sabato 24 aprile 2010

Il Papa a Malta. Il portavoce vaticano: l'incontro con le vittime di abusi speranza per una Chiesa capace di riconoscere le sue ferite con sincerità

L'incontro che il Papa ha avuto domenica scorsa a Malta "con alcune vittime di abusi sessuali ha trovato il suo significato di speranza nel contesto dell'incontro del Papa con una Chiesa viva e in cammino, capace di riconoscere le sue ferite con sincerità, ma anche di ottenere la grazia del risanamento". Lo sottolinea il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, nell'editoriale di Radio Vaticana. "Di questo messaggio avevamo bisogno", osserva. Il viaggio è stato "splendido", racconta padre Lombardi: "Ancora una volta preoccupazioni o timori della vigilia si sono dimostrati ingiustificati. Paradossalmente, però, il momento che i media mondiali attendevano maggiormente e di cui hanno più parlato è l'unico che è sfuggito al loro occhio, svolgendosi nella discrezione della preghiera e del rapporto più personale. Ma il modo in cui alcuni partecipanti ne hanno parlato ha toccato in profondità innumerevoli persone: un grande peso era stato tolto dal loro cuore, la guarigione era iniziata, la fiducia e la speranza rinascevano". "Il Papa, il mercoledì successivo, ha parlato - ricorda ancora il portavoce vaticano - della 'condivisione della sofferenza' e della sua 'commozione'. Alcuni giorni prima, aveva detto che la penitenza è una grazia, e arrivando a Malta per commemorare il naufragio di San Paolo aveva osservato che questo naufragio era stato un nuovo punto di partenza per la fede e la speranza degli abitanti dell'isola".

Apcom

Un sacerdote belga: negli anni '90 segnalai al card. Danneels del vescovo pedofilo, raccogliendo testimonianze delle vittime, ma non ebbi risposta

Un prete in pensione, Rik Deville, aveva già informato negli anni '90 il card. Godfried Danneels, allora arcivescovo di Bruxelles, degli abusi sessuali perpetrati dal vescovo dimissionario di Bruges, Roger Vangheluwe. E' quanto hanno riferito diverse emittenti televisive belghe, citando Deville. "Glielo avevo segnalato, ma non ebbi risposta. Non so cosa ne sia stato della mia segnalazione", ha dichiarato il religioso, che per lungo tempo ha raccolto le testimonianze delle vittime di abusi sessuali da parte di preti offrendo sostegno psicologico. Con questa testimonianza, l'alto prelato rischia di essere coinvolto nello scandalo scoppiato in Belgio a seguito delle dimissioni di mons. Roger Vangheluwe.

Apcom

V anniversario dell'Elezione di Benedetto XVI. Il Papa e la gioventù. Cinque anni, cinque continenti: le GMG e gli incontri con i giovani del mondo

Migliaia di fedeli gremivano Piazza San Pietro e il mondo intero aveva gli occhi puntati su quello spazio delimitato dal colonnato del Bernini. E in quella sera del 19 aprile del 2005 si aprì un nuovo capitolo nella storia della Chiesa. Dopo essere rimasti due giorni riuniti in conclave, 115 cardinali elessero alla quarta votazione, quella definitiva, Joseph Ratzinger come nuovo Papa della Chiesa Cattolica. Cinque anni sono ormai trascorsi da quel momento. Un lustro dall'ultimo "Habemus Papam" e dal saluto che, di lì a poco, il neoeletto Pontefice avrebbe rivolto al mondo intero dal balcone della Basilica di San Pietro. Un lustro dalla Messa di inizio del suo pontificato in cui il nuovo Papa avrebbe annunciato con fermezza quale sarebbe stato il suo vero programma di governo: "Non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia". Il pontificato di Giovanni Paolo II, lungo, fecondo e riformatore, restava alle spalle, ma in questi anni sono emerse non poche somiglianze tra i due Pontefici. Una di esse? La vicinanza, l'affetto nei confronti dei giovani. Per questo, in questi anni di pontificato, Benedetto XVI si è rivolto a loro in molteplici occasioni, mantenendo incontri e celebrazioni importanti in cui essi sono stati i protagonisti.
2005: GMG a Colonia
Appena quattro mesi dopo essersi posto al timone della Chiesa, Benedetto XVI tenne il suo primo grande incontro con i giovani di tutto il mondo in Germania. Fu alla GMG di Colonia, nell'agosto del 2005. I pellegrini assistettero all'incontro afflitti per la recente scomparsa di Giovanni Paolo II, ma incuriositi e attratti per il primo appuntamento con il nuovo Pontefice. "Non sapevamo se le sue parole e i suoi gesti ci sarebbero piaciuti, però fu veramente qualcosa di impressionante che non dimenticherò mai per tutta la mia vita. È qualcosa di storico e posso dire che "ero presente alla prima GMG di Benedetto XVI", fa notare David.

2006: Polonia e Spagna
Nel 2006, dopo Colonia, Benedetto XVI si recò in Polonia, nella terra del suo predecessore Giovanni Paolo II, e nel luglio del 2006 compì il suo primo viaggio in Spagna in occasione del V Incontro Mondiale delle Famiglie a Valencia. Lì si riunirono più di mille famiglie, ma anche migliaia di giovani che ascoltarono attentamente le parole del Pontefice dando all'incontro un tono festivo e vivace.
2007: Loreto e Brasile
Una partecipazione di massa si registrò anche all'incontro organizzato subito dopo le vacanze estive del 2007. Il 1º settembre, Benedetto XVI raggiunse Loreto, la città marchigiana che custodisce la Santa Casa di Loreto. Secondo la tradizione quella è proprio la casa di Nazareth in cui avvenne l'Annunciazione e l'Arcangelo Gabriele apparve alla Vergine Maria. In essa visse anche la Santa Famiglia al suo ritorno dall'Egitto. L'incontro si celebrò in occasione dell'Agorà dei Giovani Italiani, una manifestazione promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana. Ben 500.000 giovani parteciparono alla Veglia e alla Messa conclusiva presieduta dal Santo Padre. Tra di essi vi era anche Piero, nativo di Udine e studente in medicina. "Quell'incontro ha segnato la mia vita". "Ricordo che il Papa rispose alle domande di alcuni giovani; le stesse domande che anch'io mi facevo ogni giorno in cuor mio", ricorda Piero. "Benedetto XVI rispose a ognuno di loro e mentre rispondeva a loro rispondeva anche a me, chiariva i miei dubbi e quelli dei giovani lì riuniti", racconta emozionato.
Lo stesso anno il Santo Padre partì per uno dei suoi viaggi più importanti fino a quel momento. A bordo dell'aereo papale, Benedetto XVI solcò per lunghe ore i cieli fino ad arrivare in Brasile per quella che sarebbe stata la sua prima visita in America Latina. Il secondo giorno, nello Stadio municipale di Pacaembu, si riunì con più di cinquantamila giovani provenienti da 204 diocesi brasiliane e da altri Paesi come Argentina, Uruguay, Cile, Paraguay, Perù, Honduras, Messico e Bolivia.
2008: Stati Uniti e GMG a Sydney
Dal 15 al 21 aprile 2008, il Romano Pontefice visitò gli Stati Uniti. Lì, in varie occasioni, ebbe l'opportunità di incontrare i giovani americani. Tra gli eventi con la più grande partecipazione di folla si ricordano la Messa al National Stadium di Washington e l'incontro con il mondo universitario cattolico all'Università Cattolica di America. Il giorno seguente, a New York, il Pontefice incontrò i giovani e i seminaristi nel Seminario San Giuseppe.
Quattro mesi dopo, nel luglio dello stesso anno, Benedetto XVI si preparò a incontrare i giovani a Sydney, Australia, per quella che sarebbe stata la sua seconda Giornata Mondiale della Gioventù. Belén, 22 anni, di Madrid, assicura che quel pellegrinaggio la aiutò "nella fede" e le fece capire "di non essere sola nella Chiesa; migliaia di giovani come me avevano percorso tutti quei chilometri di distanza per incontrare Gesù Cristo nella persona del Papa". "La veglia di preghiera del sabato sera mi commosse profondamente", racconta Belén. "La GMG è una grande festa della fede", aggiunge, mentre ricorda l'esperienza del suo pellegrinaggio. Anche César la pensa così. La GMG di Sydney fu il suo primo grande pellegrinaggio. Pieno di gioia prese l'aereo a Siviglia e un giorno più tardi atterrò in terra australiana. "Avevo un po' di paura perché non avevo mai partecipato a una GMG, e non avevo neanche mai viaggiato così lontano, ma mi passò ogni paura dopo due giorni di permanenza lì", assicura sorridendo. "La cosa che più mi è piaciuta di più e che più mi ha aiutato? L'evangelizzazione per le strade e vedere che il Papa, nonostante l'età e le difficoltà, era sempre contento e raggiante.
2009: Terra Santa
Un'altra dimostrazione della vicinanza di Benedetto XVI ai giovani nei suoi primi anni di pontificato si osservò durante il suo viaggio apostolico in Terra Santa. Dall'8 al 15 maggio 2009, centinaia di giovani, per la maggior parte europei, accompagnarono il Papa in quella terra soprannominata "Quinto Vangelo" cantando e manifestando il loro affetto per il Pontefice nei vari luoghi da lui visitati e in particolar modo durante la Messa celebrata al Monte del Precipizio a Nazareth.
2010: 25º anniversario della GMG
Il 25 marzo 2010, più di 70.000 persone assistettero alla celebrazione del 25º "compleanno" della Giornata Mondiale della Gioventù a Roma. Il Papa incoraggiò i giovani a superare le difficoltà per vivere una vita cristiana così come in ogni professione si fanno sacrifici per migliorare. Il Santo Padre ricordò, a questo proposito, che anche nell'amore vi sono "regole essenziali": "La famiglia come fondamento della società, la vita che deve essere rispettata come dono di Dio, una sessualità ordinata nella relazione tra uomo e donna, l'ordine sociale e, infine, la verità".
Questi sono solo alcuni degli incontri che Benedetto XVI ebbe con i giovani in questi cinque anni di pontificato. In ognuno di essi i giovani sono stati molto presenti e, senza alcun dubbio, continueranno a esserlo, perché "questa è la gioventù del Papa!" e questa ne è la dimostrazione.

JMJ Madrid 2011

Il card. Bagnasco al Papa: con la sua parola e la sua testimonianza non ha smesso di dirci che la Chiesa è viva e giovane anche nei momenti di prova

“Siamo qui con la disponibilità a non rimanere indifferenti davanti alle tante persone che oggi vivono nei deserti del mondo. Intendiamo valorizzare tutte le strade che il continente digitale offre, per farci sempre più prossimi all’uomo”. Lo ha detto il card. Angelo Bagnasco (nella foto con Benedetto XVI), presidente della Conferenza Episcopale, nel suo breve saluto al Papa primo del suo intervento nell'Aula Paolo VI riempita dei partecipanti al convegno CEI “Testimoni digitali”. Il cardinale ha voluto porgere a nome di tutti i presenti un “ringraziamento” a Benedetto XVI per aver accettato cinque anni fa “la missione di essere nostro pastore e guida attraverso questo nostro tempo”. Ed ha aggiunto: “Con la sua parola e la sua testimonianza non ha smesso di dirci che la Chiesa è viva, la Chiesa è giovane, e che porta in sè il futuro del mondo e perciò mostra anche a ciascuno di noi la strada verso il futuro. Questa realtà – ha proseguito Bagnasco - rimane vera anche nei momenti in cui sperimentiamo la prova, quando desidereremmo che Dio si mostrasse più forte e sconfiggesse il male. Non sono infatti proprio questi i momenti di sofferenza quelli nei quali più entriamo nel mistero della pazienza di Dio con la quale egli redime il mondo?”. Il cardinale presidente ha ricordato come il Papa abbia sempre dato voce “alle tante forme di deserto in cui l’umanità si dibatte: il deserto della povertà, il deserto della fame e della sete, il deserto dell’abbandono, della solitudine, dell’amore distrutto, il deserto dell’oscurità di Dio dello svuotamento delle anime senza più coscienza della dignità e del cammino dell’uomo”. Facendo quindi riferimento ai lavori del convegno CEI sulle comunicazioni, ha detto al Papa: “Oggi davanti a lei sono riuniti gli operatori e gli animatori della cultura e della comunicazione. In questi giorni abbiamo riflettuto sul grande potenziale costituito dalle tecnologie digitali e su come esse stiano modificando non soltanto il nostro modo di informarci e comunicare ma anche e più in profondità le stesse relazioni tra le persone. Siamo consapevoli che aprono grandi opportunità anche per la diffusione dell’annuncio cristiano”. “Intendiamo con la forza che ci viene dal suo limpido magistero – ha concluso il cardinale - portare avanti la missione di costruire ponti di comprensione e comunione perché cresce il dialogo e la pace nella società e mostrare agli uomini del nostro tempo e all’umanità smarrita di oggi che Dio è vicino e che in Cristo tutti ci apparteniamo”.

SIR

Il Papa all'ambasciatore belga: la Chiesa reclama solo la libertà di proporre il suo messaggio senza imporlo. La vita e la dignità umane bene prezioso

“Avendo come obiettivo il bene comune, la Chiesa non reclama altro che la libertà di poter proporre” il suo “messaggio senza imporlo”, “nel rispetto della libertà delle coscienze”: è quanto ha detto oggi il Papa nel suo discorso all’ambasciatore del Belgio, Charles Ghislain, in occasione della presentazione delle credenziali (foto). Ricordando l’importante ruolo del Belgio nell’ambito delle istituzioni europee, Benedetto XVI ha sottolineato quanto il Paese si sia distinto “nella ricerca di un consenso in situazioni assai complesse”. Per Benedetto XVI, quella ricerca del consenso che ha distinto il Belgio nelle questioni politiche europee è da incoraggiare anche per le “sfide interne”. “Per portare frutto a lungo termine – ha aggiunto il Papa – l’arte del consenso non si riduce ad una abilità puramente dialettica, ma deve cercare il vero e il bene”. Nel chiedere al nuovo ambasciatore di porgere i propri saluti al re Alberto II, Benedetto XVI ha voluto ricordare le due dolorose tragedie che hanno colpito il Belgio quest’anno: il crollo di una palazzina a causa di una fuga di gas a Liege a gennaio, e l’incidente ferroviario di Buizingen a febbraio. “Queste catastrofi – ha osservato il Pontefice – ci fanno misurare la fragilità dell’esistenza umana e la necessità, per proteggerla, di una autentica coesione sociale, che non indebolisce la legittima diversità delle opinioni”. “La vita e la dignità umane costituiscono un bene prezioso – ha proseguito il Papa – che bisogna difendere e promuovere con risoluzione appoggiandosi sul diritto naturale”. Benedetto XVI ha poi ribadito che “la Chiesa si inscrive pienamente nella storia e nel tessuto sociale” della nazione belga ed “auspica di continuare ad essere un fattore di convivialità armoniosa fra tutti”, apportando “un contributo assai attivo, specialmente, attraverso le sue numerose istituzioni educative, le sue opere a carattere sociale, e tramite l’impegno benevolo di numerosi fedeli”. Dal canto suo, il nuovo ambasciatore del Belgio presso la Santa Sede ha richiamato i principi della laicità che ispirano i movimenti politici del Paese, dove diverse culture e religioni convivono in armonia. “Abbiamo edificato una società in cui tutte le confessioni, filosofie e culture rispettano in maniera costruttiva le specificità di ciascuno” ha spiegato il diplomatico precisando che, se il Belgio appare un Paese diviso, la sua Conferenza episcopale è unita e pratica una sussidiarietà che tutti apprezzano, così come il Consiglio belga dei leader religiosi ha un indirizzo comune solidale, uno spirito aperto ed è impegnato nella difesa dei diritti umani. All’ambasciatore che ha espresso la volontà di apportare il proprio contributo al dialogo per la pace, il Papa ha risposto che “la Chiesa è...felice di mettersi a servizio di tutte le componenti della società belga” e che essa, “come istituzione, possiede un diritto ad esprimersi pubblicamente”, diritto condiviso “con tutti gli individui e tutte le istituzioni per manifestare il proprio parere sulle questioni di interesse comune”. Il Pontefice ha inoltre richiamato la figura del belga Joseph de Veuster recentemente canonizzato, esempio di carità cristiana di cui i belgi devono esser fieri. E si è detto convinto che, “malgrado le evoluzioni sociali, il concime cristiano è ancora ricco” in terra belga e che “può nutrire generosamente l’impegno di un numero crescente di volontari”. Infine, Benedetto XVI ha rivolto un pensiero ai vescovi del Belgio, che saranno a Roma in visita 'ad Limina apostolorum' a partire dal 3 maggio, e ancora ai sacerdoti e alla comunità cattolica belga, esortando ad una testimonianza audace della fede e di “valori che rispettino la natura umana e che corrispondano alle aspirazioni spirituali più profonde e più autentiche della persona”.

Radio Vaticana

All'Ambasciatore del Belgio (24 aprile 2010) - il testo integrale del discorso del Papa

Il Papa: vogliamo prendere il largo nel mare digitale con un cuore credente, per dare un’anima all’ininterrotto flusso comunicativo della rete

“Il tempo che viviamo conosce un enorme allargamento delle frontiere della comunicazione, realizza un’inedita convergenza tra i diversi media e rende possibile l’interattività”. Lo ha detto questa mattina Benedetto XVI, ricevendo in udienza nell'Aula Paolo VI i partecipanti al convegno “Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era crossmediale”, promosso dalla Conferenza Episcopale italiana. La rete manifesta, ha osservato il Papa, “una vocazione aperta, tendenzialmente egualitaria e pluralista, ma nel contempo segna un nuovo fossato: si parla, infatti, di digital divide. Esso separa gli inclusi dagli esclusi e va ad aggiungersi agli altri divari, che già allontanano le nazioni tra loro e anche al loro interno”. Non solo: “Aumentano pure i pericoli di omologazione e di controllo, di relativismo intellettuale e morale, già ben riconoscibili nella flessione dello spirito critico, nella verità ridotta al gioco delle opinioni, nelle molteplici forme di degrado e di umiliazione dell’intimità della persona”. Questo convegno, invece, ha sottolineato il Pontefice, “punta proprio a riconoscere i volti, quindi a superare quelle dinamiche collettive che possono farci smarrire la percezione della profondità delle persone e appiattirci sulla loro superficie: quando ciò accade, esse restano corpi senz’anima, oggetti di scambio e di consumo”. “L’amore nella verità” costituisce “una grande sfida per la Chiesa in un mondo in progressiva e pervasiva globalizzazione” e i media possono diventare “fattori di umanizzazione”, ha affermato Benedetto XVI, “non solo quando, grazie allo sviluppo tecnologico, offrono maggiori possibilità di comunicazione e di informazione, ma soprattutto quando sono organizzati e orientati alla luce di un’immagine della persona e del bene comune che ne rispetti le valenze universali”. Ciò richiede, ha proseguito il Papa, richiamando la sua Enciclica “Caritas in veritate”, che “essi siano centrati sulla promozione della dignità delle persone e dei popoli, siano espressamente animati dalla carità e siano posti al servizio della verità, del bene e della fraternità naturale e soprannaturale”. Solamente a tali condizioni, ha avvertito il Pontefice, “il passaggio epocale che stiamo attraversando può rivelarsi ricco e fecondo di nuove opportunità. Senza timori vogliamo prendere il largo nel mare digitale, affrontando la navigazione aperta con la stessa passione che da duemila anni governa la barca della Chiesa. Più che per le risorse tecniche, pur necessarie, vogliamo qualificarci abitando anche questo universo con un cuore credente, che contribuisca a dare un’anima all’ininterrotto flusso comunicativo della rete”. “Il compito di ogni credente che opera nei media è quello di spianare la strada a nuovi incontri, assicurando sempre la qualità del contatto umano e l’attenzione alle persone e ai loro veri bisogni spirituali; offrendo agli uomini che vivono questo tempo 'digitale' i segni necessari per riconoscere il Signore”: è questa, ha ricordato Benedetto XVI, “la missione irrinunciabile della Chiesa”. Anche nella rete i credenti sono chiamati a collocarsi come “animatori di comunità”, attenti a “preparare cammini che conducano alla Parola di Dio”, e ad esprimere una particolare sensibilità per quanti “sono sfiduciati ed hanno nel cuore desideri di assoluto e di verità non caduche”. La rete potrà così diventare una sorta di “portico dei gentili”, dove “fare spazio anche a coloro per i quali Dio è ancora uno sconosciuto”. Gli animatori della cultura e della comunicazione sono segno vivo di quanto “i moderni mezzi di comunicazione siano entrati da tempo a far parte degli strumenti ordinari, attraverso i quali le comunità ecclesiali si esprimono”. “Le voci, in questo campo, in Italia non mancano”, ha aggiunto il Papa ricordando il quotidiano Avvenire, l’emittente televisiva Tv2000, il circuito radiofonico inBlu e l’agenzia di stampa SIR, i periodici cattolici, la rete capillare dei settimanali diocesani e i siti internet di ispirazione cattolica. “Esorto tutti i professionisti della comunicazione a non stancarsi di nutrire nel proprio cuore quella sana passione per l’uomo che diventa tensione ad avvicinarsi sempre più ai suoi linguaggi e al suo vero volto. Vi aiuterà in questo una solida preparazione teologica e soprattutto una profonda e gioiosa passione per Dio, alimentata nel continuo dialogo con il Signore”: è questo l'invito di Benedetto XVI. “Le Chiese particolari e gli istituti religiosi, dal canto loro, non esitino a valorizzare i percorsi formativi proposti dalle Università Pontificie, dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dalle altre Università cattoliche ed ecclesiastiche, destinandovi con lungimiranza persone e risorse. Il mondo della comunicazione sociale entri a pieno titolo nella programmazione pastorale”, ha aggiunto. Ringraziando per il servizio reso alla Chiesa e quindi alla causa dell’uomo, il Papa ha esortato “a percorrere, animati dal coraggio dello Spirito Santo, le strade del continente digitale. La nostra fiducia non è acriticamente riposta in alcuno strumento della tecnica. La nostra forza sta nell’essere Chiesa, comunità credente, capace di testimoniare a tutti la perenne novità del Risorto, con una vita che fiorisce in pienezza nella misura in cui si apre, entra in relazione, si dona con gratuità”.

24 aprile 2005, il Papa inaugura il Pontificato: pregate perché io impari ad amare sempre più la Chiesa, perché non fugga per paura davanti ai lupi

Il 24 aprile di cinque anni fa, Benedetto XVI inaugurava il suo Ministero, presiedendo in una affollatissima Piazza San Pietro la Messa di inizio Pontificato. Nella lunga, intensa omelia che caratterizzò quella cerimonia, il neo eletto Papa mostrò con chiarezza quella profondità di pensiero che sarà un tratto distintivo di tutti i suoi successivi insegnamenti. Un Papa parla alle anime per definizione. Ma se si vuole sentir parlare l’anima stessa di un Papa, toccare quasi i suoi sentimenti umani più profondi, i suoi pensieri spirituali più intimi, c’è un tempo e un luogo irripetibili: la Messa di inizio del Ministero Petrino, la massima celebrazione nella quale per la prima volta il nuovo Pastore si mostra al gregge come sua guida suprema. Le parole pronunciate quel giorno sono come un lampo nel buio, uno squarcio di luce che rivela in un solo istante quanto e più di ciò che nei giorni successivi, nei mesi e negli anni, assumerà la sostanza e gli argomenti di un magistero ragionato. In quella particolare celebrazione, il nuovo Papa offre le primizie della sua anima e della sua umanità, della sua indole e della sua cultura, in una sintesi tesa a trovare parole per comunicare il mistero privato che una fumata bianca ha reso universale: l’essere il Vicario di Cristo in terra e, insieme, il Servo dei servi di Dio; l’alfa e l’omega di un ministero che non ha eguali al mondo. Anche ad anni di distanza, in quelle primizie è sempre possibile rintracciare il senso del ministero. Così accade oggi se l’orecchio del cuore ritorna agli echi di Piazza San Pietro, in quel 24 aprile 2005: “Ed ora, in questo momento, io debole servitore di Dio devo assumere questo compito inaudito, che realmente supera ogni capacità umana. Come posso fare questo? Come sarò in grado di farlo? Voi tutti, cari amici, avete appena invocato l'intera schiera dei santi, rappresentata da alcuni dei grandi nomi della storia di Dio con gli uomini. In tal modo, anche in me si ravviva questa consapevolezza: non sono solo. Non devo portare da solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei santi di Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta. E la Vostra preghiera, cari amici, la Vostra indulgenza, il Vostro amore, la Vostra fede e la Vostra speranza mi accompagnano”.
Anzitutto, quel giorno, il nuovo Papa comunica alla Chiesa una certezza: sei viva. Sei giovane. Come quei giovani, e non più tanto giovani, che per giorni, in un gigantesco e paziente affluente umano, hanno voluto portare l’ultimo bacio e il sussurro di una preghiera a Giovanni Paolo II. All’ombra del grande Papa adesso c’è un nuovo inizio, dice il nuovo Papa. E dalla cifra di una personalità per anni descritta con stucchevoli clichè, attribuibili a un burbero quanto generico “sorvegliante”, si staglia uno sconosciuto ma autentico tratto caratteriale, l’umiltà: “Il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia”.
L’uomo diventato Papa parla del ruolo del Pastore. E’ un ruolo che richiede una consapevolezza che lui ha maturato servendo la Chiesa da un vertice che esigeva equilibrio, misura, trasparenza. Ed è consapevole dell’esistenza di “deserti” umani che fanno spavento e sono conosciuti, la miseria, la fame, e di abissi interiori che lui e in pochi conoscono: “Vi è il deserto dell’oscurità di Dio, dello svuotamento delle anime senza più coscienza della dignità e del cammino dell’uomo. I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi. Perciò i tesori della terra non sono più al servizio dell’edificazione del giardino di Dio, nel quale tutti possano vivere, ma sono asserviti alle potenze dello sfruttamento e della distruzione”.
E’ riconosciuto il male, ma anche la direzione della salvezza. Sono la Chiesa e i Pastori, afferma il nuovo Papa, che “come Cristo devono mettersi in cammino per condurre gli uomini fuori dal deserto verso l’amicizia con il Figlio di Dio”. Per quello e solo per quello si è chiamati al sacerdozio, si è cristiani: “Noi esistiamo, pastori e cristiani, per mostrare Dio agli uomini. E solo laddove si vede Dio, comincia veramente la vita. Solo quando incontriamo in Cristo il Dio vivente, noi conosciamo che cosa è la vita. Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario. Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con lui”.
Altre parole ispirate, altre immagini che valgono da sole cento omelie: “noi soffriamo per la pazienza di Dio” verso chi compie il male, “e nondimeno abbiamo tutti bisogno della sua pazienza” perché “ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai suoi crocifissori”. Il nuovo Papa ha appena preso la parola e le sue parole rivelano una sapienza consumata. Ma il sapiente è, nel più profondo, un uomo umile, ai suoi primi colpi nella Vigna del Signore. Il nuovo capo di un corpo al quale chiede, e lo fa ancora oggi, il suo sostegno: “Pregate per me, perché io impari ad amare sempre più il suo gregge – voi, la Santa Chiesa, ciascuno di voi singolarmente e voi tutti insieme. Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi”.

Radio Vaticana