Ha suscitato molta commozione il racconto - questa mattina durante l'ottava Congregazione generale del Sinodo dei vescovi per l'Africa - dell'incontro avuto da suor Uwamariya con l'uomo che, durante il genocidio dei Tutsi in Rwanda nel 1994, uccise suo padre e sua madre. "Gran parte della mia famiglia - ha raccontato ai Padri Sinodali la religiosa - venne uccisa nella nostra chiesa parrocchiale". Quando qualche anno dopo ebbe modo di incontrare, insieme a un gruppo dell'associazione cattolica "Dame della misericordia divina", un gruppo di prigionieri a Kibuye, sua città natale, uno dei prigionieri gli si inginocchiò davanti e supplicò ad alta voce: "Misericordia". La religiosa riconobbe l'amico di famiglia che era cresciuto con loro. "Un sentimento di pietà e compassione si impadronì di me - ha detto - lo sollevai, lo abbracciai e gli dissi tra le lacrime: 'tu sei e resti mio fratello'". Suor Uwamariya ha poi detto che a quel punto "ho sentito un grande peso cadere dentro di me, ho ritrovato la pace interiore e ho detto grazie a colui che tenevo ancora tra le mia braccia". L'uomo a quel punto disse: "La giustizia può fare il suo corso, io posso essere condannato a morte, ora sono libero ...".