Benedetto XVI terrà domani l’Udienza generale in Piazza San Pietro alla vigilia del Giovedì Santo. Tradizionalmente, il Papa dedica la catechesi dell’Udienza del Mercoledì Santo ai momenti forti del Triduo Pasquale. Essere fedele al Padre: durante tutta la sua vita, sottolinea Benedetto XVI, questo è stato il criterio “che ha guidato ogni scelta di Gesù”. Una “volontà di amare il Padre” che si manifesta in modo straordinario nei giorni della sua Passione, morte e Risurrezione. Il Triduo Pasquale, cuore dell’Anno liturgico, inizia con la Memoria dell’Ultima
Cena, con il dono dell’Eucaristia inscindibilmente legato con il dono di Sé sulla Croce: “Pronunciando la benedizione sul pane e suo vino, Egli anticipa il sacrificio della Croce e manifesta l’intenzione di perpetuare la sua presenza in mezzo ai discepoli: sotto le specie del pane e del vino, Egli si rende presente in modo reale col suo corpo donato e col suo sangue versato” (20 aprile 2011).
Il Papa rammenta, dunque, come quegli stessi discepoli che vivono con Gesù un momento così forte di comunione nel Cenacolo, poco dopo lo lascino solo nell’Orto del Getsemani: “Vediamo come i discepoli hanno dormito, lasciando solo il Signore. Anche oggi spesso dormiamo, noi suoi discepoli. In questa notte sacra del Getsemani, vogliamo essere vigilanti, non vogliamo lasciar solo il Signore in questa ora” (4 aprile 2007).
Anche oggi, avverte il Papa, dobbiamo guardarci da questa sonnolenza che è invero "insensibilità dell’anima” per “la presenza di Dio”. Una insensibilità che non ci fa vedere la forza del male perché disturberebbe la “strada della nostra comodità”. Gesù, afferma il Pontefice, è turbato nell’ora dell’agonia. “E’ – ribadisce – terrorizzato davanti a questa realtà che percepisce in tutta la sua crudeltà”: la sua “volontà sarebbe non bere il calice”, ma la sua volontà è subordinata a quella del Padre. E così in “questa trasformazione del no in sì”, “Egli trasforma l’umanità e ci redime”. Ecco allora che la morte in Croce “che, per sua natura, è la fine, la distruzione di ogni relazione, viene da lui resa atto di comunicazione di sé, strumento di salvezza e proclamazione della vittoria dell’amore” (31 marzo 2010).
Quell’amore che riesce a illuminare anche l’ombra oscura del Golgota. Il Papa, come già Giovanni Crisostomo, esorta a guardare Gesù “con gli occhi del cuore”. E, dopo il Mistero del Venerdì Santo, invita i fedeli a raccogliersi in silenzio nell’attesa della Risurrezione del Signore: “Il Sabato Santo è giorno in cui la liturgia tace, il giorno del grande silenzio, ed i cristiani sono invitati a custodire un interiore raccoglimento. E nell’inflazione delle parole che vediamo e viviamo oggi, è un giorno così necessario il giorno del silenzio” (4 aprile 2007).
Radio Vaticana