La crisi economica e il ruolo della Chiesa nelle tematiche sociali
''Il crollo delle grandi banche americane mostra quello che è l'errore di fondo: l'avarizia e l'idolatria che oscurano il vero Dio, ed è sempre la falsificazione di Dio in Mammona che ritorna''. Papa Benedetto XVI, ha risposto così alla domanda di un parroco della periferia romana sulla crisi economica mondiale. ''La Chiesa - ha continuato a spiegare Papa Ratzinger - ha sempre questo compito di essere vigilante, di cercare essa stessa, comprendendo le ragioni del mondo economico, di illuminare questo ragionamento con la fede che ci libera dal peccato. Per questo deve farsi sentire ai diversi livelli per aiutare a correggere tanti interessi personali e di gruppi, nazionali e sovranzionali, che si oppongono alle correzioni alla radice dei problemi''. Papa Benedetto XVI ha invitato a offrire ''argomenti seri e competenti'' sui motivi e le soluzioni delle difficoltà economiche, ma allo stesso tempo ha ricordato anche che i ''modelli economici buoni'' si realizzano ''solo se ci sono i giusti''. "Da molto tempo preparo un'enciclica su questi temi": Papa Benedetto XVI annuncia così la volontà di denunciare le problematiche sociali, che vengono definite "difficili". ''Sul tema - ha detto Papa Ratzinger - bisogna fornire argomenti seri e competenti'' e non dare risposte dettate solo dal ''moralismo''; il tutto, però, senza dimenticare la realtà del ''peccato originale'' e dell'''avarizia'', dell'''idolatria'' e dell'''egoismo'', che agiscono ad un livello profondo. In sostanza, per il Pontefice bisogna lavorare sia al livello della ''macro-giustizia'' denunciando le storture del sistema economica, sia al livello della ''micro-giustizia'', ovvero della conversione dei singoli. Senza i ''giusti'', ha ricordato Papa Ratzinger, non si può realizzare nulla, e ''i giusti non ci sono se non si fa il lavoro umile e quotidiano di convertire gli uomini''. Di qui, ha aggiunto, l'importanza del lavoro dei parroci: ''Il nostro lavoro è fondamentale per arrivare ai grandi scopi dell'umanità''.
Le indulgenze e la pietà popolare nella comunione della Chiesa
Le indulgenze e la pietà popolare nella comunione della Chiesa
Nessuno deve "disprezzare" le indulgenze e le manifestazioni di devozione popolare. Papa Ratzinger ha ricordato come i protestanti contestino le indulgenze e ritengano che la pietà di Cristo sia unica e sufficiente. "Per me - ha osservato Benedetto XVI - Cristo ha voluto aggiungere anche noi a farci soggetti e partecipi della sua misericordia e del suo amore". Attraverso le indulgenze e le forme di devozione popolare si partecipa - ha concluso - alla "comunione della Chiesa".
Testimonianza e parola nell'annuncio e la liturgia, cuore dell'essere cristiani
Benedetto XVI ha poi messo l’accento sul ruolo del parroco che, ha affermato, come nessun altro conosce l’uomo nella sua profondità, al di là dei ruoli che ricopre nella società: "Per l’annuncio abbiamo bisogno dei due elementi: testimonianza e parola. E’ necessaria la parola, che fa apparire la verità di Dio, la presenza di Dio in Cristo e quindi l’annuncio è una cosa assolutamente indispensabile, fondamentale, ma è necessaria anche la testimonianza che dà credibilità a questa parola, perché non appaia solo come una bella filosofia, una utopia. E in questo senso mi sembra che la testimonianza della comunità credente sia di grandissima importanza. Dobbiamo aprire, in quanto possiamo, luoghi di esperienza della fede". Il Pontefice ha quindi offerto la sua riflessione su un tema a lui particolarmente caro quale è quello dell’emergenza educativa. Compito dei sacerdoti, ha rilevato, fin dall’oratorio è offrire ai giovani una formazione umana integrale. Ed ha ribadito che oggi viviamo in un mondo dove molte persone hanno tante conoscenze ma senza orientamento interiore etico. Per questo, la Chiesa ha il dovere di proporre una formazione umana illuminata dalla fede. Aprirsi dunque alla cultura del nostro tempo, ma indicando criteri di discernimento.
"Non è sufficiente predicare o fare pastorale con il bagaglio prezioso della teologia - ha proseguito il Papa - ma deve essere personalizzato da una conoscenza accademica in visione personale della mia vita per arrivare alle altre persone". "Non perdiamo la semplicità della verità. Dio c'è e non è un essere ipotetico e lontano, ma è vicino - ha aggiunto - parla con me. Non proponiamo riflessioni o una filosofia, ma proponiamo l'annuncio semplice di Dio che ha agito anche con me". Per Papa Joseph Ratzinger, dunque, "il primo aiuto è la nostra esperienza personale". "Noi inviamo uomini sulla luna, siamo uomini di questo tempo, viviamo con i mass media di oggi. Se io stesso prendo sul serio la mia esperienza e cerco di personalizzare in me la mia realtà - ha spiegato - siamo in cammino nel farci capire anche agli altri. Chi conosce meglio gli uomini di oggi se non il parroco? Vengono da noi gli uomini spesso senza maschera, non con alti pretesti, nella situazione della sofferenza, della malattia, della morte, nel confessionale senza maschera, con il loro essere".
Nel colloquio con il clero romano, durato quasi due ore, il Papa ha anche parlato della liturgia ribadendo che imparare a celebrare significa conoscere Gesù Cristo, entrare in contatto con Lui. La Liturgia, è stata la sua riflessione, deve sempre più essere il cuore del nostro essere cristiani.
Il primato del Papa contro nazionalismi e particolarismi
Il Pontefice ha indicato la peculiarità della Chiesa di Roma, chiamata a presiedere nella Carità. Un dono, ha affermato, che riguarda tutti i fedeli di Roma.
Il ''primato petrino', ovvero il primato che la Chiesa Cattolica ha per il Papa, successore di Pietro, su tutti gli altri vescovi cristiani, ''garantisce l'universalità della Chiesa e la trascendenza dai nazionalismi e da altre frontiere'', e ''si realizza nella carità''. Il primato, ha spiegato Papa Ratzinger, offre alla Chiesa un ''punto unificante'', necessario ''per non cadere nel nazionalismo'', per ''evitare l'identificazione con una determinata cultura'' e per ''essere sempre costretti ad aprirsi a tutti gli altri''; anche le altre Chiese cristiane, ha aggiunto il Pontefice, cominciano a sentire l'esigenza di un simile ministero. Scopo del primato è di ''garantire la cattolicità nella ricchezza delle culture e nello stesso tempo escludere ogni tipo di assolutizzazione''. ''Una garanzia - ha concluso il Papa - contro le mode, i particolarismi, le eresie sempre assunte in funzione di un aspetto, mentre la fede guarda all'integralità''.
La formazione del giovane sacerdote e dei giovani
La formazione del giovane sacerdote e dei giovani
Nel suo dialogo con i parroci, il Papa ha offerto anche indicazioni concrete in tema di pastorale giovanile. Benedetto XVI ha ricordato che "è necessaria la permanenza del giovane sacerdote in una parrocchia per dare orientamento ai giovani" in quanto, "senza dubbio, la relazione personale con l'educatore è importante, e serve un certo periodo per orientare insieme". "Dunque non si può cambiare parrocchia ogni giorno, se no si perde questo orientamento. Ma è anche vero - ha aggiunto - che il giovane sacerdote deve fare esperienze diverse in ambienti culturali diversi, per arrivare alla maturità come parroco e dedicarsi stabilmente a una comunità". Questo periodo, secondo il Pontefice, potrebbe essere di tre anni: "dai 16 ai 19 anni di età, infatti, i giovani - ha spiegato - maturano una crescita e dei cambiamenti che sono paragonabili a quelli di un decennio, ad esempio a come si cambia tra i 40 e i 50, si forma loro personalità e si avvia un cammino interiore di grande estensione esistenziale. Ecco - ha detto il Papa - penso che tre anni per il vice parroco siano un tempo sufficiente per formare una generazione e dunque possono essere il tempo giusto per riconciliare i due bisogni: da una parte la crescita del sacerdote giovane per arricchire la sua esperienza unmana, dall'altra parte la crescita dei giovani". Poi sorridendo Joseph Ratzinger si e' rivolto al cardinale vicario Agostino Vallini che in concreto deve poi decidere le destinazioni del clero: "non so cosa ne direbbe?", ha chiesto mentre i sacerdoti ridevano e applaudivano.
Il saluto del cardinal vicario Vallini
''Viviamo un tempo non facile e molte sfide si pongono alla Chiesa; Roma è profondamente mutata e anche i programmi pastorali e la prassi ordinaria del ministero hanno bisogno di essere meglio adeguati alle nuove esigenze''. Il card. Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, ha saluto così questa mattina Papa Benedetto XVI. ''Le nostre parrocchie - ha aggiunto Vallini - sono comunità vive e punti di riferimento dei quartieri e per l'intero territorio. Molte opere e iniziative di carità e di solidarietà danno sollievo e aiuto concreto a tante famiglie in difficoltà e a tante persone. Si fa tanto in favore dei poveri - ha concluso il porporato - anche se vorremmo fare molto di più".
Al termine dell'incontro, un parroco romano ha donato al Pontefice una poesia in romanesco in vista della visita di Benedetto XVI al Campidoglio, il 9 marzo. Una poesia che il Santo Padre ha particolarmente gradito: "Grazie! Abbiamo sentito parlare il cuore romano, che è un cuore di poesia. E’ molto bello sentire un po’ di romanesco e sentire che la poesia è profondamente radicata nel cuore romano. Questo forse è un privilegio naturale che il Signore ha dato ai romani, è un carisma naturale che precede i privilegi ecclesiali …".
Al termine dell'incontro, un parroco romano ha donato al Pontefice una poesia in romanesco in vista della visita di Benedetto XVI al Campidoglio, il 9 marzo. Una poesia che il Santo Padre ha particolarmente gradito: "Grazie! Abbiamo sentito parlare il cuore romano, che è un cuore di poesia. E’ molto bello sentire un po’ di romanesco e sentire che la poesia è profondamente radicata nel cuore romano. Questo forse è un privilegio naturale che il Signore ha dato ai romani, è un carisma naturale che precede i privilegi ecclesiali …".
INCONTRO DEL SANTO PADRE CON I PARROCI E I SACERDOTI DELLA DIOCESI DI ROMA (GIOVEDÌ, 26 FEBBRAIO 2009) - il testo integrale delle domande e delle risposte del Papa