Lo scorso 29 giugno, Benedetto XVI ha condiviso, con una dovizia di particolari quasi sorprendente, i pensieri e i sentimenti spirituali che in 60 anni hanno accompagnato e accresciuto in lui la consapevolezza della sua vocazione al sacerdozio. Una vocazione vissuta fino al servizio più alto di Successore di Pietro nel segno di una fedeltà trasparente, come nota il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, nel suo editoriale per “Octava Dies”, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:
“Non più servi, ma amici”. Nel giorno anniversario della sua ordinazione sacerdotale, solennità dei Santi Pietro e Paolo, l’omelia che il Papa ha pronunciato è stata un’intensa testimonianza della sua spiritualità sacerdotale. Ciò che più colpisce è l’insistenza sul rapporto personale con Gesù, che nel momento dell’ordinazione si è rivolto a lui e lo ha accolto nella cerchia di coloro a cui si era rivolto nel Cenacolo. Il rapporto diventa così intimo che il sacerdote può dire “io” con verità a nome stesso di Gesù, ripetendo con efficacia le sue stesse parole, come avviene quando amministra il Sacramento del perdono e consacra l’Eucaristia.Da quel giorno il Papa ha compiuto un lungo cammino, attraversando e svolgendo le diverse forme del ministero ecclesiale fino a quella più alta. Un cammino paziente, che egli descrive “sotto il sole e la pioggia, nella serenità e nella difficoltà, nelle diverse fasi della purificazione e della prova, come anche nella gioia evangelica”. 60 anni di fedeltà, celebrati in semplicità e senza trionfalismo, perché sono un dono piuttosto che una conquista. Un dono per tutta la Chiesa e in particolare per tutti i sacerdoti, a cui giustamente Benedetto XVI non si stanca di ricordare, con la sua parola e soprattutto il suo esempio, che il rapporto personale con Gesù - l’amico - è la sorgente permanente della vitalità e della fecondità della loro chiamata e del loro servizio.
Radio Vaticana