La proposta avanzata dal prete e teologo Vincent Twomey di far dimettere tutti i vescovi irlandesi nominati prima del 2003 fa discutere gli uomini di Chiesa. Anche in Vaticano c’è chi ritiene che la proposta sia da portare avanti, perché così si darebbe un segnale forte a un paese che dopo la pubblicazione del report governativo sulla diocesi di Cloyne vive in uno stato d’indignazione permanente. L’accusa è nota: i vescovi e le massime gerarchie cattoliche non avrebbero fatto nulla per impedire che nei decenni appena trascorsi alcuni preti diocesani commettessero abusi sessuali su minori. “Attenzione – dice a Il Foglio il vescovo di San Marino Luigi Negri – che il giustizialismo nella Chiesa è letale tanto quanto lo è nella società. Azzerare i vertici della Chiesa a cosa serve? A nulla. Ci possono essere dei vescovi che non hanno agito al meglio, ma il criterio dell’efficienza e della perfezione non può essere assunto in toto dalla chiesa. La Chiesa deve rispettare gli uomini, finanche i suoi eventuali errori. La Chiesa mira alla perfezione, certo, ma sa bene che questa perfezione è sempre da conquistare, da raggiungere, anche con errori e passi falsi”. Quello irlandese è solo l’ultimo esempio di un problema che emerge a ciclo continuo in più punti del globo: quello delle accuse al Papa e ai suoi collaboratori di aver coperto i pedofili in seno al clero. Gli abusi provocano indignazione. E l’indignazione alimenta le richieste di adeguamento della Chiesa alle prassi del mondo. Alla base di tutto è il rapporto tra Chiesa e mondo a essere continuamente messo in discussione. Il mondo pressa la Chiesa perché si apra alle sue istanze. La Chiesa resiste nonostante, alla prova dei fatti, i peccati dei suoi uomini siano una pietra di scandalo contenuta a fatica al proprio interno. Dice Negri: “La Chiesa non può cedere al potere delle ideologie da cui arriva la maggior parte delle richieste di riforma. La Chiesa ha una sua identità. Questa identità la deve giocare nel rapporto con il mondo senza scandalizzarsi degli errori dei suoi uomini. Non c’è scritto da nessuna parte che la Chiesa deve essere sempre e comunque efficiente e perfetta. La Chiesa deve tendere al bene e a Dio, ma se non vi riesce non c’è ragione perché rinunci a ciò che è”. Negri invita a guardare anche alla richiesta irlandese dell’abolizione del segreto confessionale. Dice: “La Chiesa non può che non accettare l’abolizione del sigillum confessionis semplicemente perché sa cosa è la confessione. E’ un atto di misericordia di Dio verso l’uomo. Se si toglie il segreto viene violata la libertà di coscienza del singolo e non si permette più all’uomo di ricominciare, di emendarsi, di iniziare ancora una volta una vita tesa al bene. Se si toglie il segreto si toglie la possibilità della misericordia di Dio e la possibilità del rinnovamento del cuore dell’uomo. Non è poco”. Intanto però al coro degli indignati, e in particolare al coro di coloro che chiedono il totale azzeramento delle gerarchie irlandesi nominate prima del 2003, si è aggiunto un pezzo da novanta del cattolicesimo di lingua inglese, George Weigel, biografo di Papa Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, senior fellow all’Ethics and Public Policy Center di Washington. Weigel, la cui opinione ha un certo peso in Curia romana, dice che “è singolare che l’Irlanda, la cui Costituzione è stata emanata ‘Nel nome della Santissima Trinità’, sia diventata la nazione rumorosamente più anti cattolica nel mondo occidentale”. Il Vaticano ha provato a reagire agli attacchi, ma “è evidente che i report dei visitatori apostolici mandati nel paese sono stati limati e sono risultati troppo generosi”. Weigel sostiene che la crisi della Chiesa in Irlanda è “stata particolarmente acuta” e che per questo motivo “il prima possibile dovrebbe avvenire una sostituzione della gerarchia irlandese, insieme a una drastica riduzione del numero delle diocesi”. Perché l’Irlanda ha “un disperato bisogno di una nuova e credibile leadership”. Secondo Weigel il problema della Chiesa irlandese viene dal “diluvio del Concilio Vaticano II”. In Irlanda “non si è riusciti a resistere alle inondazioni del secolarismo arrivate dopo il Concilio”. Ora servono “uomini nuovi che siano in grado di portare avanti la riforma della chiesa come Benedetto XVI la intende”.
Paolo Rodari, Il Foglio