Radio Vaticana
domenica 14 marzo 2010
Il Papa: adesso Dio lo conosciamo, Egli non viene mai meno alla sua fedeltà e se noi ci allontaniamo e ci perdiamo continua a seguirci col suo amore
Dio è fedele all’uomo anche quando quest'ultimo si allontana da Lui. In Gesù Cristo Dio dona la riconciliazione. Se accettiamo questo dono possiamo diffondere questo messaggio e l’amore di Dio nel mondo. E’ quanto ha detto il Papa all'Angelus soffermandosi sul Vangelo di oggi, che in questa quarta domenica di Quaresima propone la parabola del padre e dei due figli, nota come parabola del “figlio prodigo”. Questa pagina di San Luca, ha detto il Papa, costituisce un vertice della spiritualità e della letteratura di tutti i tempi. Infatti, si è domandato il Santo Padre, cosa sarebbero la nostra cultura, l’arte, e più in generale la nostra civiltà senza questa rivelazione di un Dio Padre pieno di misericordia? Questa parabola è per ogni uomo, per ogni figlio, un’esortazione ad affidarsi alla misericordia del Padre: “Rispecchiamoci nei due figli, e soprattutto contempliamo il cuore del Padre. Gettiamoci tra le sue braccia e lasciamoci rigenerare dal suo amore misericordioso”. La parabola del “figlio prodigo”, ha aggiunto il Papa, “non smette mai di commuoverci e ogni volta che l’ascoltiamo o la leggiamo è in grado di suggerirci sempre nuovi significati”. “Soprattutto, questo testo evangelico ha il potere di parlarci di Dio, di farci conoscere il suo volto, meglio ancora, il suo cuore. Dopo che Gesù ci ha raccontato del Padre misericordioso, le cose non sono più come prima, adesso Dio lo conosciamo: Egli è il nostro Padre, che per amore ci ha creati liberi e dotati di coscienza, che soffre se ci perdiamo e che fa festa se ritorniamo”. La relazione con Dio è quella tra il figlio e il Padre e ripercorre tappe presenti anche nel rapporto tra figli e genitori: “Per questo la relazione con Lui si costruisce attraverso una storia, analogamente a quanto accade ad ogni figlio con i propri genitori: all’inizio dipende da loro; poi rivendica la propria autonomia; e infine – se vi è un positivo sviluppo – arriva ad un rapporto maturo, basato sulla riconoscenza e sull’amore autentico”. Vi può essere una fase che è come l’infanzia: una religione mossa dal bisogno, dalla dipendenza. Via via che l’uomo cresce e si emancipa, "vuole affrancarsi da questa sottomissione e diventare libero, adulto, capace di regolarsi da solo e di fare le proprie scelte in modo autonomo, pensando anche di poter fare a meno di Dio". "Questa fase, appunto, è delicata, può portare all’ateismo, ma anche questo, non di rado, nasconde l’esigenza di scoprire il vero volto di Dio. Per nostra fortuna, Dio non viene mai meno alla sua fedeltà e, anche se noi ci allontaniamo e ci perdiamo, continua a seguirci col suo amore, perdonando i nostri errori e parlando interiormente alla nostra coscienza per richiamarci a sé". Nella parabola del “figlio prodigo”, ha poi ricordato il Santo Padre, i due figli si comportano in maniera opposta: il minore se ne va e cade sempre più in basso, mentre il maggiore rimane a casa, ma anche egli ha una relazione immatura con il Padre. I due figli rappresentano due modi immaturi di rapportarsi con Dio: “la ribellione e l’obbedienza infantile”. Entrambe queste forme si superano attraverso l’esperienza della misericordia: “Solo sperimentando il perdono, riconoscendosi amati di un amore gratuito, più grande della nostra miseria, ma anche della nostra giustizia, entriamo finalmente in un rapporto veramente filiale e libero con Dio”.