martedì 29 giugno 2010

Il Vaticano: siamo accerchiati ma più che mai necessario togliere le mele marce. Il Papa teme che l'eco dello scandalo pedofilia copra il 'repulisti'

"Accerchiamento". L’allarme filtra dalla Segreteria di Stato e diventa parola d’ordine in Curia di fronte alla bufera-pedofilia in Belgio e soprattutto alla prospettiva da incubo che d’ora in poi negli Usa venga permesso alle vittime di abusi sessuali del clero di chiamare in causa direttamente il Vaticano. Nei Sacri Palazzi ci si interroga su chi dall’interno stia passando ai mass media e ai magistrati anti-abusi i documenti sulle violenze sessuali dei sacerdoti. E mentre su entrambe le sponde dell’Oceano la Chiesa è sempre più nel mirino per i preti pedofili, il "repulisti" interno non si ferma, anzi "adesso è più che mai necessario arrivare fino in fondo e togliere le mele marce", assicurano nell’"inner circle" del Pontefice. Poi, "a lavoro finito, il caos delle polemiche lascerà spazio alla verità che distingue il bene dal male, il colpevole dall’innocente". Il Papa teme "la notte in cui tutte le vacche sono nere". La preoccupazione è che l’opera di pulizia nella Chiesa sia sovrastata dall’onda anomala del fango, dalla "caccia alle streghe". Adesso la Corte Suprema americana pone alla Santa Sede la questione più delicata perché "a questo punto diventa impossibile fermare i procedimenti", ammettono alla terza loggia del Palazzo Apostolico. Lo scenario più temuto si sta realizzando, cioè la prospettiva che i sacerdoti vengano assimilati a "impiegati" del Vaticano e che quindi il "datore di lavoro" sia ogni volta chiamato in causa per chiarire se abbia coperto o no le violenze sui minori. E per risponderne, anche nei risarcimenti economici. Oltretevere allarmano più di tutto il libero accesso ai documenti curiali e la possibilità per i tribunali di sentire come testimoni i vertici della piramide pontificia. Insomma rischia di naufragare l’"exit strategy", comunicativa e legale, che finora ha sempre puntato a "differenziare" le responsabilità "in loco" delle diocesi da quelle della Santa Sede. A essere minacciata è la tesi difensiva secondo la quale "ogni vescovo è Papa in casa sua" e che dunque "la Chiesa non è una multinazionale". Secondo il portavoce papale padre Federico Lombardi, in particolare, "il governo di Roma è un servizio all’unità della Chiesa, che offre indicazioni". Perciò, nella bufera-pedofilia, "non si possono imputare a Roma responsabilità concrete delle autorità locali". La maggioranza dei casi emersi "sono avvenuti trent’anni fa, mentre oggi la situazione è sensibilmente migliorata, in parte perché i criteri di selezione e formazione dei candidati al sacerdozio sono migliorati", precisa Lombardi. Il Papa "sta portando trasparenza" ed è "il paladino di come affrontare queste questioni, fin da quando era alla guida della Congregazione per la dottrina della fede, periodo nel quale, nel 2001, avviò una nuova legislazione". La "tolleranza zero" di Joseph Ratzinger non si riduce a un anatema religioso. I vescovi dovranno denunciare le nefandezze del "clero infedele" ai magistrati. I preti pedofili andranno sempre portati davanti ai giudici. Nulla legittimerà l’omertà davanti alla "vergogna". L’ex Sant’Uffizio sta ultimando le linee-guida che obbligheranno tutti gli episcopati nazionali ad applicare la linea introdotta proprio da Joseph Ratzinger dopo decenni di sottovalutazioni e insabbiamenti, come per il fondatore dei Legionari Maciel. L’arcivescovo gesuita Ladaria sta per presentare al Papa il pacchetto di provvedimenti anti-abusi che prevede maggiore selezione nell’accesso ai seminari con test e valutazioni psicologiche, rimozione immediata dall’incarico dei preti sospettati, cancellazione della prescrizione per i reati contro i minori, denuncia automatica alla magistratura. Nel frattempo però le gerarchie ecclesiastiche si sentono accerchiate e, come dimostra la disputa tra i cardinali Schoenborn e Sodano, rispondono attribuendosi reciprocamente le responsabilità.

Giacomo Galeazzi, La Stampa

L’avvocato americano della Santa Sede: l'annuncio della Corte Suprema non è una dichiarazione sul merito del caso del prete pedofilo

L’avvocato della Santa Sede negli Stati Uniti, Jeffrey Lena, ha rilasciato un comunicato alla stampa dopo l’annuncio che la Corte Suprema non si esprimerà sull’appello della Santa Sede. Il Vaticano aveva chiesto alla corte federale di fermare una causa in Oregon nella quale si accusa la Santa Sede di aver trasferito un sacerdote, nonostante le accuse di abusi sessuali. La decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti “di non esprimersi sull’istanza” della Santa Sede “non è una dichiarazione sul merito del caso”. E’ quanto sottolinea in una nota l’avvocato Jeffrey Lena aggiungendo che “significativamente” gli Stati Uniti concordano che la Santa Sede è “nel giusto sul merito”. L’effetto della decisione della Corte Suprema, spiega Lena, “è di far sì che la causa ritorni alla Corte distrettuale in Oregon, dove saranno ascoltate le rimanenti difese aggiuntive”. La parte lesa, ricorda l’avvocato americano, “si basa attualmente su una teoria giurisdizionale” secondo la quale “il sacerdote che ha commesso gli abusi era un ‘impiegato’ della Santa Sede”. Ovviamente, spiega il legale della Santa Sede negli Usa, “evidenzieremo alla Corte distrettuale che il prete in questione non è un impiegato della Santa Sede e che perciò la Corte distrettuale non ha giurisdizione sul caso”. “A nostro modo di vedere – prosegue il comunicato – non ci sono indizi di impiego”. La Santa Sede, infatti, “non paga lo stipendio” del sacerdote, “né esercita un controllo quotidiano” su di lui. Non c’è “alcun altro fattore – prosegue Lena – che indichi la presenza di un rapporto di lavoro”. Il prete, conclude la nota, fa parte dell’Ordine dei Frati Servi di Maria e “la sua esistenza era sconosciuta alla Santa Sede fino a dopo gli eventi in questione”.

Radio Vaticana

Benedetto XVI: l'esempio di Pietro e Paolo accenda il desiderio di compiere la volontà di Dio, affinchè la Chiesa sia sempre fedele al suo Signore

''L'esempio degli apostoli Pietro e Paolo illumini le menti e accenda nei cuori dei credenti il santo desiderio di compiere la volontà di Dio, affinchè la Chiesa pellegrina sulla terra sia sempre più fedele al suo Signore''. Lo ha chiesto Papa Benedetto XVI prima di recitare la preghiera dell'Angelus nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo. ''I due Santi Patroni di Roma, pur avendo ricevuto da Dio carismi diversi e missioni diverse da compiere, sono entrambi fondamenta della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica'', ha detto il Pontefice dalla finestra del suo appartamento. ''Per questo - ha aggiunto -, durante la Santa Messa di questa mattina nella Basilica Vaticana, ho consegnato a trentotto arcivescovi metropoliti il pallio, che simboleggia sia la comunione con il vescovo di Roma, sia la missione di pascere con amore l'unico gregge di Cristo''.

Il Papa: da Dio garanzia di libertà alla Chiesa dai lacci materiali che impediscono la missione e dai mali spirituali che intaccano la credibilità

La Chiesa festeggia oggi “le sue sante radici celebrando gli Apostoli Pietro e Paolo”. Nella Solennità dei Santi patroni della città di Roma, Benedetto XVI ha presieduto questa mattina la Santa Messa nella Basilica Vaticana. Durante la celebrazione,il Pontefice ha imposto il Sacro Pallio, simbolo "della comunione con il vescovo di Roma”, a 38 nuovi arcivescovi metropoliti. Il tema della libertà della Chiesa è stato al centro dell’omelia. “Il ministero petrino – ha affermato Benedetto XVI – è garanzia di libertà nel senso di piena adesione alla verità, all’autentica tradizione, così che il popolo di Dio sia preservato da errori concernenti la fede e la morale”. La libertà della Chiesa, garantita da Cristo a Pietro, si manifesta nella duplice dimensione storica e spirituale: “Dio - ha affermato il Papa - è vicino ai suoi fedeli servitori e li libera da ogni male, e libera la Chiesa da potenze negative”. “La promessa di Gesù – ‘le potenze degli inferi non prevarranno’ sulla Chiesa – comprende sì le esperienze storiche di persecuzione subite da Pietro e Paolo e dagli altri testimoni del Vangelo, ma va oltre, volendo assicurare la propria protezione soprattutto contro le minacce di ordine spirituale”. L’azione liberatrice di Dio, ha spiegato il Santo Padre, accompagna le vite di San Pietro e San Paolo. L’angelo del Signore “scioglie Pietro dalle catene e lo conduce fuori dal carcere di Gerusalemme, dove lo aveva fatto rinchiudere, sotto stretta sorveglianza, il re Erode”. Il Signore è stato sempre vicino anche a Paolo che “ha liberato da tanti pericoli” introducendolo poi “nel suo Regno eterno”. Come scrive Paolo nella Lettera agli Efesini, essere testimoni del Vangelo significa anche prendere parte ad una battaglia nel nome della libertà e della Verità.
“La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti”. Nella storia della Chiesa, che abbraccia due millenni, “non sono mai mancate per i cristiani le prove”. In alcuni periodi e luoghi queste prove hanno assunto “il carattere di vere e proprie persecuzioni”. “Queste, però, malgrado le sofferenze che provocano, non costituiscono il pericolo più grave per la Chiesa. Il danno maggiore, infatti, essa lo subisce da ciò che inquina la fede e la vita cristiana dei suoi membri e delle sue comunità, intaccando l’integrità del Corpo mistico, indebolendo la sua capacità di profezia e di testimonianza, appannando la bellezza del suo volto”. Riferendosi all’epistolario paolino, il Pontefice ha sottolineato alcuni gravi pericoli. La prima Lettera ai Corinzi “risponde ad alcuni problemi di divisioni, di incoerenze, di infedeltà al Vangelo, che minacciano seriamente la Chiesa”. La seconda Lettera a Timoteo parla dei pericoli degli “ultimi tempi”, identificandoli come “atteggiamenti negativi che appartengono al mondo e che possono contagiare la comunità cristiana”: “Egoismo, vanità, orgoglio, attaccamento al denaro...La conclusione dell’Apostolo è rassicurante: gli uomini che operano il male – scrive – ‘non andranno molto lontano, perché la loro stoltezza sarà manifesta a tutti’. Vi è dunque una garanzia di libertà assicurata da Dio alla Chiesa, libertà sia dai lacci materiali che cercano di impedirne e coartarne la missione, sia dai mali spirituali e morali, che possono intaccarne l’autenticità e la credibilità”. Il tema della libertà della Chiesa ha anche una specifica attinenza con il rito dell’imposizione del Pallio. Sul piano storico, l’unione con la Sede Apostolica, ha– sottolineato il Papa, assicura alle Chiese particolari “la libertà rispetto a poteri locali, nazionali o sovranazionali, che possono in certi casi ostacolare la missione della Chiesa”. Il fatto che, ogni anno, i nuovi metropoliti vengano a Roma a ricevere il Pallio va compreso “nel suo significato proprio, come gesto di comunione”.
Il tema della libertà della Chiesa offre, in quest’ottica, un’importante chiave di lettura: “Questo appare evidente nel caso di Chiese segnate da persecuzioni, oppure sottoposte a ingerenze politiche o ad altre dure prove. Ma ciò non è meno rilevante nel caso di Comunità che patiscono l’influenza di dottrine fuorvianti, o di tendenze ideologiche e pratiche contrarie al Vangelo. Il Pallio dunque diventa, in questo senso, un pegno di libertà, analogamente al ‘giogo’ di Gesù, che egli invita a prendere, ciascuno sulle proprie spalle”. La promessa di Cristo, ovvero che le potenze degli inferi non prevarranno sulla sua Chiesa, ha anche una “significativa valenza ecumenica”: “Queste parole possono avere anche una significativa valenza ecumenica dal momento che uno degli effetti tipici dell’azione del Maligno è proprio la divisione all’interno della comunità ecclesiale. Le divisioni, infatti, sono sintomi della forza del peccato, che continua ad agire nei membri della Chiesa anche dopo la redenzione”. Ma la parola di Cristo è chiara: “Non prevalebunt, non prevarranno”. “L’unità della Chiesa è radicata nella sua unione con Cristo, e la causa della piena unità dei cristiani – sempre da ricercare e da rinnovare, di generazione in generazione - è pure sostenuta dalla sua preghiera e dalla sua promessa”. “Con questi sentimenti di fiduciosa speranza – ha concluso il Papa - sono lieto di salutare la Delegazione del Patriarcato di Costantinopoli, che, secondo la bella consuetudine delle visite reciproche, partecipa alle celebrazioni dei Santi Patroni di Roma. Insieme rendiamo grazie a Dio per i progressi nelle relazioni ecumeniche tra cattolici ed ortodossi, e rinnoviamo l’impegno di corrispondere generosamente alla grazia di Dio, che ci conduce alla piena comunione”.

Radio Vaticana


59° ANNIVERSARIO DI ORDINAZIONE SACERDOTALE DI BENEDETTO XVI. 'VA BENE COSI', SEI SULLA STRADA GIUSTA'

“Eravamo più di quaranta candidati; quando venimmo chiamati, rispondemmo Adsum, “sono qui”. Era una splendida giornata d’estate, che resta indimenticabile, come il momento più importante della mia vita. Non si deve essere superstiziosi, ma nel momento in cui l’anziano arcivescovo impose le mani su di me, un uccellino - forse un’allodola - si levò dall’altare maggiore della cattedrale e intonò un piccolo canto gioioso; per me fu come se una voce dall’alto mi dicesse: va bene così, sei sulla strada giusta”.
(Joseph Ratzinger, La mia vita)