Una tavola rotonda di ambasciatori
presso la Santa Sede, in rappresentanza
di tre continenti: è stata questa
la scena che si è presentata ieri pomeriggio nello studio 3 di Radio Vaticana. Gli
ambasciatori svedese, australiano e
filippino si sono uniti al presentatore
radiofonico Christopher Altieri per
parlare del discorso tradizionale rivolto
da Benedetto XVI al Corpo diplomatico
accreditato presso la Santa
Sede. Ulla Birgitta Gudmundson
Perols per la Svezia, John McCarthy
per l’Australia e Mercedes Arrastia
Tuason per le Filippine hanno riflettuto
insieme sul cosiddetto discorso "sullo stato del mondo".
Tra i temi più importanti gli ambasciatori
hanno sottolineato, oltre
all’invito del Papa a una giusta comprensione
dei diritti civili e alla valorizzazione
della libertà di religione, la pacificazione e la carità, specialmente
in riferimento alla Siria. Si
sono poi soffermati sulla riaffermazione
dell’importanza della cooperazione
e della collaborazione nel fornire
aiuti alla popolazione siriana e
a quelle di altre parti del mondo.
Hanno poi concordato sulla fondamentale
necessità di ascoltare le parole
del Pontefice e di farsi interpreti
presso i loro Governi a proposito
della responsabilità condivisa di offrire
gli aiuti essenziali alle popolazioni
in difficoltà. Hanno poi spiegato
in quale modo trovi attuazione
concreta nei loro Paesi l’appello del
Papa.
A questo proposito l’ambasciatore
Gudmundson ha parlato del flusso
intenso di rifugiati siriani in Svezia,
dell’accoglienza che gli riservano offrendo
loro un rifugio.
Parlando dell’Australia l’ambasciatore
McCarthy ha affermato che attualmente
si sta facendo proprio ciò
che chiede il Papa. Il Governo sta
prendendo molto sul serio questa
"grande responsabilità - ha precisato
- tanto che l’Australia è, in ordine
d’importanza, circa il settimo donatore
per i programmi per i rifugiati
e gli sfollati siriani". Organizzazioni
tipo AusAID stanno facendo
davvero la differenza nella vita del
popolo della Siria.
L’ambasciatore ha poi definito le
parole di Benedetto XVI come "le
più potenti, vivaci e dirette che abbiamo
sentito di recente da un leader
mondiale. Dubito che qualcuno
abbia colto la situazione meglio di
quanto ha fatto il Papa". Ha quindi
sottolineato l’invito rivolto ai Governi,
di assumere ciascuno il proprio
ruolo "giusto e morale nel mondo".
A proposito dell’appello del Papa
a deporre le armi e a far prevalere
un dialogo costruttivo per porre fine
al conflitto in Siria, gli ambasciatori
sono stati concordi nel ritenere che
questo invito possa e debba essere
esteso a molti altri Paesi e situazioni
in tutto il mondo. Per questo si sono
dichiarati consapevoli dell’importanza
del ruolo che essi rivestono.
L’ambasciatore delle Filippine ha
quindi ricordato che l’aiuto umanitario
non conosce confini: "Siamo tutti
fratelli e sorelle, in questo mondo,
e dobbiamo davvero aiutare" chiunque
sia nel bisogno.
Commentando l’affermazione del
Papa per cui la pace è a rischio a
causa di diverse minacce alla libertà
religiosa gli ambasciatori hanno sottolineato
l’impegno dei loro Paesi
per assicurare una libertà religiosa
completa e valida per tutte le fedi,
anche in società secolarizzate.
L’ambasciatore Gudmundson ha
spiegato come lo Stato svedese stia
ponendo grande enfasi sull’esercizio
della religione e sul sostegno alle diverse
religioni. Di fatto, è stato questo
ruolo della religione nella società
svedese il tema al centro del Cortile
dei Gentili, ha spiegato, promosso in collaborazione dal Pontificio
Consiglio della Cultura e dall’ambasciata
di Svezia presso la Santa Sede, svoltosi lo scorso settembre a
Stoccolma.
Definito il discorso come "vintage
Pope Benedict", l’ambasciatore del
Paese scandinavo ha posto poi l’accento
su due nuovi argomenti: l’enfasi
del Papa nel parlare della necessità
di investire di più nell’educazione,
e il suo costante appello a un
rinnovato impegno per la pace, che "deve essere costantemente ispirato
dalla dignità trascendente della persona
umana". Due argomenti strettamente
legati, ha commentato, perché
non è possibile ottenere la pace
senza educare l’intera persona.
L’ambasciatore Gudmundson ha
descritto le sfide che la Svezia deve
affrontare in questo campo, quale
Paese spesso indicato come uno tra i
più laici al mondo. Effettivamente
gli svedesi, ha notato, hanno conservato
alto il senso del miglioramento
di sé attraverso lo sport e le diete,
mentre è invece andato perso il senso
del miglioramento dell’anima e
della mente.
In riferimento alla situazione
dell’educazione nelle Filippine, l’ambasciatore
Tuason ha sottolineato
quanto sia importante il dialogo. Le
persone "perfino i familiari e i collaboratori", ha detto, non parlano o
parlano poco tra di loro. Questa
mancanza di dialogo ostacola l’educazione.
Proseguendo nell’analisi del discorso
di Benedetto XVI, l’ambasciatore
svedese ha detto di essere rimasta
profondamente impressionata dal
fatto che il Papa ha "trattato ogni
aspetto della persona umana", parlando
anche della dimensione spirituale
degli esseri umani, "che è una
cosa - ha detto - che solo lui può
fare".
Nella sua valutazione complessiva
l’ambasciatore Tuason ha definito
come "commovente" il discorso del
Papa, tanto che, ha rivelato, mentre
ascoltava Benedetto XVI rifletteva
sulla situazione globale e stentava a
trattenere le lacrime. "Ho pianto -
ha confessato - perché ho sentito
quello che provava lui in quel momento".
Sostanzialmente gli ambasciatori
hanno convenuto sul fatto che Benedetto
XVI, si è rivolto ai membri del
corpo diplomatico e li ha incoraggiati
a compiere azioni concrete e
non solo come diplomatici, ma anche
come esseri umani e cittadini del
mondo. Li ha fatti sentire come persone
che devono lavorare insieme a
favore della pace "non per scelta,
ma per necessità".
Il dibattito è stato diffuso sul canale
YouTube della Radio Vaticana
(www.youtube.com/radiovaticanavideo).
Una tradizione magisteriale lunga decenni da parte dei Papi e della Chiesa, unita al loro impegno nel dialogo interreligioso, dimostra che non è assolutamente possibile parlare degli ebrei come di “nemici della Chiesa”. Lo ha affermato il direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi, al quale alcuni giornalisti avevano chiesto un commento circa tale qualifica, comparsa in recenti dichiarazioni di mons. Fellay, superiore della Fraternità San Pio X.
Senza entrare nel merito delle dichiarazioni di mons. Fellay, padre Lombardi ha voluto sottolineare come la posizione della Chiesa Cattolica nei suoi rapporti con gli ebrei sia autorevolmente espressa in particolare nel documento del Concilio Vaticano II "Nostra Aetate", e come i Papi abbiano dimostrato frequentemente con parole e atti la grande importanza attribuita al dialogo con gli ebrei. Padre Lombardi ha anche rammentato le significative visite dei due ultimi Pontefici a diverse sinagoghe e al Muro del Pianto di Gerusalemme. Di Benedetto XVI, in particolare, ha ricordato le visitate alla sinagoga di Colonia (2005), a una sinagoga a New York (2008) e alla sinagoga di Roma (2010).
Non bisogna "rassegnarsi allo 'spread del benessere sociale', mentre si combatte quello della finanza»" ha detto il Papa nel messaggio al Corpo diplomatico pronunciato ieri mattina in Vaticano. Un’espressione tra virgolette, che però non è una citazione, bensì un "brevetto" papale, non a caso diventato il titolo per i maggiori quotidiani e siti web, in Italia e nel mondo.
Ovviamente l’autore di un discorso papale è il Papa. Ma è ben noto come in molti casi l’entourage giochi un ruolo non secondario, nel proporre bozze e suggerire argomenti. Trattandosi di politica internazionale, del discorso sullo "stato del mondo" e sulle emergenze globali, la Segreteria di Stato ha avuto, come ogni anno, un ruolo significativo.
Da quanto apprende Vatican Insider l’espressione sullo "spread del benessere sociale" è stata suggerita a Benedetto XVI, che l’ha volentieri fatta propria. Un caso di titolo quasi preconfezionato, suggerito agli operatori dei media, dopo che nelle scorse settimane la Santa Sede aveva avuto da ridire sul modo in cui era stato comunicato il Messaggio papale per la Giornata Mondiale della Pace, che pure conteneva impegnativi passaggi sulla crisi economica e sul divario tra ricchi e poveri, mentre l’attenzione era stata attirata, in particolare nei media italiani, sul tema delle nozze gay. L’idea dello "spread del benessere sociale" s’inquadra dunque nella nuova strategia di comunicazione, allo studio negli ultimi mesi Oltretevere, dopo l’arrivo del nuovo "advisor", Greg Burke.
Non va però dimenticato, al di là delle strategie comunicative, che Benedetto XVI nella sua predicazione e nei suoi interventi ha spesso il gusto per espressioni immaginifiche particolarmente efficaci dal punto di vista comunicativo. Nell’agosto 2005, alla GMG di Colonia, davanti ai giovani paragonò la trasformazione del pane e del vino nel corpo e sangue di Cristo, alla "fissione nucleare". Mentre nel settembre 2011, parlando al Bundestag, aveva paragonato la "ragione positivista" agli "edifici di cemento armato senza finestre".
Una conferenza ecumenica pan-ucraina sul 1025° anniversario del Battesimo della Rus-Ucraina, una serie di pubblicazioni sulle vite dei Santi, dei martiri e dei fedeli della Chiesa greco-cattolica dell’Ucraina, i pellegrinaggi in Terra Santa, Roma e Kiev, al fine di “approfondire la propria fede e rinnovare la relazione con la Chiesa di Gerusalemme, la Madre di tutte le Chiese”. Sono queste le iniziative che fanno parte del programma per la celebrazione dell’Anno della fede in Ucraina, secondo le conclusioni del Sinodo dei vescovi della Chiesa greco-cattolica tenutosi a settembre dell’anno scorso. Le iniziative si svolgeranno a livello nazionale, eparchiale e parrocchiale. Secondo i componenti del Comitato organizzatore, il clero è invitato a tenere sermoni su argomenti relativi alla fede, a leggere e studiare i documenti pontifici relativi allo spirito della nuova evangelizzazione, a mettere in atto programmi di catechesi e a intraprendere attività mirate alla “diffusione di aspetti popolari della fede cristiana nella tradizione di Kiev”.
Sarà l’arcivescovo Zygmunt
Zimowski, presidente del Pontificio
Consiglio per gli Operatori
Sanitari, a presiedere come inviato
speciale del Papa la XXI Giornata Mondiale del Malato. "La
scelta di celebrarla nel Santuario
mariano di Altötting, tanto caro a
Benedetto XVI, si inserisce - ci ha
spiegato mons. Jean-Marie
Mupendawatu, segretario del
dicastero - nel solco di quella
speciale devozione mariana che
caratterizza il suo ministero e nella
quale occupa un posto di
particolare rilievo proprio il legame
tra il piccolo, ma storicamente
importante, santuario bavarese e la
grotta di Lourdes". La
celebrazione sarà preceduta da una
serie di incontri cui parteciperà la
delegazione che accompagnerà il
presule. Tra gli appuntamenti, il
convegno scientifico internazionale
che si svolgerà il 7 e l’8 febbraio
presso l’università cattolica di
Eichstätt-Ingolstadt, sul tema "Far
del bene a chi soffre". I lavori
saranno introdotti dall’arcivescov o
presidente del dicastero e dal
vescovo di Eichstätt, monsignor
Hanke, mentre la relazione
inaugurale sarà tenuta dal
professor Schenk, presidente
dell’ateneo cattolico. A chiusura
sarà diffuso un messaggio per i
malati, gli anziani, i bisognosi e gli
operatori sanitari. Il card.
Marx, arcivescovo di Monaco e
Frisinga e gran cancelliere, terrà il
discorso conclusivo. La
delegazione pontificia visiterà
anche l’ospedale di Eichstätt e la
casa di riposo Sant’Elisab etta,
gestita dalla Caritas. Sabato 9,
nella chiesa di San Michele, a
Monaco, monsignor Zimowski
celebrerà la Messa per i malati, i
sofferenti e gli operatori sanitari e
sociali, al termine della quale
compirà una visita all’osp edale
Groshadern. Domenica mattina,
dopo la Messa nella cappella
dell’ospedale di Schwabing, la
delegazione pontificia incontrerà i
presuli della Conferenze Episcopali
d’Europa che si occupano di
pastorale della salute. In serata
raggiungerà Altötting, dove la
mattina successiva, lunedì 11, avrà
luogo la celebrazione della
Giornata Mondiale nel Santuario
mariano, durante la quale il nunzio
apostolico, l’arcivescovo Périsset,
leggerà il Messaggio del Papa.
Prima di tornare a Monaco, è
prevista una sosta a Marktl am Inn
per visitare la casa natale di
Benedetto XVI e il fonte dove è
stato battezzato.
Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI in occasione della XXI Giornata Mondiale del Malato sul “Va’ e anche tu fa’ lo stesso” (Lc 10,37), che come di consueto ricorre l’11 febbraio, memoria liturgica della Beata Vergine di Lourdes, e che quest’anno si celebra in forma solenne presso il Santuario mariano di Altötting, in Germania. “Non siete né abbandonati, né inutili: voi siete chiamati da Cristo, voi siete la sua trasparente immagine”. Il Papa lo ripete ai malati usando le parole dei Padri del Concilio Vaticano II. “Mi sento particolarmente vicino a ciascuno di voi – esordisce Benedetto XVI – che, nei luoghi di assistenza e di cura o anche a casa, vivete un difficile momento di prova a causa dell’infermità e della sofferenza”. Nel messaggio, il Papa si sofferma sulla “figura emblematica” del Buon Samaritano, che “indica qual è l’atteggiamento che deve avere” ogni discepolo di Cristo “verso gli altri, particolarmente se bisognosi di cura”. “Attingere dall’amore infinito di Dio – il suggerimento del Santo Padre – attraverso un’intensa relazione con Lui nella preghiera, la forza di vivere quotidianamente un’attenzione concreta nei confronti di chi è ferito nel corpo e nello spirito, di chi chiede aiuto, anche se sconosciuto o privo di risorse”. Come fa Gesù, che “si china, pieno di misericordia, sull’abisso della sofferenza umana, per versare l’olio della consolazione e il vino della speranza”. Di qui l’invito a vivere l’Anno della fede come “occasione propizia per intensificare la diaconia della carità nelle nostre comunità ecclesiali, per essere ciascuno buon samaritano verso l’altro, verso chi ci sta accanto”.
La parabola evangelica narrata da san Luca, ricorda il Papa, “si inserisce in una serie di immagini e di racconti tratti dalla vita quotidiana, con cui Gesù vuol far comprendere l’amore profondo di Dio verso ogni essere umano, specialmente quando si trova nella malattia e nel dolore”. L’esempio del Buon Samaritano, commenta Benedetto XVI, “vale non solo per gli operatori pastorali e sanitari, ma per tutti, anche per lo stesso malato, che può vivere la propria condizione in una prospettiva di fede”. “Non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l’uomo – spiega il Santo Padre citando la 'Spe salvi' – ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore”. “Vari Padri della Chiesa – annota il Papa – hanno visto nella figura del Buon Samaritano Gesù stesso, e nell’uomo incappato nei briganti Adamo, l’umanità smarrita e ferita per il proprio peccato. Gesù è il Figlio dio Dio, Colui che rende presente l’amore del Padre, amore fedele, eterno, senza barriere né confini. Ma Gesù è anche Colui che si spoglia del suo abito divino, che si abbassa dalla sua condizione divina, per assumere forma umana e accostarsi al dolore dell’uomo, fino a scendere negli inferi, come recitiamo nel Credo, e portare speranza e luce.
Egli non considera un tesoro geloso il suo essere uguale a Dio, il suo essere
Dio, ma si china, pieno di misericordia, sull’abisso della
sofferenza umana, per versare l’olio della consolazione e il vino della
speranza". Nella seconda parte del Messaggio, il Papa segnala “alcune figure, tra le innumerevoli della storia della Chiesa, che hanno aiutato le persone malate a valorizzare la sofferenza sul piano umano e spirituale”. Santa Teresa del Bambino Gesù, che seppe vivere “in unione profonda alla Passione di Gesù” la malattia che la condusse “alla morte attraverso grandi sofferenze”; Luigi Novarese, che “avvertì in modo particolare l’importanza della preghiera per e con gli ammalati e i sofferenti, che accompagnava spesso nei santuari mariani, in speciale modo alla grotta di Lourdes”. “Mosso dalla carità verso il prossimo – prosegue Benedetto XVI – Raoul Follereau ha dedicato la propria vita alla cura delle persone affette dal morbo di Hansen sin nelle aree più remote del pianeta, promuovendo tra l’altro la Giornata Mondiale contro la Lebbra”. Madre Teresa di Calcutta “iniziava sempre la sua giornata incontrando Gesù nell’Eucaristia, per uscire poi nelle strade con la corona del Rosario in mano ad incontrare e servire il Signore presente nei sofferenti, specialmente in coloro che sono ‘non voluti, non amati’”. Infine, Sant’Anna Shäffer di Mindelstetten, che “seppe, anche lei, in modo esemplare unire le proprie sofferenze a quelle di Cristo”.
Il Messaggio per la Giornata del Malato si conclude con un pensiero di “viva riconoscenza e di incoraggiamento alle istituzioni sanitarie cattoliche e alla stessa società civile, alle diocesi, alle comunità cristiane, alle famiglie religiose impegnate nella pastorale sanitaria, alle associazioni degli operatori sanitari e del volontariato”. “In tutti – l’auspicio del Papa, citando la 'Christifideles laici' di Giovanni Paolo II – possa crescere la consapevolezza che nell’accoglienza amorosa e generosa di ogni vita umana, soprattutto se debole e malata, la Chiesa vive oggi un momento fondamentale della sua missione”.
L'annuncio è stato dato direttamente da mons. Luigi Cantafora (foto), al termine del Pontificale dell'Epifania in Cattedrale, domenica.
''Un grande segno di predilezione del Santo Padre per la nostra Chiesa di Lamezia Terme, ad un anno dalla presenza di Benedetto XVI in mezzo a noi, infatti mi recherò a Roma, per la visita 'ad limina' il prossimo 21 gennaio''.
Mons. Cantafora, dall'inizio del suo episcopato, è per la seconda volta in visita presso la Santa Sede. La visita 'ad limina apostolorum', che si ripete ogni cinque anni per tutte le diocesi del mondo, prevede l'incontro personale del vescovo con il Papa, la celebrazione presso le tombe dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e la visita alle Congregazioni della Curia Romana. Il Vescovo avrà modo di esporre al Pontefice il cammino della Chiesa lametina in questi ultimi cinque anni e di presentare i tanti traguardi raggiunti nel campo della pastorale e dell'evangelizzazione. ''Pregate perchè questo incontro, possa rinsaldare sempre di più i vincoli di comunione e obbedienza al Romano Pontefice''. Il presule non ha mancato di ricordare le grandi difficoltà delle famiglie, sottolineando il preoccupante aumento di separazioni e di aborti in una città che si definisce cristiana. ''Oggi assistiamo al grande divorzio tra fede e vita nei fedeli Il cammino della Nuova Evangelizzazione che la nostra Chiesa sta percorrendo, non prescinde dal bene comune di questa città e del suo comprensorio. E nessun bene comune potrà mai essere raggiunto, senza il sostegno alla famiglia e la difesa della vita''.
Mons. Bernard Fellay, superiore generale della Fraternità San Pio X, il gruppo tradizionalista fondato da mons. Marcel Lefebvre, è tornato a parlare delle relazioni con la Santa Sede negli ultimi due anni, individuando i "nemici della Chiesa" che si sono opposti al riconoscimento da parte di Roma.
Come si ricorderà, un accordo sembrava ormai quasi raggiunto, ma dalla scorsa estate, da quando ai lefebvriani è stata proposta la versione finale del preambolo dottrinale da sottoscrivere, le posizioni sembrano tornate distanti. Il nuovo vice-presidente della Pontificia Commissione "Ecclesia Dei", l’arcivescovo statunitense Augustin Di Noia, sta cercando di non dissipare il lavoro svolto nei colloqui dottrinali con gli esponenti della Fraternità, mentre sono risuonate quasi come una pietra tombale sul possibile accordo le dure parole pronunciate dal nuovo prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Gerhard Ludwig Müller, che ha definito "eretiche" certe posizioni dei lefebvriani.
Lo scorso 28 dicembre Fellay ha tenuto una conferenza di due ore in Ontario, Canada, durante la quale ha detto: "Chi, durante questo tempo, si è maggiormente opposto al fatto che la Chiesa potesse riconoscere la Fraternità San Pio X? I nemici della Chiesa. Gli ebrei, i massoni, i modernisti".
Un comunicato stampa del Distretto statunitense della Fraternità è corso ai ripari, spiegando che la parola "nemici" usata dal vescovo Fellay è "ovviamente un concetto religioso e si riferisce a qualsiasi gruppo o setta religiosa che si oppone alla missione della Chiesa Cattolica e ai suoi sforzi di raggiungere il suo scopo: la salvezza delle anime".
Tale contesto "religioso", continua il comunicato, è basato sulle parole di Gesù riportate nel vangelo di Matteo: "Chi non è con me è contro di me". E il riferimento agli ebrei, cerca di puntualizzare il comunicato, era indirizzato ai leader delle organizzazioni ebraiche, e non al popolo ebraico, come invece è stato interpretato dai giornalisti. La Fraternità San Pio X denuncia il ripetersi di "false accuse" di antisemitismo o di "parole di odio", fatte nel tentativo di "ridurre al silenzio il suo messaggio".