giovedì 14 ottobre 2010

Al-Sammak: l’emigrazione dei cristiani un impoverimento dell’identità araba, della sua cultura e autenticità. Comune dovere conservarne la presenza

Cristiani e musulmani, in quanto orientali, condividono le stesse sofferenze che vivono “nel ritardo sociale e politico, nella recessione economica e dello sviluppo, nella tensione religiosa e confessionale”. Tuttavia, “prendere il cristiano come bersaglio a causa della sua religione, anche se si tratta di un fenomeno nuovo e contingente per le nostre società, può essere molto pericoloso, soprattutto se c’è reciprocità”. Lo ha detto il sunnita Muhammad Al-Sammak (nella foto con Benedetto XVI), consigliere politico del mufti della Repubblica di Libano, parlando questa sera al Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente, in qualità di invitato speciale. Fenomeno nuovo ed “estraneo all’Oriente” da cui scaturisce il tentativo “di lacerare il tessuto delle nostre società nazionali, di demolirle e di sciogliere i legami del loro complesso tessuto costruito da molti secoli” e di “mostrare l’Islam sotto una luce diversa rispetto a quella reale, in contrapposizione con ciò che esso professa cioè la concezione delle differenze tra i popoli come uno dei segni di Dio, nonché l’accettazione del pluralismo e del rispetto della diversità e della fede”. Per il sunnita la causa del problema dei cristiani d’Oriente sta nella “mancanza di rispetto dei diritti dei cittadini nella piena uguaglianza di fronte alla legge in alcuni paesi” e nell’“incomprensione dello spirito degli insegnamenti islamici specifici relativi ai rapporti con i cristiani”. Due aspetti negativi che fanno del male e offendono cristiani e musulmani che per questo sono chiamati a lavorare insieme per “il rispetto dei fondamenti e delle regole della cittadinanza che opera l’uguaglianza prima nei diritti e poi nei doveri” e per ostacolare “la cultura dell’esagerazione e dell’estremismo, rafforzando e diffondendo la cultura della moderazione, dell’amore e del perdono”. “I cristiani d’Oriente non sono soli – ha proseguito Al-Sammak - hanno bisogno di aiuto e di appoggio, ma ciò non deve avvenire favorendone l’emigrazione o il ripiegamento su se stessi e neppure attraverso il venir meno da parte dei loro compagni musulmani, ai propri doveri nazionali e morali nei loro confronti. Facilitare l’emigrazione significa costringerli a emigrare. Ripiegarsi su se stessi significa soffocare lentamente. Rinunciare al dovere di difendere il diritto dell’altro a una vita libera e dignitosa significa ridurre l’umanità dell’altro e abbandonare i pilastri della fede”. “L’emigrazione del cristiano – ha concluso - è un impoverimento dell’identità araba, della sua cultura e della sua autenticità. Sono preoccupato per il futuro dei musulmani d’Oriente a causa dell’emigrazione dei cristiani d’Oriente. Conservare la presenza cristiana è un comune dovere islamico e cristiano”.

Il Papa ad Aquileia e Venezia. I vescovi del Friuli: felice occasione per confermare l'impegno di annuncio di Gesù Cristo e del Vangelo di salvezza

La visita di Papa Benedetto XVI ad Aquileia (foto) di sabato 7 maggio 2011 "costituirà motivo di incoraggiamento e di conforto per tutte le Chiese del Nordest che si stanno già preparando ad un convenire sinodale nel 2012 per narrare la fatica e la gioia dell’Annuncio cristiano in queste nostre terre, già raggiunte dall’evangelizzazione della Chiesa aquileiense". Lo scrivono i vescovi delle quattro diocesi del Friuli-Venezia Giulia, in un messaggio congiunto in vista dell'incontro con il Pontefice. La visita del Santo Padre, aggiungono, sarà "la felice occasione per confermare il nostro serio impegno di annuncio di Gesù Cristo e del Suo Vangelo di salvezza agli uomini e alle donne che vivono immersi in un clima culturale e sociale che rende incerto e faticoso il loro cammino per un progressivo venir meno delle fede e della speranza cristiane, lasciandoli pericolosamente privi di quei punti di riferimento che hanno permesso alle generazioni passate di scrivere pagine gloriose di impegno e dedizione missionari e di promozione civile". Che la venuta del Successore di Pietro, scrivono ancora mons. Andrea Bruno Mazzocato, mons. Dino De Antoni, mons. Giampaolo Crepaldi e mons. Ovidio Poletto, "possa spronare tutti a spalancare mente e cuore ad accogliere il Signore Gesù e la Sua Parola di vita". Infine un pensiero particolare, rivolto ai sacerdoti, "sollecitandoli a preparare le loro Comunità con una rinnovata scoperta della fede cristiana – scrivono i quattro vescovi –, ricordando le nostre origini cristiane che si sono sviluppate nella fondazione del Patriarcato attraverso i due canali Aquileia-Venezia, portando il cristianesimo fino al Danubio. Inviteremo anche i vescovi dell’antica metropolia per rendere visibili i vincoli fraterni che ad essi ci legano".

Portale Arcidiocesi di Udine

Sesta Congregazione generale. Tra i temi il dialogo con l'islam illuminato, l’uguaglianza dei diritti e il rafforzamento dei mezzi di comunicazione

Dialogare con i “musulmani illuminati” per interpretare le leggi islamiche nel loro contesto storico e capire se la minaccia di morte per il musulmano che si converte ad un’altra religione proviene dallo stesso Profeta Maometto o da un califfo al tempo delle conquiste musulmane. Il tema della tolleranza della religione islamica è stata al centro, questa mattina, di alcuni interventi dei Padri Sinodali durante la sesta Congregazione generale del Sinodo per il Medio Oriente. Mons. Cyrille Salim Bustros, arcivescovo di Newton dei greco-melkiti (Usa) ha chiesto di aprire un dialogo con i “musulmani illuminati” per chiarire “il principio di tolleranza fissato dal Corano” che “deve venire prima di ogni legislazione stabilita in seguito”. “La società musulmana – ha detto il presule - non ha nulla da temere dal passaggio di alcuni musulmani al cristianesimo. Il primo principio di ogni società – ha puntualizzato - è l'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Il rispetto della coscienza individuale è il segno di riconoscimento della dignità della persona umana. Il XXI secolo è iniziato con l’essere il secolo del conflitto tra civiltà. E’ dovere dei cristiani e dei musulmani lavorare insieme per trasformarlo in un secolo di cooperazione tra civiltà per la promozione dei diritti umani e della pace nel mondo”. Sul tema si è espresso anche mons. Camillo Ballin, vicario apostolico di Kuwait, il quale ha ricordato che il Golfo, nella tradizione musulmana, “è terra sacra del Profeta e non dovrebbe esservi nessun’altra religione”. Tuttavia ha ricordato mons. Ballin, nel Golfo vivono circa 3 milioni di cattolici, la cui cura pastorale non può essere né “occultata” né “limitata” alla sola messa domenicale. “Chiediamo ai nostri fratelli musulmani di darci lo spazio per poter pregare in modo corretto” ha aggiunto il vescovo che, in conclusione ha esortato le Chiese a riscoprire la propria “dimensione missionaria”. “Una Chiesa che non ha spirito missionario, è destinata a vivere una vita che non è la vita ‘in abbondanza’ voluta dal Signore. E’ importante formare i cristiani nelle nostre chiese a uno spirito veramente cattolico e universale, in grado di spezzare le catene del provincialismo, anche religioso, del nazionalismo e del razzismo latente”. I fedeli della tormentata regione del Medio Oriente hanno il diritto di sperare e si aspettano molto da questo Sinodo: lo hanno a gran voce i vescovi, ribadendo che la regione mediorientale alterna pagine cupe a momenti di luce. Se in Libano, infatti, la Chiesa ha un ruolo primordiale e in certi Paesi del Golfo si contano nuove chiese o che Arabia Saudita si incoraggiano gli incontri interreligiosi, è anche vero che dove l’Islam è religione di Stato, la libertà religiosa manca, le leggi sull’immigrazione sono restrittive, i sacerdoti scarseggiano. Come conciliare tutto questo, chiede il Sinodo, con la tolleranza di cui parla il Corano, se manca la libertà di coscienza e i cittadini non sono tutti uguali davanti alla legge? In questo contesto è quindi importante rilanciare anche i sistemi di comunicazione che favoriscono la conoscenza reciproca, dettando l’agenda del pensiero delle persone. Spazio allora alla formazione mass mediatica non solo per i laici, ma anche per i seminaristi, in particolare alla cultura digitale, presente ormai anche nelle diverse nazioni del Medio Oriente. Altro tema forte trattato in Aula: l’evangelizzazione della famiglia, spesso attaccata dalla cultura occidentale che parla di divorzio o di contraccettivi. Il nucleo familiare va quindi recuperato come Chiesa domestica, fulcro della trasmissione della fede. I vescovi, poi, fanno autocritica: i cristiani non conoscono bene il Vangelo e le nostre divisioni causano dubbi e sofferenze. Come possono i fedeli guardare ad una Chiesa che non è in comunione? È giunto il momento, allora, di camminare insieme per il bene del popolo di Dio, perché la questione ecumenica in Medio Oriente è una delle principali sfide per la Chiesa di oggi. Per questo, il Sinodo suggerisce di creare le “Giornate Ecumeniche Mediorientali”, sul modello delle GMG. E ancora: l’Aula affronta la questione delle migrazioni, perché gli immigrati sono spesso “crocifissi” tra i Paesi di origine e quelli di accoglienza. Bisogna quindi incoraggiare i cristiani di Oriente a restare nei loro Paesi perché la loro presenza non è un caso, ma la volontà di Dio. Dall’altro lato, però, l’immigrazione giustificata è un diritto inalienabile, in linea con il rispetto della libertà e della dignità umana. Su tutto emerge, comunque, un messaggio fondamentale: bisogna passare dal concetto dell’aiuto dei cristiani d’Oriente a quello dello sviluppo, per radicarli nelle loro terre. Infine, ai Padri Sinodali è giunto il saluto del card. Roger Etchegaray, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che ha auspicato al Sinodo di guardare anche all’Estremo Oriente, per far sì che la Parola di Dio venga conosciuta anche in quelle regioni.

SIR, Radio Vaticana

Il Papa: una saggezza propositiva, risultato di un discernimento culturale ed etico, condizione per scelte politiche ed economiche per il bene comune

La disoccupazione e la precarietà ''costituiscono un ostacolo sul cammino della realizzazione dei propri ideali di vita, favorendo la tentazione del ripiegamento e del disorientamento'' ed è quindi necessario ''sostenere con forza e fattivamente l'insostituibile funzione sociale della famiglia''. Lo chiede Papa Benedetto XVI in un messaggio inviato al card. Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale italiana, per la 46° Settimana Sociale dei cattolici italiani, in corso a Reggio Calabria. ''A livello nazionale - scrive il Pontefice nel suo messaggio, letto ai delegati presenti a Reggio Calabria dal nunzio in Italia, mons. Giuseppe Bertello -, la conseguenza più evidente della recente crisi finanziaria globale sta nel propagarsi della disoccupazione e della precarietà, che spesso impedisce ai giovani - specialmente nelle aree del Mezzogiorno - di radicarsi nel proprio territorio, quali protagonisti dello sviluppo. Per tutti, comunque, tali difficoltà costituiscono un ostacolo sul cammino della realizzazione dei propri ideali di vita, favorendo la tentazione del ripiegamento e del disorientamento. Facilmente la sfiducia si trasforma in rassegnazione, diffidenza, disaffezione e disimpegno, a scapito del legittimo investimento sul futuro''. Per Papa Ratzinger, il problema ''non è soltanto economico, ma soprattutto culturale e trova riscontro in particolare nella crisi demografica''. ''A maggior ragione - afferma quindi il Pontefice -, bisogna riconoscere e sostenere con forza e fattivamente l'insostituibile funzione sociale della famiglia, cuore della vita affettiva e relazionale, nonchè luogo che più e meglio di tutti gli altri assicura aiuto, cura, solidarietà, capacitaà di trasmissione del patrimonio valoriale alle nuove generazioni''. ''E' perciò necessario - conclude - che tutti i soggetti istituzionali e sociali si impegnino nell'assicurare alla famiglia efficaci misure di sostegno, dotandola di risorse adeguate e permettendo una giusta conciliazione con i tempi del lavoro''. “Fare fronte ai problemi attuali, tutelando nel contempo la vita umana dal concepimento alla sua fine naturale, difendendo la dignità della persona, salvaguardando l’ambiente e promuovendo la pace – le parole del Papa – non è compito facile, ma nemmeno impossibile”, se non è delegato “soltanto alle pubbliche autorità”. ''Rinnovo l'appello perchè sorga una nuova generazione di cattolici, persone interiormente rinnovate che si impegnino nell'attività politica senza complessi d'inferiorità''. ''Tale presenza - ha aggiunto -, certamente, non s'improvvisa; rimane, piuttosto, l'obiettivo a cui deve tendere un cammino di formazione intellettuale e morale che, partendo dalle grandi verità intorno a Dio, all'uomo e al mondo, offra criteri di giudizio e principi etici per interpretare il bene di tutti e di ciascuno''. Per la Chiesa in Italia, “che opportunamente ha assunto la sfida educativa come prioritaria nel presente decennio, si tratta di spendersi nella formazione di coscienze cristiane mature, cioè aliene dall’egoismo, dalla cupidigia dei beni e dalla bramosia di carriera e, invece, coerenti con la fede professata, conoscitrici delle dinamiche culturali e sociali di questo tempo e capaci di assumere responsabilità pubbliche con competenza professionale e spirito di servizio”. “Muoversi secondo una prospettiva di responsabilità – ha spiegato il Papa – comporta la disponibilità a uscire dalla ricerca del proprio interesse esclusivo, per perseguire insieme il bene del Paese e dell’intera famiglia umana”. Nella dottrina sociale della Chiesa, “il bene comune è ciò che costruisce e qualifica la città degli uomini, il criterio fondamentale della vita sociale e politica, il fine dell’agire umano e del progresso; è “esigenza di giustizia e di carità”, cioè “promozione del rispetto dei diritti degli individui e dei popoli, nonché di relazioni caratterizzate dalla logica del dono”. Il bene comune, ha rimarcato Benedetto XVI citando l'Enciclica "Caritas in veritate", “trova nei valori del cristianesimo l’elemento non solo utile, ma indispensabile per la costruzione di una buona società e di un vero sviluppo umano integrale”. ''Uno dei vostri ambiti di approfondimento - scrive il Pontefice - riguarda il fenomeno migratorio e, in particolare, la ricerca di strategie e di regole che favoriscano l'inclusione delle nuove presenze''. ''Ai nostri giorni - aggiunge - il fenomeno ha assunto proporzioni imponenti: superata la fase dell'emergenza, nella quale la Chiesa si è spesa con generosità per la prima accoglienza, è necessario passare a una seconda fase, che individui, nel pieno rispetto della legalità, i termini dell'integrazione''. “Ai credenti, come pure a tutti gli uomini di buona volontà – prosegue Benedetto XVI – è chiesto di fare tutto il possibile per debellare quelle situazioni di ingiustizia, di miseria e di conflitto che costringono tanti uomini a intraprendere la via dell’esodo, promuovendo nel contempo le condizioni di un inserimento nelle nostre terre di quanti intendono, con il loro lavoro e il patrimonio della loro tradizione, contribuire alla costruzione di una società migliore di quella che hanno lasciato. Nel riconoscere il protagonismo degli immigrati, ci sentiamo chiamati a presentare loro il Vangelo, annuncio di salvezza e di vita piena”. ''Alla vigilia del 150° anniversario dell'Unità nazionale, - ha concluso il Papa - da Reggio Calabria possa emergere un comune sentire, frutto di un'interpretazione credente della situazione del Paese; una saggezza propositiva, che sia risultato di un discernimento culturale ed etico, condizione costitutiva delle scelte politiche ed economiche. Da ciò dipende il rilancio del dinamismo civile, per un futuro che sia - per tutti - all'insegna del bene comune''.

Mercoledì prossimo l'annuncio del Concistoro per i nuovi cardinali. Nove italiani tra gli elettori. La 'tentazione' musicale di Benedetto XVI

Si avvicina il giorno in cui il Papa annuncerà la convocazione di un Concistoro ordinario, e cioè l’appuntamento nel quale creare nuovi cardinali. L’annuncio dovrebbe essere dato mercoledì prossimo durante l'Udienza generale e la data dovrebbe essere sabato 20 novembre. Secondo indiscrezioni oltre alla ventina di cardinali elettori, con meno di ottant’anni, verranno creati altri tre ultraottantenni che resteranno fuori, qualora se ne presentasse l’occasione, dal conclave. Anche se i nomi di questi tre restano tutti da confermare, il Papa e il segretario di stato vaticano Tarcisio Bertone in qualsiasi momento hanno la facoltà di decidere chi nominare e quando, pare siano fondate le candidature di Domenico Bartolucci, Elio Sgreccia e Walter Brandmüller. Bartolucci, già direttore della Cappella Sistina dal 1956, venne messo da parte nel 1997 nonostante la nomina di Pio XII fosse “ad vitam”. La cacciata non piacque all’allora card. Ratzinger che oggi, portandolo al cardinalato, restituirebbe al musicista “figlio spirituale” di Giovanni Pierluigi da Palestrina, parte del torto subito. Sgreccia e Brandmüller hanno servito per anni il Papa nella curia romana. Il primo, teologo e bioeticista, ha guidato la Pontificia Accademia per la Vita. Il secondo, bavarese come il Papa, è stato presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche. Tra i nuovi cardinali elettori nove dovrebbero essere italiani: il pro Patrono del Sovrano Ordine di Malta Paolo Sardi, il Penitenziere maggiore Fortunato Baldelli, l’arciprete della Basilica di San Paolo Fuori le Mura Francesco Monterisi, il “ministro della Cultura” Gianfranco Ravasi, il presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa sede Velasio De Polis, il prefetto delle Cause dei Santi Angelo Amato, il prefetto del Clero Mauro Piacenza, l’arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori e l’arcivescovo di Palermo Paolo Romeo.
Tra gli stranieri una decina riceveranno la berretta rossa: gli arcivescovi di Washington Donald William Wuerl, di Kinshasa Laurent Monsengwo Pasinya, di Colombo Malcolm Ranjith Patabendige Don, di Varsavia Kazimierz Nycz, di Monaco Reinhard Marx e i capi dicasteri vaticani Raymond Leo Burke, prefetto della Segnatura apostolica, e Kurt Koch, presidente dell’Unità dei cristiani. E’ in questo Concistoro che sembra venga applicata la regola che vuole non si conceda la berretta a un ordinario di una diocesi in cui è presente un cardinale emerito con meno di ottant’anni. Se così fosse resteranno fuori i vescovi di Malines-Bruxelles, Praga, New York, Rio de Janeiro, Bogotà e Torino.


Paolo Rodari, Il Foglio

Il rabbino Rosen: la responsabilità ebraica di garantire la fioritura di comunità cristiane nella Terra Santa rafforzata dalla rinnovata fraternità

“I cristiani svolgono un ruolo assai importante nella promozione del dialogo e la collaborazione interreligiosi in Israele. La funzione dei cristiani è quella di contribuire al superamento del pregiudizio e del malinteso che affliggono la Terra Santa”. E’ quanto ha detto il Rabbino David Rosen, consigliere del Gran Rabbinato di Israele e direttore del "Department for Interreligious Affairs of the American Jewish Committee and Heilbrunn Institute for International Interreligious Understanding" (Israele), parlando ieri sera come invitato speciale del Papa al Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente, sul tema “La relazione Ebreo-Cristiana e il Medio Oriente”. Rosen ha affermato che “non è giusto aspettarsi che le piccole comunità cristiane locali siano in grado di sopportare da sole tale responsabilità, forse possiamo sperare che, se sostenute in questo dalla loro Chiesa universale e dall’autorità centrale, possano fungere da salutari operatori di pace”. Il rabbino ha ribadito l’importanza “di avere i dialoghi bilaterali - con gli ebrei e con l’Islam - e poi anche il dialogo trilaterale per vincere il sospetto, il pregiudizio e i malintesi, in modo che possiamo mettere in luce i valori condivisi dalla famiglia di Abramo per il bene di tutta l’umanità”. Per Rosen “la domanda fondamentale per il futuro delle nostre comunità è se i fratelli musulmani saranno capaci di considerare la presenza dei cristiani e degli ebrei come parte integrante e pienamente legittimata della regione nel suo insieme”, o per meglio dire, “se il mondo arabo possa o meno tollerare un sistema di governo sovrano non arabo al suo interno”. Il Rabbino si è poi soffermato sul rapporto tra la Chiesa Cattolica e il popolo ebraico che “presenta una felice trasformazione per i nostri tempi, senza paralleli storici. Naturalmente – ha riconosciuto Rosen - questa straordinaria trasformazione nel modo in cui il popolo ebraico viene considerato e presentato ha dovuto e deve ancora confrontarsi con l’influenza di secoli, se non di millenni di insegnamento del disprezzo nei confronti degli ebrei e dell’ebraismo, che ovviamente non può essere eliminato di punto in bianco e neppure dopo 45 anni. Inevitabilmente l’impatto di questa trasformazione nei rapporti cattolico-ebraici varia considerevolmente da un contesto all’altro, a seconda dell’influenza di fattori sociologici, educativi e perfino politici”. Come in Israele, dove “la vita quotidiana della stragrande maggioranza di arabi cristiani ed ebrei si svolge in seno ai loro rispettivi contesti. Di conseguenza fino a poco tempo fa la maggior parte della società israeliana non ha avuto alcun sentore dei profondi cambiamenti nei rapporti tra cattolici ed ebrei”. Una situazione che ha iniziato a cambiare per due importanti motivi: ”L’impatto della visita di Giovanni Paolo II nel 2000; per Israele vedere il Papa al Muro del Pianto è stato straordinario e commovente nel suo effetto. Gli ebrei di Israele hanno ancora molta strada da fare per superare un passato negativo, ma non c’è dubbio che da quella storica visita gli atteggiamenti sono cambiati”. Il secondo fattore “è l’influsso di altri cristiani che hanno raddoppiato l’assetto demografico del cristianesimo in Israele”. “La responsabilità ebraica di garantire la fioritura di comunità cristiane in mezzo a noi, in considerazione del fatto che la Terra Santa è la terra in cui nacque il Cristianesimo e dove si trovano i luoghi sacri - è stata la conclusione - viene rafforzata dalla nostra rinnovata e crescente fraternità”.

Il Papa a Santiago de Compostela e Barcellona. I numeri della consacrazione della Sagrada Familia: quasi 7mila fedeli all'interno e 40mila all'esterno

Quasi 7000 persone potranno assistere alla dedicazione della Sagrada Familia dall'interno del tempio di Barcellona, attorno al quale verranno collocate 40.000 sedie. L'organizzazione calcola che più di 150 milioni di persone vedranno in televisione la dedicazione di questo tempio da parte del Papa domenica 7 novembre. Lo ha annunciato l'arcivescovo di Barcellona, il card. Lluís Martínez Sistach, durante una conferenza stampa nella città catalana, durante la quale ha anche reso noti l'itinerario che il Pontefice percorrerà in papamobile dal Palazzo episcopale al tempio di Gaudí e altri dettagli della tappa papale, dopo quella di Santiago de Compostela. La cerimonia sarà concelebrata da 1100 sacerdoti, tra cui numerosi cardinali, vescovi e abati. Tra le 6900 persone che potranno partecipare all'atto all'interno del tempio ci saranno 2100 fedeli delle parrocchie di Barcellona, 180 dei quali provenienti dai vescovadi della Catalogna, 450 religiosi e religiose e 800 cantori. Ci saranno anche autorità, giovani, famiglie, lavoratori del tempio della Sagrada Familia, malati, giornalisti e rappresentanti di associazioni di malati, nonché rappresentanti di sordi e di associazioni religiose. Finora per coprire il viaggio papale a Santiago de Compostela e a Barcellona si sono accreditati più di 2000 giornalisti dei cinque continenti. La televisione pubblica autonoma Televisió de Catalunya trasmetterà in diretta l'evento di Barcellona e offrirà il segnale a tutte le televisioni interessate alle immagini di questo evento. Gli atti potranno essere seguiti anche via internet attraverso varie pagine web, tra cui quella predisposta dall'Arcivescovado di Barcellona. 800 persone di parrocchie, scuole, movimenti e facoltà di comunicazione si sono offerte come volontarie per collaborare. Sono già state ricevute più di 40mila domande per seguire l'atto dall'esterno del tempio della Sagrada Familia, dove verranno collocati anche dei maxischermi, oltre alle sedie. La preparazione della zona attigua al tempio perché la cittadinanza possa vivervi l'evento costerà circa mezzo milione di euro, 300.000 dei quali sono già arrivati attraverso donazioni. Il card. Martínez Sistach ha auspicato che “tutti possano scendere in strada per ringraziare il Santo Padre per aver lasciato Roma per venire a farci visita”. Papa Benedetto XVI percorrerà il cuore dell'Ensanche barcellonese in Papamobile per giungere alla Sagrada Familia dal Palazzo Episcopale, situato nel Quartiere Gotico. La papamobile uscirà alle 9.00 per Via Laietana-Pau Claris, girerà per la calle Diputación e avanzerà per calle Marina per arrivare alla Sagrada Familia verso le 9.30, quando ci sarà l'incontro con i Reali di Spagna. Giungendo al tempio, la papamobile farà tutto il giro della chiesa fino alla facciata della Gloria. Il coordinatore generale della tappa, padre Enric Puig, ha spiegato che tutti riceveranno indicazioni e suggerimenti per accedere ai luoghi dai quali seguiranno l'atto, sia all'interno della chiesa che nella zona circondata all'esterno. Il cardinale ha affermato che una volta che il Papa avrà recitato l'Angelus alla facciata del Nacimiento rientrerà nella Sagrada Familia per scoprire una targa commemorativa con la dichiarazione del tempio espiatorio Basilica, mentre il coro delle voci bianche di Montserrat interpreterà il canto del Virolai. Le monache benedettine del monastero barcellonese di San Pedro de las Puellas stanno preparando le tovaglie per l'altare che verrà consacrato quel giorno. Le benedettine di Montserrat stanno anche preparando le oltre 300 semplici pissidi di ceramica che verranno usate per distribuire la Comunione. Il pranzo del Papa nel Palazzo episcopale sarà a base di alimenti tipici della cucina della Catalogna, e non mancherà la famosa crema catalana. La corporazione dei pasticceri di Barcellona sta inoltre preparando una “mona”, un tipo di brioche di cioccolata della Sagrada Familia perché il Santo Padre possa conoscere la tradizione catalana di queste figure di cioccolato tipiche della Pasqua.

Zenit

Il Papa nel Regno Unito. Lettera di Benedetto: ringrazio gli organizzatori per il successo del viaggio e le opportunità senza precedenti concessemi

Benedetto XVI ha espresso gratitudine e ha inviato saluti affettuosi alle persone che hanno reso un “successo” il suo viaggio nel Regno Unito, dal 16 al 19 settembre scorsi. Il Papa lo fa in una lettera personale inviata all'arcivescovo Vincent Nichols di Westminster, presidente della Conferenza dei vescovi cattolici di Inghilterra e Galles, pubblicata questo martedì sul sito web del viaggio papale. “Le scrivo per ringraziarla con la massima sincerità per tutto ciò che lei e i suoi fratelli vescovi in Inghilterra e in Galles avete fatto per rendere la mia prima visita ufficiale nel Regno Unito un tale successo”. “La prego di estendere i miei ringraziamenti alle autorità civili ed ecclesiastiche che hanno lavorato con tanta cura per rendere la mia visita in Inghilterra così fruttuosa”, ha aggiunto. Il Santo Padre ha chiesto in particolare che l'arcivescovo “trasmetta i miei saluti affettuosi alla popolazione di Londra che mi ha dato un benvenuto così caloroso”. “Sono ben consapevole del significato degli eventi di quei giorni e delle opportunità senza precedenti che mi sono state concesse, sia dal Governo di Sua Maestà che dalla Chiesa in Inghilterra, per costruire nuove relazioni e rafforzare quelle esistenti, anche con i rappresentanti di altre religioni”, ha affermato Benedetto XVI. “E' stato per me particolarmente commovente a livello personale presiedere la Beatificazione del card. John Henry Newman”, ha aggiunto. Il Papa ha espresso la sua gratitudine per l'ospitalità dell'arcivescovo a Westminster “e per il benvenuto che mi hanno riservato i fedeli di Londra, soprattutto i giovani e gli anziani”. “Invocando l'intercessione di San Giorgio e San Davide, patroni di Inghilterra e Galles, imparto con piacere a lei e ai Vescovi, al clero, ai religiosi e ai fedeli laici in Inghilterra e in Galles la mia benedizione apostolica come pegno di grazia e di pace”.

Zenit