mercoledì 7 aprile 2010

Il Papa a Torino. Il card. Poletto: le parole e la presenza di Benedetto il frutto più prezioso dell'Ostensione. La nostra fede si fonda sui Vangeli

''Quanto ci dirà il Papa davanti alla Sindone sarà per noi un tesoro prezioso da custodire a lungo nel cuore: dovremo ascoltarlo, entrando in sintonia con la sua parola a la sua testimonianza di fede e poi conservare le sue parole come il frutto più prezioso dell'Ostensione''. Così l'arcivescovo di Torino, il card. Severino Poletto, nel suo messaggio per la Pasqua e a pochi giorni dall’avvio dell’Ostensione della Sindone, in programma dal 10 aprile al 23 maggio. Ricordando la visita pastorale di Benedetto XVI il prossimo 2 maggio, Poletto ha aggiunto: "Mi attendo molto da questa visita non solo perchè so che il Papa quando sarà davanti alla Sindone ci proporrà una meditazione che considereremo un dono preziosissimo perchè Sua Santità ha il carisma particolare di saper presentare le grandi verità della fede non solo con la sua straordinaria competenza di grande teologo ma anche con uno stile di linguaggio semplice e comprensibile a tutti''. “La nostra fede non si fonda sulla Sindone, bensì sui Vangeli. Ma ciò che colpisce e commuove i cuori davanti alla Sindone è il constatare che in quel misterioso lino c’è un’immagine di un uomo crocifisso che corrisponde con una precisione di particolari impressionante al Gesù sofferente e crocifisso descritto dai Vangeli”. “Ciascuno di noi è invitato a mettere a confronto le moltissime croci dell’umanità e le proprie con la salvifica croce di Cristo. Solo così è possibile gettare un fascio di luce sull’oscurità misteriosa di tante nostre sofferenze di fronte alle quali restiamo muti e disorientati: le croci degli ammalati e moribondi, dei tanti poveri che ci vivono accanto, quelle di coloro che non hanno lavoro e quindi un reddito, la situazione di tante famiglie lacerate e divise, la fatica di molti immigrati onesti a sentirsi accolti e integrati, le persecuzioni di vario tipo che ancora oggi colpiscono la Chiesa”. Infine, l'arcivescovo di Torino ha invitato a lasciare ''agli scienziati e agli storici seri, non ai prevenuti in partenza, il compito di valutare e risolvere la questione relativa all'autenticità della Sindone, cioè nel dire con certezza assoluta se essa corrisponde al vero lenzuolo che ha avvolto il corpo di Gesù nella sepoltura. A noi basta - ha concluso - sapere che quanti l'hanno studiata a lungo e con criteri scientifici oggettivi finora non sono riusciti a spiegare come si sia formata quella immagine, concludendo che non è certamente un manufatto e quindi permangono fondate molte probabilità in favore della sua autenticità''.

Adnkronos, SIR

Andrea Riccardi: si vuole screditare l’essere cristiani nel mondo contemporaneo. La veemenza contro Benedetto XVI viene da prima del pontificato

“Colpendo con il discredito il Papa, si vuole colpire e screditare un modo di essere, l’essere cristiani e Chiesa nel mondo contemporaneo”. Ne è convinto Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e docente di storia contemporanea presso l’Università degli Studi Roma Tre, che in un’intervista all'agenzia SIR commenta la campagna diffamatoria scatenata dai media contro Benedetto XVI. “La Chiesa Cattolica – spiega Riccardi - è, per sua natura profonda e per realtà della sua vita, una globalizzazione della gratuità, in un mondo dove la globalizzazione è tutto mercato, solo mercato”. Una “diversità del cattolicesimo rispetto alla realtà del mondo globalizzato” di cui “va tenuto conto” e per la quale, secondo lo storico, “si potrebbe utilizzare la categoria biblica di profezia”. “Affermare questo – precisa - non è vittimismo cattolico o arroccamento, ma una constatazione che lo storico e l’osservatore dei fatti sociali possono fare”. Rammentando le dure contestazioni di cui furono oggetto anche Paolo VI e Giovanni Paolo II, Riccardi ne ravvisa, pur nella diversità, il “fondo comune”: “la Chiesa Cattolica, con il suo messaggio, la sua tradizione, la sua pretesa di cambiare l’uomo, risulta ostica nei confronti della mentalità ‘liberale’, fosse quella rivoluzionaria e antistituzionale del 1968, fosse quella neoliberale o radicale di tempi più recenti”. “La veemenza contro Benedetto XVI – avverte ancora Riccardi - viene da prima del pontificato. Il card. Ratzinger è stato considerato e ritratto dai media come un duro inquisitore, per tutta l’epoca in cui fu alla testa della Congregazione della dottrina della fede”. È proprio questa immagine ad avere preparato “il terreno ad un impatto difficile, ormai quasi sempre critico, nei confronti di questo Papa” che “i cattolici hanno la responsabilità di non isolare”. D’altra parte, sottolinea lo storico, “i media trovano poco di politico (che è quello che li interessa) nel suo messaggio religioso-spirituale, quindi inclinano verso un atteggiamento negativo”. Secondo Riccardi, “la globalizzazione ha cambiato anche la funzione dei media. La grande stampa internazionale e le grandi agenzie hanno un ruolo decisivo” nell’orientare l’informazione, e anche se “non è facile cambiare” questo orientamento, occorre “evitare il panico” nella Chiesa. “E’ vero che certi attacchi formano l’opinione della gente”, constata, “ma non è solo così. C’è una percezione” che “non è dipendente dai media. La gente sa cos’è la Chiesa, perché la conosce e l’ha vissuta”. Bisogna quindi – è il monito conclusivo dello storico - che i cristiani si facciano presenti, personalmente, nella società e nella vita, mostrando in modo diretto e attraente il loro essere cristiani”.

SIR

Il card. Bertone in Cile per portare la vicinanza e la solidarietà del Papa alla popolazione colpita dal terremoto lo scorso 27 febbraio

Il cardinale segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone è in visita in Cile, Paese colpito lo scorso 27 febbraio dal drammatico terremoto costato la vita ad oltre 450 persone. Il porporato è stato accolto ieri al suo arrivo nel Paese latinoamericano dall’arcivescovo di Santiago, card. Francisco Javier Errázuriz Ossa, dal presidente della Conferenza Episcopale, mons. Alejandro Goíc Karmelić, e dal nunzio apostolico, mons. Giuseppe Pinto. Al suo arrivo in Cile, il card. Tarcisio Bertone ha ricordato l’incarico affidatogli dal Papa: esprimere stima e affetto “alle comunità diocesane, ai suoi pastori, al popolo cileno e alle autorità”. Il porporato ha, anche, sottolineato che il Santo Padre ha seguito con speciale vicinanza, fin dal primo momento, “i tragici avvenimenti vissuti dalla nazione cilena a causa del sisma”. Benedetto XVI – ha affermato il porporato – desidera “far arrivare a tutti i cileni la propria solidarietà” e prega Dio “per tutte le vittime e coloro che hanno subito terribili danni provocati da questa catastrofe”. Il segretario di Stato vaticano, che oggi incontrerà il presidente Sebastián Piñera, porta a tutti i cileni la vicinanza del Papa. Il Santo Padre – ha inoltre aggiunto il card. Bertone - ha pregato molto per il Cile ed “esortato le autorità nazionali e internazionali ad assicurare gli aiuti necessari”. Il cardinale Bertone ha quindi ricordato alcuni degli appuntamenti previsti durante la sua visita in Cile che si concluderà il prossimo 14 aprile. Tra gli eventi più significativi del viaggio, la Santa Messa con i presuli cileni domenica prossima nella cattedrale di Santiago e una conferenza, il giorno successivo, nella sede della Pontificia Università Cattolica sulla presenza del cristianesimo nei duecento anni di storia della Repubblica cilena. Il card. Tarcisio Bertone affiderà poi solennemente la Chiesa e il popolo cileno all’immagine della Vergine missionaria del Carmine, che Benedetto XVI ha donato al Cile per dare impulso alla Missione Continentale. Un’altra preziosa iniziativa è quella del “Vangelo del Cile”, interamente trascritto a mano in scuole, piazze, chiese, ospedali e carceri di ogni angolo del Paese. Il versetto iniziale è stato scritto da Benedetto XVI. Il viaggio del cardinale segretario di Stato, organizzato in occasione del bicentenario dell’indipendenza del Paese, prevede infine anche la visita nella città di Concepciòn, una delle più colpite dal terremoto.

Radio Vaticana

La passione di Papa Benedetto. La pedofilia l'ultima delle armi contro di lui. Egli è attaccato dove più esercita il ruolo di guida. I punti critici

L'attacco che colpisce Papa Joseph Ratzinger con l'arma dello scandalo dato da preti della sua Chiesa è una costante di questo pontificato. È una costante perché ogni volta, su un terreno diverso, è colpito in Benedetto XVI proprio l'uomo che ha operato e opera, su quello stesso terreno, con più lungimiranza, con più risolutezza e con più frutto.
La tempesta seguita alla sua lezione di Ratisbona del 12 settembre 2006 è stata la prima della serie. Si accusò Benedetto XVI di essere un nemico dell'islam e un fautore incendiario dello scontro tra le civiltà. Proprio lui che con una lucidità e un coraggio unici aveva svelato dove affonda la radice ultima della violenza, in un'idea di Dio mutilata dalla razionalità, e quindi aveva detto anche come vincerla.Le aggressioni e persino le uccisioni che seguirono alle sue parole ne confermarono dolorosamente la giustezza. Ma che egli avesse colto nel segno è stato confermato soprattutto dai passi di dialogo tra la Chiesa cattolica e l'islam che si sono registrati in seguito – non contro ma grazie alla lezione di Ratisbona – e di cui la lettera al Papa dei 138 saggi musulmani e la visita alla Moschea Blu di Istanbul sono stati i segni più evidenti e promettenti. Con Benedetto XVI, il dialogo tra il cristianesimo e l'islam, come pure con le altre religioni, procede oggi con una più nitida consapevolezza su ciò che distingue, in forza della fede, e su ciò che può unire, la legge naturale scritta da Dio nel cuore di ogni uomo.
Una seconda ondata di accuse contro Papa Benedetto lo dipinge come un nemico della ragione moderna e in particolare della sua suprema espressione, la scienza. L'acme di questa campagna ostile fu toccato nel gennaio del 2008, quando dei professori costrinsero il Papa a cancellare una visita nella principale università della sua diocesi, l'Università di Roma "La Sapienza". Eppure – come già a Ratisbona e poi a Parigi al Collège des Bernardins il 12 settembre 2008 – il discorso che il Papa intendeva rivolgere all'Università di Roma era una formidabile difesa del nesso indissolubile tra fede e ragione, tra verità e libertà: "Non vengo a imporre la fede ma a sollecitare il coraggio per la verità". Il paradosso è che Benedetto XVI è un grande "illuminista" in un'epoca in cui la verità ha così pochi estimatori e il dubbio la fa da padrone, fino a volergli togliere la parola.
Una terza accusa scagliata sistematicamente contro Benedetto XVI è di essere un tradizionalista ripiegato sul passato, nemico delle novità portate dal Concilio Vaticano II. Il suo discorso alla curia romana del 22 dicembre 2005 sull'interpretazione del Concilio e poi, nel 2007, la liberalizzazione del rito antico della Messa sarebbero le prove nelle mani dei suoi accusatori. In realtà, la Tradizione alla quale Benedetto XVI è fedele è quella della grande storia della Chiesa, dalle origini a oggi, che non ha nulla a che vedere con un formalistico attaccamento al passato. Nel citato discorso alla curia, per esemplificare la "riforma nella continuità" rappresentata dal Vaticano II, il Papa ha richiamato la questione della libertà di religione. Per affermarla in modo pieno – ha spiegato – il Concilio ha dovuto riandare alle origini della Chiesa, ai primi martiri, a quel "patrimonio profondo" della Tradizione cristiana che nei secoli più recenti era andato smarrito, ed è stato ritrovato anche grazie alla critica della ragione illuminista. Quanto alla liturgia, se c'è un autentico continuatore del grande movimento liturgico che è fiorito nella Chiesa tra Ottocento e Novecento, da Prosper Guéranger a Romano Guardini, questi è proprio Ratzinger.
Un quarto terreno d'attacco è contiguo al precedente. Si accusa Benedetto XVI di aver affossato l'ecumenismo, di anteporre l'abbraccio con i lefebvriani al dialogo con le altre confessioni cristiane. Ma i fatti dicono l'opposto. Da quando Ratzinger è Papa, il cammino di riconciliazione con le Chiese d'Oriente ha fatto straordinari passi avanti. Sia con le Chiese bizantine che fanno capo al patriarcato ecumenico di Costantinopoli, sia – ed è la novità più sorprendente – con il patriarcato di Mosca. E se ciò è avvenuto, è proprio per la ravvivata fedeltà alla grande Tradizione – a cominciare da quella del primo millennio – che è un distintivo di questo Papa, oltre che l'anima delle Chiese d'Oriente. Sul versante dell'Occidente, è ancora l'amore della Tradizione ciò che spinge persone e gruppi della Comunione Anglicana a chiedere di entrare nella Chiesa di Roma. Mentre con i lefebvriani ciò che ostacola un loro reintegro è proprio il loro essere attaccati a forme passate di Chiesa e di dottrina erroneamente identificate con la Tradizione perenne. La revoca della scomunica ai loro quattro vescovi, nel gennaio del 2009, nulla ha tolto allo stato di scisma in cui essi permangono, così come nel 1964 la revoca delle scomuniche tra Roma e Costantinopoli non ha sanato lo scisma tra Oriente e Occidente ma ha reso possibile un dialogo finalizzato all'unità.
Tra i quattro vescovi lefebvriani ai quali Benedetto XVI ha revocato la scomunica c'era l'inglese Richard Williamson, antisemita e negatore della Shoah. Nel rito antico liberalizzato c'è una preghiera affinché gli ebrei "riconoscano Gesù Cristo salvatore di tutti gli uomini". Questi e altri fatti hanno contribuito ad alimentare una ricorrente protesta del mondo ebraico contro l'attuale Papa, con punte notevoli di asprezza. Ed è un quinto terreno d'accusa. L'ultima arma di questa protesta è stato un passaggio del sermone tenuto nella Basilica di San Pietro, il Venerdì Santo alla presenza del Papa, dal predicatore della casa pontificia, padre Raniero Cantalamessa. Il passaggio incriminato era una citazione di una lettera scritta da un ebreo, ma nonostante ciò la polemica si è appuntata esclusivamente contro il Papa. Eppure, nulla è più contraddittorio che accusare Benedetto XVI d'inimicizia con gli ebrei. Perché nessun altro Papa, prima di lui, si è spinto tanto avanti nel definire una visione positiva del rapporto tra cristianesimo ed ebraismo, ferma restando la divisione capitale sul riconoscimento o no di Gesù come Figlio di Dio. Nel primo tomo del suo "Gesù di Nazaret" pubblicato nel 2007 – e vicino ad essere completato dal secondo tomo – Benedetto XVI ha scritto in proposito pagine luminose, in dialogo con un rabbino americano vivente. E numerosi ebrei vedono effettivamente in Ratzinger un amico. Ma sui media internazionali è altra cosa. Lì è quasi soltanto il "fuoco amico" che tambureggia. Di ebrei che colpiscono il Papa che più li capisce e li ama.
Infine, un sesto capo d'accusa – attualissimo – contro Ratzinger è d'aver "coperto" lo scandalo dei preti che hanno abusato sessualmente di bambini. Anche qui, l'accusa investe proprio l'uomo che ha fatto più di tutti, nella gerarchia della Chiesa, per sanare questo scandalo. Con effetti positivi che qua e là già si misurano. In particolare negli Stati Uniti, dove l'incidenza del fenomeno tra il clero cattolico è nettamente diminuita negli ultimi anni. Là dove invece, come in Irlanda, la piaga è tuttora aperta, è stato sempre Benedetto XVI a imporre alla Chiesa di quel paese di mettersi in stato penitenziale, lungo un severo cammino di rigenerazione da lui tracciato in una lettera pastorale dello scorso 19 marzo, che non ha precedenti. Sta di fatto che la campagna internazionale contro la pedofilia ha oggi un solo vero bersaglio, il Papa. I casi ripescati dal passato sono ogni volta quelli che si calcola di ritorcere contro di lui, sia quand'era arcivescovo di Monaco, sia quand'era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, con in più l'appendice di Ratisbona per gli anni il cui il fratello del Papa, Georg, dirigeva il coro di bambini della cattedrale.
I sei capi d'accusa contro Benedetto XVI, fin qui richiamati, aprono una domanda. Perché questo Papa è così sotto attacco, da fuori la Chiesa ma anche da dentro, nonostante la sua lampante innocenza rispetto alle accuse? Un principio di risposta è che apa Benedetto è sistematicamente attaccato proprio per ciò che fa, per ciò che dice, per ciò che è.

Sandro Magister, chiesa.espressonline.it

L'associazione Gioventù Cristiana organizza per il 18 aprile nelle principali piazze italiane una manifestazione nazionale in difesa di Benedetto

Una manifestazione nazionale per dire basta all’intolleranza contro Benedetto XVI. E’ quanto organizza l’associazione Gioventù Cristiana per domenica 18 aprile, dalle 20.30 nelle principali piazze d’Italia. Da Milano a Roma, da Napoli a Palermo passando per Sassari per ribadire la propria vicinanza al Pontefice. "Sebbene non siamo un movimento ecclesiale ma una semplice associazione, riteniamo opportuno far sentire la nostra voce di giovani ed ancor prima di laici in difesa del Santo Padre – commenta in una nota Pietro Serra, dirigente nazionale di Gioventù Cristiana – Per questo in coincidenza col quinto anniversario dell’elezione al soglio pontificio, abbiamo deciso di promuovere su scala nazionale una serie d’iniziative affinché si dica basta una volta per tutte alla papafobia dilagante. Hanno provato prima col nazismo e fallendo vogliono riprovarci accusandolo di aver coperto preti pedofili. La cosa sorprendente – prosegue – è che le accuse arrivano dagli stessi che lo tacciavano di razzismo ed eccessiva rigidità quando voleva verificare che i singoli seminaristi non fossero disturbati sessualmente". Intanto la stessa associazione ha creato un’unità di coordinamento nel proprio sito. Centinaia di mail sono state inviate nella sola giornata di martedì e altrettante centinaia sono gli aderenti all’evento su Facebook. Oltre 630 partecipanti hanno dato in poche ore conferma della loro partecipazione, e gli inviti hanno raggiunto quota 7.000.

Ufficio Stampa “Gioventù Cristiana”

Il card. Bertone: Benedetto XVI è un Papa forte, il Papa del Terzo Millenio. Il card. Sodano: attaccato perché difende verità che non sono accettate

“Benedetto XVI è un Papa forte, il Papa del Terzo Millennio”: è quanto affermato dal car. Tarcisio Bertone, parlando con i giornalisti all’aeroporto di Santiago del Cile dove è giunto ieri per una visita al popolo cileno colpito dal terremoto. Il giorno di Pasqua, ha osservato il porporato, Piazza San Pietro “era colma di molti giovani” che hanno espresso entusiasmo e solidarietà al Pontefice. Il segretario di Stato vaticano ha poi definito infondate le accuse rivolte da alcuni giornali sul caso del prete pedofilo americano Murphy. “Non è vero”, ha detto con forza il card. Bertone, “abbiamo documentato il contrario”. Dal canto suo, il card. Angelo Sodano (nella foto con Benedetto XVI), intervistato da L’Osservatore Romano, ha affermato che nei confronti del Papa c’è “un contrasto culturale”. Il Papa, rileva il porporato, “incarna verità morali che non sono accettate e così le mancanze e gli errori di sacerdoti sono usate come armi contro la Chiesa”. Ora, ribadisce il card. Sodano, “contro la Chiesa viene brandita l’accusa della pedofilia”. E traccia un excursus storico: “Prima ci sono state le battaglie del modernismo contro Pio X, poi l’offensiva contro Pio XII per il suo comportamento durante l’ultimo conflitto mondiale e infine quella contro Paolo VI per l’‘Humanae Vitae’”. La comunità cristiana, prosegue il card. Sodano, “si sente giustamente ferita quando si tenta di coinvolgerla in blocco in vicende tanto gravi quanto dolorose di qualche sacerdote, trasformando colpe e responsabilità individuali in colpa collettiva con una forza veramente incomprensibile”. Se qualche ministro “è stato infedele – osserva il cardinale decano – non si può e non si deve generalizzare”. “Non è colpa di un vescovo se un suo sacerdote si è macchiato di colpe gravi. E certo – ribadisce – non è responsabile il Pontefice”. Solidarietà al Papa anche dal cardinale arcivescovo di Santiago del Cile, Francisco Javier Errázuriz Ossa. Il porporato cileno esprime dolore per gli abusi su minori compiuti da parte di membri del clero, ma respinge energicamente gli attacchi, infondati e ingiusti, al Papa. Attacchi, rileva il card. Errazuriz, volti a rimuovere l’influenza cristiana dalla cultura dell’Occidente. Anche l’arcivescovo di Washington, Donald W. Wuerl, ha manifestato la sua solidarietà al Papa inviando una lettera aperta ai fedeli della sua arcidiocesi. Il presule ricorda la fermezza dell’allora card. Ratzinger quando, alla guida della Congregazione della Dottrina della Fede, dovette affrontare lo scandalo della pedofilia nella Chiesa statunitense. “Conosciamo per nostra esperienza – scrive l’arcivescovo Wuerl, riprendendo una nota dell’episcopato Usa del 30 marzo scorso – la profonda preoccupazione di Papa Benedetto per chi è stato oggetto di abusi sessuali e allo stesso tempo il suo aiuto nel trovare misure per proteggere i giovani oggi e nel futuro”.

Radio Vaticana

'Stern': il processo canonico a padre Maciel archiviato perchè protetto da Papa Wojtyla. A fine mese il rapporto sulla visita ai Legionari di Cristo

"Quando il card. Joseph Ratzinger (oggi Papa Benedetto XVI) ancora guidava la Congregazione per la dottrina della fede, la sua istituzione archiviò un processo inquisitorio nonostante fossero state formulate le più pesanti accuse verso Marcial Maciel Degollado, fondatore dell'ordine dei Legionari di Cristo, particolarmente protetto dal defunto Papa Karol Wojtyla". Lo scrive il settimanale tedesco Stern, in un'anticipazione diffusa oggi, sottolineando che sarà presentato "a fine aprile" il rapporto sull'ispezione ordinata l'anno scorso da Papa Benedetto XVI sulle istituzioni legate all'ordine dei Legionari di Cristo dopo le accuse a Degollado, morto nel 2008, di abusi sessuali e concubinato. Lo Stern, nel riproporre il caso del prete messicano che "ha violentato decine di seminaristi minorenni", parla di suoi "conti alle Bahamas" e di una sua presunta capacità di bloccare "per anni tutte le inchieste" interne in quanto "era uno dei più efficenti raccoglitori di donazioni della Chiesa Cattolica ed un particolare protetto del defunto Papa Karol Wojtyla". Il processo contro il fondatore dei legionari di Cristo, come registrarono le cronache, subì rallentamenti durante il pontificato di Giovanni Paolo II e registrò invece un'accelerazione dopo la sua morte con l'elezione di Benedetto XVI. Nel 2006, sotto Papa Ratzinger, il Vaticano, al termine di un'inchiesta quasi decennale su abusi sessuali ai danni di seminaristi, decise comunque la sospensione 'a divinis' di Maciel e, tenendo conto sia della sua età avanzata sia della sua salute cagionevole, si rinunciò al processo canonico, che avrebbe potuto portare alla riduzione allo stato laicale: Maciel fu però "invitato" ad una vita riservata di preghiera e di penitenza e alla rinuncia ad ogni ministero pubblico.

Il Messaggero.it

Benedetto XVI ai giovani: si vede la forza della vostra fede. Il saluto agli ortodossi russi: una più intensa collaborazione nella verità e carità

“Siate sempre fedeli al vostro battesimo: vivete appieno la vostra consacrazione battesimale e siate testimoni di Cristo orto e risorto per noi”. Durante il saluto ai fedeli italiani, che tradizionalmente conclude l’Udienza generale, il Papa si è rivolto questa mattina in modo particolare ai giovani presenti, salutando “specialmente gli adolescenti della diocesi di Cremona” e i “numerosi gruppi di ragazzi e di ragazze che fanno quest’anno la loro professione di fede”, provenienti dalla diocesi di Milano. Accompagnato dagli applausi dei giovani presenti in Piazza San Pietro, che scandivano sillabandolo il suo nome, il Papa ha poi commentato a braccio: “Si vede la forza della vostra fede!”. Agli sposi novelli, Benedetto XVI ha chiesto “il coraggio per essere protagonisti nella Chiesa e nella società, contribuendo con il vostro amore fedele e fecondo alla costruzione della civiltà dell’amore”. Benedetto XVI ha poi inviato ''un cordiale saluto e un beneaugurante pensiero a tutti i russi, sia a quanti vivono in patria sia a quelli che si trovano in varie parti del mondo'', salutando in lingua russa i pellegrini presenti. ''La solennità della Santa Pasqua, che quest'anno abbiamo avuto la gioia di celebrare insieme tra cattolici e ortodossi, sia occasione - ha detto il Pontefice - di una rinnovata fraternità e di una sempre più intensa collaborazione nella verità e nella carità''.

SIR, Asca

Il Papa: saremo testimoni di Gesù risorto quando trasparirà in noi il prodigio del suo amore. La Pasqua atto supremo e insuperabile della sua potenza

''La Pasqua di Cristo è l'atto supremo e insuperabile della potenza di Dio'', un evento ''assolutamente straordinario'', ma anche ''un fatto storico, reale, testimoniato e documentato''. A ricordarlo è stato questa mattina Papa Benedetto XVI, rientrato da Castel Gandolfo, dove resterà fino a martedì' prossimo, nella catechesi della prima Udienza generale dopo Pasqua. La Risurrezione di Gesù, ha spiegato il Pontefice, ''è l'avvenimento che fonda tutta la nostra fede''. Il Nuovo Testamento non descrive la Risurrezione di Gesù nel suo attuarsi, ha sottolineato il Papa: ''riferisce soltanto le testimonianze di coloro che Gesù in persona ha incontrato dopo essere risuscitato''. In particolare, l'annuncio ''è Risorto'' viene proclamato ''inizialmente da alcuni angeli'': è dunque ''un annuncio che ha origine in Dio'', ma Dio ''lo affida subito ai suoi messaggeri, perchè lo trasmettano a tutti''. Sono gli angeli, poi, che ''invitano le donne, recatesi di buon mattino al sepolcro, ad andare con prontezza'' ad annunciare ai discepoli la resurrezione di Cristo. ''Mediante le donne del Vangelo - ha concluso il Papa - quel mandato divino raggiunge tutti e ciascuno perchè, a loro volta, trasmettano ad altri, con fedeltà e con coraggio, questa stessa notizia: una notizia bella, lieta e portatrice di gioia''. “La buona notizia della Pasqua richiede l’opera di Testimoni entusiasti e coraggiosi”. Il Papa ha espresso la sua “profonda gratitudine per le innumerevoli schiere di credenti in Cristo che ci hanno preceduto nei secoli, perché non sono mai venute meno al loro fondamentale mandato di annunciare il Vangelo che avevano ricevuto”. “Ogni discepolo di Cristo, anche ciascuno di noi, è chiamato ad essere testimone”, ha affermato Benedetto XVI, secondo il quale “è questo il preciso, impegnativo ed esaltante mandato del Signore risorto”. “La notizia della vita nuova in Cristo – ha proseguito il Santo Padre - deve risplendere nella vita del cristiano, deve essere viva e operante in chi la reca, realmente capace di cambiare il cuore, l’intera esistenza”. In questa prospettiva, “la vicenda degli apostoli è anche la nostra e quella di ogni credente, di ogni discepolo che si fa annunciatore”. “Saremo davvero e fino in fondo testimoni di Gesù risorto quando lasceremo trasparire in noi il prodigio del suo amore; quando nelle nostre parole e, più ancora, nei nostri gesti, in piena coerenza con il Vangelo, si potrà riconoscere la voce e la mano di Gesù stesso”. "Siamo certi che il Signore, oggi come ieri, opera insieme ai suoi testimoni”, le parole di Benedetto XVI: “È questo un fatto che possiamo riconoscere ogni qualvolta vediamo spuntare i germi di una pace vera e duratura, là dove l’impegno e l’esempio di cristiani e di uomini di buona volontà è animato da rispetto per la giustizia, da dialogo paziente, da convinta stima verso gli altri, da disinteresse, da sacrificio personale e comunitario”. “Vediamo purtroppo nel mondo anche tanta sofferenza, tanta violenza, tante incomprensioni”, ha denunciato il Papa, secondo il quale “la celebrazione del mistero pasquale, la contemplazione gioiosa della Risurrezione di Cristo, che vince il peccato e la morte con la forza dell’Amore di Dio è occasione propizia per riscoprire e professare con più convinzione la nostra fiducia nel Signore risorto, il quale accompagna i testimoni della sua parola operando prodigi insieme con loro”. “Dappertutto, dunque, il Signore ci manda come suoi testimoni”, una delle affermazioni centrali dell’udienza di oggi: “Ma possiamo essere tali – ha puntualizzato il Santo Padre - solo a partire e in riferimento continuo all’esperienza pasquale, quella che Maria di Magdala esprime annunciando agli altri discepoli: Ho visto il Signore”, come riferisce il Vangelo di Giovanni. “In questo incontro personale con il Risorto – ha ribadito Benedetto XVI - stanno il fondamento incrollabile e il contenuto centrale della nostra fede, la sorgente fresca e inesauribile della nostra speranza, il dinamismo ardente della nostra carità. Così la nostra stessa vita cristiana coinciderà appieno con l’annuncio: Cristo Signore è veramente risorto”. “Lasciamoci conquistare dal fascino della Risurrezione di Cristo”, l’auspicio finale del Papa, che si è affidato a Maria affinché “ci sostenga con la sua protezione e ci aiuti a gustare pienamente la gioia pasquale, perché sappiamo portarla a nostra volta a tutti i nostri fratelli”. “Ancora una volta,Buona Pasqua a tutti!”, la conclusione della catechesi.

Asca, SIR

L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa

Un ex vescovo della Norvegia abusò di un minore. Padre Lombardi: questione affrontata con rapidità, il Papa accettò le dimissioni nel maggio 2009

Un ex vescovo cattolico in Norvegia, Georg Müller, ha ammesso di aver abusato sessualmente di un minorenne circa 20 anni fa. Lo rende noto in un comunicato oggi la Chiesa Cattolica del Paese. Müller, 58 anni, nato vicino Treviri, in Germania, si è infatti dimesso da vescovo di Trondheim l'anno scorso, ufficialmente perchè non adatto all'incarico. Secondo il quotidiano Adresseavisen, che ha rivelato la storia, il caso risale a oltre venti anni fa quando Müller era prete nella cittadina di Trondheim. La vittima era un ragazzo del coro, ora trentenne, che è stato risarcito dalla Chiesa. Con una dichiarazione ufficiale pubblicato sul bollettino della Sala Stampa della Santa Sede, il portavoce vaticano padre Federico Lombardi ''conferma le informazioni date nel Comunicato dell'Amministratore Apostolico di Trondheim (Norvegia), mons. Bernd Eidsvig, circa l'ex-vescovo di Trondheim, Mons. Georg Müller, vescovo della diocesi fra il 1997 e il 2009''. ''La vicenda riguarda - ricorda padre Lombardi - un caso di abuso sessuale di un minore dell'inizio degli anni 90''. Esso, aggiunge, è giunto ''a conoscenza delle autorità ecclesiastiche nel gennaio del 2009. La questione fu affrontata ed esaminata con rapidità tramite la Nunziatura di Stoccolma, per mandato della Congregazione per la Dottrina della Fede. Nel maggio 2009 il vescovo presentò le dimissioni, che vennero tempestivamente accettate dal Santo Padre, e in giugno lasciò la diocesi''. Da allora, spiega Lombardi, il vescovo si è sottoposto ''a un periodo di terapia e non svolge più attività pastorale. Dal punto di vista delle leggi civili il caso era prescritto. La vittima, oggi maggiorenne, ha finora sempre chiesto di rimanere anonima''. ''La Chiesa di Norvegia è scossa nelle sue fondamenta'', dopo che la Congregazione per la dottrina della fede ha annunciato che l'ex vescovo Muller ha dichiarato di essere colpevole di abusi sessuali su un minore, ''personalmente ho difficoltà a trovare le parole''. Lo afferma l'attuale vescovo di Trondheim e Oslo, mons. Bernt Eidsvig esprime in un comunicato che, spiega, prima di tutto vuole esprimere la sua ''solidarietà alla vittima'' e ''spera e prega che il suo desiderio di rimanere anonimo sia rispettato''. Il vescovo Muller, aggiunge mons. Eidsvig, ''ha agito contro ogni obbligo e promessa che aveva preso''. ''Un piccolo segno luminoso nel mezzo della disperazione che tutti noi sentiamo oggi - ha proseguito il vescovo norvegese - è che la Santa Sede ha agito rapidamente e con effetto immediato, quando il caso le è stato segnalato''. La Chiesa, osserva, ha vissuto altri momenti di difficoltà nella sua storia ma ''la differenza - aggiunge - è che questa prova ci ha colpito nel cuore e nella nostra debolezza. Il dolore ci affligge ed è così terribilmente da sopportare''. Il vescovo si rivolge quindi ai suoi fedeli: ''Pregate per me che devo avere la grazia di essere un buon pastore in un momento cosi' difficile per tutti noi''.

Quello che il 'New York Times' non traduce. Sorpresa: Joseph Ratzinger e Tarcisio Bertone non insabbiarono il caso Murphy. Tutta colpa del computer?

Domenica scorsa l’editorialista del New York Times Maureen Dowd è tornata ad attaccare il Papa. Commentando parole dell’esorcista don Gabriele Amorth il quale ha detto che dietro i preti pedofili c’è lo zampino del demonio, Dowd ha suggerito alla chiesa cattolica un mezzo per risolvere il problema: assumere un “sessorcista”. Eppure, a rileggere le accuse che il NYT ha rivolto all’attuale Papa in merito al caso del prete pedofilo Lawrence Murphy che abusò di alcuni ragazzi sordomuti quando lavorava in una scuola di Milwaukee, è il quotidiano americano che sembra aver bisogno di consulenti. Dietro le accuse, infatti, si svela un retroscena inedito: alla base della tesi riportata il 25 marzo dal NYT secondo cui sia Joseph Ratzinger sia Tarcisio Bertone avrebbero insabbiato - quando guidavano la Dottrina della fede - gli abusi commessi di padre Murphy, c’è un grossolano errore di traduzione. Ecco come sono andate le cose: il 25 marzo Laurie Goodstein costruisce sul NYT le accuse a Ratzinger e Bertone in due modi. Firma un articolo in cui riassume i fatti. Allega sul sito web del giornale la corrispondenza avvenuta tra l’ex Sant’Uffizio e la diocesi di Milwaukee in merito al caso. E’ in questa corrispondenza che è riportato anche il resoconto dell’incontro che il 30 maggio 1998 i superiori della Dottrina della fede hanno con mons. Robert Weakland, allora arcivescovo di Milwaukee, il suo ausiliare mons. Richard Skilba e il vescovo di Superior, Raphael Fliss. Si tratta di un incontro di fondamentale importanza perché svela quale linea Bertone, a nome di Ratzinger, decise di prendere una volta conosciuti i fatti. Il racconto dell’incontro serve al NYT da supporto alla tesi scritta dalla Goodstein. A prima vista tutto è corretto. Sul sito web del giornale vengono riportate sia la versione originale del resoconto dell’incontro del ’98, quella italiana, sia una traduzione in inglese. Ma si omette di dire una cosa: la versione inglese è una traduzione dall’italiano grossolana e scorretta fatta con “Yahoo translator”, una traduzione che il giudice vicario della diocesi di Milwaukee, Thomas Brundage, aveva inviato al suo superiore, il vescovo Fliss, per aiutarlo nella comprensione dell’italiano. Per Brundage era scontato che Fliss ne prendesse visione senza dimenticarsi della versione corretta: “E’ una traduzione molto ruvida”. Scrive Brundage a Fliss, “perché il computer non può distinguere alcuni termini del diritto canonico”. Mai Brundage avrebbe potuto immaginare che più di dieci anni dopo il NYT, volutamente o semplicemente per superficialità, scrivesse un articolo nel quale gran parte dell’impianto accusatorio si basa esclusivamente sulla versione inglese. Qui il traduttore automatico di Yahoo cambia il senso delle parole e mostra Bertone molto remissivo con Murphy. Tanto che si può dire, se la fonte è soltanto questa versione inglese, che Ratzinger e il suo vice tentarono nel ’98 di insabbiare il caso. Ma lo stesso ragionamento non lo si può fare se viene svolto un lavoro corretto di visione delle fonti, ovvero se ci si basa sul testo ufficiale scritto dalla Dottrina della fede in italiano. E’ qui, nella versione italiana, che vengono dette alcune cose importanti. Viene detto che durante l’incontro con Bertone, Weakland “s’impegna a cercare di ottenere da Murphy – da lui paragonato a un bambino ‘difficile’ –, una dichiarazione di pentimento”. Si dice che padre Murphy è stato esaminato da tre psicologi che lo ritengono “un pedofilo tipico” e che, pertanto, “si crede vittima”. Si spiega che o padre Murphy “dà segni chiari di pentimento”, oppure il processo canonico andrà fino in fondo e arriverà alle dimissioni del sacerdote dallo stato clericale. E’ nella versione inglese assunta come base dal NYT, invece, che non solo alcuni passaggi vengono omessi, ma si dice spesso tutt’altro. Cosa? Che Weakland s’impegna ad avere da Murphy non una dichiarazione di pentimento ma semplicemente una d’“impedimento dell’esercizio del ministero”. Non si dice che tre psicologi hanno giudicato padre Murphy un “pedofilo tipico” e che la cosa viene presa per buona dalla Dottrina della fede. E non si dice che, senza pentimento, a padre Murphy verrà comminato il massimo della pena prevista dal diritto canonico: le dimissioni dallo stato clericale. Insomma, a leggere la versione inglese sembra che Bertone non abbia preso ogni misura possibile su Murphy. Non si dice, ancora, che la Dottrina delle fede lo considera un pedofilo e che senza il suo pentimento il processo non verrà fermato. E’ vero, Bertone chiede di tenere in considerazione le condizioni fisiche precarie di Murphy, che infatti di lì a poco muore. Ma non dice mai che a causa di queste condizioni il processo deve essere fermato. Egli dice, e la cosa viene omessa nella versione “automatica” inglese, che per favorire il pentimento di padre Murphy “gli sia concesso un perido di ritiro”, altrimenti le misure saranno “più rigorose”.

Paolo Rodari, Il Foglio