“Ogni volta che un’ideologia totalizzante calpesta l’uomo, l’umanità intera è seriamente minacciata. Col trascorrere del tempi, i ricordi non devono impallidire; devono piuttosto farsi lezione severa per la nostra e per le future generazioni. Abbiamo il dovere di ricordare, specialmente ai giovani, a quali forme di inaudita violenza possano giungere il disprezzo dell’uomo e la violazione dei suoi diritti” [Al termine della proiezione del film "Karol, un uomo diventato Papa" (19 maggio 2005)].
Anche oggi, è l’esortazione del Papa, risuonino le parole contenute nella lettera che i vescovi polacchi consegnarono ai presuli tedeschi alla fine del Concilio Vaticano II: “Perdoniamo e chiediamo perdono”. Il male, infatti, ha ribadito Benedetto XVI, può essere superato solo con il perdono. E simbolo di questa riconciliazione è proprio il succedersi alla Cattedra di Pietro di un figlio della Germania ad un figlio della Polonia.
“Come non leggere alla luce di un provvidenziale disegno divino il fatto che sulla cattedra di Pietro ad un Pontefice polacco sia succeduto un cittadino di quella terra, la Germania, dove il regime nazista poté affermarsi con grande virulenza, attaccando poi le nazioni vicine, tra le quali in particolare la Polonia? Entrambi questi Papi in gioventù - seppure su fronti avversi e in situazioni differenti - hanno dovuto conoscere la barbarie della Seconda Guerra Mondiale e dell’insensata violenza di uomini contro altri uomini, di popoli contro altri popoli” [Al termine della proiezione del film "Karol, un uomo diventato Papa" (19 maggio 2005)].
Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger. Due uomini, due Papi che nel loro servizio a Cristo e all’umanità sentono il dovere di recarsi ad Auschwitz, nel lager che rappresenta tragicamente l’orrore della Seconda Guerra Mondiale.
“Papa Giovanni Paolo II era qui come figlio del popolo polacco. Io sono oggi qui come figlio del popolo tedesco, e proprio per questo devo e posso dire come lui: Non potevo non venire qui. Dovevo venire. Era ed è un dovere di fronte alla verità e al diritto di quanti hanno sofferto, un dovere davanti a Dio, di essere qui come successore di Giovanni Paolo II e come figlio del popolo tedesco - figlio di quel popolo sul quale un gruppo di criminali raggiunse il potere mediante promesse bugiarde, in nome di prospettive di grandezza, di ricupero dell'onore della nazione e della sua rilevanza, con previsioni di benessere e anche con la forza del terrore e dell'intimidazione, cosicché il nostro popolo poté essere usato ed abusato come strumento della loro smania di distruzione e di dominio. Sì, non potevo non venire qui” [Preghiera in memoria delle vittime al Campo di concentramento di Birkenau (28 maggio 2006)].
Radio Vaticana