L’Ufficio Statale per gli Affari religiosi si è detto "profondamente preoccupato" per le scomuniche a Joseph Huang Bingzhang e Lei Shiyin e "estremamente irragionevoli e sgarbate" e sono un gesto che ha "gravemente ferito i sentimenti dei cattolici cinesi e rattristato i suoi membri", ha spiegato un portavoce alla Xinhua. Ma la storia, ha proseguito Pechino in un comunicato, "ha dimostrato che la Chiesa Cattolica cinese non si fermerà a causa delle minacce del Vaticano" e che "la maggioranza dei preti e dei credenti sceglierà ancora più risolutamente il sentiero dell’ordinazione dei suoi vescovi". Del resto, che Pechino voglia andare avanti per la sua strada nonostante l’irritazione della Santa Sede, è evidente. "Almeno sette diocesi presto avranno le loro nuove guide spirituali", ha annunciato venerdì Liu Bainian, vice-presidente della Chinese Patriotic Catholic Association, astenendosi tuttavia dal fornire dettagli e limitandosi a collocare le cerimonie in un imprecisato "giorno propizio". Il braccio di ferro tiene sul filo del rasoio cinque milioni e mezzo di cattolici, indecisi se assicurare la propria fedeltà all'Associazione o se mostrare la propria devozione al Papa e a quella che in Cina prende il nome di "Chiesa sotterranea". Soltanto nell’ultimo anno sono state almeno tre le ordinazioni senza mandato pontificio alle quali ha fatto seguito l’accorato appello papale che invitava tutti i vescovi, nonostante le pressioni di Pechino, ad "astenersi dall’intraprendere la strada della separazione". Poi, la scomunica di padre Giuseppe alla quale la Chiesa cinese ha risposto confermando senza indugio l’ordinazione di altri 40 vescovi. "Attraverso questi gesti di strapotere della Cina sulla Chiesa, si va sfilacciando il paziente lavoro di ricucitura fra Chiesa sotterranea e ufficiale che Giovanni Paolo II e poi Benedetto XVI avevano compiuto", commentava la scorsa settimana l'agenzia AsiaNews, sottolineando come in queste condizioni la Chiesa "non riesca a garantirsi di fronte al Partito comunista cinese i giusti spazi di libertà religiosa che, in teoria, la stessa costituzione cinese ammette". Ma il portavoce dell'Associazione patriottica, Yang Yu, ha spiegato la politica di Pechino, evidenziando come le nomine illegittime siano indispensabili per la sopravvivenza della Chiesa cinese: "Al momento almeno 40 diocesi su 97 non dispongono di un vescovo, e questa situazione ostacola la diffusione del Vangelo in un Paese che conta 6 milioni di fedeli".
Vatican Insider
Pechino pontifica contro “le minacce” del Vaticano