Paolo Gabriele ha inviato una lettera di richiesta di perdono al Papa tramite la Commissione cardinalizia. Lo ha annunciato padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, che in un briefing con i giornalisti ha commentato la sentenza di rinvio a giudizio del maggiordomo di Benedetto XVI Paolo Gabriele (foto) e del tecnico informatico della Segreteria di Stato Claudio Sciarpelletti. E' sempre stata "chiara l'intenzione del Papa di rispettare questo lavoro della magistratura e le sue risultanze" ha detto il portavoce vaticano e "ciò spiega la non pubblicazione di risultanze della commissione cardinalizia, per non condizionare il lavoro". Il Papa "ha ricevuto questi documenti, ne ha preso conoscenza, rimane nel poter del Papa di intervenire qualora voglia o ritenga opportuno, ma finora - ha ricordato padre Lombardi - non lo ha fatto e possiamo pensare fondatamente che la linea che segue è questa, è quindi una ipotesi del tutto plausibile il dibattimento" in autunno. L'ex maggiordomo di Benedetto XVI "rischia da uno a sei anni, vista l'accusa" ha specificato padre Lombardi, aggiungendo che Gabriele rimane ai domiciliari. "Prima del 20 settembre non accadrà nulla" mentre "Claudio Sciarpelletti è stato rinviato a giudizio non perché considerato un complice". "Non è un corresponsabile della vicenda - ha detto ancora il direttore della Sala Stampa vaticana - la decisione del giudice è stata dettata dal fatto che la sua testimonianza non è stata coerente". I magistrati vaticani nella requisitoria e sentenza pubblicate oggi "non affermano, ma neppure escludono - ha spiegato padre Federico Lombardi - la possibilità di continuare le indagini su eventuali complici di Paolo Gabriele" e su "eventuali rogatorie internazionali". "Facciamo un passo per volta" ha detto Lombardi, l'"istruttoria vaticana va avanti, anche con tempi consistenti per la sua meticolosità, difficile fare passi avanti se non hai ancora compiuto quelli iniziati". Il Vaticano ha oggi pubblicato integralmente la requisitoria del promotore di giustizia e la sentenza del giudice istruttore che chiude la fase istruttoria contro Paolo Gabriele. Nei testi mancano solo i nomi dei testimoni, a parte mons. Georg Gaenswein, che era "talmente ovvio - ha detto Lombardi - e lui stesso ne ha convenuto". I nomi non sono fatti "per un principio di correttezza e riservatezza non c'é nessuna decisione particolare".
Ansa