giovedì 30 giugno 2011
Per festeggiare con il Papa i 60 anni di sacerdozio giunti a Roma il fratello Georg e altri tre dei sacerdoti consacrati il 29 giugno 1951 a Frisinga

Agi
I primi dati sulle visite a 'news.va', il portale che riunisce i media vaticani. Il 60° di Ordinazione di Joseph Ratzinger la notizia più cliccata

Marcello Filotei, L'Osservatore Romano
E' morto il card. Georg Sterzinsky. Il Papa: suo lungo operare caratterizzato alla conciliazione, unì la diocesi di Berlino come vescovo di tutti

La Chiesa tedesca è, dunque, in lutto per la scomparsa del card. Sterzinsky. Dopo le difficoltà del secondo dopo guerra, che costrinsero la sua famiglia ad abbandonare la propria casa per trovare asilo nel 1946 a Thüringen, il futuro arcivescovo di Berlino cominciò a metà anni ’50 a svolgere studi filosofici e teologici presso il Seminario regionale di Erfurt. Nel 1960 è stato ordinato sacerdote. Per quindici anni, dal 1966 al 1981, è stato parroco della comunità di San Giovanni Battista nella Città Universitaria di Jena. Si trattava della più numerosa comunità parrocchiale compresa nel territorio della ex-Repubblica Democratica Tedesca. Successivamente, come amministratore apostolico dei Territori di Erfurt-Meiningen si è impegnato particolarmente in campo ecumenico. Il 28 maggio 1989 è stato eletto vescovo di Berlino, poi elevata a sede metropolitana. Dunque, come presule ha vissuto gli avvenimenti che hanno scandito l'abbattimento della cortina di ferro e il crollo del muro di Berlino. Nel 1990, con l’unificazione della Germania, anche la Conferenza Episcopale di Berlino è confluita nella Conferenza Episcopale di Germania, sotto la presidenza del vescovo di Mainz, Karl Lehmann. Giovanni Paolo II lo ha creato cardinale nel Concistoro del 28 giugno 1991. Il Collegio cardinalizio è ora formato da 197 porporati di cui 114 elettori e 83 ultraottantenni. I cardinali tedeschi sono ora sette di cui 5 elettori e 2 ultraottantenni.
SIR, Radio Vaticana
Vian: Benedetto XVI ha dedicato e dedica ogni giorno della sua vita a scoprire la grandezza dell'amore di Dio e a cercare sempre più la sua amicizia

SIR
Il sacerdozio di Benedetto XVI
Il Papa: 'L'Osservatore Romano' un 'giornale di idee', organo di formazione e non solo di informazione, mantenga fedelmente il compito di 150 anni

“Un lungo e significativo cammino ricco di gioie, di difficoltà, di impegno, di soddisfazioni, di grazia”. La ricorrenza, ha spiegato, “è innanzitutto motivo di ringraziamento a Dio pro universis beneficiis suis: per tutto quello, cioè, che la sua Provvidenza ha disposto in questo secolo e mezzo, durante il quale il mondo è cambiato profondamente, e per quanto dispone oggi, quando i cambiamenti sono continui e sempre più rapidi, soprattutto nell’ambito della comunicazione e dell’informazione”. Allo stesso tempo, offre anche “l’occasione per alcune riflessioni sulla storia e sul ruolo di tale quotidiano”, chiamato abitualmente “il giornale del Papa”. Il Papa ha ricordato che “L’Osservatore Romano ebbe origine in un contesto difficile e decisivo per il Papato, con la consapevolezza e la volontà di difendere e sostenere le ragioni della Sede Apostolica, che sembrava essere messa in pericolo da forze ostili". Fondato per iniziativa privata con l’appoggio del Governo pontificio, questo foglio serale si definì “politico religioso”, proponendosi come obiettivo “la difesa del principio di giustizia, nella convinzione, fondata sulla parola di Cristo, che il male non avrà l’ultima parola”. Questo obiettivo e questa convinzione sono stati espressi dai due celebri motti latini: “Unicuique suum” e, soprattutto, “Non praevalebunt”. "Nel 1870 la fine del potere temporale - avvertita poi come provvidenziale nonostante soprusi e atti ingiusti subiti dal Papato - non travolse - ha sottolineato il Pontefice - L'Osservatore Romano, né rese inutili la sua presenza e la sua funzione". Quindici anni dopo, la Santa Sede decise di acquisire la proprietà del quotidiano, e il controllo diretto da parte dell’autorità pontificia aumentò prestigio e autorevolezza del giornale, “che crebbero ulteriormente in seguito, soprattutto per la linea di imparzialità e di coraggio mantenuta di fronte alle tragedie e agli orrori che segnarono la prima metà del Novecento”. Seguirono “avvenimenti tragici”, ha riconosciuto il Pontefice: “il primo conflitto mondiale, che devastò l’Europa cambiandone il volto; l’affermarsi dei totalitarismi, con ideologie nefaste che hanno negato la verità e oppresso l’uomo; infine, gli orrori della shoah e della seconda guerra mondiale”. "In quegli anni tremendi, e poi durante il periodo della guerra fredda e della persecuzione anticristiana attuata dai regimi comunisti in molti Paesi, nonostante la ristrettezza dei mezzi e delle forze, il giornale della Santa Sede seppe informare con onestà e libertà, sostenendo l'opera coraggiosa di Benedetto XV, di Pio XI e di Pio XII in difesa della verità e della giustizia, unico fondamento della pace". Nella lettera è riportato anche quanto affermato nel 1961 dall'allora card. Giovanni Battista Montini, che due anni dopo sarebbe diventato Papa con il nome di Paolo VI, per il quale nel periodo più tragico del '900 "avvenne come quando in una sala si spengono tutte le luci, e ne rimane accesa una sola: tutti gli sguardi si dirigono verso quella rimasta accesa; e per fortuna questa era la luce vaticana, la luce tranquilla e fiammante, alimentata da quella apostolica di Pietro". E allora proprio "L'Osservatore apparve allora quello che, in sostanza, e' sempre: un faro orientatore". Nella seconda metà del Novecento, il giornale ha iniziato a circolare in tutto il mondo attraverso una serie di edizioni periodiche in diverse lingue. Attualmente sono otto, tra le quali, dal 2008, anche la versione in malayalam pubblicata in India, la prima interamente in caratteri non latini. Sempre dal 2008, “in una stagione difficile per i media tradizionali, la diffusione è sostenuta da abbinamenti con altre testate in Spagna, in Italia, in Portogallo, e ora anche da una presenza in Internet sempre più efficace”. Il Pontefice ha definito L'Osservatore Romano un “quotidiano 'singolarissimo' per le sue caratteristiche uniche”, indicando che in questo secolo e mezzo “ha innanzitutto dato conto del servizio reso alla verità e alla comunione cattolica da parte della Sede del Successore di Pietro”, senza dimenticare mai di “evidenziare anche la presenza, l’opera e la situazione delle comunità cattoliche nel mondo, che vivono talvolta in condizioni drammatiche”. “In questo tempo – segnato spesso dalla mancanza di punti di riferimento e dalla rimozione di Dio dall’orizzonte di molte società, anche di antica tradizione cristiana – il quotidiano della Santa Sede si presenta come un 'giornale di idee', come un organo di formazione e non solo di informazione”, ha segnalato il Pontefice. Per questo, ha esortato a “mantenere fedelmente il compito svolto in questo secolo e mezzo, con attenzione anche all’Oriente cristiano, all’irreversibile impegno ecumenico delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali, alla ricerca costante di amicizia e collaborazione con l’Ebraismo e con le altre religioni, al dibattito e al confronto culturale, alla voce delle donne, ai temi bioetici che pongono questioni per tutti decisive”. “Continuando l’apertura a nuove firme – tra cui quelle di un numero crescente di collaboratrici – e accentuando la dimensione e il respiro internazionali presenti sin dalle origini del quotidiano, dopo centocinquant’anni di una storia di cui può andare orgoglioso, L’Osservatore Romano sa così esprimere la cordiale amicizia della Santa Sede per l’umanità del nostro tempo, in difesa della persona umana creata a immagine e somiglianza di Dio e redenta da Cristo”, ha concluso.
TMNews, Zenit
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE AL DIRETTORE DE L’OSSERVATORE ROMANO NELLA RICORRENZA DEL 150° ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE DEL QUOTIDIANO
Il Papa: l'amore per Cristo, a cui nulla deve essere anteposto, il requisito necessario per il servizio pastorale degli arcivescovi metropoliti

“Sono ancora vivi – ha detto il Papa nel discorso - nella mente e nel cuore di tutti noi i sentimenti e le emozioni che abbiamo vissuto ieri nella Basilica Vaticana, in occasione della celebrazione della solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, nella quale ho avuto la gioia di imporre il Pallio a voi, arcivescovi metropoliti nominati nel corso dell’ultimo anno”. “L’odierno incontro, semplice e familiare – ha proseguito -, mi offre l’opportunità di prolungare il clima di comunione ecclesiale e di rinnovare il mio cordiale saluto a voi, cari fratelli nell’episcopato, come pure ai vostri familiari ed alle personalità che hanno voluto partecipare a questo lieto evento. Estendo il mio affettuoso pensiero alle vostre Chiese particolari, che ricordo nella preghiera affinché siano animate da costante slancio apostolico”. Quindi, salutando mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, e mons. Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro-Squillace, ha rivolto agli arcivescovi metropoliti una particolare benedizione: “Il Signore vi benedica sempre e vi aiuti, nel vostro quotidiano ministero episcopale, a far crescere le comunità a voi affidate unite e missionarie, concordi nella carità, ferme nella speranza e ricche del dinamismo della fede”. Parlando quindi in francese, il Pontefice si è soffermato sul valore del Pallio imposto ai nuovi metropoliti nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo: “Voi che avete ricevuto il pallio, segno liturgico che esprime il particolare legame di comunione con il Successore di Pietro – ha detto – siate testimoni gioiosi e fedeli dell’amore del Signore” che cerca di riunire i suoi figli nell’unità della stessa famiglia. Sul valore della stola del Pallio si è anche soffermato parlando in lingua inglese. “Il Pallio - ha osservato – viene ricevuto dalle mani del Successore di Pietro e indossato dagli arcivescovi come segno di comunione nella fede e nell’amore” nella guida del Popolo di Dio. Il Pallio, ha soggiunto, richiama i vescovi “alla responsabilità di essere pastori secondo il cuore di Gesù”. Un legame, quello con la Sede Apostolica, che il Papa ha rammentato anche nei saluti in lingua spagnola. Il Pontefice ha così concluso il suo intervento tornando a parlare in italiano. Ha ringraziato il Signore per la “sua infinita bontà” nel “donare Pastori alla sua Chiesa”, ed ha assicurato loro la sua vicinanza: “A voi, cari arcivescovi metropoliti, assicuro la mia spirituale vicinanza e il mio orante sostegno al vostro servizio pastorale, il cui requisito necessario è l'amore per Cristo, a cui nulla deve essere anteposto”. Benedetto XVI, in conclusione, ha ripreso un’esortazione di San Cipriano: “Assolutamente nulla anteporre a Cristo, poiché neanche Lui ha preferito qualcosa a noi. Volontà di stare inseparabilmente uniti al suo amore, rimanere accanto alla sua croce con coraggio e dargli ferma testimonianza".
SIR, Radio Vaticana
Agli arcivescovi metropoliti che hanno ricevuto il Pallio (30 giugno 2011) - il testo integrale del discorso del Papa
Conferimento del 'Premio Ratzinger': un Papa che insegna a porre la questione di Dio per accompagnare gli uomini in ricerca alla fonte della vita vera

L’abate Maximilian Hein ha parlato in nome dei tre premiati, ricordando tra le altre cose che oggi esiste una grande “chance”: “Come teologi possiamo cercare senza timore la verità, dal momento che il teologo non forma la verità, ma è la verità che forma il teologo. Non potremmo quindi cercare la verità se noi stessi non l’avessimo già incontrata. Da questo incontro possiamo nutrire speranza e avanzare nella fede. Per questo impresa è necessario il sostegno dei grandi teologi della storia della Chiesa, soprattutto dei Padri della Chiesa e dei Dottori della Chiesa”.
SIR, Radio Vaticana, Zenit
Il Papa: della teologia l’umiltà che si lascia 'toccare' da Dio, la disciplina che si lega all’ordine della ragione e preserva l’amore dalla cecità

All’inizio del suo discorso il Papa ha voluto ricordare i meriti dei premiati esprimendo "gioia e gratitudine" per il fatto che, con la consegna del suo premio teologico, la Fondazione che porta il suo nome dà "pubblico riconoscimento all'opera condotta nell'arco di un'intera vita da due grandi teologi, e ad un teologo della generazione piu' giovane dia un segno di incoraggiamento per progredire sul cammino intrapreso". "Con il professor Gonzalez de Cardedal - ha ricordato - mi lega un cammino comune di molti decenni. Entrambi abbiamo iniziato con San Bonaventura e da lui ci siamo lasciati indicare la direzione". "In una lunga vita di studioso, il professor Gonzalez - sono state le parole di Benedetto XVI - ha trattato tutti i grandi temi della teologia, e ciò non semplicemente riflettendone e parlandone a tavolino, bensì sempre confrontato al dramma del nostro tempo, vivendo e anche soffrendo in modo del tutto personale le grandi questioni della fede e con ciò le questioni dell'uomo d'oggi. In tal modo, la parola della fede non è una cosa del passato; nelle sue opere diventa veramente a noi contemporanea". "Il professor Simonetti - ha detto ancora il Pontefice - ci ha aperto in modo nuovo il mondo dei Padri. Proprio mostrandoci, dal punto di vista storico, con precisione e cura ciò che dicono i Padri, essi diventano persone a noi contemporanee, che parlano con noi". Infine ha sottolineato che "il padre Maximilian Heim è stato recentemente eletto abate del monastero di Heiligenkreuz presso Vienna - un monastero ricco di tradizione - assumendo con ciò il compito di rendere attuale una grande storia e di condurla verso il futuro".



Agi, SIR, Radio Vaticana
CONFERIMENTO DEL "PREMIO RATZINGER" - il testo integrale del discorso del Papa
Iscriviti a:
Post (Atom)