mercoledì 9 giugno 2010
Anno Sacerdotale. ll card. Meisner: la perdita del sacramento della riconciliazione è la radice di molti mali nella vita della Chiesa e del prete
“La perdita del sacramento della riconciliazione è la radice di molti mali nella vita della Chiesa e nella vita del sacerdote”. Lo ha detto il card. Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia, nella meditazionesul tema "Conversione e missione" tenuta oggi nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura, nell’ambito dell’Incontro Internazionale dei sacerdoti, in corso a Roma. “Una delle perdite più tragiche, che la nostra Chiesa ha subito, nella seconda metà del 20° secolo, è la perdita dello Spirito Santo nel sacramento della riconciliazione”, ha esordito il cardinale, e ha ammonito: “Laddove il sacerdote non è più confessore, diventa operatore sociale religioso”. “Le meraviglie di Dio non accadono mai sotto i riflettori della storia mondiale”, ha spiegato, ma “si realizzano sempre in disparte”, e in particolare “nel segreto del confessionale”. “Quando il sacerdote si allontana dal confessionale, entra in una grave crisi di identità”, la tesi di fondo del relatore, che ha identificato nell’allontanamento dal sacramento della penitenza “una delle cause principali della molteplice crisi in cui il sacerdozio si è venuto a trovare negli ultimi cinquant’anni”. “Un sacerdote che non si trova, con frequenza, sia da un lato che dall’altro della grata del confessionale subisce danni permanenti alla sua anima e alla sua missione”, ha affermato il porporato. “Solo Dio può rimettere i peccati”, ha ricordato il cardinale: per questo “il sacramento della penitenza è la fonte di permanente rinnovamento e di rivitalizzazione della nostra esistenza sacerdotale”. Secondo l’arcivescovo di Colonia, “la maturità spirituale di un candidato al sacerdozio, a ricevere l’ordinazione sacerdotale, diventa evidente nel fatto che egli riceva regolarmente – almeno nella frequenza di una volta al mese – il sacramento della riconciliazione”. “La cosiddetta crisi del sacramento della penitenza – ha spiegato infatti il relatore – non è solo dovuta al fatto che la gente non viene più a confessarsi, ma che noi sacerdoti non siamo più presenti nel confessionale. Un confessionale in cui è presente un sacerdote, in una chiesa vuota, è il simbolo più toccante della pazienza di Dio che attende. Così è Dio. Ci attende tutta la vita”. Al contrario, “se ci viene in gran parte a mancare questo essenziale ambito del servizio sacerdotale, allora noi sacerdoti cadiamo facilmente in una mentalità funzionalista o al livello di una mera tecnica pastorale. Il nostro esserci, da entrambi i lati della grata del confessionale, ci porta, attraverso la nostra testimonianza, a permettere che Cristo diventi percepibile per il popolo”. “La gente – ha concluso Meisner – ha una profonda nostalgia di sacerdoti, nei quali incontrare profondamente Cristo”.