sabato 12 maggio 2012

Il Papa ad Arezzo, La Verna e Sansepolcro. L'animazione dei giovani prima della Messa. I bambini accoglieranno e saluteranno per ultimi Benedetto XVI

Ultime ore prima della visita del Papa. Si allunga la lista delle autorità che saranno presenti e proseguono a ritmo serrato le attività per organizzare l'evento. Domani anche Enrico Bondi, da poco nominato "super commissario" per la spending review dal Governo Monti, assisterà alla Messa. Arriveranno inoltre Marcello Pera, Carlo Casini, il rettore dell'Università di Siena Angelo Riccaboni, l'ambasciatore della Georgia presso la Santa Sede. Numerosi gli assessori regionali e i sindaci di tante cittadine toscane. In serata è atteso, come già ampiamente annunciato, l'arrivo del premier Mario Monti. Saranno ad Arezzo anche Vannino Chiti e Rosy Bindi. Sempre in primo piano l'aspetto organizzativo. Questo pomeriggio i ragazzi della Pastorale Giovanile erano al Prato (foto) per fare le "prove" delle attività di animazione. Domani mattina, infatti, circa 50 i giovani intratterranno i fedeli in arrivo di buon ora per seguire, a partire dalle 10.00, la Messa. Poi ancora prove al Prato, questa volta 120 corsiti a intonare i canti che saranno eseguiti durante il rito religioso. I giovani della Pastorale domani saranno almeno 1400. Numero che però sembra destinato a salire. Questa sera proprio i ragazzi faranno una veglia di preghiera nella chiesa di San Michele, insieme a Don Danilo Costantino. Come pare destinato a salire il numero complessivo dei fedeli che seguiranno dal Prato la Santa Messa. Le stime parlano di oltre 30mila persone, ma sarà possibile accreditarsi fino all'ultimo. Di fatto l'intera area ne può contenere ben 50mila. Tra i tanti fedeli ci saranno moltissimi bambini. Dall'accoglienza all'ultimo saluto, i più piccoli saranno dei veri e propri protagonisti. Allo stadio ci saranno quattro paggetti dei quartieri della Giostra a dare il benvenuto a Benedetto XVI. Matilde Moretti, di 9 anni, porterà un mazzolino di fiori con i colori di Porta Crucifera, Jennifer Dini, 9 anni, porterà quello di Porta del Foro, Lorenzo Vedovini, 10 anni, porterà quello di Sant'Andrea ed Elena Bertini, 9 anni, avrà quello con i colori di Santo Spirito. E sempre i bambini diranno "ciao" al Papa prima che risalga sull'elicottero allo stadio. Lo faranno dalla tribuna, sventolando bandierine e fazzoletti.

Arezzo Notizie

Il Papa ad Arezzo, La Verna e Sansepolcro. La visita nella Gerusalemme tiberina inaspettata ma quanto mai attesa, riempie il cuore di emozione e gioia

di Alberto Gallorini
Parroco di Sansepolcro

Una visita inaspettata ma quanto mai attesa e capace di riempire il cuore di emozione e di gioia, quella che compirà il Papa a Sansepolcro. La città celebra il millenario (1012-2012) della sua fondazione e della fondazione del suo duomo, per cinquecento anni abbazia. Sansepolcro ha le sue origini, secondo la tradizione, dai Santi pellegrini Arcanoed Egidio. Di ritorno dalla Terra Santa con alcune reliquie, attorno all’anno Mille, sostarono per la notte in una zona dell’alta valle del Tevere e qui, per ispirazione divina, decisero di edificare la Gerusalemme tiberina, città della giustizia e della pace. Dal piccolo oratorio che costruirono per conservare le reliquie del Santo Sepolcro di Cristo nacque un’abbazia di monaci benedettini, poi camaldolesi, attorno a cui andò a formarsi un borgo e infine una città. Terra di frontiera, a lungo contesa nel corso della storia da regni, comuni, signorie e granducati, Sansepolcro raggiunge oggi questo grande traguardo. È importante preservare la memoria della nostra terra e un’occasione unica come questa va accolta come una vera grazia dal cielo. Il Papa ci invita costantemente con le sue parole, in questi tempi difficili, a tenere viva la fede nel nostro cuore al fine di non perdere mai la gioia e la speranza. In momenti storici come questi, la fede e la preghiera devono esserela roccia a cui aggrapparsi per non farsi travolgere dalla tempesta. Benedetto ci invita costantemente a guardare a Cristo Signore come unico riferimento, a trovare in lui conforto e forza, consapevoli che in ogni istante della nostra vita nonsiamo soli. Portando nel cuore la Parola di Dio e mettendola in pratica noi facciamo la sua volontà, unico mezzo per raggiungere la felicità e la salvezza. Pensando che questo anno sia solo un’occasione per celebrare la nostra memoria storica faremmo un errore gravissimo. L’evento che ci prepariamo a vivere con gioia non deve fermarsi al ricordo del passato, per quanto esso sia importante. Con cuore riconoscente per la grazia di esserci, a tutti è richiesto di vivere questa grande festa come occasione feconda di interiorità e ricca di impegno per il bene comune. Come il nostro arcivescovo Riccardo Fontana ci ricorda, è Pietro che viene a trovarci per seminare tra noi un esempio di fede viva. A ciascuno di noi starà, in seguito, farlo germogliare santificando così la nostra vita con la preghiera e con le opere. "E il Dio di ogni grazia, che vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo, dopo che avrete sofferto per breve tempo, vi perfezionerà egli stesso, vi renderà fermi, vi fortificherà stabilmente" (1Pietro 5, 10). La città di Arezzo ancora ricorda la visita di Giovanni Paolo II del 1993; per noi di Sansepolcro è unavvenimento che attendiamo da quasi cinquecento anni, poiché è datata 1525 l’ultima visita di un Pontefice alla nostra città. San Giovanni evangelista, nostro patrono, e San Pietro si ritroveranno qui, nella stupenda cattedrale, per ricordarci insieme: "Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e in verità. Da questo conosceremo che siamo della verità e renderemo sicuri i nostri cuori davanti a Lui" (1 Giovanni 3, 18-19). Il programma del millenario è poi ricco di numerose iniziative: incontri culturali su "Una cittadinanza capace di generare futuro", convegni, mostre, concerti. Rifletteremo sul tema della giustizia e della pace che, come Gerusalemme tiberina, abbiamo nel nome. Così, anche come il nome di Sansepolcro esorta tutti e sempre, vogliamo essere testimoni di quel Risorto di cui Piero della Francesca e tanti altri artisti hanno lasciato tracce indelebili nella nostra città. Avremo l’onore di ospitare grandi personalità. Ci saranno soprattutto i momenti forti della nostra fede, momenticelebrativi, pellegrinaggi da tutte le parrocchie della nostra vasta diocesi, catechesi e altro. Quest’anno porteremo a termine un progetto, a me personalmente molto caro, che prevede la costituzione della Caritas interparrocchiale, come organismo pastorale per animare, coordinare epromuovere la testimonianza della carità nella comunità e come servizio alle persone in difficoltà. Seguendo il piano pastorale diocesano ci siamo impegnati a formare i formatori. Il primo frutto sarà aprire a settembre un oratorio cittadino. Nella breve attesa che ci separa dalla visita di Benedetto XVI, abbiamo riflettuto su come riuscire a imitare i primi cristiani e a essere ferventi ed assidui nella preghiera. Il Papa stesso, in questi giorni, non si esime mai dal chiederci di non lasciarlo solo e di pregare per lui. Sempre con le parole risolute del nostro San Giovanni: "Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste".

L'Osservatore Romano

Il Papa ad Arezzo, La Verna e Sansepolcro. Il 'Signor Papa' visita Francesco: nel Santuario per ripercorrere l’itinerario delle Sante Stimmate

Nel 1209 Francesco parte da Assisi per andare a Roma da Papa Innocenzo III per avere l’approvazione della "Regola di vita". Oggi Papa Benedetto XVI viene da Francesco, alla Verna (foto), per rifornirsi di compassione e tenerezza, di forza decisionale e di comprensione per tutti gli uomini di buona volontà. "La Verna è un dono di Dio e dobbiamo ringraziarlo per avercela lasciata attraverso i secoli" diceva Giovanni Paolo II. E ne abbiamo bisogno particolare noi, oggi, in una società che avverte la necessità di verità, di essenzialità e di autentica esperienza di Dio. La Verna è il santuario della conformità a Cristo povero, crocifisso e risorto, è il luogo della contemplazione dell’umanità di Cristo nella sofferenza della passione, è il punto di arrivo di Francesco. Alla Verna il crocifisso irrompe nel suo stesso corpo: ha desiderato l’impossibile e finisce, nel desiderio della radicalità, per realizzare quanto è possibile nei limiti dei mortali. La Verna, oggi come al tempo di San Francesco, secondo i Fioretti, è un monte, per la conformazione del luogo e le sue forti asperità, "troppo bene atto a chi volesse fare penitenza, in luogo rimosso dalla gente, o a chi desiderasse vita solitaria" (Fonti francescane 1897). Francesco realizza quanto Bonaventura dirà successivamente, articolando i gradi di illuminazione che cominciano dalle creature e conducono fino a Dio, al quale nessuno può arrivare se non tramite il Crocifisso. Il suo itinerario spirituale era iniziato nella non lontana Assisi, sempre davanti al Crocifisso nella duplice dimensione umana e divina: il Cristo, uomo-Dio, e il lebbroso o forse il Cristo lebbroso, incarnato in una Chiesa lontana dal Vangelo, ma non ancora separata da esso, il Figlio di Dio, martoriato nelle istituzioni ecclesiali del tempo, sorrette tuttavia dallo Spirito e mai destinate a perire, e sempre bisognose di purificazione. Francesco vede le reale decadenza dei costumi nel clero e nel popolo di Dio, ma, contrariamente ai movimenti pauperistici del suo tempo, non contesta, né protesta: propone un nuovo stile di vita: "La vita dei fratelli minori è vivere il santo Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo". E la sua proposta certamente diventa anche protesta e contestazione. Ma sempre nell’obbedienza più assoluta al "Signor Papa". La visita del Pontefice è consolidamento della fedeltà dei francescani alla Chiesa e sollecitazione a ricercare sempre "il verace amore di Cristo" perché ogni frate minore possa essere trasformato "nell’immagine perfetta dell’amato" (Fonti francescane 1377). Solo il Papa sa il perché visita la Verna. Per noi è importante il suo pellegrinaggio, perché l’andare stesso ha un profondo significato pastorale per il francescanesimo, per i frati toscani, custodi del mistero delle stimmate, e per la comunità ecclesiale del mondo intero. Vorrà richiamare, in un tempo difficile in cui tutto sembra ridotto all’io egoista, alla possibilità anche oggi di giungere a Dio, come suggerisce Bonaventura, partendo dalle realtà fuori di noi per rientrare poi in noi stessi ed elevarci al di sopra di noi. Francesco alla Verna, contemplando Cristo nel suo corpo, nella sua anima e nella sua divinità ha conosciuto la scala per ascendere a Dio. Un messaggio sicuro per noi postmoderni, incauti quanto presuntuosi esploratori di un mondo sconosciuto. Alla Verna, Francesco conclude la sua ricerca di Dio e trova risposta all’inquietante interrogativo che lo aveva tormentato fin dall’inizio del suo cammino: "Chi sei Tu, o Dio e chi sono io"? Dopo l’esperienza delle stimmate Francesco sparisce a se stesso e resta in lui solo il tu di Dio. Francesco rompe la rigidezza della gerarchia feudale e chiama fratelli tutti gli uomini. "Voleva che si fondessero maggiori e minori, che i dotti si legassero con affetto fraterno ai semplici, che i frati, pur lontani tra loro, si sentissero uniti dal cemento dell’amore" (Fonti francescane 777). Francesco, da Cristo, impara a trattare tutti con affetto ed estrema cortesia, persino i saraceni, gli infedeli e gli stessi ladri. Il carisma della tenerezza di Francesco è dono di Dio che esplode nel suo cuore dopo un lungo viaggio verso l’interno, nel cuore di se stesso, per superare le paure che ci rendono crudeli. Cerca sempre il dialogo attento, generoso e paziente. "Tu sei..." oltre che visione mistica della realtà è soprattutto un’esperienza che parte dal centro, Gesù Cristo, e al centro tenta di ricondurre tutte le creature. È la ricomposizione riconciliata del mistero della Incarnazione, la pace fra il divino e l’umano colma di grazia e di verità. La verità fondante è la realizzazione dell’amore incarnato che permette nuovamente di ascendere fino a Dio uscendo dalla deformazione della natura, che è il peccato, e conquistare la scienza che illumina con la meditazione del mistero e la sapienza della perfezione con la contemplazione. Il "Tu sei..." è la comprensione mistica della verità rivelata e la consapevolezza cosciente della rettitudine della volontà e della perspicuità della ragione. Brevissima la visita del Papa a La Verna, ma per tutta la grande famiglia francescana sarà fondamentale poter pregare con lui come pregò il serafico Padre: "Alto e glorioso Dio, illumina le tenebre de lo core mio. Et dame fede dricta, speranza certa, carità perfecta, umiltà profonda, senno e cognoscemento che io faccia lo tuo verace comandamento” (Fonti francescane 276).

Costanzo Paracchini, L'Osservatore Romano

Mons. Andrea Yeom Soo-jung nominato dal Papa arcivescovo di Seoul. Da sempre impegnato a favore della bioetica e nel dialogo con la Corea del Nord

Il dialogo con la Corea del Nord ma soprattutto la difesa della vita in una società sempre più secolarizzata "sono le sfide che attendono il nuovo arcivescovo di Seoul, mons. Andrea Yeom Soo-jung (foto), nominato dal Papa il 10 maggio". Lo dice ad AsiaNews padre Luca Kim, sacerdote della capitale coreana. Il nuovo arcivescovo "era da tempo ausiliare, e il ritiro del card. Nicolas Cheung Jin-suk era previsto per i limiti di età. Ora il nuovo pastore dovrà affrontare quei temi che da sempre sono al primo posto nei pensieri della Chiesa coreana: come rispondere alla secolarizzazione della nostra società e come convivere con il Nord. Mons. Yeom è infatti anche Amministratore apostolico di Pyongyang". Il nuovo arcivescovo, finora vescovo titolare di Tibiuca, ausiliare e vicario generale di Seoul, è nato il 5 dicembre 1943 a Ansong, diocesi di Suwon, in una famiglia cattolica da 5 generazioni. Il nonno di suo nonno venne martirizzato nel 1850 insieme ad altri fedeli durante i primi anni della Chiesa Cattolica in Corea. Due delle sue 5 sorelle sono suore. Mons. Yeom è stato ordinato sacerdote l'8 dicembre 1970 a Seoul dal card. Stephen Kim. Dopo l'ordinazione sacerdotale ha ricoperto diversi incarichi: viceparroco; professore e preside del seminario minore di Songshin; parroco; procuratore del seminario maggiore di Seoul; cancelliere della curia arcidiocesana. Il 12 dicembre 2001 è stato nominato vescovo titolare di Tibiuca e ausiliare dell'arcidiocesi di Seoul. Ha ricevuto l'ordinazione episcopale il 25 gennaio 2002. Il nuovo arcivescovo è da sempre impegnato nella battaglia a favore della bioetica e nel dialogo con il Nord. Dalla sua nomina a vescovo ausiliare ha ricoperto l'incarico di presidente della Commissione episcopale per la Vita, organo della Conferenza Episcopale coreana che si occupa dei problemi collegati alla manipolazione genetica che, in Corea del Sud, è un argomento molto sentito. Inoltre ha ricoperto il ruolo di presidente della Commissione per la riconciliazione del popolo coreano dell'arcidiocesi. Nel corso del suo lavoro in Commissione ha sempre privilegiato il dialogo e, nel 2002, ha inviato una lettera al presidente dell'Associazione cattolica della Corea del Nord Samuel Jang Jae-eun chiedendo di pregare per la riconciliazione e l'unità della penisola. Nel testo scriveva: "Sono molto felice di essere coinvolto in questa nobile opera, quella di riunire il popolo coreano. Ora, con pazienza e con molta preghiera, dobbiamo concentrare le nostre menti e i nostri sforzi per far progredire una pacifica riunificazione, attesa da molto tempo dal popolo coreano". L'arcidiocesi prevede di celebrare la cerimonia inaugurale per il suo nuovo pastore il prossimo 25 giugno: fino a quel giorno, il card. Cheong continuerà a svolgere il proprio incarico.

Joseph Yun Li-sun, AsiaNews

Il Papa: Dio non abbandona la sua Chiesa, nemmeno in futuro, per quanto possa essere difficile. La cattedra non un trono ma un pulpito per insegnare

Il Duomo è un “testimone di pietra” della Fede: così scrive il Papa nella Lettera inviata all’arcivescovo Ludwig Schick in occasione dei mille anni del Duomo di Bamberg (foto), in Germania. La Lettera, firmata il 3 maggio 2012, è stata pubblicata da L’Osservatore Romano che ne ha curato la traduzione. “Nella stretta comunione con il Successore dell’Apostolo Pietro e della Chiesa universale troverete, anche nell’attuale crisi della fede, una certezza di fede e una fiducia incrollabili”.Benedetto XVI ricorda come le mura del Duomo di Bamberg “hanno retto alle tempeste di un millennio”. “Su di esse – spiega - si sono infrante le onde delle ideologie ostili a Dio e agli uomini dello scorso secolo”. “Le forti mura del Duomo” dice “custodiscono luoghi sacri”. Il Papa ricorda che “ciò che distingue il Duomo da tutte le altre chiese è la cattedra del vescovo, situata in posizione prominente. Per questo chiamiamo il Duomo Cattedrale”. E sottolinea: “La cattedra non è un trono, bensì un pulpito per l’insegnamento. Da qui si diffonde la parola del vescovo”. Benedetto XVI poi parla dell’altare “dove viene offerto il sacrificio eucaristico”. “Da qui – afferma - traspare per noi la natura vera, nascosta della Chiesa. Pur costituendo una comunità composta da persone, essa è però al tempo stesso un mistero divino”. E aggiunge: “La Chiesa di Gesù Cristo non è semplicemente un gruppo d’interessi, un’impresa comune, in breve una forma di società umana, che quindi potrebbe essere formata e guidata secondo regole secolari, politiche, con mezzi temporali. Chi viene chiamato al servizio nella Chiesa non è un funzionario della comunità, ma riceve l’incarico e il mandato da Gesù Cristo, il Capo del suo Corpo mistico. È Cristo stesso a unire i fedeli in un’unità piena di vita.” “Nello svettante edificio del Duomo di Bamberg, potenza e bellezza si uniscono”, dice Benedetto XVI che sottolinea che la celebrazione del millenario della sua consacrazione “può diventare per l’arcidiocesi di Bamberg il preludio dell’Anno della fede che ho proclamato per tutta la Chiesa”. Cita “lo straordinario monumento funebre dei Santi Enrico e Cunegonda, realizzato da Riemenschneider”, e la tomba di Papa Clemente II, che – ricorda – “anche dopo la sua elezione a Successore di Pietro voleva rimanere vescovo di Bamberg, dando così una notevole prova dell’unità di Bamberg con Roma”. Il Papa chiede di accogliere l’appello che proviene “a fare ascoltare la Parola del Vangelo in famiglia, nella professione, nella società, nell’economia e nella cultura e di modellare le realtà terrene secondo il suo spirito”. Le quattro alte torri del Duomo imperiale “puntano verso il cielo perché “indicano la meta del pellegrinaggio terreno della Chiesa”. E il Papa dice: “Conoscere questa casa sulla pietra, cari Fratelli e Sorelle, può rafforzarvi nella certezza che il Signore non abbandona la sua Chiesa, nemmeno in futuro, per quanto possa essere difficile. Nella Chiesa, della quale il millenario Duomo è un potente simbolo, anche le generazioni future di fedeli cattolici troveranno la patria del cuore e protezione”.

Radio Vaticana

Lettera in occasione del millenario del Duomo Imperiale di Bamberga (3 maggio 2012)

Il Papa ad Arezzo, La Verna e Sansepolcro. Fontana: un invito a riscoprire la bellezza della fe­de, il gusto della carità e la forza della spe­ranza

Nella Basilica superiore di Assisi, in una delle ventotto scene delle Storie di San Francesco, Giotto raf­figura Arezzo come una città accerchiata dai diavoli. All’arcivescovo Riccardo Fontana (nella foto con Benedetto XVI) piace citare quell’affresco per pre­sentare la visita che domani Joseph Ratzinger compirà nella diocesi di Arezzo-Cor­tona- Sansepolcro. "L’episodio viene nar­rato da Tommaso da Celano che, nella Vi­ta seconda, riferisce come il maligno sia stato scacciato dal Santo Serafico e la città abbia ricomposto le diversità in un’am­mirabile armonia – spiega l’arcivescovo – . Ecco, l’arrivo del Papa in mezzo a noi è un invito a riscoprire la bellezza della fe­de, il gusto della carità e la forza della spe­ranza in questo tempo di crisi. Ed è an­che monito a far rinascere dall’impegno comune l’esemplarità di una storia cri­stiana vissuta fra le pieghe del quotidia­no". Il Papa incontrerà per la prima volta la Toscana facendo tappa nella più estesa diocesi della regione. Una Chiesa che va dall’ultimo lembo di Romagna alle porte di Siena, arrivando a sfiorare la provincia di Firenze e il lago Trasimeno. "La pre­senza di Benedetto XVI – afferma Fonta­na – ci esorta a riflettere sul no­stro cammino ecclesiale a cin­quanta anni dall’apertura del Concilio Va­ticano II. Nel 1986 Giovanni Paolo II ha volu­to unificare le e­sperienze di tre diocesi. Fin dal­le sue origini, nel quinto seco­lo, la Chiesa di Arezzo ha offerto un forte impulso alla costruzione dell’identità ci­vile della regione. Perciò il Papa entrerà in una delle più antiche città della Tosca­na per riflettere sulla questione antropo­logica alla quale l’aretino Petrarca ha da­to un contributo fondamentale nella me­diazione fra poesia e fede". E proprio Be­nedetto XVI presiederà domattina l’Eucaristia a poche decine di metri dalla casa del grande poeta, nel parco "Il Prato" che si apre dietro la Cattedrale. Poi l’arcivescovo presenta i tesori delle altre due ex diocesi. "Cortona che ha u­nito la ricerca del bello all’incanto fran­cescano ci regala la consapevolezza che l’alleanza fra fede e cultura possa aiuta­re anche oggi a scrivere pagine significa­tive nel segno del bene comune". E San­sepolcro, che con l’eremo benedettino di Camaldoli celebra il millenario della fon­dazione, "accoglie il Pontefice rilancian­do la scommessa sui temi della giustizia e della pace e chiedendoci quanto siamo disposti a responsabilizzarci per edifica­re una società illuminata dal Vangelo". Quando a Fontana si chiede di delineare il volto di una Chiesa che ha nelle 246 par­rocchie presenti sul territorio un secola­re riferimento per i suoi 340mila abitan­ti, il presule torna alle radici. "È stato scrit­to che la migliore rappresentazione di u­na comunità ecclesiale giunga dai suoi Santi. Il vescovo Donato, nostro patrono ed evangelizzatore instancabile, esprime nel suo stesso nome lo stile che è chiamato a seguire ciascun credente, ossia quello di essere a servizio di Dio e del prossimo. Nel monaco San Romualdo, che ha fondato Camaldoli abbracciando la regola di san Benedetto, troviamo la sintesi mirabile fra la scuola della Parola e la missione di costruire la città dell’uo­mo a immagine di quella di Dio. E a San Francesco, stimmatizzato alla Verna, si deve un efficace richiamo all’interiorità e al primato del Risorto nella vita del cri­stiano. In questa eredità possiamo scor­gere la linfa per affrontare le sfide del pre­sente". Il Papa toccherà questo itinerario di san­tità fermandosi al mattino ad Arezzo, la città di Donato, alle 17.45 nel Santuario della Verna, il monte di Francesco, e al­le 19.00 a Sansepolcro, il borgo nato intor­no a un’abbazia benedettina. La diocesi si è preparata alla visita di Be­nedetto XVI con percorsi che hanno toc­cato i diversi ambiti della pastorale. "Ed è significativo l’impegno che hanno mes­so in campo le parrocchie – rileva l’arci­vescovo –. Mi ha commosso il senso di comunione di una piccola parrocchia di montagna che sarà rappresentata ad A­rezzo da un disabile per condividere, at­traverso le difficoltà di chi è toccato dal­l’handicap, questo straordinario evento". E che cosa offrirà la diocesi al Pontefice? Fontana indica tre doni: "Il fascino di un’i­dentità millenaria, il radicamento nella fede, la carità del pianto di Gesù su Ge­rusalemme perché l’uomo torni a Dio con cuore libero". Poi il presule annuncia il segno che ha visto la Chiesa locale mo­bilitarsi. "Come accadeva nelle prime co­munità cristiane dove tutti si liberavano del superfluo per metterlo ai piedi degli apostoli e destinarlo a chi era nel biso­gno, la diocesi affiderà al Papa il ricavato di una grande raccolta che andrà alle fa­miglie piegate dalla crisi nella nostra pro­vincia". La fotografia che l’arcivescovo scatta è preoccupante. "I comparti dell’oreficeria e della manifattura che sono stati i vola­ni dell’economia locale sono in ginoc­chio. E un aretino su quattro fa fatica ad arrivare alla fine del mese. Ecco perché, come Chiesa, abbiamo scelto di parlare il linguaggio della carità. E, guardando al­le nuove povertà, è stato deciso di orga­nizzare la visita del Papa con estrema par­simonia. È un piccolo gesto, ma essen­ziale per essere testimoni credibili".

Giacomo Gambassi, Avvenire

Benedetto XVI e i rapporti con l’ebraismo: la riscoperta della continuità tra la speranza di Abramo e la speranza cristiana, tra la Torah e il Vangelo

Nel libro intervista con Peter Seewald "Luce del Mondo", Benedetto XVI parla delle due crisi che ci sono state durante il suo Pontificato nel dialogo ebraico-cattolico: la nuova formulazione dell'intercessione per gli ebrei per il Venerdì Santo secondo il rito del 1962, e gli attacchi da lui subiti a seguito della revoca della scomunica del vescovo lefebvriano Williamson, riduzionista della Shoah. Dice chiaramente di essere stato spesso frainteso al riguardo, a volte addirittura intenzionalmente. Una constatazione amara, perché se c’è un Papa che più di tutti ha puntato al dialogo con l’ebraismo è Benedetto XVI. Da sempre, Joseph Ratzinger ha guardato alle radici ebraiche del cristianesimo. Nel 1994, il card. Ratzinger partecipò ad un incontro interreligioso organizzato a Gerusalemme dal governo israeliano. E lì espose in maniera sistematica la sua teologia dei rapporti tra la Chiesa e Israele, basata sulla riscoperta della continuità tra la speranza di Abramo e la speranza cristiana, tra la Torah e il Vangelo. Questo è l’indirizzo del suo pontificato: il Papa, spesso, nei suoi viaggi internazionali, ha incontrato una comunità di religione ebraica; è stato in Israele nel 2009, e in visita alla Sinagoga di Roma nel 2010, e in entrambi i casi ha mostrato la continuità tra cattolicesimo ed ebraismo. Nel libro intervista con Peter Seewald, il pensiero di Benedetto XVI appare chiaro, ed è significativo che non siano venuti commenti negativi alle sue dichiarazioni da parte ebraica. Perché nel libro Benedetto XVI riprende la vecchia definizione degli ebrei come “fratelli maggiori” e vi accosta la propria, quella di “padri nella fede”, che ritiene spieghi ancora meglio il rapporto tra ebrei e cristiani. Quando Giovanni Paolo II aveva parlato di fratelli maggiori, da parte ebraica, alcune voci avevano criticato questa definizione, perché nella Bibbia il fratello maggiore non sempre ha la meglio, basta pensare alla storia di Giacobbe ed Esaù, in cui è proprio il fratello maggiore a non essere prescelto. Per questo, Benedetto XVI accosta ai fratelli maggiori il suo “padri nella fede”, che ricorda chiaramente le radici ebraiche del cristianesimo. Fin dall'inizio del suo Pontificato, Benedetto XVI, in continuità con la sua storia personale, ci ha tenuto a dimostrare che non è possibile considerare il Nuovo Testamento in maniera isolata rispetto a questa madrepatria ebraica e che esiste una profonda unità tra Antica e Nuova Alleanza, entrambe parti della Sacra Scrittura. E lo ha ribadito nel libro-intervista con Seewald, in cui il Papa spiega che, per essere compreso, il Nuovo Testamento deve essere letto insieme all'Antico. Benedetto XVI è stato il primo Papa ad invitare rappresentanti dell'ebraismo alla sua Messa di inizio Pontificato nel 2005. Poco più di un mese dopo, ricevette una delegazione del Comitato Ebraico Internazionale per le Consultazioni Interreligiose. Un incontro durante il quale il Papa ha dichiarato: "Negli anni successivi al Concilio (Ecumenico Vaticano II) i miei predecessori Papa Paolo VI, e in modo particolare Papa Giovanni Paolo II, hanno compiuto significativi passi avanti verso il miglioramento delle relazioni con il popolo ebraico. È mia intenzione continuare su questo percorso". E poi, il primo luogo di preghiera appartenente ad un'altra comunità religiosa visitato dal Papa Benedetto XVI fu la sinagoga di Colonia, dove il Papa andò nel 2005, nel suo primo viaggio internazionale per la Giornata Mondiale della Gioventù. Lì, fece riferimento proprio all’incontro con il Comitato Ebraico Internazionale, e sostenne: "Voglio confermare anche in questa circostanza che con grande vigore intendo continuare il cammino verso il miglioramento dei rapporti e dell'amicizia con il popolo ebraico, in cui Papa Giovanni Paolo II ha fatto passi decisivi". Di più. Benedetto XVI ha riconosciuto i rapporti “difficili” del passato, ha deplorato l’antisemitismo e ha sottolineato che “il ricco patrimonio spirituale condiviso da cristiani ed ebrei è di per se una fonte di saggezza ed ispirazione capace di guidarci verso un futuro di speranza, in base al piano divino. Nello stesso tempo, il ricordo del passato resta per entrambe le comunità un imperativo morale e una fonte di purificazione nei nostri impegni di preghiera e lavoro diretti verso la riconciliazione, la giustizia, il rispetto e la dignità umana, e verso la pace che è infine un dono del Signore stesso. Per la loro stessa natura, questi valori devono includere una riflessione continua sulle profonde questioni, storiche morali e teologiche, poste dall'esperienza della Shoah". Sin dal primo anno del suo Pontificato, Papa Benedetto XVI si è incontrato ininterrottamente con una serie di organizzazioni e personalità importanti del mondo ebraico, inclusi i capi rabbini di Israele e il capo rabbino di Roma. "A voi - disse a quest'ultimo - è vicina la Chiesa cattolica e vi è amica. Sì, noi vi amiamo e non possiamo non amarvi, a causa dei Padri: per essi voi siete a noi carissimi e prediletti fratelli". Sul fronte del dialogo interreligioso, i rapporti con il mondo ebraico sono saldissimi. Non lo stesso si può dire per i rapporti di segno più “politico”. A giugno del 2010 c'erano state diverse polemiche per una traduzione italiana dell'Instrumentum laboris dell’Assemblea Speciale per il Medioriente del Sinodo dei vescovi, tanto che l' ambasciatore d'Israele presso la Santa Sede Mordechai Lewy stigmatizzò “i troppi sforzi interpretativi” fatti dai media, soprattutto italiani, per leggere il documento “in chiave antisraeliana”. Ma è sulla questione di Pio XII e sull’antisemitismo dei lefebvriani, con i quali Benedetto XVI ha portato avanti una difficile trattativa perché rientrassero nella Chiesa, che ci sono state le frizioni più importanti.

Andrea Gagliarducci, Korazym.org

La Fraternità San Pio X tra fughe di notizie e la prospettiva di una scissione interna in vista del rientro nella piena comunione con la Chiesa

In vista della definitiva risposta della Santa Sede per il rientro nella Chiesa Cattolica, i lefebvriani sono alle prese, in questi giorni, con la prospettiva di una scissione interna tra chi accetterà di rientrare in comunione con Roma e chi rimarrà in situazione di scisma. Tensioni che si riflettono anche in una fuga di notizie che ha provocato la dura reazione della casa generalizia. Nei giorni scorsi, infatti, un forum internet tradizionalista, CathInfo.com, ha pubblicato lo scambio epistolare tra il superiore lefebvriano, mons. Bernard Fellay, favorevole ad un accordo con Roma e gli altri tre vescovi della Fraternità Sacerdotale San Pio X, Alfonso de Galarreta, Nicolas Tissier de Mallerais et Richard Williamson, scettici su una conclusione positiva dei negoziati col Vaticano. Nella loro lettera di inizio aprile, i tre presuli mettevano in guardia il superiore a non condurre la fraternità "a una profonda divisione senza ritorno" accusando Papa Benedetto XVI di avere un pensiero "intriso di soggettivismo". Mons. Fellay rispondeva accusando i suoi confratelli di "mancanza di realismo". Lo scorso 18 aprile lo stesso Fellay aveva inviato a Roma l'ultima risposta alle precondizioni dottrinali poste dalla Santa Sede per il rientro nella Chiesa Cattolica, e il Vaticano ha fatto sapere di ritenere questa risposta incoraggiante. L'eventuale esito positivo dei negoziati verrà presa nelle prossime settimane e approvata, alla fine, dal Papa. La casa generalizia dei lefebvriani, intanto, ha pubblicato, ieri, una secca nota di critica della fuga di notizie via internet: "Un tale modo di procedere è condannabile. Colui che ha infranto la confidenzialità di questa corrispondenza interna ha peccato gravemente. Tale pubblicazione incoraggerà i fautori della divisione, ai quali la Fraternità San Pio X invita a non rispondere se non con una insistente preghiera, affinché si faccia unicamente la volontà di Dio, per il bene della Chiesa e la salvezza delle anime". Mons. Fellay ha anche rilasciato un'intervista all'agenzia stampa della Conferenza Episcopale Usa, Catholic News Service, nella quale ha spiegato: "Non posso escludere che ci possa essere una scissione".

TMNews

Comunicato dalla Casa Generalizia della Fraternità San Pio X

Il Codice Melloni. Curioso che in questo momento salti fuori l’accusa di un complotto antisemita mosso dall'ultimo dei dattilografi del Vaticano

Complotto antisemita in Vaticano? Lo ha sostenuto Alberto Melloni, storico, esponente della Scuola di Bologna, ovvero dell’officina che più di tutte si è battuta per l’interpretazione del Concilio Vaticano II come rottura. E che, in un articolo sul Corriere della Sera del 6 maggio scorso, ha accusa "qualcuno" che “lavora o ha lavorato per il sito della Santa Sede” il quale “è riuscito a depositare nel sito web Vatican.va, per sfregio, una riga sulla 'razza' ebraica”. La riga sarebbe stata inserita nella "Nostra Ætate", la dichiarazione della Chiesa sulle religioni non cristiane pubblicata il 28 ottobre del 1965. Melloni rivendica che il “misfatto” era stato segnalato cinque mesi fa, senza successo. E padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ammette che sì, c’è stata una segnalazione, e l’errore era stato prontamente corretto, ma non era stato recepito dal sistema informatico. Ci tiene a sottolineare, però, che “comunque, l’interpretazione data da Melloni di questa vicenda, cioè che la parola ‘razza’ fosse stata inserita nella traduzione a ragion veduta e ciò manifestasse chissà quali tendenze razziste in Vaticano, so per certo che è priva di qualsiasi fondamento e del tutto gratuita”. "'Nostra Ætate' - scrive Melloni nell’articolo del 6 maggio - affermò che la Chiesa ha sempre innanzi agli occhi le parole di Paolo 'de cognatis eius' (cioè 'sui suoi congiunti') che dicono che l'adozione, la gloria, il patto, la legge, il culto e le promesse appartengono a Israele e ai padri 'dai quali è nato Cristo secondo la carne'". Sarebbe quel “cognatis” ad essere stato tradotto con la parola "razza" nel sito del Vaticano. In realtà, del Concilio Vaticano II non esistono traduzioni ufficiali. Ne sono state fatte molte. E, tra queste traduzioni, le due traduzioni di razza e stirpe hanno sempre convissuto. Senza che ci fossero problemi. Basta inserire la frase “incriminata” su Google per ottenere quasi 2100 occorrenze. Tra questi, è segnalato il sito www.vivailconcilio.it, che di certo non è lontano dalle posizioni di Melloni. E poi, anche www.documentazione.info riporta la traduzione con razza. E rimanda, come fonte, al sito del Vaticano. Dove la traduzione è stata corretta (la versione con “razza” era ancora presente il 3 maggio scorso, come risulta da una ricerca sulla cache). Un attacco pretestuoso? Nell’articolo Melloni fa capire che si sarebbe tratta di una manipolazione recente, dato che già dal 1965 L’Osservatore Romano traduceva con stirpe. Ma poi, quando il cronista chiede conto allo storico via e-mail di quando ci si è resi conto dell’errore, la risposta – alquanto sbrigativa – è: “Da quando è stato caricato c’era razza”. Le due versioni di Melloni sono in contrasto tra loro: la prima lascia intendere che il testo sia stato cambiato artatamente e recentemente, la seconda che il testo on-line ha sempre presentato la traduzione errata (la qual cosa fa pensare: perché non è stato fatto notare prima?). Quale delle due versioni è quella corretta? Tra l’altro, ogni mezz'ora il sito del Vaticano viene aggiornato in automatico con altri documenti, inseriti manualmente. E proprio perché questi inserimenti sono costanti, ma manuali, la possibilità di errore è altissima. Interpellato sulla questione della traduzione della "Nostra Ætate", padre Lombardi spiega che quando il sito Vatican.va è stato messo on-line, nel 1997, sono stati immessi moltissimi testi in tempo “assai breve”. “Purtroppo – afferma Lombardi in una e-mail inviata a chi scrive - al momento, non sono riuscito a risalire a quale traduzione italiana precisamente si fece ricorso quando fu inserita nel sito www.vatican.va. E’ vero che in essa, come segnalato da Melloni, si trovava la parola ‘razza’, ma, come in altri casi, nessuno l’aveva notato. Ora, che sia meglio e più corretto mettere ‘stirpe’ al posto di ‘razza’ è poco ma sicuro e si è quindi provveduto a correggere la traduzione in tal senso. Comunque, l’interpretazione data da Melloni di questa vicenda so per certo che è priva di qualsiasi fondamento e del tutto gratuita”. Per Melloni, però, la questione non è chiusa. Di complotto si tratta, scrive in una e-mail inviata al redattore di questo articolo l’8 maggio scorso, “perché prima del sito, tutte le traduzioni italiane (Civiltà cattolica, Osservatore, Avvenire, Enchiridion, Cod) davano ‘stirpe’ e il sito Vatican.va ha copiato sempre, non ha mai ritradotto nulla ad hoc”. E aggiunge: “Ho visto con piacere che ieri mattina alle 11 il misfatto era corretto, giustamente: una richiesta scritta perché ciò avvenisse era stata depositata in via ufficiale 5 mesi fa, senza successo”. Da chi fosse stata depositata e perché “non è affare che la riguarda”, taglia corto Melloni. Lo spiega invece padre Lombardi, in una e-mail inviata a chi scrive il 10 maggio, dopo aver svolto una indagine interna. “E' vero – dice Lombardi - che c'era stata una precedente segnalazione di Melloni, a cui era seguita già in febbraio una indicazione da parte di chi di dovere ad un tecnico incaricato dei testi del sito affinché operasse la correzione. Dai registri la correzione risultava fatta, ma - misteri dell'informatica -, non era stata di fatto recepita nel sito, forse per un ordine dato in modo inesatto o per altro inconveniente tecnico non spiegato; di qui il permanere della parola ‘razza’, che è stata corretta quando, a seguito dell'articolo di Melloni, ci si è accorti della situazione”. Ma, aggiunge Lombardi, l’interpretazione della vicenda è comunque “ingiustificatamente negativa”. Eccolo srotolato il Codice Melloni. Certo, è curioso che, di fronte a un Papa che ha lavorato sempre e incessantemente in favore dei rapporti con l’Ebraismo, e proprio mentre il Pontefice sta adoperandosi per una ricomposizione dello scisma della Fraternità Sacerdotale San Pio X, alcuni membri della quale hanno fatto con dichiarazioni antisemite, in questo momento salti fuori l’accusa di un complotto antisemita mosso dall'interno del Vaticano, magari dall'ultimo dei dattilografi. Dato che la segnalazione era arrivata, allo storico della scuola di Bologna bastava semplicemente reiterare la segnalazione. Perché creare un caso, quando anche le due traduzioni hanno convissuto per così tanto tempo?

Andrea Gagliarducci, Korazym.org

VII IMF-Il Papa a Milano. Sabato 2 giugno, nel Duomo, Benedetto XVI presiederà la celebrazione dell'Ora Terza con sacerdoti, suore e religiosi

Un’opportunità unica per pregare assieme al Santo Padre e ascoltare le parole che Benedetto XVI vorrà rivolgere ai preti, ai diaconi, ai seminaristi, alle religiose e ai religiosi di Milano. In occasione del VII Incontro Mondiale delle Famiglie, il Pontefice condividerà un momento di preghiera esclusivamente dedicato a loro. Un appuntamento prezioso tanto più considerando il programma fitto di appuntamenti e incontri della visita a Milano del Santo Padre. Sabato 2 giugno Benedetto XVI inviterà presbiteri e religiosi a celebrare assieme l’Ora Terza in Duomo (foto). Dai seminaristi ai sacerdoti più anziani, tutti i ministri ordinati e i religiosi sono invitati a partecipare. "Siamo molto grati a Papa Benedetto XVI per la possibilità che ci dona di vivere assieme un momento importante come la preghiera - dice don Pierantonio Tremolada, consulente in modo stabile del Consiglio episcopale milanese - Gesù disse a Pietro: 'Conferma i tuoi fratelli'; allo stesso modo il Santo Padre aiuterà tutti noi a confermarci nelle fede". A 28 anni dalla visita del predecessore Giovanni Paolo II, la celebrazione dell’Ora Terza in Duomo è un grande dono che Benedetto XVI fa a clero e religiosi di Milano, ma non solo. La Conferenza Episcopale milanese, i vescovi residenti in diocesi, i vescovi delle diocesi lombarde, i preti diocesani e ai non diocesani residenti in diocesi, i seminaristi del Seminario diocesano, i seminaristi di istituti religiosi le cui case di formazione hanno sede in diocesi, i diaconi permanenti, i religiosi e le religiose residenti in diocesi, i claustrali: tutti sono invitati a prender parte all’incontro con gioia e partecipazione, esprimendo vicinanza al Santo Padre. La celebrazione del 2 giugno sarà un appuntamento speciale soprattutto per le religiose e le consacrate, che per la prima volta nella storia sono invitate a partecipare a un evento con il Pontefice nella Cattedrale di Milano. Per avvicinarsi al meglio alla preghiera, i sacerdoti, le religiose e i religiosi dovranno accedere al Duomo entro le 9.00, i cardinali e i vescovi entro le 9.30. In attesa dell’arrivo del Pontefice, l’assemblea si preparerà alla celebrazione con canti e meditazioni. "Vivremo il momento di attesa come un’occasione di ascolto della Parola di Dio e ci soffermeremo su alcuni passi delle tre Encicliche scritte da Benedetto XVI, 'Caritas in veritate', 'Deus caritas est' e 'Spe salvi'", dice ancora don Tremolada. Uno stile dignitoso e sobrio accompagnerà tutta la celebrazione. Il Seminario diocesano si occuperà del canto (insieme con la Cappella del Duomo) e del servizio liturgico. Benedetto XVI, che arriverà in Duomo accompagnato dal card. Angelo Scola, sarà accolto alla porta della Cattedrale, poi percorrerà la Navata centrale in processione. Alle 10.00, la recita dell’Ora media, secondo la liturgia Ambrosiana. Terminata la preghiera, il Santo Padre detterà una meditazione sedendo alla cattedra arcivescovile. "Ascolteremo ciò che Benedetto XVI vorrà dirci - dice ancora don Tremolada - sarà certamente un momento di grande comunione in cui esprimeremo al Santo Padre tutto il nostro affetto e la nostra gratitudine".

IncrociNews

"Per la prima volta con un Pontefice a Milano"

Benetton: le immagini fotografiche della persona del Papa ritirate dal circuito commerciale, dispiacere per avere urtato la sensibilità dei credenti

Il gruppo Benetton ribadisce il proprio dispiacere per aver urtato la sensibilità di Papa Benedetto XVI nell'uso della sua immagine nella campagna di comunicazione denominata "Unhate". Il gruppo si impegna affinché "cessi l'ulteriore utilizzazione dell'immagine da parte di terzi, su siti internet o in altre sedi". Lo sottolinea lo stesso gruppo in una nota. "Con riferimento all'utilizzo compiuto dell'immagine del Santo Padre Benedetto XVI nell'ambito della campagna di comunicazione denominata 'Unhate', il gruppo Benetton - si legge nella nota - ha ribadito il proprio dispiacere per avere così urtato la sensibilità di Sua Santità Benedetto XVI e dei credenti, ha garantito e mantenuto che tutte le immagini fotografiche della persona del Santo Padre sono state ritirate dal proprio circuito commerciale e si impegna a non compiere in futuro alcun ulteriore utilizzo dell'immagine del Santo Padre senza una previa autorizzazione della Santa Sede". Il gruppo Benetton "porrà inoltre i suoi buoni uffici affinché cessi l'ulteriore utilizzazione dell'immagine da parte di terzi, su siti internet o in altre sedi".

TMNews

VII Incontro Mondiale delle Famiglie. Card. Turkson: la famiglia riscopra il suo valore, senza di essa non c'è la società, non c'è la Chiesa

La crisi deve portare ad una società sostenibile. E’ l’auspicio del card. Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che ha partecipato a Milano all’incontro in preparazione al VII Incontro Mondiale delle Famiglie, che si terrà a fine mese nel capoluogo lombardo. E’ sulla sostenibilità che, secondo il cardinale, si gioca la scommessa della ripresa, sul superamento della deriva della speculazione finanziaria. La ricchezza vera è quella che produce progresso sociale, si alimenta di principi basati sul valore della condivisione, dell’equità e della coscienza sociale. In questa prospettiva solidaristica, che promuove senso di appartenenza ed integrazione, l’individuo non si sentirebbe più solo di fronte alla prova, e nemmeno l’istituto familiare, indebolito dalla crisi. Sarebbe riacquistato il senso di comunità, capace di prevenire atti estremi di disperazione che hanno portato alcune persone perfino al suicidio. Il card. Turkson: "Queste persone che arrivano al suicidio dovevano contare sulla solidarietà della società. Per questo siamo una società: possiamo aiutarci l’uno con l’altro, sennò noi siamo soli". Le giornate milanesi che metteranno al centro la famiglia e che vedranno la presenza per tre giorni di Papa Benedetto XVI, serviranno anche a far riscoprire la forza e la vocazione originale insite nell’istituto famigliare. Ancora il porporato: "Io mi auguro tanto che la famiglia riesca a scoprire il suo valore, perché senza la famiglia non c'è leasocietà, non c’è la Chiesa. Le sfide che ci circondano sono tantissime, le minacce sono tante, quindi spetta a noi mantenere questa forma tradizionale di trasmettere la vita". Il vice-direttore generale della Banca d’Italia, Anna Maria Tarantola, intervenuta al dibattito, ha riconosciuto come la reazione delle famiglie italiane alla crisi abbia dimostrato che sono state la principale rete di sicurezza: “In questa fase”, ha detto, “si può parlare di famiglia-welfare”.

Radio Vaticana