Questa mattina, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI ha imposto il sacro Pallio, preso dalla Confessione dell’Apostolo Pietro, a 43 nuovi arcivescovi metropoliti, nominati nel corso degli ultimi 12 mesi. Ad altri tre presuli il sacro Pallio verrà consegnato nelle loro sedi metropolitane. Di seguito il Papa presiede la Concelebrazione Eucaristica con i nuovi arcivescovi metropoliti. E' la prima volta che il rito di consegna di queste stole di lana che rappresentano il compito del 'pastore' avviene prima della Messa, una modifica introdotta per abbreviare la cerimonia e per sottolineare il fatto che imposizione dei palli non ha carattere sacramentale. Come da tradizione, in San Pietro è presente anche una delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Oggi inoltre la liturgia è animata, oltre che dalla Cappella Sistina, anche dal Coro della abbazia di Westminster. Tra i nuovi arcivescovi che ricevono il Pallio tre italiani, il patriarca di Venezia Francesco Moraglia, l'arcivescovo di Taranto Filippo Santoro e l'arcivescovo di Cagliari Arrigo Miglio.
“La tradizione cristiana da sempre considera San Pietro e San Paolo inseparabili: in effetti, insieme, essi rappresentano tutto il Vangelo di Cristo” ha detto esordito nell'omelia il Papa. A Roma, ha precisato, “il loro legame come fratelli nella fede ha acquistato un significato particolare”. Infatti, “la comunità cristiana di questa Città li considerò come una specie di contraltare dei mitici Romolo e Remo, la coppia di fratelli a cui si faceva risalire la fondazione di Roma”. Si potrebbe pensare anche “a un altro parallelismo oppositivo, sempre sul tema della fratellanza: mentre, cioè, la prima coppia biblica di fratelli ci mostra l’effetto del peccato, per cui Caino uccide Abele, Pietro e Paolo, benché assai differenti umanamente l’uno dall’altro e malgrado nel loro rapporto non siano mancati conflitti, hanno realizzato un modo nuovo di essere fratelli, vissuto secondo il Vangelo, un modo autentico reso possibile proprio dalla grazia del Vangelo di Cristo operante in loro”. In effetti, “solo la sequela di Gesù conduce alla nuova fraternità: ecco il primo fondamentale messaggio che la solennità odierna consegna a ciascuno di noi, e la cui importanza si riflette anche sulla ricerca di quella piena comunione, cui anelano il patriarca ecumenico e il vescovo di Roma, come pure tutti i cristiani”. Soffermandosi poi sul Vangelo di oggi, Benedetto XVI si è domandato: "In che modo Pietro è la roccia? Come egli deve attuare questa prerogativa, che naturalmente non ha ricevuto per se stesso?". Pietro "riconosce l'identità di Gesù", non "'dalla carne e dal sangue', cioè dalle sue capacità umane, ma da una particolare rivelazione di Dio Padre". Allo stesso tempo, "subito dopo, quando Gesù preannuncia la sua passione, morte e risurrezione, Simon Pietro reagisce proprio a partire da 'carne e sangue': egli 'si mise a rimproverare il Signore:...questo non ti accadrà mai'. E Gesù a sua volta replicò: 'Va' dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo...'". “Appare qui evidente la tensione che esiste tra il dono che proviene dal Signore e le capacità umane; e in questa scena tra Gesù e Simon Pietro vediamo in qualche modo anticipato il dramma della storia dello stesso papato, caratterizzata proprio dalla compresenza di questi due elementi: da una parte, grazie alla luce e alla forza che vengono dall'alto, il papato costituisce il fondamento della Chiesa pellegrina nel tempo; dall'altra, lungo i secoli emerge anche la debolezza degli uomini, che solo l'apertura all'azione di Dio può trasformare". "E nel Vangelo di oggi - ha proseguito Benedetto XVI - emerge con forza la chiara promessa di Gesù: 'le porte degli inferi', cioè le forze del male, non potranno avere il sopravvento, 'non prevalebunt'". Ha così richiamato “la chiara promessa” di Gesù: “le porte degli inferi, cioè le forze del male non potranno avere il sopravvento”. Quella di Gesù, ha spiegato il Papa, è una promessa più grande di quelle fatte agli antichi profeti: “Questi, infatti, erano minacciati solo dai nemici umani, mentre Pietro” dovrà essere difeso “dal potere distruttivo del male”. “Pietro viene rassicurato riguardo al futuro della Chiesa, della nuova comunità fondata da Gesù Cristo e che si estende a tutti i tempi, al di là dell’esistenza personale di Pietro stesso”. E' venuta poi la spiegazione del "potere delle chiavi", di "legare e sciogliere": "Le due immagini - quella delle chiavi e quella del legare e sciogliere - esprimono pertanto significati simili e si rafforzano a vicenda. L'espressione 'legare e sciogliere' fa parte del linguaggio rabbinico e allude da un lato alle decisioni dottrinali, dall'altro al potere disciplinare, cioè alla facoltà di infliggere e di togliere la scomunica. Il parallelismo 'sulla terra... nei cieli' garantisce che le decisioni di Pietro nell'esercizio di questa sua funzione ecclesiale hanno valore anche davanti a Dio". "Alla luce di questi parallelismi - ha proseguito -, appare chiaramente che l'autorità di sciogliere e di legare consiste nel potere di rimettere i peccati. E questa grazia, che toglie energia alle forze del caos e del male, è nel cuore del ministero della Chiesa. La Chiesa non è una comunità di perfetti, ma di peccatori che si debbono riconoscere bisognosi dell'amore di Dio, bisognosi di essere purificati attraverso la Croce di Gesù Cristo. "I detti di Gesù sull'autorità di Pietro e degli Apostoli lasciano trasparire proprio che il potere di Dio è l'amore, l'amore che irradia la sua luce dal Calvario. Così possiamo anche comprendere perché, nel racconto evangelico, alla confessione di fede di Pietro fa seguito immediatamente il primo annuncio della passione: in effetti, Gesù con la sua morte ha vinto le potenze degli inferi, nel suo sangue ha riversato sul mondo un fiume immenso di misericordia, che irriga con le sue acque risanatrici l'umanità intera". Volgendosi poi alla figura dell'Apostolo Paolo, Benedetto XVI ha ricordato che "la tradizione iconografica raffigura san Paolo con la spada, e noi sappiamo che questa rappresenta lo strumento con cui egli fu ucciso. Leggendo, però, gli scritti dell'Apostolo delle genti, scopriamo che l'immagine della spada si riferisce a tutta la sua missione di evangelizzatore". "Sentendo avvicinarsi la morte, scrive a Timoteo: 'Ho combattuto la buona battaglia'. Non certo la battaglia di un condottiero, ma quella di un annunciatore della Parola di Dio, fedele a Cristo e alla sua Chiesa, a cui ha dato tutto se stesso. E proprio per questo il Signore gli ha donato la corona di gloria e lo ha posto, insieme con Pietro, quale colonna nell'edificio spirituale della Chiesa". Il Papa ha concluso la sua omelia con un appello alla comunione: "Cari metropoliti: il Pallio che vi ho conferito vi ricorderà sempre che siete stati costituiti nel e per il grande mistero di comunione che è la Chiesa, edificio spirituale costruito su Cristo pietra angolare e, nella sua dimensione terrena e storica, sulla roccia di Pietro. Animati da questa certezza, sentiamoci tutti insieme cooperatori della verità, la quale – sappiamo – è una e 'sinfonica' e richiede da ciascuno di noi e dalle nostre comunità l’impegno costante della conversione all’unico Signore nella grazia dell’unico Spirito”, ha concluso Benedetto XVI.
Asca, SIR, AsiaNews
CAPPELLA PAPALE NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO - il testo integrale dell'omelia del Papa