Una battutaccia che girava ieri Oltretevere è che adesso gli avrebbero trovato un lavoro tranquillo,
lontano dalle tentazioni dell'intelligence e dalle frequentazioni col potere, in un ufficio decentrato
con mansioni che aveva già mostrato di svolgere con perizia: magari, considerata l'esperienza, a
fare fotocopie. Ma non è che lo scherzo sia poi così lontano dalla realtà.
In Vaticano, rispetto al corvo, è iniziata quella che si potrebbe definire una strategia di riduzione del
(già notevole) danno. La stessa che trapelava nella richiesta del promotore di giustizia Nicola
Picardi, una richiesta tutta particolare ("questa è una mia invenzione", ha sorriso ironico il pm
vaticano) che prevedeva per l'ex maggiordomo "l'interdizione perpetua, ma limitata, dai pubblici
uffici" e cioè, ha spiegato, la possibilità per l'imputato di tornare sì a lavorare nello Stato della Città
del Vaticano, ma in uffici che però fossero lontani dall'"uso del potere". La corte non ne ha fatto
menzione nella sentenza, il che significa che Paolo Gabriele (nella foto con Benedetto XVI) non sarà interdetto dagli uffici vaticani.
Ma la sostanza della proposta resta valida.
In teoria, il regolamento generale della Curia del 30 aprile 1999, in tema di violazioni del "segreto
d'ufficio", all'articolo 76 adombra il "licenziamento" per chi, tra l'altro, viola il "segreto pontificio",
materia delicatissima e tuttora disciplinata dall'Istruzione "Secreta continere" approvata da Paolo VI
il 4 febbraio 1974. Ma in questo processo si parlava solo di "furto aggravato" e in Vaticano adesso
spiegano che il licenziamento è una misura limite per "casi gravi" e insomma non è il caso per uno
condannato a 18 mesi. Una sentenza considerata peraltro "mite". Paolo Gabriele, del resto, fu
'sospeso ad cautelam' il 23 maggio, poche ore prima d'essere arrestato, ma in questi mesi ha
continuato a ricevere regolarmente lo stipendio. Non verrà cacciato, non nel centro della cristianità,
il perdono evangelico porterà con sé la grazia di Benedetto XVI. Ci sono anche da considerare la
moglie, i tre figli, una famiglia che in Vaticano conoscono tutti ed è guardata con affetto sincero.
Detto questo, è anche una questione di realismo. Nulla sarebbe più pericoloso e inopportuno, per la
Chiesa, di un corvo che taglia ogni legame con il Vaticano e se ne va magari a scrivere le sue
memorie o a concedere libri-intervista. Magari non lo farebbe mai, ma la sola ipotesi viene
considerata con orrore. Anche perché Gabriele, in queste settimane, non ha mai ceduto
sull'essenziale. Si è riconosciuto "colpevole" di "aver tradito la fiducia" del Papa, ma nulla di più.
Lui, che si considerava "infiltrato dello Spirito Santo", a proposito del Papa è arrivato a dire: "Nel
tempo ho maturato la convinzione che è facile manipolare la persona che ha un potere decisionale
così importante". Pensava e pensa che il Papa inconsapevole fosse manipolato, una tesi peraltro
contraddetta dalle stesse "carte segrete", che mostrano come Benedetto XVI segua tutto, e voleva
raddrizzare la Chiesa, "non sono un ladro". È significativo che la difesa abbia rinunciato, perché
"inutile ai fini processuali", alla perizia psichiatrica della difesa firmata dal professor Tonino
Cantelmi: quella che descriveva Gabriele come un uomo manipolabile che non aveva
consapevolezza delle proprie azioni. Gabriele non ci stava a passare per "non imputabile" e nega di
avere avuto complici.
Ora potrà restare nell'appartamento che gli hanno dato in Vaticano con la sua famiglia e continuare
ad avere tutti i vantaggi di una cittadinanza esclusiva. Probabile che gli trovino, come suggeriva il
pm, un impiego non a rischio. Per fare punto e a capo, finirla qui. Resta un problema giuridico: la
grazia lo proteggerà da altre eventuali accuse? Il rinvio a giudizio del 13 agosto lo aveva mandato a
processo per "furto aggravato" disponendo la "chiusura parziale" dell'istruttoria: che resta aperta
per i reati più gravi, come i delitti contro lo Stato e l'inviolabilità dei segreti. "Dipende da come il
Santo Padre formulerà la grazia", si spiega Oltretevere. Le indagini proseguono, gli inquirenti non
sono affatto convinti che le responsabilità si esauriscano con l'ex maggiordomo. Non sarà facile
trovare riscontri. Del resto non c'è solo la strada penale: dalla Curia si può sempre essere trasferiti
altrove. Lo stesso Gabriele, pur escludendo di aver avuto complici, ha detto durante il processo:«Non sono stato solo io, in questi anni, a fornire documenti alla stampa".
Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera
Il tecnico, gli assegni e lo Ior. I misteri ancora da chiarire
Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera
Il tecnico, gli assegni e lo Ior. I misteri ancora da chiarire