domenica 3 maggio 2009

La preghiera per le vocazioni, il pellegrinaggio di pace in Terra Santa, la solidarietà per le vittime dell'epidemia in Messico. L'Angelus del Papa

"Sono in ritardo, perchè ho appena finito la celebrazione in San Pietro durante la quale ho ordinato nuovi sacerdoti": il Papa si è scusato con la folla trepidante che lo ha atteso in Piazza San Pietro per la recita del Regina Caeli. Benedetto XVI si è affacciato con un quarto d'ora di ritardo, proprio perchè la Messa nella Basilica Vaticana è durata fino a mezzogiorno. Poi il tempo per il Pontefice per fare rientro in Vaticano e affacciarsi dalla finestra dello studio.
Il Papa ha invitato a "pregare molto per le vocazioni", perchè ci siano sempre più preti nel mondo. Benedetto XVI ha ricordato che oggi si celebra la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. "Sia personalmente che in comunità - ha detto - dobbiamo pregare molto per le vocazioni, perchè la grandezza e la bellezza dell'amore di Dio attiri tanti a seguire Cristo sulla via del sacerdozio e in quella della vita consacrata. Occorre anche pregare - ha proseguito - perchè ci siano altrettanti sposi tanti, capaci di indicare ai figli, soprattutto con l'esempio, gli orizzonti alti a cui tendere con la loro libertà".
Il Papa ha poi spiegato il senso del pellegrinaggio che compirà da venerdì in Terra Santa. Un viaggio che avrà anche "una notevole importanza ecumenica e interreligiosa". "C'è un'altra intenzione per la quale oggi vi invito a pregare - ha detto il Papa - il viaggio in Terra Santa che compirò, a Dio piacendo, dal prossimo venerdì 8 maggio al venerdì 15. Sulle orme dei miei venerati predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II, mi farò pellegrino ai principali luoghi santi della nostra fede. Con la mia visita mi propongo di confermare e di incoraggiare i cristiani di Terra Santa, che devono affrontare quotidianamente non poche difficoltà. Quale Successore dell'apostolo Pietro - ha proseguito il Pontefice - farò loro sentire la vicinanza e il sostegno di tutto il corpo della Chiesa". "Inoltre, mi farò pellegrino di pace, nel nome dell'unico Dio che è Padre di tutti. Testimonierò l'impegno della Chiesa Cattolica in favore di quanti si sforzano di praticare il dialogo e la riconciliazione - ha spiegato ancora Benedetto XVI - per giungere ad una pace stabile e duratura nella giustizia e nel rispetto reciproco. Infine, questo viaggio non potrà non avere una notevole importanza ecumenica e interreligiosa. Gerusalemme è, da questo punto di vista, la città-simbolo per eccellenza: là Cristo è morto per riunire tutti i figli di Dio dispersi".
Al termine della preghiera mariana del tempo pasquale, nei saluti in lingua spagnola, Benedetto XVI ha ricordato coloro che sono colpiti dall'epidemia. "Desidero esprimere la mia vicinanza e assicurare la mia preghiera per le vittime dell'influenza che sta colpendo il Messico e altri paesi. Cari fratelli messicani - esorta il Papa - mantenetevi saldi nel Signore, vi aiuterà a superare questa difficoltà. Vi invito a pregare in famiglia in questi momenti di prova".


Benedetto XVI: il mondo non vuole conoscere Dio per non essere disturbato dalla sua volontà. Ascoltare i suoi ministri potrebbe metterlo in crisi

La Basilica di San Pietro questa mattina era gremita per la Messa del Papa durante la quale ha ordinato 19 nuovi sacerdoti. In occasione della 6° Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni, infatti, Benedetto XVI ha conferito l'ordinazione presbiterale a 19 diaconi della diocesi di Roma. Tredici candidati provengono dal Collegio Redemptoris Mater del Movimento Neocatecumenale e sei dal Seminario Maggiore del Laterano. E tra i candidati 13 sono gli italiani mentre sei provengono da varie parti del mondo: Nigeria, Haiti, Croazia, Repubblica Ceca, Cile e Corea del Sud. Il più giovane è Andrea Cola di appena 24 anni e proviene dalla parrocchia di Santa Bernadette Soubiros.
I sacerdoti siano immagine di Cristo nel mondo e non si lascino trascinare da una certa mentalità che, dal mondo, arriva ad inquinare la Chiesa fin nei suoi ministri. Nell'omelia Benedetto XVI è tornato a riflettere su uno dei temi portanti del suo Magistero riguardanti la vocazione e la missione sacerdotale. Pietre d’angolo della Chiesa, testimoni credibili alla sequela del Buon Pastore, e non uomini contaminati da un tipo di società che “non conosce Dio” e più spesso ancora non ha alcuna intenzione di conoscerlo. Con la nettezza che lo ha sempre contraddistinto su questo argomento, Benedetto XVI - sviluppando idealmente l’omelia della Messa Crismale dello scorso Giovedì Santo - è tornato a tracciare lo spartiacque che vuole un ministro del Vangelo “nel” mondo ma non “del” mondo. Con l’intensità spirituale e simbolica che un tale gesto riveste, sempre particolarmente coinvolgente, le mani del Papa si sono posate durante la liturgia sulla testa di 19 uomini, alcuni dei quali in età matura, che hanno scelto di seguire le orme degli Apostoli. A loro, Benedetto XVI ha sottoposto il brano del Vangelo di Giovanni che afferma come il mondo non riconosca i sacerdoti perché non riconosce Dio. “E’ vero, e noi sacerdoti ne facciamo esperienza: il ‘mondo’ (…) non capisce il cristiano, non capisce i ministri del Vangelo. Un po’ perché di fatto non conosce Dio, e un po’ perché non vuole conoscerlo".
"Il mondo non vuole conoscere Dio per non essere disturbato dalla sua volontà, e perciò non vuole ascoltare i suoi ministri, questo potrebbe metterlo in crisi (…) Questo ‘mondo’ (…) nel senso evangelico, insidia anche la Chiesa, contagiando i suoi membri e gli stessi ministri ordinati (…) è una mentalità, una maniera di pensare e di vivere che può inquinare anche la Chiesa, e di fatto la inquina, e dunque richiede costante vigilanza e purificazione”. Per non cadere in questo rischio, il sacerdote deve entrare in piena comunione con Cristo, in modo “sacramentale” ma anche “esistenziale”, per essere “consacrato nella verità”. Il mezzo per realizzare questa comunione, ha indicato Benedetto XVI, è innestarsi con la preghiera in quella che Cristo ha levato a Dio perché custodisse i “suoi”: “Da qui deriva per noi presbiteri una particolare vocazione alla preghiera, in senso fortemente cristocentrico: siamo chiamati, cioè, a ‘rimanere’ in Cristo (…) e questo rimanere in Cristo si realizza particolarmente nella preghiera. Il nostro ministero è totalmente legato a questo ‘rimanere’ che equivale a pregare, e deriva da esso la sua efficacia”. La Messa quotidiana, dunque, ma anche la Liturgia delle ore, l’adorazione eucaristica, la Lectio divina, il rosario, la meditazione: da qui il sacerdote trae, ha affermato il Papa, la sua “linfa”. Il sacerdote “che prega, e che prega bene - ha soggiunto - viene progressivamente espropriato di sé e sempre più unito a Gesù Buon Pastore”, il cui nome è l’unico “che salva”: “L’apostolo, e quindi il sacerdote, riceve il proprio ‘nome’, cioè la propria identità, da Cristo. Tutto ciò che fa, lo fa in nome suo. Il suo ‘io’ diventa totalmente relativo all’’io’ di Gesù. Nel nome di Cristo, e non certo nel proprio nome, l’apostolo può compiere gesti di guarigione dei fratelli, può aiutare gli ‘infermi’ a risollevarsi e riprendere a camminare”.