L'ultimo incontro della giornata di Fatima per Papa Benedetto XVI è con i cinquanta vescovi del Portogallo, nella sala Conferenze della Casa di “Nossa Senhora do Carmo”. "Mantenete viva la dimensione profetica, senza bavagli, nello scenario del mondo attuale, perché la parola di Dio non è incatenata!". E’ l’esortazione più forte ha rivolto loro nel discorso; poco prima Benedetto XVI, ringraziando i presuli della loro fedeltà incondizionata al Successore di Pietro, ha manifestato che "il Papa ha bisogno di aprirsi sempre di più al mistero della Croce, abbracciandola quale unica speranza e ultima via per guadagnare e radunare nel Crocifisso tutti i suoi fratelli e sorelle in umnaità. obbedendo alla Parola di Dio, egli è chiamato a vivere non per se stsesso ma per la presenza di Dio nel mondo". “C’è bisogno – ha detto il Santo Padre - di autentici testimoni di Gesù Cristo, soprattutto in quegli ambienti umani dove il silenzio della fede è più ampio e profondo: i politici, gli intellettuali, i professionisti della comunicazione che professano e promuovono una proposta monoculturale, con disdegno per la dimensione religiosa e contemplativa della vita. In tali ambiti non mancano credenti che si vergognano e che danno una mano al secolarismo, costruttore di barriere all’ispirazione cristiana”. In questi contesti, l’evangelizzazione – ha detto il Papa – ha bisogno di “un vero ardore di santità”.
Ed ha spiegato: “Quando, nel sentire di molti, la fede cattolica non è più patrimonio comune della società e, spesso, si vede come un seme insidiato e offuscato da "divinità" e signori di questo mondo, molto difficilmente essa potrà toccare i cuori mediante semplici discorsi o richiami morali e meno ancora attraverso generici richiami ai valori cristiani”. “Il richiamo coraggioso e integrale ai principi – ha osservato il Papa - è essenziale e indispensabile; tuttavia il semplice enunciato del messaggio non arriva fino in fondo al cuore della persona, non tocca la sua libertà, non cambia la vita. Ciò che affascina è soprattutto l’incontro con persone credenti che, mediante la loro fede, attirano verso la grazia di Cristo, rendendo testimonianza di Lui”. E’ a questo punto che Benedetto XVI ha confessato ai vescovi la sua “piacevole sorpresa” come movimenti e nuove comunità ecclesiali “in un momento di fatica della Chiesa” riescano a “svegliare nei giovani e negli adulti la gioia di essere cristiani, di vivere la Chiesa”. “Condizione necessaria, naturalmente – ha precisato - è che queste nuove realtà vogliano vivere nella Chiesa comune, pur con spazi in qualche modo riservati per la loro vita, così che questa diventi poi feconda per tutti gli altri. I portatori di un carisma particolare devono sentirsi fondamentalmente responsabili della comunione, della fede comune della Chiesa e devono sottomettersi alla guida dei Pastori. Sono questi che devono garantire l’ecclesialità dei movimenti”. I pastori, ha proseguito, devono “aiutare i movimenti a trovare la strada giusta, facendo delle correzioni con comprensione – quella comprensione spirituale e umana che sa unire guida, riconoscenza e una certa apertura e disponibilità ad accettare di imparare”.
Il Papa ha poi invitato i vescovi a riscoprire la paternità episcopale verso i sacerdoti: “Per troppo tempo si è relegata in secondo piano la responsabilità dell’autorità come servizio alla crescita degli altri, e, prima di tutti, dei sacerdoti. Questi sono chiamati a servire, nel loro ministero pastorale, integrati in un’azione pastorale di comunione o di insieme, come ci ricorda il Decreto conciliare Presbyterorum ordinis: "Nessun presbitero è quindi in condizione di realizzare a fondo la propria missione se agisce da solo e per proprio conto, senza unire le proprie forze a quelle degli altri presbiteri, sotto la guida di coloro che governano la Chiesa". Non si tratta di ritornare al passato, né di un semplice ritorno alle origini, ma di un ricupero del fervore delle origini, della gioia dell’inizio dell’esperienza cristiana”. Quindi ha esortato i vescovi portoghesi a rispondere con forza alle povertà nel Paese come profeti della giustizia e della pace: “Essere in grado di rispondere alle situazioni di gravi carenze sociali”. Le difficoltà, che adesso si fanno sentire di più, non vi facciano indebolire nella logica del dono. Continui ben viva, nel Paese, la vostra testimonianza di profeti della giustizia e della pace, difensori dei diritti inalienabili della persona, unendo la vostra voce a quella dei più deboli, che avete saggiamente motivato a possedere voce propria, senza temere mai di alzare la voce in favore degli oppressi, degli umiliati e dei maltrattati”.
SIR, Radio Vaticana