Domani si celebra la 45° Giornata Mondiale della Pace sul tema “Educare i giovani alla giustizia e alla pace”. Il Papa, in questa occasione e nella Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, presiederà la Santa Messa alle 9.30 nella Basilica Vaticana. In un mondo che conclude il 2011 con un “senso di frustrazione” per la crisi “che sta assillando la società il mondo del lavoro e l’economia”, scrive Benedetto XVI nel suo Messaggio per la Giornata, l’attenzione di tutti deve essere posta ai giovani, “nella convinzione che essi con il loro entusiasmo e la loro spinta ideale possono offrire una nuova speranza al mondo”. Queste parole sono le ultime in ordine di tempo di un itinerario di riflessioni spirituali e appelli concreti, costruito in questi anni da Benedetto XVI. Verità, persona, famiglia, creato, libertà. I pilastri solidi sui quali incardinare quel valore assoluto e precario che è la pace. La road map tracciata finora dal Papa non per salvaguardare la stabilità in una singola nazione, né per disinnescare un conflitto in un’area del mondo, ma per il bene di tutta l’umanità. Un percorso a tappe rintracciabile nelle parole dedicate da Benedetto XVI alla pace ad ogni primo gennaio, a partire dal 2006, dalla prima Messa presieduta nelle vesti di Pontefice. “Nella verità, la pace” è il titolo del Messaggio di quell’anno e il Papa pianta con esso la pietra miliare di quello che sarà il suo viaggio. “Per accogliere il dono della pace”, afferma, dobbiamo guardare a Cristo, “il quale ci ha insegnato il ‘contenuto’ e insieme il ‘metodo’ della pace, cioè l’amore”. Ma pace e amore hanno bisogno di braccia e gambe. Hanno bisogno della “persona umana” che, recita il titolo del Messaggio, è il “cuore della pace”.
“Di fronte alle minacce alla pace, purtroppo sempre presenti, dinanzi alle situazioni di ingiustizia e di violenza, che continuano a persistere in diverse regioni della terra, davanti al permanere di conflitti armati, spesso dimenticati dalla vasta opinione pubblica, e al pericolo del terrorismo che turba la serenità dei popoli, diventa più che mai necessario operare insieme per la pace. Questa, ho ricordato nel Messaggio, è ‘insieme un dono e un compito’: dono da invocare con la preghiera, compito da realizzare con coraggio senza mai stancarsi” (1° gennaio 2007).
Dunque, la pace non può essere il nobile intento di qualche eroe solitario, ma un obiettivo da costruire insieme, come corpo, come famiglia. E “famiglia umana, comunità di pace” è il titolo del Messaggio 2008 e all’omelia del primo gennaio Benedetto XVI ribadisce: “Chi anche inconsapevolmente osteggia l’istituto familiare...rende fragile la pace nell’intera comunità, nazionale e internazionale, perché indebolisce quella che, di fatto, è la principale ‘agenzia’ di pace” (1° gennaio 2008).
Individuati i protagonisti, e l’ideale che li anima, bisogna rimboccarsi le maniche. “Combattere la povertà, costruire la pace”, intitola il Papa il Messaggio per il 2009. C’è, osserva, una povertà scelta da Dio, che per un misterioso disegno fa nascere suo Figlio in una stalla, è c’è “un’indigenza che Dio non vuole e che va combattuta”. Quella delle mille miserie sparse sul pianeta, che aspetta l’avvento di una “umanità nuova, capace, sempre e solo con la grazia di Dio, di operare una ‘rivoluzione pacifica”: “Una rivoluzione non ideologica ma spirituale, non utopistica ma reale, e per questo bisognosa di infinita pazienza, di tempi talora lunghissimi, evitando qualunque scorciatoia e percorrendo la via più difficile: la via della maturazione della responsabilità nelle coscienze” (1° gennaio 2009).
Ma voler estirpare la povertà dalla terra, senza preoccuparsi di proteggere la terra stessa è un controsenso. “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”, scrive Benedetto XVI nel 2010. E per rendere incisivo il suo discorso chiede a chi lo ascolta di guardare a chi la terra la gestirà dopo di noi, ricevendola in condizioni spesso drammatiche, i bambini: “Di fronte alla loro condizione inerme, crollano tutte le false giustificazioni della guerra e della violenza. Dobbiamo semplicemente convertirci a progetti di pace, deporre le armi di ogni tipo e impegnarci tutti insieme a costruire un mondo più degno dell’uomo” (1° gennaio 2010).
E un mondo più degno dell’uomo lo è se a quell’uomo è permesso di esprimere senza costrizioni la propria fede. La “libertà religiosa” è “via per la pace”, ribadisce il Papa nel Messaggio di quest’anno. E all’omelia del primo gennaio spiega: “Là dove si riconosce effettivamente la libertà religiosa, la dignità della persona umana è rispettata nella sua radice e, attraverso una sincera ricerca del vero e del bene, si consolida la coscienza morale e si rafforzano le stesse istituzioni e la convivenza civile. Per questo la libertà religiosa è via privilegiata per costruire la pace” (1° gennaio 2011).
Radio Vaticana