Ai nostri giorni, constata il Papa, la pratica del digiuno “pare aver perso un po’ della sua valenza spirituale” e aver acquistato piuttosto “il valore di una misura terapeutica per la cura del proprio corpo”. Bisogna invece tornare all’antica pratica penitenziale, “che può aiutarci a mortificare il nostro egoismo e ad aprire il cuore all’amore di Dio e del prossimo”.
"Il digiuno al quale la Chiesa ci invita in questo tempo forte, non nasce certo da motivazioni di ordine fisico, estetico, ma scaturisce dall’esigenza che l’uomo ha di una purificazione interiore che lo disintossichi dall’inquinamento del peccato e del male, lo educhi a quelle salutari rinunce che affrancano il credente dalla schiavitù del proprio io, lo renda più attento e disponibile all’ascolto di Dio e al servizio dei fratelli" (21 febbraio 2007: Benedizione e imposizione delle Ceneri nella Basilica di Santa Sabina all'Aventino).
Il vero digiuno, è ancora la sua riflessione, è finalizzato a mangiare “il ‘vero cibo’ che è fare la volontà del Padre”. Ecco allora che “il digiuno del corpo si trasforma in ‘fame e sete’ di Dio”. Nel nostro tempo così inflazionato da immagini e parole, il Papa ci invita quindi a far spazio alla parola di Dio. Non basta dunque solo un digiuno del corpo: “Mi sembra che il tempo della Quaresima potrebbe anche essere un tempo di digiuno delle parole e delle immagini, perché abbiamo bisogno di un po’ di silenzio. Abbiamo bisogno di uno spazio senza il bombardamento permanente delle immagini…di crearci spazi di silenzio e anche senza immagini, per riaprire il nostro cuore all’immagine vera e alla Parola vera” [Incontro con i Parroci e il Clero della Diocesi di Roma (7 febbraio 2008)].
Radio Vaticana