Il 1978 fu ricordato come l’anno dei due conclavi. Nel giro di pochi mesi il Sacro Collegio dovette riunirsi due volte per eleggere il nuovo vescovo di Roma. Nel pomeriggio del 25 agosto si aprì il primo conclave, chiamato ad eleggere il successore di Paolo VI. Dopo la riforma di Papa Montini, che escludeva dal voto gli ultraottantenni, i cardinali elettori scesero a 112, su un totale di 130, poi ridottisi a 111, a causa dell’improvvisa scomparsa dell’arcivescovo di Nanchino, Yu Pin, deceduto appena giunto a Roma. Quarantotto le nazioni rappresentate all’interno del conclave. Un’altra novità fu introdotta con la rimozione dei tradizionali baldacchini, posizionati sopra ogni scranno. Al momento dell’elezione ogni cardinale abbassava il proprio in segno di rispetto e supremazia nei confronti del nuovo Papa, il cui baldacchino rimaneva alzato. Nonostante la segretezza imposta agli elettori, successivamente si seppe che nella scelta del successore di Paolo VI i cardinali aveva indicato alcuni principi orientativi: la scelta di un italiano, la nomina di un pastore di diocesi, un’età media del candidato. Sulla scelta della nazionalità, però, non tutti concordavano; basti pensare che già nel corso del conclave di agosto l’arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla, poi eletto nel secondo conclave tenutosi ad ottobre, ottenne alcuni voti, così come altri cardinali stranieri. Tra i candidati indicati dalla stampa figuravano gli italiani Sergio Pignedoli, segretario generale della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli o "De propaganda fide", e successivamente responsabile del Pontificio Consiglio per i non credenti, Sebastiano Baggio, arcivescovo di Cagliari e prefetto della Congregazione per i vescovi, Pericle Felici, cardinale protodiacono e segretario generale durante il Concilio Vaticano II, Giovanni Benelli, arcivescovo di Firenze, stretto collaboratore di Paolo VI, che lo aveva voluto in Curia come sostituto alla Segreteria di Stato, Antonio Poma, presidente della CEI, Giovanni Colombo, arcivescovo di Milano, Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova e delfino di Pio XII, ed infine Albino Luciani (foto), arcivescovo di Venezia. Tra i non italiani circolavano i nomi del card. Jean Villot, Segretario di Stato di Papa Montini, Franz König, arcivescovo di Vienna, tra i protagonisti del Concilio, Johannes Willebrands, arcivescovo di Utrecht, Eduardo Pironio, argentino di origine italiana, prefetto della Congregazione per i Religiosi e degli Istituti Secolari. I candidati forti si ipotizzò fossero il tradizionalista Siri ed il progressista Benelli. Tra i due, emerse fin da subito un terzo, Albino Luciani, moderato, prelato semplice e di grande umanità, il quale però si riteneva fuori dai giochi. Il giorno prima di entrare in conclave scrisse alla nipote Pia: "Difficile trovare la persona adatta ad andare incontro ai problemi che sono croci pesantissime. Per fortuna, io sono fuori pericolo. È già gravissima responsabilità dare il voto in questa circostanza". La prima votazione, tenuta la mattina del 26 agosto, fu breve. Lo scrutatore Antonio Ribeiro lesse probabilmente i nomi di Siri, Luciani, Felici, Poma, Baggio, Pignedoli, Benelli, Villot, Pironio, Willebrands e Wojtyla. Troppi per il quorum dei 75 voti richiesti. La seconda votazione si tenne subito dopo. L’esito: un’altra fumata nera. Lo scrutinio però delineò chiaramente due candidati: il genovese Siri ed il veneziano Luciani. Dopo pranzo ripresero i lavori. La terza votazione fu ancora nulla, mentre la quarta fu quella buona. Dal comignolo della Sistina uscì però una fumata strana, il colore non era né bianco né nero, ma grigiastro. In Piazza San Pietro i fedeli pensarono ad un’alta fumata nera, ma alle 19.18 si aprirono le vetrate della loggia centrale della Basilica. Comparve la figura del protodiacono Felici, furono sistemati i microfoni. La suspense salì al massimo. Il cardinale annunciò: "Habemus Papam! Eminentissum ac reverendissimun dominum, dominum Albinum. Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Luciani. Qui sibi nomen imposuit Johannis Pauli Primi!". Dietro la croce, apparve Giovanni Paolo I, eletto al Soglio di Pietro si disse con 98 o 101 voti, comunque una delle più alte maggioranze registrate nel corso di un conclave, la cui durata fu di sole 26 ore. L’umanità e la simpatia di Luciani conquistarono fin da subito tutti. Indimenticabili i suoi trentatré giorni di Pontificato. Un giorno per ogni anno di Cristo fu fatto notare. Nel corso delle sue quattro udienze generali, Luciani rivelò due caratteristiche peculiari della sua personalità: l’umiltà e la semplicità. "Humilitas", il suo motto vescovile, significava "non umiltà, bensì impegno ad essere umili". La semplicità fu dimostrata dal dialogo tra il Papa ed i bambini, che egli chiamava a sé per spiegare la dottrina ai fedeli. Concetti chiari e diretti, che gli attirarono alcune critiche da parte di teologi, intellettuali ed esponenti della stampa. In realtà Luciani fu sempre se stesso: da sacerdote montanaro, da vescovo veneto, da Patriarca ed infine da Pontefice di Santa Romana Chiesa. Nel corso di un discorso tenuto a Canale d’Agordo, il paese natale, nel 1959, aveva detto: "Con me il Signore attua il suo vecchio sistema: prende i piccoli dal fango della strada, prende la gente dai campi, dalle reti del mare, dal lago, e ne fa degli apostoli. È il suo vecchio sistema: certe cose il Signore non le vuol scrivere né sul bronzo, né sul marmo, ma addirittura sulla polvere, affinché se la scrittura resta, non scompaginata, non dispersa dal vento, sia ben chiaro che tutto sia opera, tutto merito del solo Signore. Io sono la pura e povera polvere; su questa polvere il Signore ha scritto".
Lorenzo Carlesso, Vatican Insider