giovedì 28 luglio 2011

GMG 2011-Il Papa a Madrid. Il sindaco: offriamo a Benedetto XVI e alla gioventù di tutto il mondo una città giovane, vicina e amica, dando il meglio

Il sindaco di Madrid (foto), Alberto Ruiz Gallardón, ha rivolto, per la terza volta nei suoi otto anni di permanenza nel municipio di Madrid, un editto a tutti i madrileni in occasione della prossima celebrazione della Giornata Mondiale della Gioventù, che si terrà nella capitale spagnola dal 16 al 21 agosto. In questa comunicazione ha invitato tutti i cittadini di Madrid a offrire al Papa e ai giovani di tutto il mondo “una città giovane, vicina e amica”. Ruíz Gallardón ha spiegato che “Madrid vuole assumersi la propria responsabilità di officiare come ospite di questo evento dando il meglio di se stessa come segno di riconoscenza per la fiducia riposta nelle nostre capacità di essere un luogo genuino di incontro”. Il sindaco ha anche espresso la speranza che “la presenza dei nostri ospiti costituisca un'esperienza piacevole e arricchente, per loro e per noi, cosicché, dopo questi giorni di festa, quando ritorneranno alle loro case, possano diffondere il nome di questa città come sinonimo di calore e ospitalità”. Dei partecipanti alla GMG il sindaco ha detto: “La gioventù rappresenta sempre la garanzia di un nuovo inizio, che è ciò che porta ogni generazione ad affrontare le proprie sfide”. Perciò, ha invitato ad aprire “le nostre porte al Papa e ai giovani che si sono dati appuntamento qui”. Dopo la lettura dell’editto, il sindaco e parte della corporazione municipale hanno presieduto, insieme con il cardinale arcivescovo di Madrid, Antonio Maria Rouco Varela, alla consegna degli attestati ai volontari che hanno partecipato ai corsi di sicurezza e di emergenza, realizzati dalla Samur-Protezione civile nell’ultimo anno. Il sindaco ha manifestato il desiderio che Madrid sia “il migliore scenario per celebrare la Giornata Mondiale della Gioventù grazie alla professionalità e alla generosità dei volontari”. Dal canto suo, Ana Botella, vice sindaco e assessore all’Ambiente, ha ricordato che “Madrid è una città che accoglie più di 4.600 eventi pubblici all’anno, ma la GMG supera di molto gli eventi che si celebrano nella nostra città”. “Niente – ha aggiunto – può sostituire la collaborazione dei cittadini, che è fondamentale affinché questo evento sia un successo”. La formazione dei volontari è iniziata a settembre 2010 e dei suoi corsi si sono avvalsi oltre 10.000 persone.

SIR

'Irish Times': il nunzio apostolico in Irlanda, mons. Giuseppe Leanza, assumerà presto l'incarico di nunzio apostolico nella Repubblica Ceca

Il nunzio apostolico in Irlanda mons. Giuseppe Leanza (foto) assumerà presto l'incarico di nunzio apostolico nella Repubblica Ceca. Lo scrive oggi il sito internet del quotidiano irlandese Irish Times, riportando la conferma dell'Ambasciata ceca a Dublino. Da parte del governo di Praga, secondo quanto ha detto la sede diplomatica ceca all'Irish Times, è stato già espresso il placet per il diplomatico vaticano che s'è trovato a gestire la delicata fase dopo la pubblicazione in Irlanda del cosiddetto "Cloyne Report", il rapporto sui presunti casi di pedofilia e abusi avvenuti nella diocesi di Cloyne. Mons. Leanza tre giorni fa è stato richiamato a Roma per consultazioni.

TMNews

Verso la Giornata di Assisi. Il rabbino Di Segni: la lingua del dialogo deve essere comune. Il card. Koch: la croce non può essere un ostacolo

“Il credente cristiano può certamente pensare che la Croce rimpiazzi in modo permanente e universale il giorno del Kippur, ma se desidera dialogare sinceramente e rispettosamente con l’ebreo, per il quale il Kippur rimane parimenti nella sua valenza permanente e universale, non deve proporre all’ebreo le sue credenze e interpretazioni cristiane come indici del ‘cammino decisivo’. Perché allora veramente si rischia di rientrare nella teologia della sostituzione e la Croce diventa ostacolo”. E’ la parte centrale di un articolo firmato da Riccardo Di Segni (nella foto con Benedetto XVI), rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, su L’Osservatore Romano, in risposta ad una risposta ad un articolo firmato il 7 luglio, sullo stesso quotidiano, dal card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione delll’Unità dei Cristiani, sul significato della Giornata di preghiera in programma il 27 ottobre ad Assisi. La croce di Gesù, aveva scritto il cardinale, “si erge sopra di noi come il permanente e universale Yom Kippur”, e “pertanto non è di ostacolo al dialogo interreligioso”, ma “indica il cammino decisivo che soprattutto ebrei e cristiani dovrebbero accogliere in una profonda riconciliazione interiore diventando così fermento di pace e di giustizia nel mondo”. “La propria differenza non può essere proposta all’altro come il modello da seguire”, obietta Di Segni, perché “la lingua del dialogo deve essere comune”. “Il mio articolo si rivolgeva ai lettori cristiani, a cui volevo far presente il loro compito di riconciliarsi anche e precisamente con l’ebraismo”, precisa il card. Koch, nella replica pubblicata sempre su L’Osservatore Romano in edicola oggi. “Volevo mostrare che, partendo precisamente dall’evento della croce, i cristiani hanno il dovere di riconciliarsi con gli ebrei”, prosegue il cardinale, facendo notare che “per i cristiani la croce non può essere ‘un ostacolo al dialogo interreligioso’”. “Se i rappresentanti di altre religioni e soprattutto gli ebrei, la vedono in tal modo – puntualizza il porporato - non sta a me giudicare; ciò si iscrive piuttosto nella libertà della convinzione religiosa di ognuno”. “Non ritengo assolutamente che gli ebrei debbano vedere la croce come noi cristiani per poter intraprendere insieme il cammino verso Assisi”, precisa ancora il card. Koch: “Non si intende pertanto sostituire lo Yom Kippur ebraico con la croce di Cristo, anche se i cristiani vedono nella croce ‘il permanente e universale Yom Kippur’”. Il “punto fondamentale, molto delicato, del dialogo ebraico -cattolico”, per il cardinale è infatti “la questione di come si possano conciliare la convinzione, vincolante anche per i cristiani, che l’alleanza di Dio con il popolo d’Israele ha una validità permanente e la fede cristiana nella redenzione universale in Gesù Cristo”.

SIR

Ebrei e cattolici verso il prossimo incontro di Assisi: sicuramente la Croce non è un ostacolo


La lingua del dialogo deve essere comune

La Santa Sede e il vento della disobbedienza. Sul tavolo dei principali collaboratori del Papa i dossier sull’Irlanda, l’Austria e l'America

In Vaticano il vento della disobbedienza è monitorato costantemente. Sul tavolo dei principali collaboratori del Papa sono aperti i dossier relativi all’Irlanda, all’Austria e all’America dove i preti chiamano alla disobbedienza se Roma non mette in campo quelle riforme che non ha mai voluto attuare: la fine del celibato sacerdotale, l’apertura al sacerdozio femminile, la comunione concessa a tutti, a cominciare dai divorziati risposati. Il ricatto, nemmeno troppo sottinteso, è uno: o Roma approva ciò che chiediamo o sarà scisma. In Irlanda sta facendo scalpore la lettera firmata da padre Vincent Twomey, ex allievo di Papa Benedetto XVI e docente al seminario irlandese di Maynooth, in cui scrive: “Tutti i vescovi nominati prima del 2003 diano le dimissioni. E’ l’unica strada per garantire la trasparenza nello scandalo pedofilia”. In sostanza l’idea è una: per restituire credibilità alla Chiesa occorre azzerare la classe dirigente esistente, rea di aver coperto, insabbiato, nascosto i peccati carnali del clero. Dietro la lettera di Twomey c’è una Chiesa che non sa come uscire dall’impasse. Anche l’arcivescovo di Dublino, Diarmuid Martin, sente su di sé la pressione del Paese e, infatti, sono settimane che attacca i vescovi irlandesi “che hanno insabbiato”, coloro che nella Chiesa non si sono accodati “alla linea della trasparenza di Joseph Ratzinger”. Per lui, come per molti cattolici irlandesi, la strada è una: scaricare il passato e ricominciare da zero. Altrimenti l’emorraggia dei fedeli sarà inarrestabile. Altrimenti altro non si potrà verificare che uno scisma.
Negli Stati Uniti tengono banco le proteste di Roy Bourgeois, 70 anni, brillante promessa dell’imprenditoria statunitense in America latina che un giorno di ritorno dal Vietnam si fece prete. Conobbe Janice Sevre, una donna che aspirava a diventare sacerdote nella chiesa cattolica. La battaglia di Sevre divenne la sua tanto che pochi giorni fa è stato Bourgeois a benedire l’ordinazione illecita di Sevre fatta dal gruppo Roman Catholic Womenpriests. Bourgeois è stato convocato a New York, quartiere generale della congregazione di Maryknoll, dal superiore generale John Sivalon che ha detto che una relazione su quanto avvenuto sarà inviata alla Dottrina della fede. Dunque, oggi, la palla è in mano a Roma, che sa bene che padre Bourgeois e i 157 preti che lo sostengono sono pronti a tutto pur di non rinunciare alle proprie idee, anche a uno scisma. C’è un decreto del 30 maggio scorso e firmato dall’ex Sant’Uffizio, Decreto generale circa il delitto di attentata ordinazione sacra di una donna, nel quale si stabilisce formalmente la scomunica automatica per le donne che vengono ordinate e per chi celebra il rito, una scomunica che non prevede possibilità di ricorso: “L’unico ricorso è il pentimento”, ha detto il sottosegretario della Dottrina della fede Joseph Augustine Di Noia. “Sarei molto triste”, ha detto Bourgeois. “Sono stato prete di Maryknoll per 36 anni, ma se Roma mi licenziasse, dovrei accettarlo”.
In Austria il vento non è diverso. Nella lettera tramite la quale il primate d’Austria Christoph Schönborn richiama i circa 300 preti austriaci appartenenti a “Iniziativa parroci” all’obbedienza e all’unità con Roma c’è molta cautela. Schönborn non vuole rompere coi preti ribelli, perché all’orizzonte vede il rischio di un passo estremo, la rinuncia dei preti all’appartenenza alla Chiesa. Dietro “Iniziativa parroci”, infatti, c’è il movimento “Noi siamo Chiesa”, che continuamente minaccia la rottura definitiva.


Paolo Rodari, Il Foglio

Il Giudizio finale. Il Papa: il criterio decisivo è l’amore, la carità concreta nei confronti del prossimo, dei ‘piccoli’, delle persone in difficoltà

“Il regno dei Cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano via”, “raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo”. E’ questo un passo del Vangelo odierno, tratto da Matteo, che invita i fedeli a soffermarsi sulla realtà del Giudizio finale. Una riflessione che si fa ancor più pressante, di fronte a realtà sconvolgenti quali la carestia nel Corno d’Africa che sta uccidendo migliaia di innocenti nell’indifferenza dell’opinione pubblica. Sulla realtà ultima del Giudizio e in particolare sul suo criterio, l’amore, Benedetto XVI ha svolto diverse riflessioni a partire dalla sua Enciclica “Spe Salvi”. “Nel momento del Giudizio sperimentiamo ed accogliamo” il prevalere dell’amore di Dio “su tutto il male nel mondo ed in noi. Il dolore dell'amore diventa la nostra salvezza e la nostra gioia”: è uno dei passaggi forti del testo, in cui Benedetto XVI sottolinea come il Giudizio finale vada atteso non con paura, ma con speranza. “Io – scrive il Papa nell’Enciclica - sono convinto che la questione della giustizia costituisce l'argomento essenziale, in ogni caso l'argomento più forte, in favore della fede nella vita eterna”. Il Papa ci porta dunque a riflettere su una pagina evangelica tra le più conosciute, per comprendere meglio la realtà del Giudizio: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto… e così via. Chi non conosce questa pagina? Fa parte della nostra civiltà. Ha segnato la storia dei popoli di cultura cristiana: la gerarchia di valori, le istituzioni, le molteplici opere benefiche e sociali” (Angelus, 23 novembre 2008).
Dobbiamo avere, esorta il Papa, un “cuore che vede”. Non possiamo restare indifferenti di fronte alle sofferenze dell’umanità. Cristo, avverte, è Pastore buono e misericordioso, ma anche Giudice giusto che nel Giudizio finale separerà i buoni dai malvagi. Benedetto XVI ci indica il “criterio decisivo” di questo giudizio: “Questo criterio è l’amore, la carità concreta nei confronti del prossimo, in particolare dei ‘piccoli’, delle persone in maggiore difficoltà: affamati, assetati, stranieri, nudi, malati, carcerati. Il re dichiara solennemente a tutti che ciò che hanno fatto, o non hanno fatto nei loro confronti, l’hanno fatto o non fatto a Lui stesso. Cioè Cristo si identifica con i suoi ‘fratelli più piccoli’, e il giudizio finale sarà il rendiconto di quanto è già avvenuto nella vita terrena” (Al pellegrinaggio dell'arcidiocesi di Amalfi-Cava de' Tirreni, 22 novembre 2008).
Questo amore su cui saremo giudicati, soggiunge il Papa, non è mera filantropia. La sua fonte è Cristo stesso: “Lo spettacolo dell'uomo sofferente tocca il nostro cuore. Ma l'impegno caritativo ha un senso che va ben oltre la semplice filantropia. È Dio stesso che ci spinge nel nostro intimo ad alleviare la miseria. Così, in definitiva, è Lui stesso che noi portiamo nel mondo sofferente” (Al Pontificio Consiglio "Cor Unum", 23 gennaio 2006).
E dunque, prosegue, “quanto più consapevolmente e chiaramente lo portiamo come dono”, tanto più efficacemente il nostro amore cambierà il mondo e risveglierà la speranza. Ecco perché, ribadisce il Papa, la fede non è una teoria che “si può far propria o anche accantonare”: “È una cosa molto concreta: è il criterio che decide del nostro stile di vita. In un'epoca nella quale l'ostilità e l'avidità sono diventate superpotenze, un'epoca nella quale assistiamo all'abuso della religione fino all'apoteosi dell'odio, la sola razionalità neutra non è in grado di proteggerci. Abbiamo bisogno del Dio vivente, che ci ha amati fino alla morte” (Al Pontificio Consiglio "Cor Unum", 23 gennaio 2006).

Radio Vaticana

GMG 2011-Il Papa a Madrid. Benedetto XVI accolto da guardie del corpo speciali: 60 bambini vestiti con la tradizionale uniforme delle Guardie Svizzere

In occasione della Giornata Mondiale della Gioventù, il Santo Padre Benedetto XVI a Madrid sarà accolto da un gruppo di guardie del corpo speciali: 60 bambini, vestiti con la tradizionale uniforme delle Guardie Svizzere. Il gruppo è soprannominato “Giovani Guardie Svizzere”. In un’intervista del direttore di questo giovane gruppo ha raccontato che il gruppo delle piccole Guardie Svizzere è nato per affetto verso il Papa, in particolare per Giovanni Paolo II, in occasione del suo primo viaggio in Spagna nel 1982. Il Beato Giovanni Paolo II ha visitato il Paese di nuovo nel 1993 e 2003, sempre accompagnato dalle Giovani Guardie Svizzere. Il corpo delle Guardie Svizzere si occupa della sicurezza del Papa. Centodieci di loro custodiscono la sua residenza e lo assistono durante le cerimonie più importanti che si celebrano in Vaticano. Sarà diverso per la GMG, quando Benedetto XVI arriverà in Spagna, il servizio di sicurezza aumenterà e si varrà anche dello speciale corpo di guardia di queste Giovani Guardie Svizzere. Per realizzare le uniformi sono stati impegnati oltre 450 metri di tessuto e 4200 metri di nastro, il tutto per circa 5 mila ore di lavoro. Il gruppo darà il benvenuto al Papa all’aereoporto di Barajas, e si ritroverà lì a salutarlo anche al termine della GMG.

Fides

E' morto mons. Pietro Sambi, nunzio apostolico negli Stati Uniti d'America. Nell’aprile 2008 aveva accolto Benedetto XVI a Washington e a New York

Lutto nella Chiesa. Si è spento ieri sera all’ospedale Johns Hopkins di Baltimora, negli Stati Uniti, l’arcivescovo Pietro Sambi (nella foto con Benedetto XVI), nunzio apostolico a Washington. Le sue condizioni di salute si erano aggravate negli ultimi giorni dopo un intervento chirurgico al polmone. Aveva 73 anni. I funerali si terranno nella Basilica dell'Immacolata Concezione a Washington, il prossimo 6 agosto, Festa della Trasfigurazione del Signore. Mons. Sambi era nato 73 anni fa a Sogliano al Rubicone, diocesi di Rimini, ed era stato ordinato sacerdote nel 1964. Entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede nel 1969, ha prestato servizio prima in Camerun e a Gerusalemme (1971) Cuba (1974), Algeria (1978), Nicaragua (1979), Belgio (1981) e India (1984). Il 10 ottobre 1985 viene nominato arcivescovo titolare di Belcastro e pro-nunzio apostolico in Burundi; il card. Jozef Tomko lo consacra vescovo il 9 novembre dello stesso anno. Nel 1991 viene nominato nunzio in Indonesia e successivamente, nel 1998, assume l'incarico di rappresentante pontificio a Cipro e in Israele, nonché quello di delegato apostolico per Gerusalemme e la Palestina, svolgendo un’intensa opera per i cristiani di Terra Santa e contribuendo a risolvere l'assedio alla Basilica della Natività. Il 17 dicembre 2005 il Papa lo ha nominato nunzio apostolico per gli Stati Uniti d'America e osservatore permanente presso l'Organizzazione degli Stati Americani. Nell’aprile 2008 aveva accolto Benedetto XVI in occasione del viaggio a Washington e a New York.

Radio Vaticana