
La tragedia di Giuda Iscariota non consiste solo nel suo aver tradito Gesù ma anche nel fatto che, pur essendosi pentito del suo gesto, ''non riesce più a credere ad un perdono''. ''La seconda sua tragedia, dopo il tradimento, è che non riesce più a credere ad un perdono. Il suo pentimento diventa disperazione - scrive il Pontefice -. Egli vede ormai solo se stesso e le sue tenebre, non vede più la luce di Gesù - quella luce che può illuminare e superare anche le tenebre. Ci fa così vedere il modo errato del pentimento: un pentimento che non riesce più a sperare, ma vede ormai solo il proprio buio, è distruttivo e non e' un vero pentimento. Fa parte del giusto pentimento la certezza della speranza - una certezza che nasce dalla fede nella potenza maggiore della Luce fattasi carne in Gesù''. Papa Ratzinger sottolinea anche che, con il tradimento di Giuda, ''la rottura dell'amicizia giunge fin nella comunità sacramentale della Chiesa, dove sempre di nuovo ci sono persone che prendono 'il suo pane' e lo tradiscono''. ''La sofferenza di Gesù - nota il Pontefice -, la sua agonia, perdura sino alla fine del mondo, ha scritto Pascal in base a tali considerazioni (cfr Pense'es, VII 553). Possiamo esprimerlo anche dal punto di vista opposto: Gesù in quell'ora si è caricato del tradimento di tutti i tempi, della sofferenza che viene in ogni tempo dall'essere traditi, sopportando così fino in fondo le miserie della storia''. Benedetto XVI mette anche il risalto che il Vangelo di Giovanni non cerchi di dare ''alcuna interpretazione psicologica dell'agire di Giuda''. Questo significa che ''ciò che a Giuda è accaduto per Giovanni non è più psicologicamente spiegabile. E' finito sotto il dominio di qualcun altro: chi rompe l'amicizia con Gesù, chi si scrolla di dosso il suo 'dolce giogo', non giunge alla libertà, non diventa libero, ma diventa invece schiavo di altre potenze - o piuttosto: il fatto che egli tradisce questa amicizia deriva ormai dall'intervento di un altro potere, al quale si è aperto''.