Trentaquattro anni fa, il 6 agosto 1978, moriva Paolo VI (nella foto con l'allora card. Ratzinger). Alle ore 21.40, a Castel Gandolfo, nel giorno della festa della Trasfigurazione di Gesù Cristo.
C’è un altro 6 agosto che ricorre nel pontificato di Papa Montini. Il 6 agosto del 1964, quando firma la sua prima Enciclica, "Ecclesiam suam", il documento programmatico del dialogo con il mondo contemporaneo, del chiarimento dottrinale della Chiesa e del suo rinnovamento interiore, della ricomposizione dell’unità dei cristiani. Temi che Paolo VI affiderà ai lavori del Concilio, della cui ripresa si era espresso subito favorevole.
Quest’anno ci sono stati, ci sono e ci saranno diversi motivi per ritornare con la memoria sulla figura di questo grande Pontefice, spesso non compreso in vita, ma rivalutato e amato sempre più, a mano a mano che la storia e gli anni gli rendono giustizia. Lo abbiamo ricordato pochi giorni fa, quando è scoppiata a Taranto la vicenda dell’Ilva. Paolo VI vi era stato in visita la vigilia di Natale del 1968, per celebrare la Messa di mezzanotte tra gli operai al lavoro negli altiforni a ciclo continuo del centro siderurgico, allora dell’Italsider. Una notte memorabile, più di diecimila persone tra maestranze e le loro famiglie raccolte nel grande capannone del laminatoio, con il Papa che si era inginocchiato sul palco della celebrazione per stringere la mano agli operai che gli si appressavano e poi era andato in mezzo a loro, aveva visitato il presepio fatto di lamiere e assistito alla colata d’acciaio. "Noi vi comprendiamo", aveva detto ai lavoratori, "la Chiesa vi comprende. Abbiamo in comune la stessa sete di giustizia".
E sempre in questi giorni lo abbiamo ricordato quando si è aperto, il 31 luglio, a Nairobi in Kenya, il Congresso "Paolo VI e la Chiesa in Africa". Nel continente c’è un vero e proprio culto di papa Montini. Come non ricordare che Paolo VI fu il primo Pontefice a visitare l’Africa, con il viaggio a Kampala, in Uganda, tra il 31 luglio e 2 agosto 1969?
E lo abbiamo ricordato all’inizio dell’anno, come ogni anno del resto, quando si celebra la Giornata Mondiale della Pace. A Paolo VI va infatti il merito di aver consacrato il primo giorno dell’anno alla Pace, istituendo questa Giornata mondiale la cui prima celebrazione si svolse il 1° gennaio 1968.
Non solo all’inizio, ma per tutto il 2012, anno cinquantenario del Concilio, è inevitabile che il ricordo si posi, oltre che su Giovanni XXIII, su Paolo VI, che del Concilio fu il continuatore e la guida illuminante, lo concepì e lo volle come compimento del Vaticano I, lo condusse a termine, ne promulgò le costituzioni e i decreti, e ne iniziò l’applicazione con fedeltà e coerenza. E lo ricorderemo a maggior ragione adesso, il prossimo 7 ottobre, quando si aprirà la tredicesima Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi (fu appunto Paolo VI a istituire nel 1965 il Sinodo episcopale), e l’11 ottobre, allorché sarà celebrato il 50° dell’apertura del Concilio e si aprirà l’Anno della fede indetto da Benedetto XVI.
Anche queste saranno due occasioni per andare con la memoria al volto limpido, santo e insieme tormentato, di Paolo VI nel ricordo non solo del Concilio, ma pure del fatto che anch’egli, il 22 febbraio 1967, con l’Esortazione Apostolica "Petrum et Paulum", indisse un Anno della fede, nella ricorrenza del diciannovesimo centenario del martirio dei due apostoli. Un Anno della fede in un periodo come l’attuale, per dirla con le parole di Benedetto XVI, il quale appunto si richiamava al suo predecessore, "di grandi rivolgimenti culturali" e che si svolse dal 29 giugno 1967 al 30 giugno del 1968. Si era nel pieno degli anni della contestazione.
SIR
Paolo VI, il Papa che guardava lontano