La notizia è passata in sordina: il Papa ha operato una riforma della Curia decisamente importante. Da un lato, con il Motu Proprio "Fides per doctrinam" , la Congregazione per il Clero perde la competenza sulla catechesi che va al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.
Ma soprattutto dall'altro, ed è qui che vogliamo concentrarci, con il Motu Proprio "Ministrorum institutio" , alla Congregazione per il Clero arriva "la promozione e il governo di tutto ciò che riguarda la formazione, la vita e il ministero dei presbiteri e dei diaconi: dalla pastorale vocazionale e la selezione dei candidati ai sacri Ordini, inclusa la loro formazione umana, spirituale, dottrinale e pastorale nei Seminari e negli appositi centri per i diaconi permanenti". E quindi che significa?
Nel corso di un intervista rilasciata a L'Osservatore Romano, il card. Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione per il Clero, ha precisato che si tratta di "un importante segnale della grande attenzione del Papa per i suoi sacerdoti, per la loro formazione e per quella, che, da più parti auspicata, dovrà essere un'autentica e profonda riforma del Clero".
E ancora: "Certamente, poi, da più parti, appare urgente un innalzamento del tono spirituale, e perciò anche umano e culturale, dei sacerdoti". Ricorda infatti Piacenza:
"In uno degli interventi del recente Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione, un giovane laico catechista chiedeva ai Padri, a nome dei suoi coetanei e, in certo modo, del popolo di Dio, sacerdoti 'di qualità', dall'alto profilo culturale e spirituale, capaci di avvicinare a Cristo con la propria parola e la propria vita, e di celebrare il culto, lasciando trasparire, per pienezza interiore, la sacralità del mistero. Ritengo particolarmente interessante che, dal mondo laicale e giovanile, siano giunte ai padri sinodali tali richieste".
"Un'autentica e profonda riforma del clero". Un urgente "innalzamento del tono spirituale, e perciò anche umano e culturale, dei sacerdoti". Sentire utilizzare queste espressioni da quello che potrebbe essere considerato oggi uno dei più potenti porporati del mondo fa ben sperare anche chi, come il sottoscritto, si è divertito a trovare la forza nei Santi per elaborare una sorta di contemporaneo anticlericalismo cattolico.
Con questo atto è ufficiale: se ne sono accorti anche i vertici. Si sono accorti che la situazione del clero oggi in Italia è troppo spesso inaccettabile. Chiunque abbia avuto a che fare con dei preti avrà qualcosa da raccontare. Di certo ci sono tanti preti bravi, buoni, santi ed efficaci. Ma poi c'è il prete che predica la castità e va con i ragazzi, magari con la silente complicità del vescovo; c'è il prete che predica la povertà e gestisce un impero immobiliare; c'è il prete che predica l'obbedienza e dal pulpito se la prende con il Papa.
C'è il prete che scrive una poesia erotica sul settimanale diocesano e non ha tempo di dire la Messa perché è troppo impegnato; c'è quello che ci prova impunemente con tutti, che siano gay o etero, perché tanto "a chi crederanno, a me in tonaca o a te vestito di stracci?"; c'è il frate che gira da una vita per le province dell'Ordine, perché prima o poi gli trovano le mani addosso a un ragazzo; c'è il monsignore che racconta a tutti di essere capoufficio in Vaticano, e si scopre che fa il galoppino; c'è quello che vive a Roma perché dice di insegnare all'università pontificia, dove invece manco sanno chi sia. C'è il prete che non sa neanche cosa sia internet, e quello che passa tutto il giorno su Facebook; c'è quello che celebra la Messa come fosse a un raduno hippy, e quello che si rifiuta di dare la comunione in bocca "perché da Pasteur in poi la Chiesa dà la Comunione solo sulla mano".
E poi c'è tutto il problema dell'ignoranza del clero, quella denunciata dal Beato Antonio Rosmini, insieme alle altre quattro piaghe, oramai 150 anni fa. Condizione particolarmente grave, perché l'ignoranza si autoalimenta in una corsa al ribasso: "Tali ministri di cuore tormentato" scrive il Beato Rosmini, "di mente gretta, sono poi quelli che, fatti adulti, sacerdoti e capi delle chiese, educano altri sacerdoti che riescono anche più fiacchi e più meschini di essi: e questi si fanno padri e istitutori ad altri decrescenti necessariamente di età in età, perché "Un discepolo non è da più del maestro".
Il guaio più grande poi è quando per una distrazione dello Spirito Santo uno di questi diventa vescovo. Ma ci fermiamo qui. A tutto questo il Papa e la Curia romana con queste nuove disposizioni sembrano voler dire basta. E con ogni augurio speriamo tutti che siano quanto più efficaci possibili nel loro intento.
Paolo Gambi, L'Huffington Post