Il segno di un passo concreto nell’ecumenismo: sul suo sito in rete, il Patriarcato di Gerusalemme dei Latini definisce così la decisione di celebrare, in via sperimentale, la Pasqua del 2013 assieme alle comunità ortodosse in base al calendario giuliano e non a quello gregoriano.
Com’è noto, la divergenza nelle date della celebrazione della Pasqua è infatti dovuta al modo in cui questa viene calcolata: molti gruppi di cristiani ortodossi di antica tradizione orientale usano il calendario giuliano, mentre la quasi totalità dei fedeli in Occidente, e anche alcune comunità orientali, hanno adottato il calendario gregoriano. In alcuni anni però le date coincidono, come avverrà per esempio nel 2014.
Con l’eccezione di Gerusalemme e della regione di Betlemme, nel 2013 i cattolici delle parrocchie della Terra Santa (principalmente quelle del Patriarcato che si trovano in Israele), celebreranno la Domenica della Pasqua di Risurrezione il 5 maggio anziché il 31 marzo, come invece prevede il calendario gregoriano. La decisione fa riferimento a una direttiva dell’Assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa e deriva anche, è aggiunto, "dalla pressione esercitata dai fedeli". Il provvedimento, come detto, verrà sperimentalmente messo in atto nel 2013 poiché l’assemblea dovrà redigere per gli anni successivi un decreto che verrà poi presentato alla Santa Sede per l’esame e l’approvazione finale. L’auspicio del Patriarcato è che, a partire dalla Pasqua del 2015 in poi, il decreto autorizzi la Chiesa cattolica in Terra Santa ad adottare in via definitiva il calendario giuliano.
Nella direttiva si osserva che questo comporterà "la conseguenza dell’aggiustamento del calendario liturgico per quanto riguarda l’inizio della Quaresima e la solennità della Pentecoste". Il documento specifica che "questa decisione sarà accolta, rispettata e messa in atto da tutti i cattolici di rito orientale e latino, dai cattolici autoctoni e da quelli stranieri residenti nelle nostre diocesi". Per quanto concerne invece il 2014 la questione dell’unificazione non si pone in quanto, come premesso, la Pasqua coinciderà nello stesso giorno, il 20 aprile, sia per il calendario gregoriano che per quello giuliano.
In tal modo la direttiva vuole venire incontro anche alle sollecitazioni pratiche delle comunità dei fedeli: "Infatti numerose sono le famiglie cristiane in Terra Santa - è spiegato - costituite da matrimoni misti tra cattolici, ortodossi, protestanti e molti dei loro membri non possono celebrare la Pasqua lo stesso giorno perché i cattolici seguono il calendario gregoriano e gli ortodossi quello giuliano". Alcune Chiese ortodosse, si ricorda, "non adottarono la riforma del calendario iniziata da Papa Gregorio XIII nel 1582 ed esse quindi continuarono a utilizzare il calendario giuliano".
Convenienze di ordine pratico hanno poi portato anche a scelte diverse: per esempio, la Chiesa ortodossa in Estonia nel 2011 ha deciso di celebrare le feste fisse secondo il calendario gregoriano e le feste mobili (tra cui i periodi del triodio quaresimale e del pentecostario) secondo il calendario giuliano. Il metropolita di Tallinn e di tutta l’Estonia, Stephanos, ha spiegato che una serie di disfunzioni sul piano pastorale e amministrativo avevano fatto maturare la decisione: "Una sorta di intreccio permanente fra i due calendari - ha sottolineato - rendeva sempre più difficile la possibilità di coordinare azioni comuni (educative, pastorali o caritative) tanto a livello di singoli vescovadi che della Chiesa intera".
Intensi sono gli sforzi per individuare una data comune per la Pasqua cristiana. Nell’aprile del 2011 il segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, Olav Fykse Tveit, in un messaggio aveva esortato le comunità religiose a far sì che "la celebrazione della Pasqua possa assumere un significato sempre più ecumenico". Tveit aveva aggiunto l’auspicio che "nel prossimo decennio i cristiani di diverse tradizioni possano lavorare insieme in un clima di fiducia reciproca e di responsabilità. Solo in questo modo si potrà finalmente raggiungere un accordo sulla data comune per la celebrazione".
L'Osservatore Romano
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