Benedetto XVI: la Chiesa è chiamata ad esercitare un'autorità che è servizio d'amore nel nome di Gesù. Il Papa è custode dell’obbedienza al Signore
“L’autorità umana non è mai un fine, ma sempre e solo un mezzo e, necessariamente ed in ogni epoca, il fine è sempre la persona, creata da Dio con la propria intangibile dignità e chiamata a relazionarsi con il proprio Creatore, nel cammino terreno dell’esistenza e nella vita eterna”. Lo ha ricordato questa mattina Benedetto XVI nella catechesi della tradizionale Udienza generale del mercoledì dedicata al compito del sacerdote “di governare, di guidare, con l’autorità di Cristo, la porzione del Popolo che Dio gli ha affidato”, davanti a circa 40mila fedeli radunati in Piazza San Pietro. “La Chiesa – ha detto il Papa - è chiamata e si impegna ad esercitare questo tipo di autorità che è servizio, e la esercita non a titolo proprio, ma nel nome di Gesù Cristo. Attraverso i Pastori della Chiesa, infatti, Cristo pasce il suo gregge. Ma il Signore Gesù, Pastore supremo delle nostre anime, ha voluto che il Collegio Apostolico, oggi i vescovi, in comunione con il Successore di Pietro, e i sacerdoti, loro più preziosi collaboratori, partecipassero a questa sua missione di prendersi cura del Popolo di Dio, di essere educatori nella fede, orientando, animando e sostenendo la comunità cristiana”. “Pascere il gregge del Signore” ha ribadito il Pontefice “è la suprema norma di condotta dei ministri di Dio, un amore senza limiti, pieno di gioia, aperto a tutti, attento ai vicini e premuroso verso i lontani, delicato verso i più deboli, i piccoli, i semplici, i peccatori, per manifestare l’infinita misericordia di Dio con le parole rassicuranti della speranza”. Compito pastorale che “è fondato sul sacramento”, ma la cui “efficacia non è indipendente dall’esistenza personale del presbitero”. “Per essere Pastore – ha rimarcato Benedetto XVI - occorre un profondo radicamento nella viva amicizia con Cristo”. “Infatti, nessuno è realmente capace di pascere il gregge, se non vive una profonda e reale obbedienza a Cristo e alla Chiesa, e la stessa docilità del popolo ai suoi sacerdoti dipende dalla docilità dei sacerdoti verso Cristo”. "Negli ultimi decenni il termine 'pastorale' è stato visto quasi in contrapposizione al termine 'gerarchico'", ha detto il Papa. "Nell'opinione pubblica quando si parla di gerarchia prevale l'elemento di subordinazione e l'elemento giuridico per cui a molti l'idea di gerarchia appare in contrasto con la flessibilità e la vitalità del senso pastorale e come contraria all'umiltà del Vangelo. Ma questo - ha proseguito Benedetto XVI - è un malinteso senso della gerarchia, storicamente prodotto dagli abusi di autorità e dal carrierismo, che non seguono dall'essere stesso della realtà gerarchia. Nell'opinione comune - ha proseguito il Papa - la gerarchia è il dominio, ma ciò non è corrispondente al vero senso di Chiesa e di unità dell'amore di Cristo. Questa - ha detto - è un'interpretazione sbagliata che ha origine in abusi della storia, ma non corrisponde al vero significato della gerarchia. La parola 'gerarchia' non significa 'sacro dominio' ma 'sacra origine', quindi un'autorità che viene non da noi ma da un altro, che sottomette quindi la persona alla vocazione di Cristo e rende il singolo un servitore di Cristo e solo in quanto servo di Cristo può governare con Cristo e per Cristo. Perciò - ha detto il Papa - chi entra nel sacro ordine non è un autocrate, ma entra in un legame nuovo di obbedienza a Cristo". "Anche il Papa, punto di riferimento di tutti gli altri pastori, non può fare quanto vuole. Al contrario è custode dell'obbedienza a Cristo, alla sua parola e deve precedere nell'obbedienza a Cristo e alla sua Chiesa". Benedetto XVI ha affermato che "le dittature del secolo scorso hanno reso l'uomo contemporaneo sospettoso nei confronti del concetto di autorità", al punto che spesso le persone Diffidano di "ogni autorità che non venga dagli uomini o da loro sia controllata. Ma proprio sguardo ai regimi che nel secolo scorso seminarono terrore e morte, ricordano che l'autorità, quando è esercitata senza riferimento al trascendente, finisce inevitabilmente per volgersi contro l'uomo". Il Papa ha poi evidenziato che “al di fuori di una visione soprannaturale, non è comprensibile il compito di governare proprio dei sacerdoti. Esso, invece, sostenuto dal vero amore per la salvezza di ciascun fedele, è prezioso e necessario anche nel nostro tempo. Il compito di guidare si configura come un servizio vissuto in una donazione totale per l’edificazione del gregge, spesso andando controcorrente e ricordando che chi è il più grande si deve fare come il più piccolo, e colui che governa, come colui che serve”. E’ “nella piena fedeltà a Cristo e alla Chiesa” che il sacerdote oggi “può attingere la forza per l’esercizio del proprio ministero. Il modo di governare di Gesù non è quello del dominio, ma è l’umile ed amoroso servizio della Lavanda dei piedi, e la regalità di Cristo sull’universo non è un trionfo terreno, ma trova il suo culmine sul legno della Croce, che diventa giudizio per il mondo e punto di riferimento per l’esercizio dell’autorità che sia vera espressione della carità pastorale”. “Cari sacerdoti – ha concluso Benedetto XVI - non abbiate paura di guidare a Cristo ciascuno dei fratelli; sappiate vivere apprezzando i pregi e riconoscendo i limiti della cultura in cui siamo inseriti, con la ferma certezza che l’annuncio del Vangelo è il maggiore servizio che si può fare all’uomo. Non c’è, infatti, bene più grande, in questa vita terrena, che condurre gli uomini a Dio, risvegliare la fede, sollevare l’uomo dall’inerzia e dalla disperazione, dare la speranza che Dio è vicino e guida la storia personale e del mondo”. Al termine dell’udienza il Papa ha invitato i sacerdoti alle celebrazioni conclusive dell’Anno Sacerdotale, il prossimo 9, 10 e 11 giugno, a Roma, per mediterare su "conversione e missione" del sacerdote, sul "dono dello Spirto santo e il rapporto con Maria santissima". "Rinnoveremo le promesse sacerdotali sostenuti dal popolo di Dio", ha concluso.SIR, Apcom