venerdì 15 maggio 2009

Il direttore de 'L'Osservatore Romano': il Papa amico degli israeliani e dei palestinesi, il senso politico del viaggio in Terra Santa

"Amico degli israeliani e amico dei palestinesi. Chi volesse riassumere in una sola espressione il senso politico del viaggio del Papa in Terra Santa può senz'altro riprendere le parole da lui stesso usate nel congedarsi dal Paese intravisto da Mosè morente sul monte Nebo, dai luoghi dei profeti e di Giovanni Battista, dalle strade percorse da Gesù, dalla Giudea alla Galilea e nella città santa di Gerusalemme. Luoghi santi dove Benedetto XVI, come successore di Pietro e vescovo di Roma, è tornato in pellegrinaggio per ripetere, a nome della Chiesa cattolica, parole di pace trasparenti e univoche. Anche se - forse proprio per la loro chiarezza che disturba quanti non cercano la convivenza - alcuni non le hanno volute capire, tentando polemiche infondate che non meritano attenzione. Tanto più quando si vogliono impartire lezioni che non hanno ragione di essere.". Lo sottolinea oggi un articolo de L'Osservatore Romano di bilancio del pellegrinaggio del Pontefice in Terra Santa, a firma del direttore Giovanni Maria Vian "Israeliano e palestinese, dunque, si è dichiarato il Papa tedesco. Con una sintesi forte che richiama alla memoria la celebre frase di John Kennedy, il presidente statunitense definitosi, quasi mezzo secolo fa nella Berlino divisa, un berlinese. In questo modo Benedetto XVI - si legge - ha voluto sottolineare la volontà di amicizia verso tutti i popoli della regione, sulla quale da decenni gravano le tenebre della violenza e della divisione, della guerra e della diffidenza. Il successore del pescatore non ha armi né potere, ma confida nella parola di Cristo, nell'autorità morale delle religioni e nella ragione umana, e con questa fiducia ha incontrato diversi leader politici per sostenere quanti - e ce ne sono - operano davvero per superare la logica dei muri e gettare ponti di comprensione. Con l'obiettivo di giungere a una pace fondata sulla giustizia e sulla sicurezza per tutti, nel rifiuto del terrorismo e della violenza". "Se questo è il chiarissimo significato politico del viaggio papale - prosegue il direttore del quotidiano vaticano - non bisogna dimenticare il rinnovato intento di amicizia verso il mondo islamico e la conferma della volontà di una profonda intesa con l'ebraismo. Importanti per questo sono stati gli incontri ad Amman, Betania, Gerusalemme, Nazaret, l'onore reso - sulle orme dei suoi predecessori - ai sei milioni di ebrei sterminati nella Shoah e la ripetuta inequivocabile condanna di ogni antisemitismo.In Terra Santa Benedetto XVI ha confermato - conclude- l'irrevocabile scelta ecumenica della Chiesa di Roma e rinnovato il sostegno alla minuscola minoranza cattolica di Terra Santa, chiamata nella sofferenza e nelle difficoltà a essere lievito di riconciliazione. Ma tutto nasce da una tomba vuota. Quella dove avevano messo Gesù e verso la quale in una mattina di primavera, quasi venti secoli fa, corsero a perdifiato Giovanni - il più giovane, che arrivò subito e si fermò sulla soglia - e Pietro, che entrò per primo. Come di nuovo ha fatto il suo successore".

La stampa araba rivaluta Benedetto XVI: nel viaggio in Terra Santa ha dimostrato di saper dialogare con i musulmani e di essere un predicatore di pace

Con il suo pellegrinaggio in Terra Santa Papa Benedetto XVI ha dimostrato che "pur se lentamente sta imparando a dialogare con i musulmani". Esordisce così la tv satellitare saudita al Arabiya nel fare il punto sul storico viaggio del capo della Chiesa Cattolica in Giordania, Israele e Territori Palestinesi. Ma, in generale, i media arabi sembrano oggi rivalutare la figura del Pontefice dopo avere ignorato il suo viaggio nei primi giorni. I grandi mezzi d'informazione parlano di "buon eco tra i musulmani per le parole in cui ha usato tipiche espressioni islamiche". "Un nuovo linguaggio", secondo l'emittente araba, che "facilita gli sforzi per trovare un terreno comune" con sui dialogare con l'islam. Dunque, avere "preso in prestito l'espressione coranica per definire il Dio misericordioso e compassionevole" nel suo discorso pronunciato alla moschea di Amman è visto da al Arabiya, come una svolta di linguaggio del Papa che tra l'altro ha invitato musulmani e cristiani a "incoraggiare l'enorme capacità della mente umana - ecco il richiamo alla razionalità - al servizio del bene". "Non per difendere il Papa", titola oggi un fondo di al Mustaqbal, che vede "musulmani e ebrei tirare il mantello del Pontefice" per assecondare le loro rivendicazioni: "ma Benedetto XVI - obbietta - non è, e non può essere, partigiano di nessuno"; perchè il Santo Padre "non è un rabbino e neppure un imam". Pertanto da "Vicario di Cristo, l'uomo, può fare solo il predicatore di pace e non il partigiano". I media arabi sembrano avere apprezzato la presa di posizione di Papa Razinger a favore di uno stato palestinese indipendente e contro il muro di separazione israeliano. Il quotidiano panarabo al Hayat, con l'eloquente titolo "Tra la visita del Papa e quella di Obama", quest'ultima prevista in Egitto per il 4 giugno prossimo, scrive che "c'è più di un punto di contatto" tra i due viaggi. Con un interrogativo che nasconde una speranza, domanda: "la Santa Sede, nell'ambito dei principi di fede che la guidano, e gli Stati Uniti, in linea con i grandi annunci di Obama, si muoveranno entrambi per esercitare le proprie innegabili influenze e riportare sul giusto percorso la soluzione di una disputa che dura da troppo tempo"?

Il presidente Napolitano al Papa: il suo messaggio di pace e riconciliazione rimarrà nei cuori e nelle coscienze

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha inviato a Sua Santità Benedetto XVI il seguente messaggio: ''Al Suo rientro dal viaggio Apostolico in Terra Santa desidero porgerLe il mio più cordiale benvenuto. Ho seguito con attenzione le numerose tappe del Suo pellegrinaggio e ascoltato con interesse e partecipazione le parole di pace e di riconciliazione da Lei pronunciate. Esse richiamano tutte le parti interessate a un negoziato sul campo e la comunità internazionale nel suo insieme all'obiettivo imperioso di intraprendere iniziative concrete e coraggiose per addivenire ad una pace equa e duratura in Medio Oriente''. ''Certo che il Suo messaggio rimarrà nei cuori e nelle coscienze - conclude Napolitano -, a sostegno di tutti coloro che operano per la pace nella Regione, Le rivolgo il mio affettuoso pensiero''.

Il Papa è arrivato a Roma. Sull'aereo: in Terra Santa un profondo desiderio di pace. Il dialogo una necessità. Spero che molti fedeli ci si rechino

L'aereo della linea israeliana El Al con a bordo il Papa è atterrato attorno alle 16.45 all'aeroporto romano di Ciampino, proveniente da Tel Aviv. Si è così concluso il pellegrinaggio di Benedetto XVI in Giordania, Israele e Territori palestinesi cominciato giovedì scorso, 8 maggio.
Il desiderio di pace in Medio Oriente è più "visibile" delle difficoltà che pure ci sono, secondo Papa Benedetto XVI. Intrattenendosi con i giornalisti che lo hanno accompagnato sul volo El Al da Tel Aviv a Roma, al ritorno del suo pellegrinaggio in Terra Santa, Papa Ratzinger ha sottolineato: "Ci sono grandissime difficoltà, le abbiamo viste, ma c'è un profondo desiderio di pace. Le difficoltà sono visibili e le dobbiamo vedere chiaramente - ha detto - ma nulla è così visibile come il comune desiderio di pace". Benedetto XVI, che ha ringraziato i giornalisti al seguito per il lavoro svolto, ha anche affrontato il tema del dialogo tra le religioni nel corso di una breve dichiarazione focalizzata sulle sue impressioni a caldo. "Dappertutto, tra cristiani, ebrei e musulmani - ha detto - ho trovato una decisa volontà di dialogo per una reale collaborazione fra le religioni. Il dialogo è un'esigenza della fede stessa. Dio ci vuole come una sola famiglia". Quanto al dialogo tra le confessioni cristiane, "la Terra Santa incoraggia l'ecumenismo", ha detto il Papa. Il Papa ha poi espresso l'auspicio che molti pellegrini seguano prossimamente le sue "tracce". "Sono venuto come pellegrino di pace - ha detto Benedetto XVI - e spero che molti seguano questo mio pellegrinaggio verso la Terra Santa".
Sull'aereo Papa Ratzinger ha salutato la prima giornalista di Al Jazeera a seguire un volo papale. Benedetto XVI, a quanto si apprende, ha stretto la mano alla cronista italiana Barbara Serra, corrispondente da Londra per la sezione inglese della tv satellitare araba, e si è intrattenuto con lei per un breve colloquio in italiano nel quale ha sottolineato l'importanza che attribuisce al Medio Oriente. Anche a Benedetto XVI è stata fornita la carta di imbarco per il viaggio della linea aerea israeliana El Al che lo ha riportato a Roma. Come a tutti gli altri passeggeri del volo papale - cardinali e vescovi, addetti stampa, giornalisti, operatori e fotografi al seguito - anche a Papa Joseph è stato fornito, prima dell'imbarco al Ben Gurion Airport il tagliando per imbarcarsi. Il documento, a quanto riferito, arrecava la dicitura "Sua Santità Benedict XVI".

Il portavoce vaticano: è stato il viaggio del messaggio di pace fra gli stati, le religioni, i cristiani e dell'ascolto di tutti da parte del Papa

Il messaggio che Papa Benedetto XVI ha lasciato dopo il suo pellegrinaggio in Terra Santa è ''con molte sfaccettature diverse: pace fra gli Stati, pace fra le diverse religioni, pace fra i diversi riti della Chiesa cattolica e le diverse confessioni cristiane. Però, non è stato solo il viaggio del messaggio del Papa, che parla agli altri, ma è stato molto un viaggio del Papa che ascolta''. Così il direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi, dai microfoni della Radio Vaticana ha voluto sintetizzare il senso prodondo del viaggio papale in Giordania, Israele e Palestina subito dopo la partenza del pontefice da Tel Aviv. ''Benedetto XVI è una persona che ascolta molto, con molta attenzione. Le persone che incontra sono persone che egli ascolta, da cui egli riceve molto. - ha ricordato Padre Lombardi - Ebbene, in questo viaggio lui ha ascoltato tantissimo. Ha ascoltato gli uomini politici di tre Stati differenti: la Giordania, Israele e i Territori palestinesi, con le loro tensioni; uomini religiosi, di tre religioni differenti, gli ebrei, i rabbini, i muftì, i capi musulmani in Giordania, in Israele e nei territori, i cristiani dei diversi riti, con i loro problemi differenti, delle diverse confessioni''.

Il custode di Terra Santa: da Benedetto XVI parole chiare e forti. Non è caduto nella retorica ma ha detto ciò che si doveva dire

Da Benedetto XVI nel suo viaggio in Medio Oriente è giunta una parola ''chiara, forte, innanzitutto ai cristiani di Terra Santa e poi in questo contesto interreligioso anche a musulmani ed ebrei''. A tracciare un ''bilancio assolutamente positivo'' del pellegrinaggio è stato oggi il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa. Parlando ai microfoni di Radio Vaticana il francescano ha parlato di un Papa che non è caduto ''nella retorica ma ha detto le cose che si devono dire''. ''Una parola chiara, con quello spirito di libertà, di serenità, che ha lasciato un senso di gratitudine ma di libertà anche nell'ascoltatore''. ''La pace vera qui richiederà sicuramente molto tempo. - ha aggiunto padre Pizzaballa - Quella pace che è basata sulle integrità, sulla dignità delle persone, su rapporti assolutamente liberi, sulla fiducia. Questo richiederà molto tempo, però bisogna prepararla''.

Il presidente Peres saluta Benedetto: aiuti a riconoscere che Dio non è nel cuore dei terroristi. Le parole sulla Shoah ci hanno toccato

Il presidente israeliano Shimon Peres ha esortato Papa Benedetto XVI a contribuire a separare religione e terrorismo e l'ha ringraziato per le sue frasi di denuncia della Shoah e dell'antisemitismo. Parlando alla cerimonia per la partenza del Pontefice all'aeroporto internazionale di Ben Gurion, vicino Tel Aviv, il premio Nobel per la Pace ha affermato che ''oggi, i leader politici e spirituali si trovano di fronte a una sfida profonda: come separare la religione dal terrorismo. Come impedire ai terroristi di prendere in ostaggio la coscienza religiosa, mascherando un atto di terrorismo sotto i falsi abiti di una missione religiosa''. ''La loro visione deformata di Dio è che lui permette e addirittura incoraggia l'omicidio, il terrore e la violenza'', ha aggiunto, chiedendo al Papa di ''aiutare le persone a riconoscere che Dio non è nel cuore dei terroristi''. Peres ha poi ringraziato Benedetto XVI per le sue affermazioni sulla Shoah quando si è raccolto al memoriale di Yad Vashem a Gerusalemme. ''In particolare, la sua affermazione che l'Olocausto, la Shoah, non deve essere dimenticato o negato, e che l'antisemitismo e la discriminazione, dappertutto e in qualsiasi forma, devono essere combattuti intensamente, ha toccato i nostri cuori e i nostri spiriti'', ha assicurato Peres. Infine Peres gli ha assicurato che ''tutti gli israeliani aspirano sinceramente alla pace'' con i loro vicini e i loro ''nemici''.

Il Papa lascia la Terra Santa: da amico degli israeliani e dei palestinesi dico mai più spargimenti di sangue, terrorismo, guerre. Shalom!

Papa Benedetto XVI è salito alle 14.25 ora locale, le 13.25 in Italia, su un aereo della compagnia israeliana El al che lo ricondurrà in Italia dove è atteso per le 16.50 all'aeroporto di Ciampino a Roma. Giunto in macchina all'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv il Pontefice ha ascoltato il saluto del presidente di Israele, Shimon Peres, e ha tenuto un ultimo discorso. Alla cerimonia era presente anche il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu. A entrambi il Papa ha stretto lungamente la mano prima di essere accompagnato al palco allestito per i discorsi. I saluti sono stati inaugurati dal presidente Peres il quale, al termine del suo discorso, ha nuovamente stretto la mano al Papa rivolgendogli alcune parole lontano dal microfono. Insieme al premier Netanyahu è stato poi accompagnato fino alla scaletta.
“Una emozione profonda poter visitare la città di Nazareth”, “una grande gioia celebrare colà la liturgia insieme ai fedeli cattolici di molte antiche tradizioni orientali così come della mia stessa tradizione latina”, contentezza “di avere avuto l'opportunità di incontrare alcuni miei fratelli delle altre confessioni cristiane, come pure ebrei, musulmani ed altri capi religiosi”: sono i sentimenti espressi da Benedetto XVI nel discorso a conclusione del pellegrinaggio in Terra Santa. “E’ stato davvero – ha detto il Papa - un pellegrinaggio di fede, fatto in spirito di venerazione per queste terre che hanno avuto un ruolo tanto significativo nella storia della salvezza e in spirito di profondo affetto per i popoli che vivono in questa Terra Santa”. "Tanti Ebrei, madri, padri, mariti, mogli, fratelli, sorelle, amici, furono brutalmente sterminati sotto un regime senza Dio che propagava un'ideologia di antisemitismo e odio" ha detto il Papa ricordando la visita al memoriale dell'Olocausto. "Quello spaventoso capitolo della storia - ha ribadito - non deve essere mai dimenticato o negato. Al contrario, quelle buie memorie devono rafforzare la nostra determinazione ad avvicinarci ancor più gli uni agli altri come rami dello stesso olivo, nutriti dalle stesse radici e uniti da amore fraterno".
"Uno dei momenti più solenni della mia permanenza in Israele è stato - ha sottolineato il Pontefice - la mia visita al memoriale dell'Olocausto a Yad Vashem, dove ho incontrato alcuni dei sopravvissuti ai mali della Shoah. Quegli incontri profondamente commoventi hanno rinnovato ricordi della mia visita di tre anni fa al campo della morte di Auschwitz". "Ci nutriamo - ha continuato il Papa - delle medesime radici spirituali. Ci incontriamo come fratelli, fratelli che in momenti della storia comune hanno avuto un rapporto teso, ma sono adesso fermamente impegnati nella costruzione di ponti di duratura amicizia". “Sono venuto qui – ha chiarito il Pontefice - come amico degli israeliani, così come sono amico del popolo palestinese. Nessun visitatore della Terra Santa può fare a meno di notare con tristezza la tensione che ancora caratterizza le relazioni tra i due popoli”. Anzi, “nessun amico dei vostri popoli può fare a meno di piangere per la sofferenza e la perdita di vite che palestinesi ed israeliani hanno subito negli ultimi sei decenni”. Di qui un “appello a tutte le persone di queste terre: Mai più spargimento di sangue! Mai più combattimenti! Mai più terrorismo! Mai più guerre!”. “Facciamo in modo di spezzare il circolo vizioso della violenza - ha aggiunto Benedetto XVI -. Facciamo in modo che vi sia una pace durevole basata sulla giustizia, che vi sia autentica riconciliazione e risanamento sociale. Venga universalmente riconosciuto che lo Stato di Israele ha il diritto di esistere e di godere pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti. Sia ugualmente riconosciuto che il popolo Palestinese ha il diritto ad una patria indipendente e sovrana, a vivere con dignità e a viaggiare liberamente”. “Fate in modo che la soluzione dei due-stati – ha esortato il Papa - divenga una realtà, non rimanga un sogno. Facciamo in modo che la pace si diffonda da questa terra”.
Il Santo Padre ha quindi ricordato “che la Santa Sede dà grande importanza alle relazioni diplomatiche con lo Stato d’Israele, e ardentemente desidera approfondirle e fortificarle negli anni a venire”; “che cristiani da ogni parte del mondo vengono qui a visitare e a pregare nei luoghi santi associati alla vita e al ministero di Gesù”; “quanto la Chiesa apprezzi il crescente reciproco rispetto e comprensione che caratterizza le relazioni tra cristiani ed ebrei, così come il dialogo fraterno che si sta sviluppando a molti diversi livelli tra cristiani e musulmani”. "Questi – ha concluso - sono i frutti della nostra amicizia. Con il passare degli anni, potranno essercene di più”. "Il muro è stata una delle visioni più tristi" per Benedetto XVI durante il suo pellegrinaggio in Terra Santa. "Mentre lo costeggiavo - ha confidasto - ho pregato per un futuro in cui i popoli della Terra Santa possano vivere insieme in pace e armonia senza la necessita' di simili strumenti di sicurezza e separazione, ma rispettandosi e fidandosi l'uno dell'altro, nella rinuncia ad ogni forma di violenza e di aggressione". "Signor Presidente - ha aggiunto il Pontefice rivolgendosi a Shimon Peres - so quanto sarà difficile raggiungere quell'obiettivo. So quanto sia difficile il suo compito e quello dell'Autorità Palestinese. Ma Le assicuro che le mie preghiere e le preghiere dei cattolici di tutto il mondo la accompagnano mentre ella prosegue nello sforzo di costruire una pace giusta e duratura in questa regione". "Ho avuto fruttuosi colloqui - ha ricordato - con le autorità civili, sia in Israele, sia nei Territori Palestinesi, e ho constatato i grandi sforzi che entrambi i governi stanno compiendo per assicurare il benessere delle persone". "Mi resta solo - ha poi concluso il Papa - da esprimere il mio sentito ringraziamento a quanti hanno contribuito in modi diversi alla mia visita. Sono profondamente grato al Governo, agli organizzatori, ai volontari, ai media, a quanti hanno dato ospitalità a me e a coloro che mi hanno accompagnato. Siate certi di essere ricordati con affetto nelle mie preghiere. A tutti dico: grazie e che il Signore sia con voi. Shalom!".

Visita alla Chiesa Armena. Il Papa: aprezzamento per l'impegno nel dialogo teologico con la Chiesa Cattolica. Lavorare per l'avvento del regno di Dio

Prima di prendere la strada per Tel Aviv per ripartire verso Roma, il Papa si è recato in visita alla Chiesa Patriarcale Armena Apostolica di San Giacomo, a Gerusalemme. Quello armeno è uno dei quattro quartieri che compone la città vecchia di Gerusalemme.
“Negli ultimi decenni, abbiamo sperimentato, per grazia di Dio, una significativa crescita nelle relazioni tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Apostolica Armena. Considero una grande benedizione l’essermi incontrato l’anno scorso con il Catholicos e Supremo Patriarca di tutti gli Armeni Karekin II e con il Catholicos di Cilicia Aram I” ha detto Benedetto XVI nel discorso. “La loro visita alla Santa Sede – ha proseguito il Papa -, ed i momenti di preghiera che abbiamo condiviso, ci hanno rafforzati nell’amicizia ed hanno confermato il nostro impegno per la sacra causa della promozione dell’unità dei Cristiani”. Benedetto XVI ha quindi aggiunto: “Desidero anche esprimere il mio apprezzamento per il deciso impegno della Chiesa Apostolica Armena a proseguire nel dialogo teologico fra la Chiesa Cattolica e le Chiese Ortodosse Orientali. Questo dialogo, sostenuto dalla preghiera, ha fatto progressi nel superare il fardello di malintesi passati ed offre molte promesse per il futuro. Un particolare segno di speranza è il recente documento sulla natura e la missione della Chiesa preparato dalla Commissione Mista e presentato alle Chiese per essere studiato e valutato”.
“Fin dai primi secoli cristiani, la comunità Armena di Gerusalemme ha avuto una illustre storia, - ha proseguito Benedetto XVI nel suo discorso - segnata come non ultima cosa da uno straordinario rifiorire di vita e cultura monastica collegate con i luoghi santi e con le tradizioni liturgiche che si sono sviluppate attorno ad essi. Questa venerabile Chiesa cattedrale, assieme al Patriarcato e alle varie istituzioni educative e culturali con esso connesse, rendono testimonianza di questa lunga e distinta storia”. Il Papa ha poi svolto la parte conclusiva del discorso affermando tra l’altro: “Prego affinché la vostra comunità possa costantemente trarre nuova vita da queste ricche tradizioni ed essere confermata nella fedele testimonianza a Gesù Cristo e alla potenza della sua risurrezione (cfr Fil 3,10) in questa Città Santa. Ugualmente assicuro le famiglie presenti, e in particolare i bambini e i giovani, di un speciale ricordo nelle mie preghiere. Cari amici, a mia volta chiedo a voi di pregare con me affinché tutti i Cristiani della Terra Santa lavorino assieme con generosità e zelo annunciando il Vangelo della nostra riconciliazione in Cristo, e l’avvento del suo Regno di santità, di giustizia e di pace”.

Visita al Santo Sepolcro. Il Papa: la Chiesa è chiamata a seppellire qui ansie e paure per risorgere nuovamente. Gesù Cristo è la pace di questa terra

Nell'ultima significativa tappa del pellegrinaggio in Terra Santa, il Papa si è inginocchiato commosso in preghiera per alcuni minuti sulla pietra della tomba di Cristo nel Santo Sepolcro. Al suo arrivo nella Basilica che ricorda la morte e risurrezione di Gesù, accolto dal custode di Terra Santa, Pierbattista Pizzaballa, e dal patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, Benedetto XVI ha baciato e asperso d'incenso la Pietra "dell'Unzione" dove, secondo la tradizione, Cristo sarebbe stato cosparso di olii dopo la deposizione dalla croce. Benedetto XVI, che all'arrivo in basilica è stato. Dopo la preghiera e il discorso, Benedetto XVI si è recato nella Cappella delle Apparizioni per una breve adorazione del Santissimo; quindi è salito al Golgota per raccogliersi in preghiera.
“Trovandoci in questo santo luogo e considerando quel meraviglioso evento, come potremmo non sentirci 'trafiggere il cuore', alla maniera di coloro che per primi udirono la predicazione di Pietro nel giorno di Pentecoste?" si è chiesto Benedetto XVI nel discorso. "Qui Cristo morì e risuscitò, per non morire mai più. Qui la storia dell’umanità fu definitivamente cambiata". “Il lungo dominio del peccato e della morte – ha evidenziato il Papa - venne distrutto dal trionfo dell’obbedienza e della vita; il legno della croce svela la verità circa il bene e il male; il giudizio di Dio fu pronunciato su questo mondo e la grazia dello Spirito Santo venne riversata sull’umanità intera”. Qui, ha aggiunto, “Cristo, il nuovo Adamo, ci ha insegnato che mai il male ha l’ultima parola, che l’amore è più forte della morte, che il nostro futuro e quello dell’umanità sta nelle mani di un Dio provvido e fedele”.
Secondo il Pontefice, “la tomba vuota ci parla di speranza, quella stessa che non ci delude, poiché è dono dello Spirito della vita. Questo è il messaggio che oggi desidero lasciarvi, a conclusione del mio pellegrinaggio nella Terra Santa. Possa la speranza levarsi sempre di nuovo, per la grazia di Dio, nel cuore di ogni persona che vive in queste terre!”. “Possa radicarsi nei vostri cuori, rimanere nelle vostre famiglie e comunità ed ispirare in ciascuno di voi una testimonianza sempre più fedele al Principe della pace. La Chiesa in Terra Santa, che ben spesso ha sperimentato l’oscuro mistero del Golgota, non deve mai cessare di essere un intrepido araldo del luminoso messaggio di speranza che questa tomba vuota proclama”, ha aggiunto Benedetto XVI. “Il Vangelo ci dice – ha sottolineato il Papa - che Dio può far nuove tutte le cose, che la storia non necessariamente si ripete, che le memorie possono essere purificate, che gli amari frutti della recriminazione e dell’ostilità possono essere superati, e che un futuro di giustizia, di pace, di prosperità e di collaborazione può sorgere per ogni uomo e donna, per l’intera famiglia umana, ed in maniera speciale per il popolo che vive in questa terra, così cara al cuore del Salvatore”. Quest’antica chiesa dell’Anastasis, ha ammesso il Pontefice, “reca una sua muta testimonianza sia al peso del nostro passato, con tutte le sue mancanze, incomprensioni e conflitti, sia alla promessa gloriosa che continua ad irradiare dalla tomba vuota di Cristo”. “Anche ora – ha sostenuto Benedetto XVI - la grazia della risurrezione è all’opera in noi! Possa la contemplazione di questo mistero spronare i nostri sforzi, sia come individui che come membri della comunità ecclesiale, a crescere nella vita dello Spirito mediante la conversione, la penitenza e la preghiera”.
“Possa inoltre aiutarci – è stato l'auspicio e l'incoraggiamento del Papa - a superare, con la potenza di quello stesso Spirito, ogni conflitto e tensione nati dalla carne e rimuovere ogni ostacolo, sia dentro che fuori, che si frappone alla nostra comune testimonianza a Cristo ed al potere del suo amore che riconcilia”. Il Pontefice, dunque, prega affinché “la Chiesa in Terra Santa tragga sempre maggiore forza dalla contemplazione della tomba vuota del Redentore. In quella tomba essa è chiamata a seppellire tutte le sue ansie e paure, per risorgere nuovamente ogni giorno e continuare il suo viaggio per le vie di Gerusalemme, della Galilea ed oltre, proclamando il trionfo del perdono di Cristo e la promessa di una vita nuova”. Come cristiani, ha proseguito il Santo Padre, “sappiamo che la pace alla quale anela questa terra lacerata da conflitti ha un nome: Gesù Cristo” e pertanto “nelle sue mani affidiamo tutta la nostra speranza per il futuro, proprio come nell’ora delle tenebre egli affidò il suo spirito nelle mani del Padre”. Infine, Benedetto XVI ha rivolto “una speciale parola di incoraggiamento ai fratelli vescovi e sacerdoti, come pure ai religiosi e alle religiose che servono l’amata Chiesa in Terra Santa”: “Qui, davanti alla tomba vuota, al cuore stesso della Chiesa, vi invito a rinnovare l’entusiasmo della vostra consacrazione a Cristo ed il vostro impegno nell’amorevole servizio al suo mistico Corpo”. Immenso, per il Papa, è il “privilegio di dare testimonianza a Cristo in questa terra che Egli ha santificato mediante la sua presenza terrena e il suo ministero. Con pastorale carità rendete capaci i vostri fratelli e sorelle e tutti gli abitanti di questa terra di percepire la presenza che guarisce e l’amore che riconcilia del Risorto”. In realtà, “Gesù chiede a ciascuno di noi di essere testimone di unità e di pace per tutti coloro che vivono in questa città della pace”. Infatti, come nuovo Adamo, “Cristo è la sorgente dell’unità alla quale l’intera famiglia umana è chiamata, quella stessa unità della quale la Chiesa è segno e sacramento”. Come Agnello di Dio, “egli è la fonte della riconciliazione, che è al contempo dono di Dio e sacro dovere affidato a noi”. Quale Principe della pace, “egli è la sorgente di quella pace che supera ogni comprensione, la pace della nuova Gerusalemme”.

Visita al Santo Sepolcro di Gerusalemme (15 maggio 2009) - il testo integrale del discorso del Papa

Incontro ecumenico. Il Papa: raddoppiare l'impegno per rendere completa la nostra comunione e testimoniare insieme l'amore del Padre

“Stando in questo santo luogo”, a fianco della Chiesa del Santo Sepolcro e vicino al Cenacolo, “chi potrebbe non sentirsi sospinto a porre la pienezza della buona volontà, della sana dottrina e del desiderio spirituale nel nostro impegno ecumenico?”. La domanda l’ha posta, stamattina, Benedetto XVI, nell’incontro ecumenico al Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme. “Elevo la mia preghiera – ha confidato - affinché il nostro odierno incontro possa imprimere nuovo slancio ai lavori della Commissione internazionale congiunta per il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e le Chiese Ortodosse, aggiungendosi ai recenti frutti di documenti di studio e di altre iniziative congiunte”. E qui il Papa ha ricordato la partecipazione del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I al recente Sinodo dei vescovi a Roma: “Una simile esperienza ecumenica testimonia chiaramente il legame fra l’unità della Chiesa e la sua missione”. Nello stendere le braccia sulla croce, “Gesù ha rivelato la pienezza del suo desiderio di attirare ogni persona a sé, raccogliendoli tutti insieme in unità. Alitando il suo Spirito su di noi, ha rivelato il suo potere di renderci capaci di partecipare alla sua missione di riconciliazione. In quell’alito, mediante la redenzione che unisce, sta la nostra missione!”.
Non meraviglia, perciò, secondo Benedetto XVI, “che sia precisamente in presenza del nostro ardente desiderio di portare Cristo agli altri, di render noto il suo messaggio di riconciliazione, che noi sperimentiamo la vergogna della nostra divisione”. Tuttavia, “inviati nel mondo, resi saldi dalla forza unificante dello Spirito Santo, chiamati ad annunciare la riconciliazione che attira ogni uomo a credere che Gesù è il Figlio di Dio, noi dobbiamo trovare la forza di raddoppiare il nostro impegno per perfezionare la nostra comunione, per renderla completa, per recare comune testimonianza all’amore del Padre, che invia il Figlio affinché il mondo conosca il suo amore per noi”. Ricordando la richiesta di un gruppo di greci a Filippo di vedere Gesù, il Papa ha detto: “È una richiesta che ci viene fatta di nuovo oggi, qui in Gerusalemme, nella Terra Santa, in questa regione e in tutto il mondo. Come dobbiamo rispondere? La nostra risposta viene udita? San Paolo ci allerta sulla gravità della nostra risposta, sulla nostra missione di insegnare e di predicare”. Per il Pontefice, “è perciò imperativo che i capi cristiani e le loro comunità rechino una testimonianza vigorosa a quanto proclama la nostra fede”. “Desidero riconoscere – ha detto Benedetto XVI - l’opera svolta a questo scopo dai capi delle comunità cristiane, che regolarmente s’incontrano in questa città”.
Per il Papa il “servizio più grande” dei cristiani di Gerusalemme ai propri concittadini è “allevare e educare una nuova generazione di cristiani ben formati ed impegnati, solleciti nel desiderio di contribuire generosamente alla vita religiosa e civile di questa città unica e santa”. “La priorità fondamentale di ogni leader cristiano – ha aggiunto - è di nutrire la fede degli individui e delle famiglie affidati alle sue premure pastorali. Questa comune preoccupazione pastorale farà sì che i vostri incontri regolari siano contrassegnati dalla sapienza e dalla carità fraterna necessarie per sostenervi l’un l’altro e per affrontare tanto le gioie quanto le difficoltà particolari che segnano la vita della vostra gente”. Poi un chiarimento: “Le aspirazioni dei cristiani di Gerusalemme sono in sintonia con le aspirazioni di tutti i suoi abitanti, qualunque sia la loro religione: una vita contrassegnata da libertà religiosa e da coesistenza pacifica, e, in particolare per le giovani generazioni, il libero accesso all’educazione e all’impiego, la prospettiva di una conveniente ospitalità e residenza familiare e la possibilità di trarre vantaggio da una situazione di stabilità economica e di contribuirvi”.