"Il dialogo ecumenico e interreligioso non si oppone all'annuncio del Vangelo, anzi ne è una via".
Lo afferma l'arcivescovo Bruno Forte, intervistato dalla Radio Vaticana sui lavori del Sinodo dei vescovi appena concluso.
Secondo il presule, che è stato anche eletto nel Consiglio della Segreteria del Sinodo che collaborerà con il Papa alla redazione del documento conclusivo ufficiale, che avrà forma di Esortazione Apostolica, dall'assemblea dei rappresentanti di tutti gli episcopati del mondo è stata riconosciuta "l'urgenza che sia tutta la Chiesa che annuncia a tutti il Vangelo, a tutto l'uomo e ad ogni uomo".
"Dunque - scandisce mons. Forte - nella Nuova Evangelizzazione non c'è un protagonismo soltanto di alcuni. Il ministero del vescovo e dei presbiteri sono fondamentali percheèsono al servizio dell'unità della comunità cristiana e dell'annuncio del Vangelo. Ma poi sono i laici quelli che, nella complessità e varietà delle situazioni del mondo, portano la testimonianza del Vangelo".
"I genitori - ricorda l'arcovescovo di Chieti-Vasto - sono i primi testimoni della fede per i figli, e i giovani sono non solo interlocutori e destinatari privilegiati del Vangelo, perchè è la novità di Cristo che viene a dare senso e bellezza alla novità del loro cuore, ma sono anche quelli che a loro volta, devono diventare evangelizzatori dei loro coetanei".
In buona sostanza, riassume il presule teologo, "l'evangelizzatore non è un navigatore solitario, ma siamo tutti insieme nella grande barca di Pietro" e "naturalmente è anche molto importante il linguaggio dei nuovi media, soprattutto della rete, del web, che oggi accorcia apparentemente le distanze, ma a volte suscita lacerazioni, confronti ancora più forti fra le differenti esperienze che vengono vissute nel villaggio globale".
"Ecco perchè - conclude mons. Forte - su questi fronti l'acquisizione di nuovi linguaggi e delle loro metodologie diventano quanto mai preziose".
Agi
"Sono un cardinale invalido". È il commento di un porporato, che ha ricevuto la berretta rossa da Benedetto XVI nel Concistoro del febbraio scorso, quando gli si fa notare che lo stemma di Papa Ratzinger inciso sul suo anello cardinalizio (foto) è sbagliato. Ai ventidue nuovi principi della Chiesa, nel primo Concistoro del 2012, Benedetto XVI ha voluto donare un nuovo anello cardinalizio, del costo di 1.500 euro, realizzato in esclusiva dalla ditta "Fratelli Savi Gioielli" di Roma, sostituendo così quello con l’incisione della crocifissione di Gesù che era stato scelto per i nuovi porporati da Paolo VI e utilizzato anche dal beato Giovanni Paolo II nel corso del suo lungo pontificato.
I nuovi anelli sono un po’ più piccoli dei precedenti e perciò più pratici da portare. Il gambo rappresenta una colonna stilizzata, di quelle che ornano la Basilica di San Pietro, e sorregge un castone a forma di croce contenente una formella in bassorilievo. Su di essa sono raffigurati i Santi Pietro e Paolo, ripresi dalle statue antistanti la Basilica Vaticana, a rappresentare la fede e l’annuncio missionario. Al centro, tra i due santi, quasi a illuminarli, c’è una stella a otto punte, chiaro riferimento mariano. All’interno, sotto la formella, è inciso lo stemma di Benedetto XVI, sempre in bassorilievo. Ed ecco l’errore. La corona del moro ha solo tre punte e non sei come nella versione ufficiale ridisegnata per Papa Ratzinger dal card. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, che vanta una laurea in architettura oltre che un’eccelsa preparazione in araldica vaticana. Il porporato, infatti, è autore di numerosi stemmi episcopali e cardinalizi di tanti suoi confratelli.
Per Benedetto XVI, Montezemolo ha ridisegnato in versione pontificia lo stemma dell’allora card. Ratzinger, riprendendone tutti gli elementi preesistenti ma disponendoli in modo diverso. Per volontà proprio di Benedetto XVI, per la prima volta nello stemma di un Papa scompare la tiara che viene sostituita dalla mitria d’argento che riporta tre fasce d’oro che rappresentano i tre poteri di ordine, giurisdizione e magistero collegati verticalmente fra di loro al centro per indicare la loro unità nella persona del Pontefice.
Un’altra innovazione nello stemma di Benedetto XVI è l’inserimento del Pallio, insegna liturgica propria del Papa, che compare molto spesso in antiche raffigurazioni dei Vescovi di Roma. Indica l’incarico di essere il pastore del gregge affidatogli da Cristo. Nella scudo, poi, c’è la conchiglia su sfondo rosso simbolo dei pellegrini. Essa compare anche nello stemma del monastero di Schotten a Ratisbona, e ricorda la leggenda secondo cui Sant’Agostino incontrando su una spiaggia un bambino che con una conchiglia voleva svuotare il mare della sua acqua, comprese l’impossibilità per la mente umana di capire il mistero di Dio.
Nelle due cappe laterali figurano, su sfondo dorato, due simboli dell’Aacidiocesi di Monaco e Frisinga, di cui Joseph Ratzinger è stato arcivescovo: a sinistra la testa coronata di un moro indica l’universalità della Chiesa, a destra l’orso caricato di un fardello richiama la leggenda di san Corbiniano, primo Vescovo di Frisinga, che, mentre si recava a Roma, fu assalito da un orso che gli uccise il cavallo. Il santo allora ammansì la bestia e la costrinse a portare la soma fino a Roma, dove la liberò. Scoperto l’errore nell’incisione dello stemma di Benedetto XVI sui nuovi anelli cardinalizi la domanda sorge spontanea: per il Concistoro del prossimo 24 novembre i sei anelli che il Papa donerà ai nuovi porporati saranno ancora sbagliati? Ci saranno così ventotto "cardinali invalidi" nella Chiesa di Roma?
Francesco Grana, Orticalab
Quello del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione appena concluso, "è un bilancio molto positivo".
Lo afferma alla Radio Vaticana il card. Odilio Scherer, arcivescovo di San Paolo del Brasile.
Secondo il porporato si è registrata infatti "una rinnovata presa di coscienza della Chiesa intera sulla questione della missione, cioè del fatto che la nostra Chiesa è missionaria per natura, e non può mai dare per scontato che tutti siano già credenti, che tutti siano cristiani, che tutti siano stati coinvolti in qualche modo dal Vangelo".
"Oggi - spiega l'arcivescovo di San Paolo - dobbiamo fare i conti con la nuova situazione nel mondo, e non solo nei Paesi lontani, ma anche nelle nostre città cristiane per tradizione secolare".
In sostanza, osserva, "ci sono delle situazioni 'missionarie' ovunque; quindi sia nei nostri Paesi Occidentalie che nei Paesi di recente evangelizzazione come l'Africa, l'Asia, l'America Latina". E, aggiunge, "ci sono delle situazioni nuove che fanno sì che la Chiesa debba confrontarsi nuovamente con la propria missione e perciò rinnovarsi in essa e rinnovare l'annuncio".
"Il mio bilancio del Sinodo - conclude Scherer - è positivo perchè questa presa di coscienza è avvenuta e diverrà ora patrimonio comune grazie ai documenti prodotti, e con l’Esortazione Apostolica post-sinodale che il Santo Padre darà a tutto il mondo come parola di orientamento per la Chiesa circa la nuova evangelizzazione e la trasmissione della fede cristiana.
Con tutto questo la Chiesa sarà proprio avviata verso un nuovo tempo missionario, una nuova fioritura, anche di vita cristiana. I tanti segni che si vedono in ogni parte del mondo lo dimostrano".
Agi
Il primo cambio in vista nella Famiglia Pontificia dovrebbe essere annunciato questo fine settimana, con la nomina del nuovo Elemosiniere che sostituirà l’arcivescovo spagnolo Félix del Blanco Prieto. La scelta di Benedetto XVI sarebbe caduta sull’attuale segretario della Pontificia Commissione "Ecclesia Dei", mons. Guido Pozzo.
Ma nel giro di un mese altre nomine sono in arrivo. L’inclusione a sorpresa dell’arcivescovo statunitense James Michael Harvey (nella foto con Benedetto XVI), 63 anni, nella lista dei sei nuovi cardinali che saranno creati il prossimo 24 novembre lascia ora vacante l’incarico di prefetto della Casa Pontificia e dunque "regolatore" delle udienze. Harvey è destinato, lo ha annunciato lo stesso Pontefice, a diventare arciprete della Basilica di San Paolo fuori le Mura, al posto del card. Francesco Monterisi, le cui dimissioni per raggiunti limiti d’età non sono ancora state accettate. Le Basiliche sono state nel recente passato luoghi d’approdo per prelati che avevano già raggiunto i 75 anni (come accaduto per lo stesso Monterisi) e che vi rimanevano solitamente fino agli ottanta se non oltre, come nel caso del card. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, dimesso quasi ottantaquattrenne.
Chi prenderà il posto di Harvey accanto al Papa come prefetto della Casa Pontificia? C’è chi ha ipotizzato che, sostituendo il prelato americano, Benedetto XVI abbia voluto preparare il posto per il suo segretario particolare, mons. Georg Gänswein, il cui ruolo verrebbe rafforzato nell’organigramma vaticano: già Papa Wojtyla, nel 1998, decise infatti di ordinare vescovo il suo segretario particolare don Stanislaw Dziwisz, nominandolo prefetto aggiunto della casa Pontificia accanto ad Harvey e mantenendolo al contempo accanto a sé nell’appartamento papale. Ma non è affatto detto che Papa Ratzinger in questo voglia seguire l’esempio del predecessore.
Oltre le mura sono altri i nomi che circolano come possibili candidati per la successione di Harvey. Il primo è quello dell’arcivescovo croato Petar Rajic, 53 anni, nunzio negli Emirati Arabi e nello Yemen. Rajic dopo aver lavorato per anni nell’Ufficio delle comunicazioni della Segreteria di Stato, era diventato prelato d’anticamera e dunque aveva lavorato accanto ad Harvey facendosi conoscere dall’entourage più stretto del Pontefice. Un altro nome che circola è quello del francese Nicolas Henry Thevenin, 56 anni, già segretario particolare del card. Tarcisio Bertone e attualmente prelato d’anticamera. Un terzo nome, infine, è quello dell’attuale reggente della Casa Pontificia, ancora fresco di nomina, il rogazionista padre Leonardo Sapienza, attorno al quale ha ruotato in questi anni buona parte del lavoro relativo alle udienze papali. In ogni caso non si prevede che l’annuncio venga dato prima del Concistoro di novembre e c’è anche chi si aspetta qualche mossa a sorpresa da parte del Pontefice per ridisegnare l’organigramma dei suoi collaboratori dopo lo scandalo Vatileaks.
Nelle prossime settimane è atteso anche l’annuncio delle nomine di nuovi nunzi apostolici e del trasferimento di altri diplomatici pontifici da una sede all’altra. Tra le sedi vacanti ci sono l’Uganda e il Nicaragua. Tra i candidati a lasciare il Vaticano per assumere il delicato incarico di rappresentante del Papa ci sono lo stesso Thevenin, che potrebbe essere destinato a una sede latinoamericana, e l’attuale capo del Protocollo della Segreteria di Stato, Fortunatus Nwachukwu.
Andrea Tornielli, Vatican Insider
"La realtà che ci circonda è diventata molto più complessa perché la possiamo affrontare individualmente, e la sfida originaria della nostra missione di servire le anime e la Chiesa continua e si sviluppa in intensità".
Per questo, "l’invito ad approfondire la nostra fede proposto dal Papa può aiutarci a portare avanti una dimensione più profonda della nuova evangelizzazione". È quanto afferma il preposito generale della Compagnia di Gesù, Adolfo Nicolás Pachón (nella foto con Benedetto XVI), in un’intervista concessa al servizio d’informazione dei gesuiti a poche ore dalla conclusione del Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione. Un’occasione per stilare un primo personale bilancio dell’evento ecclesiale, che lo ha avuto nel novero dei padri sinodali, e metterne così in evidenza le tante luci, come pure la sottolineatura di un cammino ancora da percorrere.
Tra gli "aspetti positivi", padre Nicolás cita l’ampia partecipazione e la rappresentatività geografica dei Padri sinodali. "Uno dei migliori aspetti del Sinodo è il fatto stesso che i vescovi di tante nazioni hanno la possibilità di comunicare tra loro e scambiarsi liberamente le esperienze e il pensiero». Di qui anche la conoscenza di «iniziative originali in corso, specialmente quelle basate sui progetti di cooperazione, di lavoro in rete e di scambi a livello internazionale, nei quali sono coinvolti a fondo e impegnati i laici e i movimenti". E soprattutto, poi, la riflessione sui fondamenti, il significato e le dimensioni della nuova evangelizzazione come: "L’importanza e la necessità dell’esperienza religiosa (l’incontro con Cristo); l’urgenza di una buona formazione spirituale e intellettuale dei nuovi evangelizzatori; il ruolo centrale della famiglia (Chiesa domestica) come luogo privilegiato per la crescita nella fede; l’importanza della parrocchia e delle sue strutture che hanno bisogno di essere rinnovate per diventare sempre più aperte a un più vasto impegno e ministero dei laici; la priorità all’evangelizzazione piuttosto che all’espressione sacramentale".
Nella riflessione del padre generale dei gesuiti non mancano poi le osservazioni e gli stimoli che guardano al futuro. In particolare al ruolo dei laici e dei religiosi. In primo luogo, occorre più spazio perché la voce del popolo di Dio possa essere ascoltata. "È un Sinodo di vescovi e quindi non c’è molto spazio per la partecipazione dei laici, anche se sono stati invitati un certo numero di 'esperti' e 'osservatori' (auditores). Ciò mi ha fatto venire in mente l’affermazione di Steve Jobs che diceva di essere interessato ad ascoltare più la voce dei clienti piuttosto che quella dei produttori. E al Sinodo tutti siamo stati 'produttori'". In secondo luogo, sulla necessità di una maggiore riflessione sulla prima evangelizzazione e in generale sulla storia dell’evangelizzazione nonché sul ruolo che in essa avuto i religiosi e le religiose. "Non che noi religiosi abbiamo bisogno di ulteriori affermazioni, ma intendo esprimere la mia preoccupazione per il fatto che la Chiesa rischia di perdere la sua stessa memoria".
Da parte del padre generale l’invito a purificare lo sguardo da quelle incrostazioni che impediscono di vedere i segni dell’opera di Dio anche al di fuori dei confini visibili della Chiesa. "Se i nostri occhi fossero aperti per vedere ciò che Dio opera nel popolo (nei popoli) saremmo capaci di vedere molta più santità attorno a noi e molti di noi sarebbero spinti a vivere la Vita di Dio in modi nuovi che forse sarebbero più adatti al nostro modo di essere o al modo in cui Dio vuole che siamo". In questo senso, aggiunge, "forse non siamo a nostro agio con un Dio delle sorprese, un Dio che non segue necessariamente la logica umana, un Dio che sa sempre tirare fuori il meglio dal cuore umano senza fare violenza alla tradizione culturale, alla religiosità del popolo semplice".
L'Osservatore Romano
È tempo di spending review anche in Vaticano. La scure che si sta abbattendo negli ultimi mesi sui bilanci di tanti Paesi, Italia comprese, a caccia di sprechi e spese superflue, non risparmia i Sacri Palazzi: colpendo di tutto, dalle spese di cancelleria, agli appalti esterni, fino addirittura agli omaggi per gli ospiti in visita. I bilanci d’Oltretevere soffrono di un pesante rosso, in linea con molti Paesi dell’area euro, e i dicasteri vaticani devono ora correre ai ripari presentando piani di spesa impostati al rigore più assoluto.
Pontifici Consigli, Congregazioni e Segreteria di Stato si sono quindi messi al lavoro per individuare tutti i tagli possibili, dalle consulenze alle fotocopie in eccesso, passando persino per le medaglie del Papa. Il tema è all’ordine del giorno di riunioni dicastero per dicastero. Se la linea vaticana è comunque quella di non sacrificare il personale nell’ondata di tagli, l’indicazione per i capitoli di spesa è invece quella di ridurli all’osso, soprattutto per le voci esterne.
Il dato da prendere come riferimento per quantificare il buco da ripianare in Vaticano è quello risalente al 5 luglio scorso, quando la Santa Sede ha pubblicato il consuntivo di bilancio: per il 2011 si è chiuso con un disavanzo di quasi 15 milioni di euro (263,7 milioni di costi e 248,8 milioni di ricavi). In quell’occasione veniva spiegato che «i capitoli di spesa più impegnativi sono stati quelli relativi al costo del personale che, al 31 dicembre contava 2.832 unità, e ai mezzi di comunicazione sociali considerati nel loro complesso». Questi ultimi sono da anni una delle maggiori voci di passivo per lo Stato del Papa mentre sul disavanzo avevano pesato anche gli investimenti finanziari meno redditizi rispetto agli anni precedenti a causa della crisi mondiale.
Un discorso a parte è poi quello dell’amministrazione autonoma del Governatorato (1.887 dipendenti), che dal 2010 ha risultati positivi stabili e per il 2011 ha fatto segnare ancora un attivo, pari a 21,8 milioni di euro, anche grazie all’apporto dei Musei vaticani (ricavi per 91,3 milioni di euro). Nonostante ciò, il tema della spending review sarà al centro della prossima riunione della Commissione cardinalizia del Governatorato, convocata dopo la festa di Ognissanti.
I dicasteri vaticani invece, il tema della spending review lo hanno già affrontato o stanno per farlo con riunioni di ogni singolo organismo che si sono incentrate su due punti, principalmente. Il primo, l’indicazione agli economi e ai cancellieri incaricati di verificare la congruità dei bilanci: in altre parole, passare al setaccio la lista delle uscita per individuare qualsiasi spesa in eccesso, superflua o addirittura immotivata da eliminare.
Il secondo, l’idea è di usare la mannaia soprattutto con appalti e consulenze esterne, valorizzando invece le forze interne. Lo slogan che circola, viene riferito, è "ottimizzare le risorse umane". Per servizi come ad esempio le pulizia, stop al ricorso ad imprese esterne, ma utilizzare personale già sul libro paga dell’Apsa. Tagli sono così già stati individuati a tutti i livelli.
Collegata alla spending review c’è la gestione del personale. La Santa sede non ha infatti intenzione di procedere ad alcun licenziamento, ma le assunzioni saranno ridotte, con un rallentamento, di fatto, del turnover. La stessa commissione "assunzioni", in funzione da oggi, presieduta dall’assessore della Segreteria di Stato mons. Peter Brian Wells, va nella direzione di una maggiore attenzione agli inserimenti di personale, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo.
Sempre in Segreteria di Stato, poi, l’uomo che ha preso molto sul serio la spending review è mons. Alberto Perlasca, da tre anni alla guida dell’ufficio che si occupa dell’Obolo di San Pietro. Visto il ruolo assunto nel controllo degli sprechi, lo si potrebbe definire quasi un "Enrico Bondi d’Oltretevere". Sarebbe stato lui, infatti, in un quadro di drastici tagli, a imporre la scure anche su medaglie d’oro e d’argento generalmente date in omaggio dal Papa agli ospiti esterni.
Vatican Insider
''Scusi, oggi i miei occhi non funzionano bene''. Aggiustandosi gli occhiali, Benedetto XVI ha detto queste parole in un breve momento di esitazione durante la lettura del suo discorso introduttivo alla preghiera dell'Angelus, questa mattina. Il Papa si è dovuto interrompere anche perché colpito dalla luce solare, spuntata tra le nuvole, che ad un tratto gli ha reso difficile la lettura.
La Repubblica.it
Anche nei saluti in varie lingue dopo la recita dell’Angelus, il Santo Padre ha parlato della
festa di oggi. In francese ha ribadito: “Oggi noi celebriamo la moltitudine dei
Santi che sono presso Dio. La santità che la Chiesa onora in loro ha il volto
delle Beatitudini proclamate da Gesù. Nella loro vita, riflettono la luce del
Risorto. Seguendo il loro esempio di fedeltà all’amore di Cristo, camminiamo
anche noi verso la gioia del Regno nel quale Dio asciugherà ogni lacrima dai
nostri occhi e dove noi lo vedremo”. “L’odierna Solennità di Tutti I Santi - ha
dichiarato Benedetto XVI in inglese - ci ricorda il nostro destino eterno, dove
abiteremo, come dice San Tommaso d’Aquino, nella luce vera e perfetta, nel pieno
compimento, nella gioia eterna e nella felicità senza fine”. Salutando i
polacchi, il Papa ha sottolineato un altro aspetto: “Commemorando oggi tutti i
Santi noti e ignoti, ci ricordiamo in modo particolare che tutti siamo chiamati
alla santità, cioè alla vita eterna nella gloria del Signore. Nella
realizzazione di questa vocazione ‘l’esempio dei santi ci sollecita e la loro
fraterna preghiera ci aiuta’. Lasciamoci guidare da loro nel quotidiano cammino
di crescita nella santità”. Infine, nei saluti in italiano, ha citato in
particolare il gruppo di fedeli delle diocesi di Concordia-Pordenone e Vittorio
Veneto, accompagnati dal vescovo emerito mons. Ovidio Poletto, i ragazzi di
Modena che hanno ricevuto il sacramento della Confermazione e l’associazione
“Angeli della Vita” di Giovinazzo.
SIR
A mezzogiorno di oggi, Solennità di tutti i Santi, il Santo Padre Benedetto XVI si è
affacciato alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per
recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro. “Oggi abbiamo la gioia di incontrarci nella solennità di Tutti i Santi. Questa festa ci fa riflettere sul duplice orizzonte dell’umanità, che esprimiamo simbolicamente con le parole ‘terra’ e ‘cielo’: la terra rappresenta il cammino storico, il cielo l’eternità, la pienezza della vita in Dio”. Questa festa, ha osservato il Papa, “ci fa pensare alla Chiesa nella sua duplice dimensione: la Chiesa in cammino nel tempo e quella che celebra la festa senza fine, la Gerusalemme celeste. Queste due dimensioni sono unite dalla realtà della ‘comunione dei santi’: una realtà che comincia quaggiù sulla terra e raggiunge il suo compimento in Cielo”. Nel mondo terreno, “la Chiesa è l’inizio di questo mistero di comunione che unisce l’umanità, un mistero totalmente incentrato su Gesù Cristo: è Lui che ha introdotto nel genere umano questa dinamica nuova, un movimento che la conduce verso Dio e al tempo stesso verso l’unità, verso la pace in senso profondo”. Gesù Cristo, ha ricordato il Pontefice riprendendo il Vangelo di Giovanni, “è morto ‘per riunire insieme i figli di Dio dispersi’, e questa sua opera continua nella Chiesa che è inseparabilmente ‘una’, ‘santa’ e ‘cattolica’. Essere cristiani, far parte della Chiesa significa aprirsi a questa comunione, come un seme che si schiude nella terra, morendo, e germoglia verso l’alto, verso il cielo”. “I Santi, quelli che la Chiesa proclama tali, ma anche tutti i santi e le sante che solo Dio conosce, e che oggi pure celebriamo – ha evidenziato il Santo Padre -, hanno vissuto intensamente questa dinamica. In ciascuno di loro, in modo molto personale, si è reso presente Cristo, grazie al suo Spirito che opera mediante la Parola e i sacramenti”. Infatti, “l’essere uniti a Cristo, nella Chiesa, non annulla la personalità, ma la apre, la trasforma con la forza dell’amore, e le conferisce, già qui sulla terra, una dimensione eterna”. In sostanza, ha precisato Benedetto XVI, “significa diventare conformi all’immagine del Figlio di Dio, realizzando il progetto di Dio che ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza”. Ma “questo inserimento in Cristo ci apre, come dicevamo, anche alla comunione con tutti gli altri membri del suo Corpo mistico che è la Chiesa, una comunione che è perfetta nel ‘Cielo’, dove non c’è alcun isolamento, alcuna concorrenza o separazione”. “Nella festa di oggi – ha affermato il Papa -, noi pregustiamo la bellezza di questa vita di totale apertura allo sguardo d’amore di Dio e dei fratelli, in cui siamo certi di raggiungere Dio nell’altro e l’altro in Dio. Con questa fede piena di speranza noi veneriamo tutti i santi, e ci prepariamo a commemorare domani i fedeli defunti”. Nei santi “vediamo la vittoria dell’amore sull’egoismo e sulla morte: vediamo che seguire Cristo porta alla vita, alla vita eterna, e dà senso al presente, ad ogni attimo che passa, perché lo riempie d’amore, di speranza”. Per il Pontefice, “solo la fede nella vita eterna ci fa amare veramente la storia e il presente, ma senza attaccamenti, nella libertà del pellegrino, che ama la terra perché ha il cuore in Cielo”.
SIR
LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS