venerdì 11 gennaio 2013

Tra matrimoni omosessuali ed elezioni: può il Papa fidarsi di Andrea Riccardi? Il fondatore della Comunità di Sant'Egidio si agita al centro della scena politica italiana, con l'apparente benedizione di Benedetto XVI. Ma la recita ha i suoi retroscena scomodi

Ogni volta che Benedetto XVI parla contro i matrimoni tra omosessuali, puntualmente viene subissato di critiche. Ma l'ultima volta che l'ha fatto, nell'annuale discorso prenatalizio alla curia, non è stato così. Tutti zitti. A fare da scudo al papa c'era il gran rabbino di Francia Gilles Bernheim, da lui citato a sostegno delle proprie tesi. E tra gli opinionisti avversi nessuno s'è sentito in animo di prendere a bersaglio anche un luminare dell'ebraismo europeo, oltre al capo della Chiesa cattolica. In effetti, il caso francese sta facendo scuola al di là dei suoi confini, nella battaglia pro e contro quelli che la Chiesa definisce "principi non negoziabili" e di cui è un cardine il matrimonio tra uomo e donna. Contro la volontà della presidenza Hollande di dare valore di legge ai matrimoni tra omosessuali hanno reagito vivacemente non solo la Chiesa cattolica, guidata dall'arcivescovo di Parigi, ma anche autorevoli esponenti delle altre religioni e del mondo laico, tra cui la filosofa femminista Sylviane Agacinski, moglie dell'ex premier socialista (e protestante) Lionel Jospin, e, appunto, il gran rabbino Bernheim, con un documento di 25 pagine nel quale rovescia ad uno ad uno gli argomenti a sostegno dei matrimoni omosessuali e delle adozioni da parte di coppie dello stesso sesso. Nel citare il manifesto di Bernheim, Benedetto XVI l'ha definito "accuratamente documentato e profondamente toccante". E con ciò l'ha estratto dal suo contesto francese e l'ha offerto all'attenzione di tutto il mondo. In Italia, l'invito del Papa è stato accolto prontamente dall'intellettuale non credente Ernesto Galli della Loggia, che sul Corriere della Sera del 30 dicembre non solo ha riproposto con dovizia di citazioni gli argomenti del gran rabbino mostrandone la consonanza con Benedetto XVI, ma ha scritto di condividerli in pieno e di auspicare che finalmente se ne discuta senza più sottostare all'imperante conformismo a favore dei matrimoni gay. Galli della Loggia è un intellettuale laico che dal Vaticano è sempre letto con attenzione. Sua moglie, la storica Lucetta Scaraffia, scrive regolarmente su L'Osservatore Romano ed è legatissima al suo direttore Giovanni Maria Vian. E infatti il giornale della Santa Sede ha dato grande evidenza a questa svolta del quotidiano italiano, come fosse la simbolica caduta di un muro. Galli della Loggia non è il primo né l'unico, tra gli intellettuali laici italiani, ad essersi staccato dal coro delle accuse alla Chiesa "oscurantista". Dopo di lui, il 2 gennaio, sempre sul Corriere della Sera, anche una psicoanalista di fama, Silvia Vegetti Finzi, ha preso posizione contro le adozioni di bambini da parte di coppie dello stesso sesso. Nel dare notizia di quest'ultimo articolo, L'Osservatore Romano ha commentato: "L'articolo è particolarmente interessante perché segna l'ingresso degli psicoanalisti italiani in un dibattito per troppo tempo disertato. Non succede così in Francia, dove in molti, a partire dal celebre psicoanalista Claude Halmos, uno dei massimi esperti riconosciuti di psicologia dell'età infantile, si sono detti contrari al matrimonio omosessuale". Ma va anche rimarcato l'articolo di segno diametralmente opposto, in perfetto "conformismo gay", stando a Galli della Loggia, firmato dal cattolico Alberto Melloni sul Corriere della Sera del 16 dicembre 2012, non solo ostile ma derisorio nei confronti delle critiche di Benedetto XVI ai matrimoni tra omosessuali, ridotte a espediente di tornaconto politico in vista delle elezioni del 2013 in Italia, in Germania e in Austria. E prima di Galli della Loggia c'è stato il pronunciamento dei "marxisti ratzingeriani": il filosofo Pietro Barcellona, il teorico dell'operaismo Mario Tronti, lo scienziato della politica Giuseppe Vacca, il sociologo Paolo Sorbi, tutti organici al Partito democratico e in precedenza al Partito comunista e tutti adesso convertiti alla "visione antropologica" di Papa Joseph Ratzinger, in difesa della vita "dal concepimento alla morte naturale" e del matrimonio tra uomo e donna. L'ultima loro riunione l'hanno tenuta in dicembre nella sede della Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti di Roma stampata con l'imprimatur della Segreteria di Stato. In Vaticano e nella Conferenza Episcopale temono però che il Pd, al quale i quattro appartengono e che sarà il probabile vincitore delle elezioni politiche del prossimo 24 febbraio, non tenga conto per niente delle posizioni dei quattro e anzi si prepari a sfornare leggi ostili. Anche una possibile futura presidenza di Mario Monti non tranquillizza le gerarchie. Il suo programma tace del tutto sui principi "non negoziabili". Né dà garanzie alla Chiesa l'agitarsi a sostegno di Monti di Andrea Riccardi (nella foto con Benedetto XVI), il fondatore della Comunità di Sant'Egidio, un cattolico che si spaccia per rappresentante esclusivo delle gerarchie ma che in passato è sempre stato inerte e muto tutte le volte che su quei principi c'è stata battaglia. Riccardi, ministro della cooperazione internazionale e attivissimo promotore dell'operazione politica che punta al reincarico dell'attuale capo del governo Mario Monti dopo le prossime elezioni, è indubbio che metta ogni giorno a profitto un'apparente investitura da parte delle massime autorità della Chiesa, a cominciare dal Papa. Ma in realtà le diffidenze nei suoi confronti, se non addirittura le avversioni, sono palpabili ai vari livelli della gerarchia, anche se non espresse pubblicamente. I vertici della conferenza episcopale italiana, da Camillo Ruini ad Angelo Bagnasco, non dimenticano che negli anni passati Riccardi non si è mai speso una sola volta, né con le parole né con i fatti, a sostegno delle battaglie della Chiesa sui principi "non negoziabili", nemmeno in momenti cruciali come i referendum del 2005 sulla procreazione artificiale, o la morte eutanasica inflitta a Eluana Englaro. In secondo luogo, coloro che conoscono da vicino la Comunità di Sant'Egidio sanno che c'è un campo, quello della famiglia, nel quale i suoi standard non sono affatto impeccabili. Ha fatto scalpore, alcuni anni fa, la richiesta di riconoscimento di nullità del proprio matrimonio inoltrata al tribunale diocesano di Roma da un membro da 25 anni della comunità, sposatosi con una donna anch’essa della comunità. Alla richiesta di nullità costui allegò un memoriale. Nel quale mostrava non solo come si fosse sposato “per costrizione”, ma anche come il suo matrimonio forzato fosse parte di una più generale "prassi in uso nella comunità di fidanzarsi con partner indicati dai propri padri e madri spirituali". Il tribunale diocesano di Roma accolse la richiesta e nella sua sentenza definitiva del 13 dicembre 2006 decretò nullo quel matrimonio. Tra i membri della Comunità di Sant'Egidio il matrimonio è stato a lungo svalutato come un ripiego, un "rimedio alla concupiscenza". Ed è stato scoraggiato tra loro anche il procreare, all'insegna del motto: "I nostri figli sono i poveri". Non stupisce che poi siano risultati frequenti le separazioni e i divorzi. A chi era al corrente di ciò ha quindi fatto impressione che al ministro Riccardi, fondatore e leader da sempre della comunità, fosse affidata nell'ultimo governo italiano anche la delega a occuparsi dei problemi della famiglia. Ma ancor più ha lasciato interdetti che sull'altra sponda del Tevere, in Vaticano, la presidenza del pontificio consiglio per la famiglia fosse affidata, nel giugno del 2012, al vescovo Vincenzo Paglia, anche lui esponente di spicco della Comunità di Sant'Egidio e per molti anni suo assistente ecclesiastico: gli stessi anni nei quali l'autore del memoriale sopra citato scriveva che "il prete che ci sposò non ci preparò al sacramento né ci confessò, ed erano anni che non ci confessavamo". Un altro elemento di forte attrito con le gerarchie della Chiesa, in particolare con la diplomazia vaticana, è l'attivismo internazionale della Comunità di Sant'Egidio. L'ultimo caso di dissidio ha avuto come protagonista ancora una volta Riccardi. Lo scorso 26 novembre, proprio mentre in Egitto esplodeva la rivolta contro il regime dittatoriale imposto dal presidente Mohammed Morsi, Riccardi ha tenuto una conferenza al Cairo, nell'università di Al-Azhar, che è stata tutta un inno alla democrazia, a suo dire trionfante in quel paese. “Sono molto contento – ha detto Riccardi – che oggi ci sia un Egitto democratico, forte non solo del prestigio della sua storia millenaria e del suo posto tra le nazioni, ma anche del prestigio della libertà. L’Egitto ha una storia di tolleranza. Ma oggi questi aspetti della vita sociale e della storia sono maturati e realizzati in un regime pienamente democratico con istituzioni parlamentari ed elettive. Questa democrazia è nuova ma, d’altra parte, ha radici antiche. In particolare si nota in Egitto e nel mondo arabo un forte rapporto tra la politica democratica e l’islam”. Riccardi ha eletto a faro di libero pensiero anche l’università nella quale parlava: “Parlo in un luogo alto come l’università di Al-Azhar che, anche in tempi difficili, è stata sempre un faro di religione e di cultura. Anzi qui, ad Al-Azhar, si è sempre creduto che la pratica e lo studio della fede producessero cultura. Al-Azhar, nei secoli, non solo ha conservato la fede, ma ha anche mantenuto viva la cultura con l’umanesimo”. Accanto a lui c’era il grande imam di Al-Azhar, Ahmed Al-Tayyeb, uno che Riccardi conosce bene, per averlo avuto ospite più volte nelle parate multireligiose organizzate ogni anno dalla Comunità di Sant’Egidio. Al-Tayyeb è colui che attaccò furiosamente Benedetto XVI per la sola colpa di aver pregato per le vittime della strage nella chiesa copta di Alessandria d’Egitto, alla fine del 2010. In quell'occasione Al-Tayyeb troncò ogni rapporto tra l'università di Al-Azhar e la Santa Sede. E oggi lo strappo rimane aperto. Lo ha confermato il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del pontificio consiglio per il dialogo interreligioso ed ex ministro degli esteri della Santa Sede, in un'intervista a L'Osservatore Romano dello scorso 4 gennaio: "Anche quest'anno il dialogo con Al-Azhar si è interrotto per scelta dei nostri partner musulmani". Ma tra il grande imam e Riccardi, lo scorso 26 novembre, è stato tutto un abbraccio. Meraviglie della decantata "diplomazia parallela" di Sant'Egidio. Va aggiunto che Riccardi, oggi impegnatissimo nella campagna per le elezioni politiche del prossimo 24 febbraio, non ha mai brillato come procacciatore di voti. Alla vigilia del conclave del 2005 fece un incessante lavoro di lobbying tra i cardinali, per contrastare la candidatura di Joseph Ratzinger e spingere quella di Dionigi Tettamanzi, all'epoca arcivescovo di Milano. Ma al primo scrutinio nella Cappella Sistina raccontano che Tettamanzi rimediò solo due voti.

Sandro Magister, www. chiesa

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