venerdì 21 agosto 2009

Il revisore dei conti della Santa Sede: dalla Chiesa nessun appoggio a logiche economiche ingiuste. Secondo il Papa la carità esige la giustizia

Un anno fa, durante il Sinodo dei vescovi sulla Parola di Dio, aveva chiesto alla Chiesa ''un serio esame di coscienza'' sul modo di gestire le proprie attività economiche e commerciali da parte della Chiesa, chiedendo che fossero sempre garantiti ''principi di giustizia, retribuzioni sufficienti, buone condizioni di lavoro'' e ammettendo che cristiani e organismi ecclesiali ''non sempre sono stati all'altezza''. Le sue parole ''forti e inusuali'' dovevano aver colpito Papa Benedetto XVI, presente nell'aula del Sinodo, perchè appena un mese dopo, per il 66enne coreano Thomas Hong-Soon Han, decano della facoltà di economia e commercio e rettore della graduate school dell'università coreana Hankuk degli studi esteri, arrivò l'inattesa nomina a membro del collegio dei revisori internazionali della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede, che ogni anno hanno il compito di vagliare il bilancio del Vaticano.Il professor Hang-Soon Han viene intervistato oggi da L'Osservatore Romano e ribadisce il proprio appello: ''E' chiaro che come cristiani non possiamo seguire soltanto la logica del profitto più alto al più basso costo possibile'', afferma, precisando di rivolgersi - oggi come allora - tanto ai laici cristiani quanto alla gerarchia ecclesiastica. In concreto, il revisore dei conti vaticano fa l'esempio di un ''un ente ecclesiastico che indica un appalto per costruire un edificio. Io dico che le offerte non devono essere valutate soltanto in base alla convenienza economica. Bisogna vedere che cosa c'è dietro i costi di realizzazione proposti da una determinata ditta: quali sono le condizioni di lavoro, qual è il livello dei salari, insomma come viene realizzata concretamente la giustizia nell'organizzazione dell'attività produttiva''. Se si verificano situazioni di sfruttamento dei lavoratori, ''accettare l'offerta vorrebbe dire per la Chiesa rendersi corresponsabile - sia pure solo indirettamente - di quella logica ingiusta. Perciò un'offerta del genere va bocciata''. ''Del resto - aggiunge -, questo è l'unico mezzo di pressione che abbiamo per convincere i responsabili di un'impresa a rispettare le condizioni della giustizia e della carità'' e giustificare il 'risparmio' ''in nome delle esigenze della carità'', perchè ''può significare maggiore disponibilità per altre attività sociali e umanitarie'' è inaccettabile: si dimenticherebbe, nota infatti Hang-Soon Han, che '''la carità esige la giustizia', come scrive il Papa nella 'Caritas in veritate'''.

Asca