martedì 7 luglio 2009

'Caritas in veritate'. La Confersercenti: sulla crisi un forte appello alla responsabilità. Riflettere sul monito contro egoismi localismi esasperati

"La forza morale dell'Enciclica di Benedetto XVI è un autorevole appello alla responsabilità per uscire dalla crisi con un mondo che ha capito la lezione della crisi finanziaria ed economica e vuole tornare a crescere in modo più solido ed equo. E deve far riflettere il suo severo monito contro egoismi e localismi esasperati". Lo sottolinea Confesercenti in una nota, commentando la "Caritas in veritate". "Stato e mercato - osserva ancora l'associazione - possono ben convivere, specie se, come in Italia, tutto questo si traduce in una modernizzazione del Paese come le imprese chiedono da tempo. Colpisce in particolar modo - precisa Confesercenti - l'invito a costruire un'Autorità mondiale all'altezza delle grandi sfide della globalizzazione. E ci chiediamo se un altrettanto positivo sforzo non possano compierlo anche le grandi religioni per offrire alla comunità mondiale un luogo autorevole che sia di riferimento per la moralità del mondo".

Apcom

'Caritas in veritate'. Mons. Marx: un orientamento politico, sociale e economico al momento giusto. Il Papa ha molta fiducia nella persona

"Caritas in veritate", la nuova Enciclica di Papa Benedetto XVI è un ''punto esclamativo morale'': lo ha affermato mons. Reinhard Marx (foto), Presidente della Commissione sociale della Conferenza Episcopale tedesca (Dbk), nel corso di una conferenza stampa svoltasi oggi a Monaco. Nell'incontro mons. Marx si è detto ''rallegrato'' per i contenuti del documento pubblicato oggi. ''Un'Enciclica non è nè un testo scientifico, sebbene debba essere scientificamente fondata nelle proprie affermazioni, nè una predica, nè' un programma politico ma un orientamento vincolante a livello dottrinale per formare la politica, la società e l'economia''. ''Il Papa ci ha dato questo orientamento al momento giusto'', un orientamento che tutti devono concretizzare, ''anche io stesso in qualità di presidente della sesta commissione della Dbk'' ha osservato l'arcivescovo di Monaco. ''In "Caritas in veritate", il Papa auspica un superamento dell'economia di mercato per una nuova calibratura tra Stato, mercato e società civile. Questa è una delle sfide principali del XXI secolo'' e su questo punto, il Papa ''offre spunti notevoli''. ''Benedetto XVI ha chiarito che il mercato non è uno spazio privo di morale'', ha proseguito Marx. ''Sono necessarie regole e ordinamenti generali, che non possono tuttavia funzionare senza norme morali''. L'arcivescovo di Monaco ha sottolineato il ruolo fondamentale attribuito dal Papa alle organizzazioni dei lavoratori e ha giudicato ''una sorpresa e una sfida'' l'impulso del Papa ''a discutere su nuove forme di economia di mercato, di forme aziendali differenti''. Mons. Marx si è soffermato anche sul ''principio fondamentale dell'amore'' che può contribuire a risolvere i problemi sociali ''in modo più umano e più equo''. L'amore in questo caso non è da considerare solo ''come sentimento ed esperienza'', bensì come ''disponibilità fondamentale ad incontrare l'altro, fino alla consapevolezza che apparteniamo ad una famiglia umana''. Mons. Marx ha infine elogiato ''la visione incoraggiante del mondo posta alla base dell'Enciclica, poichè Benedetto XVI ha molta fiducia nella persona'', valutando in modo particolarmente positivo l'invito del Papa a vedere le persone come entità globali, e non ridurle agli aspetti economici e materiali e ritenendolo uno dei punti fondamentali dell'Enciclica.

Asca

'Caritas in veritate'. Scienza & Vita: invita a coniugare il fare tecnico con l’agire etico senza riduttivismi o ideologizzazioni

"'L'apertura moralmente responsabile alla vita è una ricchezza sociale ed economica'. Già questa sola espressione, contenuta nella Lettera Enciclica "Caritas in veritate", richiama tutti all’attenzione sulla centralità della persona nella riflessione bioetica e sulle ineludibili ricadute in ambito sociale ed economico". Così l’Associazione Scienza & Vita è intervenuta sulla terza Enciclica di Papa Benedetto XVI. "La difesa della vita umana, la condanna dell’assolutismo della tecnica, la deriva eugenetica e della mens eutanasica, il rischio della negazione della dignità umana, così come il ribadire la centralità di ogni persona e lo sviluppo umano integrale, rappresentano le parole chiave su cui si fonda il nostro agire. L’Enciclica, indubbiamente aperta alla riflessione razionale, invita a coniugare il fare tecnico con l’agire etico, senza riduttivismi o ideologizzazioni". Parlando a nome dell'Associazione, i presidenti Bruno Dallapiccola e Lucio Romano, hanno concluso: «Scienza & Vita guarda con avvertita sensibilità alla "Caritas in veritate", laddove, tra l’altro, rimarca con forza che 'la questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica, nel senso che essa implica il modo stesso non solo di concepire, ma anche di manipolare la vita, sempre più posta dalle biotecnologie nelle mani dell'uomo'".

Vita.it

'Caritas in veritate'. 'L'Osservatore Romano': messaggio di realismo e speranza nonostante la crisi economica mondiale

L'Enciclica "Caritas in veritate" di Papa Benedetto XVI propone un messaggio di ''realismo e speranza, nonostante la crisi economica mondiale''. Lo scrive, in un editoriale di prima pagina, il direttore de L'Osservatore Romano Giovanni Maria Vian, che prova a sintetizzare un testo ''tanto importante e ricco quanto lunga è stata la sua elaborazione''. "Caritas in veritate", scrive Vian, va ricollegata alla ''tradizione'' dei documenti sociali dei Papi, a cominciare dalla celebre "Rerum novarum" di Leone XIII del 1891 e senza dimenticare le due Encicliche dedicate da Pio XI alla crisi economica del '29, la "Quadragesimo anno" e la ''quasi sconosciuta'' "Nova impendet", che sembra invece aver avuto una certa influenza sul testo di Papa Ratzinger, fino ad arrivare agli insegnamenti sociali di Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II. In questo modo, la "Caritas in veritate" sottolinea anche in ambito sociale ''la continuità tra la tradizione anteriore e quella successiva al Vaticano II''. In particolare, Vian sottolinea il significato delle due ultime Encicliche di Paolo VI, di cui sottolineava l'importanza lo stesso Papa Montini, in un discorso pronunciato quaranta giorni prima di morire e riproposto oggi da L'Osservatore Romano: ''La "Populorum progressio", punto di riferimento continuo e quasi sottotesto di questo documento benedettino, e la "Humanae vitae", della quale viene ripresa esplicitamente anche la lettura sociale, come un quarantennio fa avvenne soprattutto nel Terzo mondo a fronte della bufera di critiche, anche all'interno della Chiesa, che nelle ricche società occidentali investirono l'enciclica paolina e sembrarono quasi travolgerla''. Vian evidenza come la "Caritas in veritate" sia ''indirizzata non usualmente ai cattolici e 'a tutti gli uomini di buona volontà'' come essa presenti una 'summa socialis' vigile e aggiornata, che smentisce l'immagine di un Papa soltanto teologo chiuso nelle sue stanze e conferma invece quanto Benedetto XVI sia attento, come teologo e pastore, alla realtà contemporanea in tutti i suoi aspetti''. I fenomeni ''della mondializzazione e della tecnocrazia'' sono considerati dal testo come ''di per sè neutri ma soggetti a degenerazioni a causa, 'in termini di fede' specifica il Papa, del peccato delle origini''. ''L'atteggiamento di Benedetto XVI - scrive quindi Vian - non può dunque essere qualificato come pessimistico a priori, come alcuni vorrebbero, ma nemmeno è assimilabile a ingenui e irresponsabili ottimismi, perchè si fonda piuttosto sulla fiducia tipicamente cattolica in una ragione aperta alla presenza del divino'', perchè ''la sfera economica e la tecnica appartengono all'attività umana e non vanno demonizzate, ma neppure lasciate a se stesse perchè devono essere vincolate al bene comune, e cioè governate dal punto di vista etico''. In un momento storico che per il direttore del quotidiano pontificio è ''propizio'' per ''abbandonare ideologie che soprattutto nel secolo scorso hanno lasciato dietro di sè soltanto rovine'', ''davvero - conclude Vian - è venuto il momento di approfittare dell'occasione offerta dalla crisi mondiale per uscirne insieme, i credenti con le donne e gli uomini di buona volontà. A tutti infatti il Papa scrive che bisogna vivere come una famiglia, sotto lo sguardo del Creatore''.

Asca

'Caritas in veritate'. Bonanni: un punto di riferimento e una speranza. Angeletti: una sferzata per il mondo del lavoro. Epifani: di grande importanza

''La nuova Lettera Enciclica di Papa Benedetto XVI rappresenta una speranza, un ancoraggio, un punto di riferimento per tutte le forme associative del mondo del lavoro, che come la Cisl sono impegnate quotidianamente nella vita economica e sociale del nostro paese''. Così il Segretario Generale della Cisl, Raffaele Bonanni commenta l'Enciclica sociale ''Caritas in veritate'' di Papa Benedetto XVI. ''Oltre agli importanti richiami alla necessità di regole per una governance della finanza globale alla luce della crisi economica mondiale - aggiunge Bonanni - il Pontefice ha messo in evidenza e sollecitato una nuova e approfondita riflessione sul senso dell'economia e delle sue finalità, richiamando tutti i soggetti economici alle proprie responsabilità, per valorizzare tutte quelle forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca senza le quali una economia di mercato non può pienamente esercitare la propria missione''. ''In particolare - prosegue il leader della Cisl - condividiamo molto il costante richiamo del Papa ad orientare lo sviluppo economico mediante i principi di sussidiarietà e solidarietà che sono una condizione essenziale del bene comune e della promozione umana. Proprio per questo ci pare importante sottolineare il riconoscimento che la nuova Enciclica esprime sul ruolo delle organizzazioni sindacali, in Italia e nel mondo, che devono essere messe in condizione di difendere ovunque i diritti dei lavoratori per far fronte ai rischi di degrado e precarieta' provenienti da una mobilità eccessiva''. ''Sono altresì importanti per la Cisl, i richiami del Pontefice per un equo commercio internazionale, la necessità di una condivisione solidale delle risorse energetiche, un maggiore accesso all'educazione, il rispetto per gli immigrati, la lotta alla disoccupazione, la difesa della dignità del lavoro. Tutti principi - conclude Bonanni - su cui la Cisl è impegnata, e sui quali avrà un effetto benefico la parola illuminante che si è manifestata nel testo della nuova Enciclica di Benedetto XVI''.
"L'Enciclica del Santo Padre è una sferzata per tutti i soggetti che operano nel mondo e per il mondo del lavoro". È il commento del segretario generale della Uil, Luigi Angeletti. In particolare, l'invito a non abbassare il livello di tutele dei lavoratori e la netta contrarietà alla precarietà sono, secondo Angeletti, "sollecitazioni che devono trovare ascolto e concretizzazione in una fase caratterizzata da una crisi così profonda e complessa, generata da una finanza senza etica". "Il valore del lavoro per la crescita delle persone e della società. Questo è il segno - conclude Angeletti - che lascerà l'Enciclica: una cultura fondata sul valore delle persone".
''L'Enciclica di Papa Benedetto XVI è di grande importanza ed è particolarmente significativa nella scelta di considerare centrali il lavoro e la persona nell'analisi della crisi''. E' il commento del segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani.''E' un documento di grande significato perchè mette l'uomo al centro dello sviluppo, ponendo l'accento sui diritti dei migranti, raccomandandando l'attenzione ai più deboli, sollecitando principi di solidarietà e regole più stringenti per i mercati e, in generale, rilevando la necessità di un'etica nell'economia e nella finanza ''. Infine, secondo Epifani, ''è giusto il richiamo alla funzione del sindacato e ai valori di solidarietà che riguardano tutti i lavoratori, iscritti e non iscritti''.

Asca, Il Sussidiario.net

'Caritas in veritate'. La Focsiv: grande apprezzamento per l'ulteriore richiamo personale e collettivo di un ritorno all'etica

La Focsiv accoglie con grande positività l'Enciclica sociale "Caritas in veritate" di Benedetto XVI. "Cogliamo nell'Enciclica un richiamo ulteriore a livello personale e collettivo della necessità di un serio ritorno all'etica". Commenta così Sergio Marelli, direttore generale di Volontari nel mondo Focsiv. Un richiamo, questo all'etica, che "assume oggi un significato particolare - sottolinea Marelli - se pensiamo alla notizia della morte di 156 persone nella provincia cinese dello Xinjiang e di circa 800 feriti, tutti vittime delle violenze esplose ieri nella capitale della regione, Urumqi, mentre l'Italia con il benestare del Governo sigla accordi commerciali con 800 imprenditori cinesi per un valore di 2 milioni di euro". E continua: "Esprimiamo tutta la nostra solidarietà alle vittime del regime cinese. Un governo che da domani siederà a L'Aquila al tavolo degli Otto grandi della Terra ma che in maniera ostentata e di continuo viola i diritti delle persone". Marelli esprime infine "grande apprezzamento per il messaggio di rilievo che concerne l'invito a superare la dicotomia tra sfera dell'economico e del sociale perchè, come sostiene il Papa, si può fare impresa anche se si perseguono fini di utilità sociale".

Agi

Udienza del Papa al premier cattolico del Giappone. Nel colloquio la crisi economica e l'impegno congiunto per l'Africa

Lo stato della crisi economica mondiale e l’impegno del Giappone e della Santa Sede per l’Africa hanno caratterizzato questa mattina l’udienza che Benedetto XVI ha concesso al primo ministro nipponico, Taro Aso, giunto in Vaticano con la consorte e un seguito. Dopo il colloquio con il Papa, informa una nota ufficiale, il premier del Giappone si è intrattenuto con il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e con il segretario per i Rapporti con gli Stati, l’arcivescovo Dominique Mamberti. “Sul piano bilaterale - conclude la nota della Segreteria di Stato - si sono evocate le buone relazioni esistenti tra il Giappone e la Santa Sede, nonché l’intesa e la cooperazione tra la Chiesa e lo Stato”. Aso, primo cattolico a guidare il governo nella storia del Giappone, ha regalato al Pontefice un tipico prodotto della tecnologia giapponese, una telecamera digitale (foto). Papa Ratzinger, da parte sua, gli ha regalato una custodia con le monete del Pontificato. Il colloquio è durato venticinque minuti.

'Caritas in veritate'. Gli interventi della conferenza stampa di presentazione dell'Enciclica di Benedetto XVI e i video

INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. RENATO RAFFAELE MARTINO

INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. PAUL JOSEF CORDES

INTERVENTO DI S.E. MONS. GIAMPAOLO CREPALDI

INTERVENTO DEL PROF. STEFANO ZAMAGNI

Guarda il video ...» - La presentazione

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'Caritas in veritate'. Un'Enciclica di ampio respiro che guarda al futuro. Il Papa spiega perchè Dio è indispensabile per lo sviluppo umano

L’Enciclica sociale "Caritas in veritate" di Benedetto XVI, presentata stamattina in Vaticano, trasforma la dottrina sociale della Chiesa nientemeno che nel rapporto tra la Chiesa e il Mondo, dato che essa tratta de “lo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità”, dilatando all’estremo il tema dello sviluppo della "Populorum progressio" di Paolo VI della quale ricorda il quarantesimo anniversario. E’ quindi una grande Enciclica di ampio respiro, perfettamente inserita nel Pontificato di Benedetto XVI, che non solo ha fatto dei due termini carità e verità il cuore del suo Magistero - essendo essi, secondo lui, il cuore stesso del cristianesimo- , ma ha anche posto nel modo più radicale il tema di “Dio nel mondo”, ossia se il cristianesimo sia solo utile o anche indispensabile alla costruzione di un vero sviluppo umano. Il Papa pensa che sia indispensabile e in questa Enciclica dice perché. E’ un’Enciclica coraggiosa, quindi, in quanto elimina ogni possibile perplessità – cara alla teologia “progressista” - sul ruolo pubblico della fede cristiana e sul fatto che da essa derivi una coerente visione della vita, in concorrenza con altre visioni. Il mondo, secondo la "Caritas in veritate" non è solo da accompagnare nel dialogo e mediante una carità senza verità, ma è da salvare mediante la carità nella verità. Per ottenere questo risultato il Papa ha da un lato “riabilitato” Paolo VI e dall’altro ha indicato il punto di vista teologico dal quale la Chiesa deve considerare i fatti sociali. Si tratta di due puntualizzazioni dal grande valore strategico che il card. Martino e mons. Crepaldi, presentando stamattina l’Enciclica in Sala stampa della Santa Sede, hanno astutamente ben evidenziato. L’intero primo capitolo dell’Enciclica è dedicato a Paolo VI, appunto per ricordare la sua "Populorum progressio" del 1967. Paolo VI non era incerto sul valore della dottrina sociale della Chiesa, come molti hanno detto e continuano a dire, e non ha per nulla ridimensionato l’importanza di una presenza pubblica del cristianesimo nella storia. Anzi, dice Benedetto XVI, egli ha gettato le basi del grande rilancio che di lì a poco avrebbe fatto Giovanni Paolo II. Viene così tolto di mezzo uno dei principali argomenti dei teologi che hanno contestato il presunto carattere ideologico della dottrina sociale della Chiesa. Essendo Paolo VI il Papa del Concilio, va da sé che le precisazioni dell'Enciclica riguardano la valutazione di un intero periodo. Queste affermazioni del Papa hanno la stessa importanza della condanna dell’ermeneutica della frattura circa il Vaticano II da lui fatta nel dicembre 2005. La "Caritas in veritate", infatti, afferma che non esistono due dottrine sociali una preconciliare ed una postconciliare, ma un’unica dottrina sociale della Chiesa. Pio IX o Leone XIII non si erano sbagliati. Quanto alla visione teologica da cui partire, il Papa chiarisce che questa è la fede apostolica e non qualche problema sociologicamente inteso. Insomma la Chiesa non parte “dal mondo” ma dalla fede degli apostoli. Solo così essa può essere utile al mondo. Questa è la prospettiva centrale di tutta l’enciclica e spiega l’insieme delle valutazioni che vi sono contenute. Che lo sviluppo vero non possa tenere separati i temi della giustizia sociale da quelli del rispetto della vita e della famiglia; che non si possa lottare per la salvaguardia della natura dimenticando la superiorità della persona umana nel creato; che l’eugenetica è molto più preoccupante della diminuzione della biodiversità nell’ecosistema; che l’aborto e l’eutanasia corrodono il senso della legge e impediscono all’origine l’accoglienza dei più deboli, rappresentando una ferita alla comunità umana dalle enormi conseguenze di degrado; che l’economia abbia bisogno di gratuità e che questa non si deve aggiungere alla fine o a latere dell’attività economica ma deve essere elemento di solidarietà dall’interno dei processi economici, dato che ormai, tra l’altro, l’attività redistributiva dello Stato è pressoché impossibile. Queste ed altre valutazioni l’enciclica le trae dal Vangelo e mentre con il Vangelo illumina queste realtà – società, economia, politica - le restituisce anche a se stesse, all’autonomia della loro dignità, riscontrando impensate convergenze tra la visione cristiana e i bisogni autentici della società umana. Pensiamo, per esempio, all’economia: la globalizzazione impedisce di fatto agli Stati di organizzare la solidarietà “dopo” la produzione. Bisogna organizzare la solidarietà già dentro la produzione come cerca di fare per esempio, tra mille contraddizioni, il movimento della responsabilità sociale dell’impresa. Qui si incontrano i bisogni concreti dell’economia globalizzata di oggi e le indicazioni della fede cristiana secondo le quali l’economia è sempre un fatto umano e comunitario e quindi la dimensione etica non la riguarda solo “dopo” ma fin dall’inizio. In questa Enciclica per la prima volta vengono trattati in modo sistematico i temi della globalizzazione, del rispetto dell’ambiente, della bioetica e della sua centralità sociale, che nelle precedenti Encicliche erano stati solo sfiorati. E’ un’Enciclica che guarda decisamente al futuro con il coraggio del realismo della sapienza cristiana. Lo schema Nord-Sud è superato, dice Benedetto XVI, la responsabilità del sottosviluppo non è solo di alcuni ma di tanti, compresi i paesi emergenti e le élites di quelli poveri, talvolta anche le organizzazioni umanitarie e gli organismi internazionali sembrano più interessati al proprio benessere e a quello delle proprie burocrazie che non allo sviluppo dei poveri, il turismo sessuale è sostenuto non solo dai paesi da dove partono i “clienti, ma anche da quelli che lo ospitano, la corruzione la si ritrova in tutta la filiera degli aiuti umanitari, se i paesi occidentali sbagliano a proteggere eccessivamente la proprietà intellettuale specialmente per i farmaci nelle culture dei paesi arretrati ci sono superstizioni e visioni ancestrali che bloccano lo sviluppo, e così via. E’ un’Enciclica che condanna le ideologie del passato ed anche quelle nuove: dall’ecologismo al terzomondismo. Essa affronta però soprattutto una ideologia, l’ideologia della tecnica, alla quale è dedicato l’intero capitolo sesto. Dopo il crollo delle ideologie politiche si è consolidata l’ideologia della tecnica, tanto più pericolosa in quanto si alimenta di una cultura relativista, alimentandola a sua volta. Il punto di vista centrale dell’Enciclica è stato riassunto dal vescovo Crepaldi, che l’ha presentata stamane in Vaticano, come la “prevalenza del ricevere sul fare”. E siamo così tornati al problema di fondo: senza Dio gli uomini sono frutto del caso e della necessità e nulla possono ricevere. Ma il mondo – il mercato come la comunità politica – ha bisogno di presupposti che esso stesso non si sa dare. La pretesa cristiana rimane sempre la stessa.

Stefano Fontana, L'Occidentale

Enciclica 'Caritas in veritate'/3. Economia e etica, globalizzazione, un nuovo governo globale, difesa della vita e sviluppo, libertà di religione

Per funzionare bene l'economia ha bisogno dell'etica
L'economia ha bisogno dell'etica per il suo corretto funzionamento''. Benedetto XVI precisa: ''Non di un'etica qualsiasi, bensì di un'etica amica della persona''. Il Papa loda gli sviluppi della ''finanza etica, soprattutto medianto il microcredito e, più in generale, la micronfinanza'' ma, aggiunge, ''occorre adoperarsi perchè l'intera economia e l'intera finanza siano etiche e lo siano non per un'etichettatura dall'esterno, ma per il rispetto di esigenze intrinseche alla loro stessa natura''. Allo stesso modo, il pontefice mette in guardia da un uso della parola 'etica', ''ideologicamente discriminatorio, lasciando intendere che non sarebbero etiche le iniziative che non si fregiassero formalmente di questa qualifica''. Per papa Ratzinger, invece di distinguere tra ''imprese finalizzate al profitto (profit) e organizzazioni non finalizzate al profitto (non profit)'' bisogna tenere in considerazione la ''ampia area intermedia'' tra questi due modelli sorta negli ultimi decenni. Essa, spiega, è ''costituita da imprese tradizionali, che però sottoscrivono dei patti di aiuto ai Paesi arretrati; da fondazioni che sono espressione di singole imprese; da gruppi di imprese aventi scopi di utilità sociale; dal variegato mondo dei soggetti della cosiddetta economia civile e di comunione''. Per Papa Ratzinger, ''il fatto che queste imprese distribuiscano o meno gli utili oppure che assumano l'una o l'altra delle configurazioni previste dalle norme giuridiche diventa secondario rispetto alla loro disponibilità a concepire il profitto come uno strumento per raggiungere finalità di umanizzazione del mercato e della società'' ed e' quindi ''auspicabile che queste nuove forme di impresa trovino in tutti i Paesi anche adeguata configurazione giuridica e fiscale''. ''Esse - conclude il Pontefice -, senza nulla togliere all'importanza e all'utilità economica e sociale delle forme tradizionali di impresa, fanno evolvere il sistema verso una piu' chiara e compiuta assunzione dei doveri da parte dei soggetti economici. Non solo. E' la stessa pluralità delle forme istituzionali di impresa a generare un mercato più civile e al tempo stesso più competitivo''.
Globalizzazione va governata ma no a protezionismi
Di fronte alla ''globalizzazione'' non bisogna assumere ''atteggiamenti fatalistici'' perchè, come già detto da Giovanni Paolo II, essa ''a priori, non è nè buona ne' cattiva. Sarà ciò che le persone ne faranno''. Se da una parte, ragiona infatti il Pontefice, il processo di mondializzazione ''è stato il principale motore per l'uscita dal sottosviluppo di intere regioni e rappresenta di per sè una grande opportunità'', dall'altra ''potrebbe sostituire le ideologie con la tecnica, divenuta essa stessa un potere ideologico''. Quel che conta, quindi, è ''governare la globalizzazione e a orientarla verso un vero sviluppo umano''. Per Papa Ratzinger, anche in questa fase di crisi mondiale, ''la diffusione delle sfere di benessere a livello mondiale non va frenata con progetti egoistici, protezionistici o dettati da interessi particolari''. Allo stesso tempo, è però importante che gli uomini non siano ''vittime, ma protagonisti'' del processo di globalizzazione: ''Opporvisi ciecamente sarebbe un atteggiamento sbagliato, preconcetto, che finirebbe per ignorare un processo contrassegnato anche da aspetti positivi, con il rischio di perdere una grande occasione di inserirsi nelle molteplici opportunità di sviluppo da esso offerte''. Essi, infatti, ''adeguatamente concepiti e gestiti, offrono la possibilità di una grande ridistribuzione della ricchezza a livello planetario come in precedenza non era mai avvenuto; se mal gestiti, possono invece far crescere povertà e disuguaglianza, nonchè contagiare con una crisi l'intero mondo''. Bisogna, quindi, ''correggerne le disfunzioni, anche gravi, che introducono nuove divisioni tra i popoli e dentro i popoli e fare in modo che la ridistribuzione della ricchezza non avvenga con una ridistribuzione della povertà o addirittura con una sua accentuazione''.
Gli Organismi internazionali costosi e burocratici. Ora un nuovo governo globale
''Gli Organismi internazionali dovrebbero interrogarsi sulla reale efficacia dei loro apparati burocratici e amministrativi, spesso troppo costosi''. Benedetto XVI mette l'accento sui costi eccessivi e sulla poca trasparenza di organizzazioni internazionali e Ong, fino ad arrivare a chiedere la nascita di una ''vera Autorità politica mondiale''. Per il Pontefice, in alcuni casi, ''chi è destinatario degli aiuti diventi funzionale a chi lo aiuta e che i poveri servano a mantenere in vita dispendiose organizzazioni burocratiche che riservano per la propria conservazione percentuali troppo elevate di quelle risorse che invece dovrebbero essere destinate allo sviluppo''. Per questo, prosegue, ''sarebbe auspicabile che tutti gli Organismi internazionali e le Organizzazioni non governative si impegnassero ad una piena trasparenza, informando i donatori e l'opinione pubblica circa la percentuale dei fondi ricevuti destinata ai programmi di cooperazione, circa il vero contenuto di tali programmi, e infine circa la composizione delle spese dell'istituzione stessa''. Ma per il Papa anche questo potrebbe non bastare e i problemi dell'attuale assetto internazionale sono strutturali. Quindi, aggiunge, ''di fronte all'inarrestabile crescita dell'interdipendenza mondiale, è fortemente sentita, anche in presenza di una recessione altrettanto mondiale, l'urgenza della riforma sia dell'Organizzazione delle Nazioni Unite che dell'architettura economica e finanziaria internazionale''. Di fronte alle molteplici sfide globali, dalla crisi alle migrazioni, dal riscaldamento globale al disarmo, oggi ''urge la presenza di una vera Autorità politica mondiale'' già auspicata da Giovanni XXIII. Per Papa Ratzinger, ''una simile Autorità dovrà essere regolata dal diritto, attenersi in modo coerente ai principi di sussidiarietà e di solidarietà, essere ordinata alla realizzazione del bene comune'' e, inoltre, dovrà essere ''da tutti riconosciuta, godere di potere effettivo per garantire a ciascuno la sicurezza, l'osservanza della giustizia, il rispetto dei diritti''. ''Ovviamente - aggiunge -, essa deve godere della facoltà di far rispettare dalle parti le proprie decisioni, come pure le misure coordinate adottate nei vari fori internazionali. In mancanza di ciò, infatti, il diritto internazionale, nonostante i grandi progressi compiuti nei vari campi, rischierebbe di essere condizionato dagli equilibri di potere tra i più forti''.In particolare, il Papa mette l'accento sul principio della ''sussidiarietà'' che dovrebbe ispirare il nuovo governo mondiale. Si tratta, spiega, ''di un principio particolarmente adatto a governare la globalizzazione''. ''Per non dar vita a un pericoloso potere universale di tipo monocratico - conclude -, il governo della globalizzazione deve essere di tipo sussidiario, articolato su più livelli e su piani diversi, che collaborino reciprocamente. La globalizzazione ha certo bisogno di autorità, in quanto pone il problema di un bene comune globale da perseguire; tale autorità, però, dovrà essere organizzata in modo sussidiario e poliarchico, sia per non ledere la libertà sia per risultare concretamente efficace''.
La difesa della vita crea sviluppo ma l'Occidente impone la denatalità
''L'apertura alla vita è al centro del vero sviluppo'' ma, nei Paesi poveri, Ong, governi e donatori internazionali impongono spesso aborto, controllo delle nascite e sterilizzazione in cambio degli aiuti allo sviluppo e dei fondi dei programmi internazionali di sostegno. Per il Papa, non solo ''alcune Organizzazioni non governative operano attivamente per la diffusione dell'aborto, promuovendo talvolta nei Paesi poveri l'adozione della pratica della sterilizzazione, anche su donne inconsapevoli'': c'è anche il ''fondato sospetto'' che, ''a volte'', i Paesi poveri siano vittime di una sorta di ricatto e che ''gli stessi aiuti allo sviluppo vengano collegati a determinate politiche sanitarie implicanti di fatto l'imposizione di un forte controllo delle nascite''. A questo scenario si aggiunge il fatto delle ''preoccupanti'' ''legislazioni che prevedono l'eutanasia'' e delle ''pressioni di gruppi nazionali e internazionali che ne rivendicano il riconoscimento giuridico''. Papa Ratzinger non manca di sottolineare come gli aiuti internazionali siano stati spesso ''distolti dalle loro finalità, per irresponsabilità che si annidano sia nella catena dei soggetti donatori sia in quella dei fruitori'' e denuncia poca trasparenza e eccessivi costi burocratici di Ong e organismi internazionali. Ma soprattutto, la sua attenzione si concentra sul ''tema del rispetto per la vita, che non può in alcun modo essere disgiunto dalle questioni relative allo sviluppo dei popoli''. A bloccare lo sviluppo non sono solo gli ''alti tassi di mortalità infantile'' dovuti alla povertà ma anche le ''pratiche di controllo demografico'' e le ''politiche di forzata pianificazione delle nascite'' ancora diffuse in varie parti del mondo, dove i governi ''diffondono la contraccezione e giungono a imporre anche l'aborto''. Per il Papa, ''considerare l'aumento della popolazione come causa prima del sottosviluppo è scorretto, anche dal punto di vista economico'', come dimostrano i ''segni di crisi rilevabili nelle società in cui si registra un preoccupante calo della natalità''. ''Quando una società s'avvia verso la negazione e la soppressione della vita - prosegue -, finisce per non trovare più le motivazioni e le energie necessarie per adoperarsi a servizio del vero bene dell'uomo. Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l'accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono''. Non a caso, il Pontefice registra come nei ''Paesi economicamente piu' sviluppati'', le ''legislazioni contrarie alla vita'' siano ormai ''molto diffuse'' e abbiano ormai ''condizionato il costume e la prassi, contribuendo a diffondere una mentalità antinatalista che spesso si cerca di trasmettere anche ad altri Stati come se fosse un progresso culturale''. Il Papa però non esclude che si debba ''prestare la debita attenzione ad una procreazione responsabile'', senza ridurre la sessualità ''a mero fatto edonistico e ludico'' o ''semplice fonte di piacere''. Per il Papa, un ruolo centrale in questo ambito deve averlo la famiglia, mentre i programmi di ''educazione sessuale'' non possono ridursi ''a un'istruzione tecnica, con l'unica preoccupazione di difendere gli interessati da eventuali contagi o dal 'rischio' procreativo''. Quindi, per Papa Ratzinger ''l'apertura moralmente responsabile alla vita è una ricchezza sociale ed economica''. ''Grandi Nazioni - argomenta - hanno potuto uscire dalla miseria anche grazie al grande numero e alle capacità dei loro abitanti. Al contrario, Nazioni un tempo floride conoscono ora una fase di incertezza e in qualche caso di declino proprio a causa della denatalita', problema cruciale per le società di avanzato benessere. La diminuzione delle nascite, talvolta al di sotto del cosiddetto 'indice di sostituzione', mette in crisi anche i sistemi di assistenza sociale, ne aumenta i costi, contrae l'accantonamento di risparmio e di conseguenza le risorse finanziarie necessarie agli investimenti, riduce la disponibilità di lavoratori qualificati, restringe il bacino dei ''cervelli'' a cui attingere per le necessità della Nazione. Inoltre, le famiglie di piccola, e talvolta piccolissima, dimensione corrono il rischio di impoverire le relazioni sociali, e di non garantire forme efficaci di solidarietà''. ''Proporre ancora alle nuove generazioni la bellezza della famiglia e del matrimonio'' diventa allora, per il Pontefice, ''una necessità sociale, e perfino economica''. ''In questa prospettiva - conclude -, gli Stati sono chiamati a varare politiche che promuovano la centralità e l'integrità della famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, prima e vitale cellula della società, facendosi carico anche dei suoi problemi economici e fiscali, nel rispetto della sua natura relazionale''.
Terrorismo e ateismo minacciano la libertà di religione
Tra i fenomeni che oggi minacciano lo sviluppo, c'è anche la ''negazione del diritto alla libertà religiosa'', rappresentata non solo dal ''terrorismo a sfondo fondamentalista'' e dal ''fanatismo religioso'' ma anche dalla ''promozione programmata dell'indifferenza religiosa o dell'ateismo pratico da parte di molti Paesi''. Per Papa Ratzinger, anche se nelle ''lotte'' e nei ''conflitti'' che nel mondo si ''si combattono per motivazioni religiose'' a volte la matrice religiosa ''è solo la copertura di ragioni di altro genere, quali la sete di dominio e di ricchezza'', resta il fatto che ancora oggi ''spesso si uccide nel nome sacro di Dio''. Queste violenze ''frenano lo sviluppo autentico e impediscono l'evoluzione dei popoli verso un maggiore benessere socio-economico e spirituale'', soprattutto nel caso del ''terrorismo a sfondo fondamentalista, che genera dolore, devastazione e morte, blocca il dialogo tra le Nazioni e distoglie grandi risorse dal loro impiego pacifico e civile''. Accanto a questi fenomeni di fanatismo religioso che ''impedisce l'esercizio del diritto di libertà di religione'', però, il Pontefice segnala però il rischio della ''promozione programmata dell'indifferenza religiosa o dell'ateismo pratico da parte di molti Paesi'' che ''contrasta con le necessità dello sviluppo dei popoli, sottraendo loro risorse spirituali e umane''. ''Dio - spiega infatti Papa Ratzinger - è il garante del vero sviluppo dell'uomo'' e per questo ''quando lo Stato promuove, insegna, o addirittura impone, forme di ateismo pratico, sottrae ai suoi cittadini la forza morale e spirituale indispensabile per impegnarsi nello sviluppo umano integrale e impedisce loro di avanzare con rinnovato dinamismo nel proprio impegno per una piu' generosa risposta umana all'amore divino''. Questo rischio diventa poi 'contagioso' quando i ''Paesi economicamente sviluppati o quelli emergenti esportano nei Paesi poveri questa visione riduttiva della persona e del suo destino''. ''E' il danno - conclude il Papa - che il 'supersviluppo' procura allo sviluppo autentico, quando è accompagnato dal 'sottosviluppo morale''.
Dalla cultura della morte scenari inquietanti per il futuro dell'umanità
Le biotecnologie, l'aborto, l'eutanasia, la clonazione e l'eugenetica sono segni di una ''cultura di morte'' sempre piu' diffusa che apre ''scenari inquietanti'' per il futuro dell'umanità. Per il Pontefice, al giorno d'oggi, ''la questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica, nel senso che essa implica il modo stesso non solo di concepire, ma anche di manipolare la vita, sempre piu' posta dalle biotecnologie nelle mani dell'uomo''. Per Papa Ratzinger, ''stupisce'' che da una parte si condanni il degrado sociale ed economico e dell'altra si tollerino ''ingiustizie inaudite'' in campo bioetico. ''La fecondazione in vitro, la ricerca sugli embrioni, la possibilità della clonazione e dell'ibridazione umana nascono e sono promosse nell'attuale cultura del disincanto totale, che crede di aver svelato ogni mistero, perchè si è ormai arrivati alla radice della vita'', argomenta il Pontefice, che invita quindi a non ''minimizzare gli scenari inquietanti per il futuro dell'uomo e i nuovi potenti strumenti che la 'cultura della morte' ha a disposizione''. ''Alla diffusa, tragica, piaga dell'aborto - mette infatti in guardia il Pontefice - si potrebbe aggiungere in futuro, ma è già surrettiziamente in nuce, una sistematica pianificazione eugenetica delle nascite. Sul versante opposto - prosegue -, va facendosi strada una mens eutanasica, manifestazione non meno abusiva di dominio sulla vita, che in certe condizioni viene considerata non più degna di essere vissuta''. ''Dietro questi scenari stanno posizioni culturali negatrici della dignità umana'' che rendono difficile, secondo Papa Ratzinger, la possibilità di uno sviluppo globale. ''Come ci si potrà stupire dell'indifferenza per le situazioni umane di degrado - si chiede -, se l'indifferenza caratterizza perfino il nostro atteggiamento verso ciò che è umano e ciò che non lo è?''. ''Stupisce - prosegue - la selettività arbitraria di quanto oggi viene proposto come degno di rispetto. Pronti a scandalizzarsi per cose marginali, molti sembrano tollerare ingiustizie inaudite. Mentre i poveri del mondo bussano ancora alle porte dell'opulenza, il mondo ricco rischia di non sentire più quei colpi alla sua porta, per una coscienza ormai incapace di riconoscere l'umano. Dio svela l'uomo all'uomo; la ragione e la fede collaborano nel mostrargli il bene, solo che lo voglia vedere; la legge naturale, nella quale risplende la Ragione creatrice, indica la grandezza dell'uomo, ma anche la sua miseria quando egli disconosce il richiamo della verità morale''.

Asca

Enciclica 'Caritas in veritate'/2. I lavoratori immigrati, l'acqua e il cibo, il divario ricchi-poveri, difesa della vita e dell'ambiente, la finanza

I lavoratori immigrati non sono una merce
Gli stranieri che arrivano dai Paesi più poveri in quelli più ricchi in cerca di un lavoro ''non possono essere considerati come una merce o una mera forza lavoro'' e hanno ''diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione''. Il fenomeno delle migrazioni, scrive il Pontefice, ''impressiona per la quantità di persone coinvolte, per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religiose che solleva, per le sfide drammatiche che pone alle comunita' nazionali e a quella internazionale''. L'immigrazione è, quindi, ''fenomeno sociale di natura epocale, che richiede una forte e lungimirante politica di cooperazione internazionale per essere adeguatamente affrontato. Tale politica - prosegue Papa Ratzinger - va sviluppata a partire da una stretta collaborazione tra i Paesi da cui partono i migranti e i Paesi in cui arrivano'' e ''va accompagnata da adeguate normative internazionali''. ''Nessun Paese - ammonisce il Papa - da solo può ritenersi in grado di far fronte ai problemi migratori del nostro tempo'' ed è per questo che, anche se la sua gestione rimane ''complessa'' e ''nonostante le difficoltà connesse con la loro integrazione'', non si può dimenticare che i ''lavoratori stranieri'' recano ''un contributo significativo allo sviluppo economico del Paese ospite con il loro lavoro, oltre che a quello del Paese d'origine grazie alle rimesse finanziarie'' e ''ovviamente'' ''non possono essere considerati come una merce o una mera forza lavoro''. ''Ogni migrante - conclude il Papa - è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione''.
L'acqua e il cibo diritti universali. Servono riforme agrarie
''L'alimentazione e l'accesso all'acqua'' sono ''diritti universali di tutti gli esseri umani, senza distinzioni nè discriminazioni''. ''Il diritto all'alimentazione, così come quello all'acqua - si legge nella "Caritas in veritate" -, rivestono un ruolo importante per il conseguimento di altri diritti, ad iniziare, innanzitutto, dal diritto primario alla vita''. Il Pontefice condanna anche con forza l'''accaparramento delle risorse, specialmente dell'acqua'', che ''può provocare gravi conflitti tra le popolazioni coinvolte''. Allo stesso modo, il Papa chiede il coinvolgimento delle ''comunità locali nelle scelte e nelle decisioni relative all'uso della terra coltivabile'' e una ''equa riforma agraria nei Paesi in via di sviluppo''. Per la Chiesa, infatti, '''dare da mangiare agli affamati', è un imperativo etico'', da perseguire con ancora più determinazione nel tempo presente nel quale ''la fame non dipende tanto da scarsità materiale, quanto piuttosto da scarsità di risorse sociali, la più importante delle quali è di natura istituzionale''. ''Manca - spiega infatti il Papa - un assetto di istituzioni economiche in grado sia di garantire un accesso al cibo e all'acqua regolare e adeguato dal punto di vista nutrizionale, sia di fronteggiare le necessita' connesse con i bisogni primari e con le emergenze di vere e proprie crisi alimentari, provocate da cause naturali o dall'irresponsabilita' politica nazionale o internazionale''.
Il divario ricchi-poveri è un rischio. Rivalutare il ruolo dello Stato
''L'aumento sistemico delle ineguaglianze tra gruppi sociali all'interno di un medesimo Paese e tra le popolazioni dei vari Paesi, ossia l'aumento massiccio della povertà in senso relativo tende a erodere la coesione sociale, e per questa via mette a rischio la democrazia''. Benedetto XVI aggiunge che l'aumento del divario tra poveri e ricchi ha ''un impatto negativo sul piano economico'' perchè provoca la ''progressiva erosione'' del ''capitale sociale', ossia di quell'insieme di relazioni di fiducia, di affidabilità, di rispetto delle regole, indispensabili ad ogni convivenza civile''. Il Papa afferma però che, anche se la globalizzazione e l'aumento dell'interconnessione globale ha ridotto per certi versi il potere e la capacità di azione degli Stati, ''ragioni di saggezza e di prudenza suggeriscono di non proclamare troppo affrettatamente la fine dello Stato''. Anzi, grazie alla necessità di trovare una ''soluzione della crisi attuale, il suo ruolo sembra destinato a crescere, riacquistando molte delle sue competenze''. ''Oggi - argomenta il Pontefice - facendo tesoro della lezione che ci viene dalla crisi economica in atto che vede i pubblici poteri dello Stato impegnati direttamente a correggere errori e disfunzioni, sembra più realistica una rinnovata valutazione del loro ruolo e del loro potere, che vanno saggiamente riconsiderati e rivalutati in modo che siano in grado, anche attraverso nuove modalità di esercizio, di far fronte alle sfide del mondo odierno''.
Contro la crisi alimentare prendere in considerazione nuove tecniche agricole rispettose dell'ambiente
Di fronte alla crisi alimentare mondiale, ''potrebbe risultare utile considerare le nuove frontiere che vengono aperte da un corretto impiego delle tecniche di produzione agricola tradizionali e di quelle innovative, supposto che esse siano state dopo adeguata verifica riconosciute opportune, rispettose dell'ambiente e attente alle popolazioni più svantaggiate'': un'apertura, anche se prudente e velata, che Papa Benedetto XVI fa nei confronti degli organismi geneticamente modificati (Ogm). Per affrontare il problema dell'insicurezza alimentare potrebbe altresi' risultare ''utile considerare le nuove frontiere che vengono aperte da un corretto impiego delle tecniche di produzione agricola tradizionali e di quelle innovative, supposto che esse siano state dopo adeguata verifica riconosciute opportune, rispettose dell'ambiente e attente alle popolazioni più svantaggiate''. Infatti, ''sostenendo mediante piani di finanziamento ispirati a solidarietà i Paesi economicamente poveri - scrive Benedetto XVI - perchè provvedano essi stessi a soddisfare le domande di beni di consumo e di sviluppo dei propri cittadini, non solo si può produrre vera crescita economica, ma si può anche concorrere a sostenere le capacità produttive dei Paesi ricchi che rischiano di esser compromesse dalla crisi''.
Difendere sia la vita che l'ambiente, o danneggeremo entrambi
La difesa dell'ambiente e quella della vita ''dal concepimento alla morte naturale'' devono andare di pari passo oppure si creerà una ''grave antinomia della mentalità' e della prassi odierna'' che finirà per ''avvilire la persona, sconvolgere l'ambiente e danneggiare la società''. Come già aveva fatto nella Messa di Pentecoste dello scorso 31 maggio, il Papa collega l'ecologia ''ambientale'' con quella ''umana''. ''La Chiesa - scrive infatti il Pontefice - ha una responsabilità per il creato, e deve far valere questa responsabilità anche in pubblico''. Ma questa responsabilità, oltre alla difesa dell'aria, dell'acqua e della terra, deve puntare soprattutto ''a proteggere l'uomo contro la distruzione di se stesso''. ''Il degrado della natura - argomenta infatti Papa Ratzinger - è strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana'': per il Papa, ''se non si rispetta il diritto alla vita e alla morte naturale, se si rende artificiale il concepimento, la gestazione e la nascita dell'uomo, se si sacrificano embrioni umani alla ricerca, la coscienza comune finisce per perdere il concetto di ecologia umana e, con esso, quello di ecologia ambientale''. Difesa dell'ambiente e difesa della vita, del matrimonio, della famiglia, della sessualità cattolica sono come pagine del ''libro della natura uno e indivisibile'' e ''i doveri che abbiamo verso l'ambiente si collegano con i doveri che abbiamo verso la persona considerata in se stessa e in relazione con gli altri''.
Riformare la finanza per impedire scandalose speculazioni
La finanza va regolata per ''impedire scandalose speculazioni'' che provocano ''effetti deleteri sull'economia reale'' e cercano solo il ''profitto di breve termine''. Il Pontefice mette in guardia da ''un'attività finanziaria mal utilizzata e per lo più speculativa''. Oggi, è la sua analisi, il ''mercato dei capitali'' è ''stato fortemente liberalizzato e le moderne mentalità tecnologiche possano indurre a pensare che investire sia solo un fatto tecnico e non anche umano ed etico''. E se ''non c'è motivo per negare che un certo capitale possa fare del bene, se investito all'estero piuttosto che in patria'' è necessario però salvaguardare ''i vincoli di giustizia, tenendo anche conto di come quel capitale si è formato e dei danni alle persone che comporterà il suo mancato impiego nei luoghi in cui esso è stato generato''. ''Bisogna evitare - scrive ancora il Pontefice - che il motivo per l'impiego delle risorse finanziarie sia speculativo e ceda alla tentazione di ricercare solo profitto di breve termine, e non anche la sostenibilità dell'impresa a lungo termine, il suo puntuale servizio all'economia reale e l'attenzione alla promozione, in modo adeguato ed opportuno, di iniziative economiche anche nei Paesi bisognosi di sviluppo''. Bollino verde, invece, nell'Enciclica arriva nei confronti del microcredito e della microfinanza, esperimenti che ''affondano le proprie radici nella riflessione e nelle opere degli umanisti civili - penso soprattutto alla nascita dei Monti di Pietà -'', e che ''suscitano apprezzamento e meritano un ampio sostegno''. ''I loro effetti positivi - scrive il Papa - si fanno sentire anche nelle aree meno sviluppate della terra''. Queste esperienze vanno ''rafforzate e messe a punto, soprattutto in questi momenti dove i problemi finanziari possono diventare drammatici per molti segmenti piu' vulnerabili della popolazione, che vanno tutelati dai rischi di usura o dalla disperazione'', non solo nel Sud del mondo ma anche nei Paesi ricchi, particolarmente ''in una fase di possibile impoverimento della società stessa''. L'Enciclica esprime anche un parere favorevole sul commercio ''equo e solidale'', purche' ''non s'associno a simili esperienze di economia per lo sviluppo visioni ideologiche di parte''.

Asca

Enciclica 'Caritas in veritate'/1. La carità nella verità contro il relativismo, il mercato e l'economia, il lavoro per tutti

''Caritas in veritate'', ''Carità nella verità'': è questo il titolo scelto da Papa Benedetto XVI per la sua terza Enciclica, dedicata - come spiegato nel titolo - al tema dello ''sviluppo umano integrale nella carità e nella verità'' e rivolta ''ai vescovi, ai presbiteri e ai diaconi, alle persone consacrate, ai fedeli laici, e a tutti gli uomini di buona volonta'''. 127 pagine, 79 paragrafi corredati da 159 note a piè di pagine, quasi 30mila parole. Il titolo, come di consueto, è tratto dalle prime parole della prima frase, che infatti recita: ''La carità nella verità, di cui Gesù Cristo s'è fatto testimone con la sua vita terrena e, soprattutto, con la sua morte e risurrezione, è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell'umanita' intera''. Mettendo al centro della sua riflessione il concetto di ''carità nella verità'', Papa Ratzinger ha scelto, consapevolmente, di rovesciare una famosa espressione di San Paolo, che nella lettera agli Efesini parla invece di ''veritas in caritate'': la verità, per l'Apostolo delle Genti, va letta nel quadro e 'a servizio' di quella che carità che ''non avrà mai fine'' ed è la ''più grande'' delle virtù e delle capacità del cristiano. Papa Ratzinger - come spiega egli stesso nei primi paragrafi - ha preferito invece mettere l'accento sulla ''verità'' da esprimere nella carità perchè ''consapevole degli sviamenti e degli svuotamenti di senso a cui la carità è andata e va incontro, con il conseguente rischio di fraintenderla, di estrometterla dal vissuto etico e, in ogni caso, di impedirne la corretta valorizzazione''. ''La carità - spiega - va compresa, avvalorata e praticata nella luce della verità'', contribuendo così ad ''accreditare la verità, mostrandone il potere di autenticazione e di persuasione nel concreto del vivere sociale'': un risultato, commenta il Pontefice, ''di non poco conto oggi, in un contesto sociale e culturale che relativizza la verità, diventando spesso di essa incurante e ad essa restio''. ''Senza verità - mette ancora in guardia -, la carità scivola nel sentimentalismo'' e ''l'amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente''. In ''una cultura senza verità'', l'amore è' infatti fatalmente ''preda delle emozioni e delle opinioni contingenti dei soggetti, una parola abusata e distorta, fino a significare il contrario''. Invece, per il Pontefice, ''la verità libera la carità dalle strettoie di un emotivismo che la priva di contenuti relazionali e sociali, e di un fideismo che la priva di respiro umano ed universale''. Anche nella sfera globale, spiega il Papa, ''un Cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali''; senza ''un vero e proprio posto per Dio nel mondo'', ''senza la verità - denuncia -, la carità viene relegata in un ambito ristretto e privato di relazioni''. Non a caso, il Pontefice ripete qui la sua condanna dell'''attuale contesto sociale e culturale, in cui è diffusa la tendenza a relativizzare il vero''. Contro queste tendenze, conclude, ''vivere la carità nella verità porta a comprendere che l'adesione ai valori del Cristianesimo è elemento non solo utile, ma indispensabile per la costruzione di una buona società e di un vero sviluppo umano integrale''.
Il mercato, se ridotto alla mera logica del ''profitto'' e dello scambio in vista di un guadagno, ''non riesce a produrre quella coesione sociale di cui pure ha bisogno per ben funzionare'' e ''non può risolvere tutti i problemi sociali''; per questo, l'attività economica deve aprirsi anche all'apporto di altri di soggetti e di altre 'logiche', a cominciare da quella della ''gratuità'' e del ''dono'' propria del messaggio cristiano, senza dimenticare l'importanza di ''leggi giuste'' e di ''forme di ridistribuzione guidate dalla politica'' e assicurate dagli Stati. Questa la concezione del mercato e dell'economia esposta da Papa Benedetto XVI nella parte centrale dell'Enciclica. Il Pontefice chiarisce che la Chiesa non è, di principio, contraria al mercato e all'''agire economico'' e di non condividere ''la visione di quanti pensano che l'economia di mercato abbia strutturalmente bisogno di una quota di povertà e di sottosviluppo per poter funzionare al meglio''. ''La Chiesa - chiarisce Papa Ratzinger - ritiene da sempre che l'agire economico non sia da considerare antisociale'' e, anzi, ''la società non deve proteggersi dal mercato, come se lo sviluppo di quest'ultimo comportasse 'ipso facto' la morte dei rapporti autenticamente umani''. Allo stesso modo, però, il Papa ammonisce che ''l'attività economica non può risolvere tutti i problemi sociali mediante la semplice estensione della logica mercantile'' e non a caso ''la dottrina sociale della Chiesa non ha mai smesso di porre in evidenza l'importanza della giustizia distributiva e della giustizia sociale per la stessa economia di mercato''. Per promuovere la ''emancipazione'' dell'uomo, e soprattutto dei poveri, l'economia ''deve attingere energie morali da altri soggetti che sono capaci di generarle''. Tra questi, naturalmente, Benedetto XVI mette in primo piano il messaggio cristiano, e la sua 'logica' del ''dono'' e della ''gratuità'' che ''come espressione della fraternità possono e devono trovare posto entro la normale attività economica'', non solo alla luce dell'attuale crisi mondiale ma anche per ''un'esigenza della stessa ragione economica''. Allo stesso tempo, però, non bisogna mai dimenticare le esigenze della giustizia e dell'equità, che non devono essere mai disgiunte dalla pratica economica. ''Forse un tempo era pensabile affidare dapprima all'economia la produzione di ricchezza per assegnare poi alla politica il compito di distribuirla. Oggi tutto ciò risulta piu' difficile, dato che le attività economiche non sono costrette entro limiti territoriali, mentre l'autorità dei governi continua ad essere soprattutto locale''.
Stop alla precarietà, ci sia lavoro decente per tutti
Garantire a tutti ''l'accesso al lavoro'' - e anzi a un lavoro ''decente'' -, rafforzare e rilanciare il ruolo dei sindacati, combattere la precarizzazione e anche - a meno che non comporti reali benefici per entrambi i Paesi coinvolti - la ''delocalizzazione'' dei posti di lavoro: Papa Benedetto XVI lancia un forte appello contro la frequente ''violazione della dignità del lavoro umano'' nel mondo contemporaneo, che spesso sta alla radice della ''povertà''. La ''dignità del lavoro'', scrive infatti Papa Ratzinger, spesso viene violata ''sia perchè ne vengono limitate le possibilità (disoccupazione, sotto-occupazione), sia perchè vengono - prosegue il Pontefice citando Giovanni Paolo II - svalutati i diritti che da esso scaturiscono, specialmente il diritto al giusto salario, alla sicurezza della persona del lavoratore e della sua famiglia''. ''La dignità della persona e le esigenze della giustizia - argomenta il testo dell'Enciclica - richiedono che, soprattutto oggi, le scelte economiche non facciano aumentare in modo eccessivo e moralmente inaccettabile le differenze di ricchezza e che si continui a perseguire quale priorità l'obiettivo dell'accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti''. Tutti, insomma, hanno diritto a un lavoro ''decente''. Ma cosa significa, si chiede il Papa, ''la parola 'decenza' applicata al lavoro?''. ''Significa - è la risposta - un lavoro che, in ogni società, sia l'espressione della dignità essenziale di ogni uomo e di ogni donna: un lavoro scelto liberamente, che associ efficacemente i lavoratori, uomini e donne, allo sviluppo della loro comunità; un lavoro che, in questo modo, permetta ai lavoratori di essere rispettati al di fuori di ogni discriminazione; un lavoro che consenta di soddisfare le necessità delle famiglie e di scolarizzare i figli, senza che questi siano costretti essi stessi a lavorare; un lavoro che permetta ai lavoratori di organizzarsi liberamente e di far sentire la loro voce; un lavoro che lasci uno spazio sufficiente per ritrovare le proprie radici a livello personale, familiare e spirituale; un lavoro che assicuri ai lavoratori giunti alla pensione una condizione dignitosa''. Il Papa mette in guardia da una eccessiva ''mobilità'' e ''deregolamentazione'' del mercato del lavoro, che rischia di compromettere il ''capitale umano'' dei lavoratori: ''Quando l'incertezza circa le condizioni di lavoro, in conseguenza dei processi di mobilità e di deregolamentazione, diviene endemica, si creano forme di instabilita' psicologica, di difficoltà a costruire propri percorsi coerenti nell'esistenza, compreso anche quello verso il matrimonio. Conseguenza di ciò è il formarsi di situazioni di degrado umano, oltre che di spreco sociale''. Non a caso, è proprio ''la scienza economica a dirci che una strutturale situazione di insicurezza genera atteggiamenti antiproduttivi e di spreco di risorse umane, in quanto il lavoratore tende ad adattarsi passivamente ai meccanismi automatici, anzichè liberare creatività''. Allo stesso modo, la "Caritas in veritate" avanza forti riserve sui processi di ''delocalizzazione'' della produzione e del lavoro. Papa Ratzinger non nega che, in linea di principio, la ''delocalizzazione, quando comporta investimenti e formazione, possa fare del bene alle popolazioni del Paese che la ospita. Il lavoro e la conoscenza tecnica sono un bisogno universale''. Ma, ricorda, ''non è lecito delocalizzare solo per godere di particolari condizioni di favore, o peggio per sfruttamento, senza apportare alla società locale un vero contributo per la nascita di un robusto sistema produttivo e sociale, fattore imprescindibile di sviluppo stabile''. Inoltre, prosegue il Pontefice, la ''delocalizzazione dell'attività produttiva può attenuare nell'imprenditore il senso di responsabilita' nei confronti di portatori di interessi, quali i lavoratori, i fornitori, i consumatori, l'ambiente naturale e la più ampia società circostante, a vantaggio degli azionisti, che non sono legati a uno spazio specifico e godono quindi di una straordinaria mobilità''. Infine, questo processo ha portato ad una ''competizione tra Stati allo scopo di attirare centri produttivi di imprese straniere, mediante vari strumenti, tra cui un fisco favorevole e la deregolamentazione del mondo del lavoro'', che ha comportato però ''la riduzione delle reti di sicurezza sociale in cambio della ricerca di maggiori vantaggi competitivi nel mercato globale, con grave pericolo per i diritti dei lavoratori, per i diritti fondamentali dell'uomo e per la solidarieta' attuata nelle tradizionali forme dello Stato sociale''. In questo modo, ''i sistemi di sicurezza sociale possono perdere la capacita' di assolvere al loro compito, sia nei Paesi emergenti, sia in quelli di antico sviluppo, oltre che nei Paesi poveri''. Alcune riflessioni il Papa le dedica anche al ruolo dei sindacati che, ricorda, sono ''da sempre incoraggiate e sostenute dalla Chiesa''. Il ontefice invita le organizzazioni sindacali a ''instaurare nuove sinergie a livello internazionale, oltre che locale'' per contrastare quei ''governi'' che, ''per ragioni di utilità economica, limitano spesso le libertà sindacali o la capacità negoziale dei sindacati stessi''. Ancora più che ai tempi della prima Enciclica sociale della Chiesa, la "Rerum novarum" di Leone XIII del 1891, è necessario oggi ''dar vita ad associazioni di lavoratori per la difesa dei propri diritti''. Papa Ratzinger invita però i sindacati a rinnovarsi, ''superando le limitazioni proprie dei sindacati di categoria'' e riflettendo sul ''conflitto tra persona-lavoratrice e persona-consumatrice'': ''Senza dover necessariamente sposare la tesi di un avvenuto passaggio dalla centralità del lavoratore alla centralità del consumatore - scrive infatti il Papa -, sembra comunque che anche questo sia un terreno per innovative esperienze sindacali''.

Asca

Domani al termine dell'Udienza generale il Papa riceverà alcune first ladies. Michelle Obama visiterà la Cappella Sistina e la Basilica Vaticana

Domani mattina, al termine dell'Udienza generale, il Papa riceverà alcune First Ladies dei capi di Stato e di governo che parteciperanno al G8 a L'Aquila da mercoledì a venerdì. Papa Ratzinger accoglierà solo le delegazioni sudafricana, svedese, indiana e una rappresentanza dell'Unione europea e dell'International Fund for Agricultural Development (Ifad) nella saletta privata dell'Aula Paolo VI al termine dell'Udienza generale che si svolgerà al chiuso, proprio nell'Aula Nervi. Venerdì pomeriggio la first lady americana, Michelle Obama, arriverà in Vaticano un'ora prima dell'udienza con Papa Benedetto XVI, fissata alle ore 16. Il tempo necessario per poter visitare la Cappella Sistina e la Basilica di San Pietro, prima di incontrare per la prima volta - insieme al marito - Papa Joseph Ratzinger. Al momento non è previsto che le due figlie della coppia presidenziale americana, Sasha e Malia, partecipino all'udienza con il Papa.

Apcom

'Caritas in veritate'. Lingue, edizioni, prezzi, formati: tutto sull'Enciclica sociale di Papa Benedetto

La nuova Enciclica di Benedetto XVI dal titolo “Caritas in veritate”, che verrà presentata il questa mattina in Sala Stampa vaticana, porta il copyright della Libreria Editrice Vaticana (Lev). Otto le lingue in cui verrà distribuita l’Enciclica: oltre all'italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese e cinese. Il latino ha registrato ritardi a causa delle maggiori difficoltà dovute a neologismi e termini particolarmente complessi. La Lev ha curato le edizioni in lingua latina, inglese, francese, spagnola, tedesca, portoghese e polacca per un totale di 50.000 esemplari. Il documento papale viene pubblicato in tutti i paesi del mondo attraverso le Conferenze Episcopali e gli editori nazionali. E’ possibile acquistare ogni copia al prezzo di 3,00 euro. Per quanto concerne l’edizione in lingua italiana la Lev, servendosi della Tipografia Vaticana, ha preparato 500.000 copie in edizione economica dal formato di 100 pagine (2 euro) e 30.000 copie in edizione cartonata da 144 pagine (8,50 euro). Tutti i fascicoli della “Caritas in veritate” hanno la stessa immagine di copertina. La Libreria Editrice Vaticana ha poi autorizzato le riviste Famiglia Cristiana e Tracce a pubblicare una propria edizione. La stessa autorizzazione è stata data all’editore Cantagalli per un volume commentato da mons. Giampaolo Crepaldi, segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. E’ in preparazione anche una coedizione Libreria Editrice Vaticana-AVE con commento di vari esperti. Il quotidiano Avvenire ed i settimanali diocesani sono stati autorizzati a pubblicare il testo dell’Enciclica nelle loro pagine ordinarie.

Zenit, SIR