Si è conclusa con una Messa celebrata questa mattina dal Papa nel Centro Mariapoli di Castel Gandolfo il tradizionale seminario estivo degli ex-allievi di Benedetto XVI, il cosiddetto "Ratzinger Schülerkreis", incentrato quest’anno sul tema “Risultati e domande ecumenici nel dialogo con il luteranesimo e l’anglicanesimo”. Il Papa nell’omelia ha commentato le letture della liturgia domenicale, svolgendo la sua catechesi a partire dalla lettura del Deuteronomio, dove si legge che Israele, unico tra tutti i popoli, riceve da Dio la Legge, legge che dà la vera saggezza. "Si tratta di un dono di cui gioire - ha sottolineato Benedetto XVI - non un frutto della propria genialità che possa generare trionfalismo. Così la Chiesa, un Israele diventato universale, può solo gioire del dono di Cristo, che è il nucleo essenziale della Legge, Legge fatta carne, Amore di Dio per noi. Abbiamo ricevuto la saggezza che è verità, sappiamo vivere e morire, perché Cristo è la vita e la verità. Non c’è spazio per nessun trionfalismo, ma solo per la gioia e la gratitudine per il regalo ricevuto, che non abbiamo fatto noi". Benedetto XVI ha quindi rilevato che con il passare del tempo usanze umane si sono aggiunte al dono di Dio, nascondendo la saggezza donata da Dio. Queste aggiunte possono condurre la Chiesa al cosiddetto trionfalismo, a lodare se stessa. Così in questa fase vediamo solo ciò che è fatto da noi, non troviamo più la gioia della fede. Così non osiamo più dire che Dio ci ha insegnato la verità e ci ha insegnato cosa è l’uomo. Ma oggi, ha spiegato il Papa, i concetti di verità e intolleranza sono quasi fusi tra di loro; così dire di avere la verità diventa sinonimo di intolleranza. E noi cristiani non osiamo più credere o parlare di verità. "In effetti è vero - ha osservato -: nessuno può dire 'Possiedo la verità', perché siamo noi che apparteniamo alla verità che è qualcosa di vivo! Non la possediamo, è piuttosto lei che ci acciuffa; e rimaniamo in lei solo se ci lasciamo guidare e spingere da lei. Credo - ha affermato - che dobbiamo imparare di nuovo, questo 'non avere la verità'. Nessuno può dire 'Ho dei figli', perché non sono un nostro avere, sono un regalo, e sono un dono di Dio ed un compito. Così non possiamo neanche dire 'Ho la verità', ma la verità, che è Cristo stesso, è venuta verso di noi e nell’Eucaristia è venuta addirittura dentro di noi per pulirci dalle nostre miserie, dal nostro egoismo che fa sembrare il cristianesimo solo un sistema di usanze. E così dobbiamo imparare di nuovo a farci condurre dalla verità. E allora attraverso di noi la verità potrà di nuovo brillare per la salvezza del mondo". Un inciso il Papa lo ha dedicato alla Lettera di San Giacomo, laddove invita a essere di quelli che mettono in pratica la Parola e non soltanto ascoltatori. Questa, ha sottolineato, è un’esortazione a non accentuare la dimensione intellettuale della fede e della teologia. "Spesso - ha proseguito - temo proprio questo, quando leggo tante cose intelligenti in questi tempi: che la teologia diventi un gioco dell'intelletto che non compenetra la nostra vita e che quindi non ci introduce alla verità. Dunque – ha concluso – è un invito proprio a noi teologi: non solo ascoltare ma lasciarsi forgiare dalla verità e lasciarsi guidare da lei".
Radio Vaticana
SANTA MESSA A CONCLUSIONE DELL’INCONTRO CON IL "RATZINGER SCHÜLERKREIS" - il testo integrale dell'omelia del Papa