindi scomposta e sproporzionata, fatta di grida più che di ragionamenti, quasi intesa a intimidire chi vuole sostenere liberamente tale visione nella pubblica arena". La reazione, inoltre, "viene ad oscurare molti aspetti dello stesso Messaggio del Papa di straordinaria attualità e forza", dalla disoccupazione all'economia, dalla crisi alimentare alla crisi finanziaria. "In sostanza - conclude il gesuita - il Messaggio dice cose urgenti e fondamentali per l'umanità di oggi, che non vanno dimenticate per il solo fatto che chiede di opporsi a una 'equivalenza giuridica' fra il matrimonio fra un uomo e una donna e 'forme radicalmente diverse di unione'. Invitiamo tutti a una lettura completa e obiettiva del documento".
 
TMNews
 

Strage nella scuola elementare di Newtown, negli Stati Uniti. Il dolore del Papa: una tragedia insensata, invoco da Dio consolazione per sostenere la comunità con la forza dello spirito che trionfa sulla violenza e con il potere del perdono, della speranza e dell'amore che riconcilia

In un messaggio firmato dal card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, al vescovo della diocesi di Bridgeport il Papa trasmette ai parenti delle vittime della sparatoria nella scuola elementare "Sandy Hook", a Newtown, Stati Uniti, la sua participazione e "la certezza della sua vicinanza nella preghiera". Il porporato considera questi gravi fatti "una tragedia insensata" e a nome del Santo Padre chiede "a Dio, nostro Padre, consolazione" della preghiera per sostenere la comunità ''con la forza dello spirito che trionfa sulla violenza'' e ''con il potere del perdono, della speranza e dell'amore che riconcilia''.  Da parte sua, l'arcivescovo di New York, il card. Timothy Dolan, presidente della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti, considera che "la tragedia di persone innocenti che muoiono a causa della violenza distrugge la pace di tutti" causando un "dolore insopportabile". Il card. Dolan assicura ai fedeli della diocesi e all'intera comunità di Newtown "particolari preghiere". Il porporato esprime sgomento per la "crescente violenza che infetta il Paese proprio mentre ci prepariamo - scrive nel suo messaggio - ad accogliere il Principe della pace". "Tutti noi siamo chiamati a lavorare per la pace nelle nostre case, nelle nostre strade e nel nostro mondo, oggi più che mai", conclude il card. Dolan.

Il Sismografo, Adnkronos

In Vaticano si continuano a maturare figuracce, si continua a tollerare, sazi del proprio intatto narcisismo, che il Papa possa essere offeso, calunniato. Che le sue parole possano essere copiate e incollate, ritagliate in fantasiosi collages, utili alla diffamazione della Chiesa

Se la stessa attenzione, lo stesso presenzialismo narcisistico, se lo stesso profluvio di vacuo opinionismo versato sull'altare di Twitter, fosse stato impiegato per difendere il Santo Padre dalle infamanti accuse di cui è stato fatto oggetto ieri, probabilmente i vari comunicatori vaticani si sarebbero riabilitati dalle figuracce maturate fino ai nostri giorni. E invece nonostante Greg Burke, nonostante l'account su Twitter, nonostante i vari cazzari mediatici vaticani la sparino ogni giorno più grossa, si continuano a maturare figuracce, si continua a tollerare, sazi del proprio intatto narcisismo, che il Papa possa essere offeso, calunniato. Che le sue parole possano essere copiate e incollate, ritagliate in fantasiosi collages, utili alla diffamazione della Santa Chiesa di Cristo. Prendiamo l'esempio di ieri. Viene fatta una conferenza stampa per spiegare il Messaggio del Papa in occasione della Giornata Mondiale per la Pace. Evidentemente la conferenza stampa è inutile. I comunicatori sono degli inetti. Perché non solo sui giornali appaiono titoli che stravolgono la verità e le parole del Papa, ma nessuno si sente in dovere di precisare alcunché, di chiarire il vero senso di quelle parole. C'è di più. A partire dal nuovo giornale di Luca Telese Pubblico, viene divulgata una strana pseudo-notizia: il Papa avrebbe benedetto la promotrice ugandese di una legge che prevederebbe la pena di morte per gli omosessuali. Chiaramente i titoli sono volti ad associare il Papa all'accettazione della pena di morte per gli omosessuali. Come se la Chiesa appoggiasse al fondo questo genere di iniziative disumane. Nessuno però sa che tale proposta di legge, non ancora approvata, non solo non è stata promossa dalla Speaker del Parlamento Ugandese, Rebecca Kadaga, non solo non prevede più la pena di morte (originariamente prevista per pedofili e stupratori affetti da AIDS), ma è stata avversata dalla Chiesa Cattolica, ai massimi livelli, sin dal 2009. Allora, all'apparire di questa proposta di legge, il legal attaché della Santa Sede presso le Nazioni Unite, padre Philip J. Bene, condannò apertamente tale proposta di legge affermando nel corso di una pubblica riunione: "The Holy See continues to oppose all grave violations of human rights against homosexual persons, such as the use of the death penalty, torture and other cruel, inhuman and degrading punishment. The Holy See also opposes all forms of violence and unjust discrimination against homosexual persons, including discriminatory penal legislation which undermines the inherent dignity of the human person". Parole inequivocabili! Ma non basta. Anche il vescovo cattolico di Kampala, Mons. Cyprian Lwanga, condannò in quell'occasione la legge ritenuta "non necessaria" e "contraria ai nostri valori fondamentali". Torniamo però per un attimo alle parole del Papa. Cosa afferma nel suo Messaggio? Ebbene, dice il Papa: "Anche la struttura naturale del matrimonio va riconosciuta e promossa, quale unione fra un uomo e una donna, rispetto ai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale". "Anche" congiunge questo periodo ai precedenti che parlano di aborto ed eutanasia. I quotidiani italiani, tutti, perché come pecore belanti copiano tutti gli stessi lanci di agenzia, hanno operato una illegittima unione di questo periodo con alcuni estratti del successivo: "Questi principi non sono verità di fede, né sono solo una derivazione del diritto alla libertà religiosa. Essi sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa. Tale azione è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi, perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace". Si è creato quindi una pensiero che non è del Papa, giustapponendo due pezzi del discorso. Ciò che per il Papa è invece una offesa contro la verità e una ferita alla giustizia e alla pace è il fatto che non si comprendano i principi fondamentali (diritto alla vita dal concepimento alla morte, struttura naturale del matrimonio quale unione di uomo e donna) o, peggio, si finisca per negarli (legislazioni abortiste ed eutanasiche). Sugli omosessuali giova invece ricordare le parole del Papa espresse in "Luce del mondo", il suo famoso libro-intervista: "Gli omosessuali sono persone con i loro problemi e le loro gioie, e alle quali, in quanto persone, è dovuto rispetto, persone che non devono essere discriminate perché presentano quelle tendenze. Il rispetto per la persona è assolutamente fondamentale e decisivo". Ora i grandi geni della comunicazione vaticana si mettano all'opera perché il vero pensiero del Papa venga difeso, diffuso e compreso. Grazie.

Francesco Colafemmina, Fides et Forma 

Il 4 febbraio, in occasione dell'84° anniversario della firma dei Patti lateranensi, concerto in onore del Papa e del presidente Napolitano offerto dall'Ambasciata italiana presso la Santa Sede

In occasione dell'84° anniversario della firma dei Patti lateranensi, l'Ambasciata italiana presso la Santa Sede, guidata dall'ambasciatore Francesco Maria Greco, offrirà, in luogo del tradizionale ricevimento, un concerto in onore di Benedetto XVI e del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (foto). Il concerto avrà luogo lunedì 4 febbraio 2013 alle 18.00 nell'Aula Paolo VI in Vaticano, sarà diretto dal maestro Zubin Metha ed eseguito dall'orchestra del Maggio musicale fiorentino. Il programma prevede: 'Ouverture' da 'La forza del destino' di Giuseppe Verdi e 'Sinfonia n. 3' di Ludwig van Beethoven.

TMNews

Cardinali e vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi approvano all'unanimità le virtù eroiche di Paolo VI. A breve la firma di Benedetto XVI al decreto, a conclusione dell'Anno della fede la Beatificazione

Dopo i teologi, anche i cardinali e vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi hanno dato il loro via libera alla Beatificazione di Paolo VI (nella foto con l'allora card. Ratzinger), il Papa che ha portato a termine il Concilio Ecumenico Vaticano II e che ha guidato la Chiesa negli anni difficili del post-Concilio. La riunione della consulta, preannunciata da Vatican Insider lo scorso ottobre si è tenuta il 10 dicembre presso la sede della Congregazione. L’esito della votazione è stato positivo, apprende Vatican Insider. Tutti i presenti, all’unanimità, hanno approvato la 'Positio', cioè il la documentazione del processo, esprimendosi favorevolmente sull’"eroicità delle virtù" di Giovanni Battista Montini, eletto Papa con il nome di Paolo VI nel 1963 e morto nel 1978. Anche la precedente riunione dei teologi aveva avuto esito unanimemente positivo. Due sono ora gli atti che mancano prima di conoscere la data della beatificazione. La promulgazione del decreto sull’eroicità delle virtù, che spetta al Papa e che si prevede per il prossimo 20 dicembre, quando il card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, andrà in udienza dal Pontefice per sottoporgli i decreti riguardanti i processi. Il "sì" di Benedetto XVI è considerato più che probabile e quasi scontato, dopo le votazioni unanimi dei teologi e dei cardinali, e in assenza di diatribe storiche come avvenne nel caso di Pio XII, per il quale invece il Papa si volle prendere tempo per decidere. Dopo il decreto papale, Paolo VI riceverà il titolo di "venerabile" e il processo di potrà considerare chiuso. Il secondo atto necessario in vista della Beatificazione è il riconoscimento di un miracolo, una guarigione miracolosa attribuibile a Paolo VI e avvenuta dopo la sua morte. Nel caso di Paolo VI, il postulatore della causa, padre Antonio Marrazzo, ha già scelto, tra le segnalazioni ricevute, un caso di guarigione che sarebbe risultato "inspiegabile" ai primi esami. Il presunto miracolo riguarda la guarigione di un bambino non ancora nato, avvenuta sedici anni fa in California. Durante la gravidanza, i medici avevano riscontrato un grave problema nel feto e a motivo delle conseguenze cerebrali che intervengono in questi casi avevano suggerito come unico possibile rimedio alla giovane mamma quello dell’aborto. La donna aveva voluto portare a termine la gravidanza e si era affidata all’intercessione di Paolo VI, il Papa che nel 1968 scrisse l’Enciclica "Humanae vitae". Il bambino è nato senza problemi: si è atteso che raggiungesse i quindici anni d’età per constatare l’assenza di conseguenze e la perfetta guarigione. Ma c’è anche una seconda guarigione inspiegabile, della quale è protagonista una suora affetta da un tumore, che potrebbe essere presentata alla Congregazione vaticana. La volontà di Benedetto XVI è di procedere speditamente. La Beatificazione si prevede avvenga a conclusione dell’Anno della fede. Nel 2013 ricorreranno il cinquantesimo anniversario dell’elezione di Papa Montini, e il trentacinquesimo della morte.

Andrea Tornielli, Vatican Insider

Lunedì il Papa incontrerà il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen: è la prima visita in Vaticano dopo il riconoscimento del Paese come 'Osservatore permanente' all'Onu

Papa Benedetto XVI riceverà in udienza lunedì prossimo, 17 dicembre, il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen (foto) che sarà a Roma per vari incontri istituzionali. La visita avviene dopo il riconoscimento da parte dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite dello status di ''Osservatore permanente'' per la Palestina, uno status finora riconosciuto soltanto alla Santa Sede. Il voto di New York è stato accolto favorevolmente in Vaticano.

Asca

Il Messaggio di Benedetto XVI per la 46° Giornata Mondiale della Pace: la forza della gratuità come espressione di fraternità. La cultura del dono per costruire un nuovo modello economico

I Messaggi per la pace costituiscono una delle recenti tradizioni più feconde della Chiesa Cattolica: più lunghi di un comunicato stampa e più snelli di un’Enciclica, in poche pagine condensano una riflessione profonda, di facile lettura per tutti, che negli anni ha guidato la riflessione internazionale, non solo cattolica, sul tema della pace e dello sviluppo. Orientati esplicitamente da Paolo VI a guardare all’uomo nella sua integralità e alla pace nella sua complessità, secondo la formula “lo sviluppo è il nuovo nome della pace”, che il grande Papa introdusse in quella attualissima pietra miliare del Magistero che è la “Populorum Progressio”, i messaggi sono stati utilizzati da Giovanni Paolo II per affrontare i conflitti più spinosi durante il suo lungo papato, regalandoci quel “Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono” con cui intitolava il Messaggio del 2002. Benedetto XVI prosegue la tradizione tornando oggi a echi montiniani che guardano all’economia e alla distribuzione delle risorse tra le cause delle inaccettabili ingiustizie sociali che minano la pace. “La pace concerne l’integrità della persona umana e implica il coinvolgimento di tutto l’uomo”, ricorda il Papa. Dunque, occorre che tutti siano coinvolti in quell’esercizio dei doveri di responsabilità che diviene tutela per tutti dei diritti fondamentali. Da questo insegnamento della “Pacem in Terris” di Giovanni XXIII, di cui ricorre nel 2013 il 50° anniversario, Benedetto XVI sviluppa il Messaggio di quest’anno: “Beati gli operatori di pace”. L’uomo, immagine di Dio, “è fatto per la pace” e questa si costruisce nelle relazioni che coinvolgono l’integralità della persona umana. Per questo una cultura di pace non deve dimenticare le situazioni in cui la persona è nella condizione della sua massima vulnerabilità, la vita nascente e quella morente; per questo non è possibile parlare di pace senza considerare ciò che rende vulnerabile e faticosa la vita nella sua fase in cui dovrebbe essere viceversa più facile, quella della vita adulta. Oggi un numero sconvolgente di persone, infatti, vive la condizione faticosa della miseria e milioni soffrono le difficoltà della crisi economica anche nei Paesi “ricchi” che sembrano disorientati e incapaci di garantire a tutti lo stesso accesso al benessere. “L’operatore di pace deve anche tener presente che, presso porzioni crescenti dell’opinione pubblica, le ideologie del liberismo radicale e della tecnocrazia insinuano il convincimento che la crescita economica sia da conseguire anche a prezzo dell’erosione della funzione sociale dello Stato e delle reti di solidarietà della società civile, nonché dei diritti e dei doveri sociali. Ora, va considerato che questi diritti e doveri sono fondamentali per la piena realizzazione di altri, a cominciare da quelli civili e politici”. Il linguaggio è esplicito e non ammette equivoci. Poche righe dopo si afferma che “tra i diritti e i doveri sociali oggi maggiormente minacciati vi è il diritto al lavoro”, e si ricorda che tra le priorità mondiali oggi c’è “la crisi alimentare” causata dalle disfunzioni - leggi dagli oligopoli e dalla mancanza di regole - dei mercati delle materie prime, che da un lato ostacolano l’accesso al cibo ai più poveri e dall’altro impediscono sviluppo dignitoso ai contadini delle zone più povere e alle loro comunità. Anche qui il Papa è esplicito: occorre una “ristrutturazione etica dei mercati monetari, finanziari e commerciali”. La considerazione più esigente del Messaggio è quella relativa alla necessità di “un nuovo modello economico: quello prevalso negli ultimi decenni postulava la ricerca della massimizzazione del profitto e del consumo in un’ottica individualistica ed egoistica, intesa a valutare le persone solo per la loro capacità di rispondere alle esigenze della competitività. In un’altra prospettiva invece il vero e duraturo successo lo si ottiene con il dono di sé, delle proprie capacità intellettuali, della propria intraprendenza, poiché lo sviluppo economico vivibile, cioè autenticamente umano, ha bisogno del principio di gratuità come espressione di fraternità”. Il Papa conclude con l’invito a un’azione educativa, a una “pedagogia della pace” che dalla famiglia alle istituzioni sappia costruire e vivere una cultura della pace con queste attenzioni, capace di “stili di vita adeguati” e di “dire no alla vendetta, riconoscere i propri torti e accettare le scuse senza cercarle, e infine perdonare”, come aveva detto lo stesso Benedetto XVI poche settimane fa in Libano riguardo le tensioni in Medio Oriente. Infine, ripetendo la promessa evangelica “beati gli operatori di pace”, ricorda che “Dio è del tutto solidale con loro. Comprenderanno che non sono soli”. Quello del 2013 è un Messaggio che dà solidarietà a chi è vittima delle ingiustizie e speranza a chi, spesso irriso dai centri di potere, opera per ridurle. È un notevole augurio di pace. Chiama tutti, senza sconti, alla responsabilità.

Riccardo Moro, SIR