Nell'omelia Benedetto XVI si è soffermato sulla solennità del Corpus Domini, che si celebra oggi. "Il nome dato a questa festa in Occidente - ha spiegato - è usato nella tradizione della Chiesa per indicare tre distinte realtà: il corpo fisico di Gesù, nato dalla Vergine Maria, il suo corpo eucaristico, il pane del cielo che ci nutre in questo grande sacramento, e il suo corpo ecclesiale, la Chiesa".
"Riflettendo su queste diversi aspetti del 'Corpus Christi', giungiamo ad una più profonda comprensione del mistero della comunione che lega tutti coloro che appartengono alla Chiesa". Abbiamo bisogno di essere liberati da tutto quello che ci blocca e ci isola: timore e sfiducia gli uni verso gli altri, avidità ed egoismo, mancanza di volontà di accettare il rischio della vulnerabilità alla quale ci esponiamo quando ci apriamo all’amore. "Non devo più pensare a partire da 'me stesso' - ha detto - ma da 'noi'. È per questo che tutti i giorni noi preghiamo 'nostro' Padre per il 'nostro' pane quotidiano. Abbattere le barriere tra noi e i nostri vicini è prima premessa per entrare nella vita divina all quale siamo chiamati. Abbiamo bisogno di essere liberati da tutto quello che ci blocca e ci isola - ha aggiunto il Pontefice - timore e sfiducia verso gli altri, avidità ed egoismo, mancanza di volontà di accettare il rischio della vulnerabilità alla quale ci esponiamo quando ci apriamo all'amore". Noi che ci nutriamo dell’Eucaristia, ha continuato il Papa, siamo il suo corpo adesso sulla terra e ha citato Santa Teresa d’Avila, che diceva: noi siamo gli occhi con i quali lui guarda chi è nel bisogno, siamo le mani che egli stende per benedire e per guarire, siamo i piedi dei quali si serve per andare a fare il bene, e siamo le labbra con le quali il suo Vangelo viene proclamato. Noi, perciò, non facciamo memoria di un eroe morto prolungando ciò che egli ha fatto: Cristo è vivente in noi! "Nutrendoci di Lui nell’Eucarestia e accogliendo lo Spirito Santo nei nostri cuori, diventiamo veramente il corpo di Cristo che abbiamo ricevuto, siamo veramente in comunione con lui e gli uni con gli altri, e diveniamo autenticamente suoi strumenti, rendendo testimonianza a lui davanti al mondo".
Benedetto XVI ha osservato come "ciascuno di noi che apparteniamo alla Chiesa ha bisogno di uscire dal mondo chiuso della propria individualità ed accettare la compagnia di coloro che condividono il pane con lui". "Nella prima comunità cristiana" - ha ricordato il Papa - "nutrita alla tavola del Signore, noi vediamo gli effetti dell'azione unificatrice dello Spirito Santo. Condividevano i loro beni in comune, distaccandosi da ogni bene materiale per amore dei fratelli...Ma il loro amore non era affatto limitato verso i loro amici credenti. Mai hanno considerato se stessi come esclusivi, privilegiati beneficiari del favore divino, ma invece come messaggeri inviati a spargere la buona notizia della salvezza in Cristo fino ai confini della terra. E fu così che il messaggio affidato agli Apostoli dal Signore Risorto, venne sparso in tutto il Medio Oriente e da qui al mondo intero". "Siamo chiamati a superare le nostre differenze - ha esortato Benedetto XVI - a portare pace e riconciliazione dove ci sono conflitti, ad offrire al mondo un messaggio di speranza. Siamo chiamati ad estendere la nostra attenzione ai bisognosi, dividendo generosamente i nostri beni terreni con coloro che sono meno fortunati di noi. E siamo chiamati a proclamare incessantemente la morte e risurrezione del Signore, finchè egli venga".
Adnkronos, Radio Vaticana, Apcom
VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A CIPRO (4 - 6 GIUGNO 2010) (VIII) - il testo integrale dell'omelia del Papa