“Il Benin e la Santa Sede” e “Il Papa Benedetto XVI in Benin” sono i due volumi presentati ieri a Roma presso la Pontificia Università Lateranense, entrambi pubblicati dalla Libreria Editrice Vaticana, e curati dall’ambasciata del Benin presso la Santa Sede. A ricordarlo, durante l'incontro di ieri, oltre all'ambasciatore presso la Santa Sede Théodore C. Loko, due porporati che ebbero il privilegio di seguire da vicino il pellegrinaggio: i cardinali Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, e Robert Sarah, presidente del Pontifico Consiglio Cor Unum.
Il card. Bertello ha iniziato la sua analisi a partire dalle motivazioni che hanno ispirato il viaggio. "Il Pontefice - ha ricordato - è andato in Benin a firmare e, potremmo dire, a lanciare il messaggio contenuto nell'Esortazione post-sinodale 'Africae munus', nella quale egli ha raccolto i frutti dell'assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi del 2009". Un documento, ha aggiunto, nel quale "è riassunto tutto ciò che l'Africa è stata e ha fatto, tutto il suo presente, ma soprattutto sono indicate le linee da seguire per il cammino futuro". Pregio del libro presentato alla Lateranense "è proprio la raccolta dei discorsi pronunciati dal Papa in quelle intense giornate - ha sottolineato il card. Bertello - i quali contengono le indicazioni da seguire per il futuro".
"Sono rimasto impressionato - ha aggiunto - dal discorso che Benedetto XVI pronunciò nella cattedrale di Ouidah per la firma dell'esortazione. Egli insistette molto sul concetto di missionarietà. Rivolto alla Chiesa in Africa la esortò a sentirsi aperta e ormai pronta per annunciare il Vangelo agli altri popoli. In quel momento mi tornò in mente l'esperienza vissuta proprio in Benin negli anni Ottanta, quando dalle Chiese locali nel sud del Paese partivano giovani sacerdoti per andare a portare il Vangelo nelle zone più povere del nord. Già allora si viveva questo spirito di missionarietà".
Quanto alla scelta del Benin come «"orta d'ingresso del messaggio post-sinodale", il porporato ha ricordato che il Papa stesso l'ha spiegata ai giornalisti a bordo dell'aereo durante il viaggio verso Cotonou. "Il Benin, disse il Pontefice, è un Paese in cui si vive in un clima di pace, nel quale la transizione verso la democrazia è avvenuta in modo assolutamente pacifico»" senza alcun spargimento di sangue. "E io - ha aggiunto il cardinale - ne sono stato testimone. È inoltre un Paese nel quale il dialogo tra le religioni è una realtà concreta che coinvolge anche le religioni tradizionaliste". Infine un ricordo personale, legato al rapporto di amicizia tra il card. Bertello e il professore della Lateranense Albert Tévoédjrè, presente all'incontro. "Un amico speciale - lo ha definito il porporato - autore di un libro fantastico intitolato Le certezze della mia speranza. Lo conobbi a Ginevra, durante una riunione dell'organismo del lavoro. Era mediatore della Repubblica del Benin. Mi ha aiutato a penetrare a fondo l'anima del popolo beninese" ed è stato uno dei protagonisti della diffusione nel Paese della dottrina sociale della Chiesa. Il card. Sarah ha ricordato che, per parlare di quanto sta accadendo in Africa, occorra "un discernimento comunitario” nel quale non si escludano “gli occhi degli uomini”, in particolare dei poveri, e “gli occhi di Dio”. Riferendosi alla crisi mondiale, crisi economica ma anche “spirituale, etica ed antropologica”, il card. Sarah ha evidenziato che l’Africa, da sempre ai margini dei circuiti economici-finanziari, ha subito fenomeni indiretti della crisi come l’accaparramento delle risorse e lo sfruttamento delle risorse naturali a vantaggio delle multinazionali con la completa esclusione dei locali.
Non mancano però elementi di conforto – ha aggiunto – come tassi di crescita buoni e alcune guerre risolte, come pure l’immigrazione dall’Europa, dal Portogallo in particolare, al grande continente africano. Permangono però delle conflittualità, delle pandemie e il fenomeno delle migrazioni di massa. La Chiesa locale – ha proseguito il card. Sarah – continua ad avere uno sviluppo notevole nonostante i casi di Nigeria e Kenia dove “non mancano i martiri”. “Tocca ai governi - ha aggiunto il presidente di Cor Unum – garantire non solo l’esercizio della libertà religiosa ma anche la libertà di coscienza che sono i diritti fondamentali della persona”. Necessario ribadire che “non esistono modelli di sviluppo unici” e quindi “non si deve cadere nella tentazione di assumere come positivi modelli di vita, di comportamento e di consumo stranieri”, cose che rischiano di imporsi come ideologie: “dal consumismo alla teoria del gender”. “Occorre – ha detto il cardinale Sarah – uno sviluppo che passi attraverso l’istruzione, l’educazione, la dignità del lavoro, la tutela della salute, il rispetto dell’ambiente”.
Infine, sulla nuova evangelizzazione, tema al centro del Sinodo appena concluso, il porporato ha soggiunto che è un “tema cruciale per tenere viva l’esperienza della fede in Africa e perché il Vangelo può forgiare la nostra cultura arricchendola”. Sottolineando il grande contributo portato dal Concilio Vaticano II, ha ribadito quali sono le nuove sfide della Chiesa in Africa: sentirsi parte della Chiesa universale; la pastorale della carità e la conversione che significa anche riconciliazione di fronte alle guerre in corso. “Dovremmo ripartire dall’Africa – ha concluso il card. Sarah – ‘polmone spirituale dell’umanità’, dai suoi valori più profondi: le relazioni umane, la famiglia e il senso di Dio”.
Radio Vaticana, L'Osservatore Romano
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