Udienza generale questa mattina in Piazza San Pietro, dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nella catechesi il Papa ha incentrato la sua meditazione sulla preghiera nelle Lettere di San Paolo, "che si manifesta in una grande ricchezza di forme che vanno dal ringraziamento alla benedizione, dalla lode alla richiesta e all’intercessione, dall’inno alla supplica: una varietà di espressioni che dimostra come la preghiera coinvolga e penetri tutte le situazioni della vita, sia quelle personali, sia quelle delle comunità a cui si rivolge". “La preghiera - ha esordito il Papa - non deve essere vista come una semplice opera buona compiuta verso Dio, una nostra azione”, perché “è anzitutto un dono, frutto della presenza viva, reale, vivificante del Padre e di Gesù Cristo in noi”. "Vogliamo pregare - ha proseguito -, ma Dio è lontano, non abbiamo le parole, il linguaggio, per parlare con Dio, neppure il pensiero. Solo possiamo aprirci, mettere il nostro tempo a disposizione di Dio, aspettare che Lui ci aiuti ad entrare nel vero dialogo. L'Apostolo dice: proprio questa mancanza di parole, questa assenza di parole, eppure questo desiderio di entrare in contatto con Dio, è preghiera che lo Spirito Santo non solo capisce, ma porta, interpreta, presso Dio". "Questa nostra debolezza diventa, tramite lo Spirito Santo, vera preghiera, vero contatto con Dio. Lo Spirito Santo è quasi l'interprete che fa capire a noi stessi e a Dio che cosa vogliamo dire". Nella preghiera, secondo Benedetto XVI, “noi sperimentiamo, più che in altre dimensioni dell’esistenza e della vita cristiana, la nostra debolezza, la nostra povertà, il nostro essere creature, poiché siamo posti di fronte all’onnipotenza e alla trascendenza di Dio. E quanto più progrediamo nell’ascolto e nel dialogo con Dio, perché la preghiera diventi il respiro quotidiano della nostra anima, tanto più percepiamo il senso del nostro limite, non solo davanti alle situazioni concrete di ogni giorno, ma anche nel nostro stesso rapporto con il Signore. Cresce, allora, in noi il bisogno di fidarci e affidarci sempre più a Lui”. “È lo Spirito Santo che aiuta questa nostra incapacità, illumina la nostra mente e scalda il nostro cuore, guidando il nostro rivolgerci a Dio. Per San Paolo la preghiera è soprattutto l’operare dello Spirito Santo nella nostra umanità, per farsi carico della nostra debolezza e trasformarci da uomini legati alle realtà materiali in uomini spirituali”. Lo Spirito Santo, dunque, “ci cambia”, in quanto con questa presenza “si realizza la nostra unione a Cristo, poiché si tratta dello Spirito del Figlio di Dio, nel quale siamo resi figli”. Quindi San Paolo, ha notato Benedetto XVI, parla dello Spirito di Cristo e non solo dello Spirito di Dio: “non solamente Dio Padre si è fatto visibile nell’Incarnazione del Figlio, ma anche - ha detto - lo Spirito di Dio si manifesta nella vita e nell’azione di Gesù crocifisso, morto e risorto”. Dunque lo Spirito orienta il nostro cuore verso Gesù Cristo. Tre le conseguenze nella vita cristiana. In primo luogo "siamo messi in condizione di abbandonare ogni forma di paura, schiavitù e alienazione, vivendo la vera liberta dei figli di Dio". E’ lo Spirito Santo a “liberarci dalle contraddizioni che viviamo” e non la nostra volontà: “Con la preghiera sperimentiamo la libertà donata dallo Spirito: una libertà autentica, che è libertà dal male e dal peccato per il bene e per la vita, per Dio. La libertà dello Spirito, continua San Paolo, non s’identifica mai né con il libertinaggio, né con la possibilità di fare la scelta del male, bensì con il frutto dello Spirito che è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza e dominio di sé. Questa è la vera libertà, poter realmente seguire il desiderio del bene, della vera gioia, della comunione con Dio e non essere oppresso dalle circostanze che ci guidano verso altre direzioni”. La seconda conseguenza che si verifica è che "il rapporto stesso con Dio diventa talmente profondo da non essere intaccato da qualunque realtà. Non siamo liberati dalle prove, dalle sofferenze, ma siamo uniti in Gesù anche nelle sofferenze". Molte volte, ha sottolineato il Papa, chiediamo di essere liberati dalle prove e a volte si ha l'impressione che Dio non risponda, ma non è così. “La preghiera non ci esenta dalla prova e dalle sofferenze”, ma “ci permette di viverle e affrontarle con una forza nuova, con la stessa fiducia di Gesù” nei giorni della sua vita terrena, quando offrì preghiere e suppliche a Dio: “La risposta di Dio Padre al Figlio e alle sue forti grida e lacrime non è stata la liberazione immediata dalle sofferenze, dalla croce, dalla morte, ma era un esaudimento molto più grande, una risposta molto più profonda. Attraverso la croce e la morte, Dio ha risposto con la risurrezione del Figlio, con la nuova vita. La preghiera animata dallo Spirito Santo porta anche noi a vivere ogni giorno il cammino della vita con le sue prove e sofferenze, nella piena speranza e fiducia in Dio che risponde come ha risposto al Figlio”. Inoltre la preghiera, sostenuta dallo Spirito di Cristo, non rimane mai chiusa in se stessa, ma “si apre alla condivisione dei gemiti, delle sofferenze del nostro tempo”: diventa così, ha spiegato il Pontefice, “intercessione per gli altri, canale di speranza per tutta la creazione, espressione di quell’amore di Dio che è riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato”. Proprio con l’auspicio ad aprirci nella preghiera “alla presenza e all’azione dello Spirito Santo”, che ci porta “ad aderire a Dio con tutto il nostro cuore e con tutto il nostro essere” perché lo Spirito di Cristo diventa “forza della nostra preghiera debole”, il Santo Padre ha invitato tutti ad avere “certezza di non essere soli”.
SIR, AsiaNews, Radio Vaticana
L’UDIENZA GENERALE - il testo integrale della catechesi e dei saluti del Papa